Un pò di me e la mia intervista con Maurizio Costanzo e più in giù in nuovi post

giovedì 31 dicembre 2009

Bye Bye 2009 and welcome 2010





Wow che anno questo anno!!!!!
La conclusione di un decennio e forse per questo così ricco di frutti.
Sei stato un tempo generoso, prodigo di molto ed io ti ho amato e vissuto il più intensamente possibile. Questa è una delle tante cose che nel tuo scorrere mi hai insegnato: viverti.
Ed io l’ho fatto, a modo mio.
Pensa un po’ tu tempo sei passato ed io sono ringiovanita. Ad ogni passo ho lasciato cadere l’inutile ed ho acquisito l’indispensabile. Forse era tutto qui il senso del tanto cercare.
Ed è l’aver conquistato queste nuove consapevolezze che mi permette, oggi, di salutarti con infinita gratitudine ma senza rimpianti. Il tempo non si trattine, si vive e poi ci apre al nuovo.
Ma di te, con me, porterò molto. Sei stato un anno meraviglioso, la perfetta coronazione di un decennio da incorniciare, anche nei suoi momenti bui o nei suoi inevitabili dolori. Tutto è stato il mio tempo e tutto è servito a rendermi ciò che oggi, orgogliosamente, so di essere.
Ma così non sarebbe potuto essere se non avessi compreso ed accettato molto tempo fa il tuo suggerimento: guardare oltre il visibile e pensare oltre ciò che può apparire ovvio. Nessuna strana fantasia, ma solo un diverso modo di pormi e percepire ciò che di volta in volta la sorte sceglie per me. Nulla accade per caso e se è reale credere che il fato distenda davanti a noi le sue decisioni, è pur vero che il destino di come viverle è nelle nostre mani e nella nostra volontà di saperle comprendere. Ed io credo alle mescolanze, alla mistura di casualità e determinazione e volevo, fortemente volevo, vivere al meglio proprio te, il mio tempo. E così è stato. Grazie a te e me. Che copia siamo stati!!!!
Non so pensare a qualcosa di più logico di questo. Non so credere ad altro se non alle mie sensazioni ed ai fatti tangibili che sono seguiti, anche se lo so, i miei fantasiosi pensieri faranno sorridere più di qualcuno, ma diciamo che dell’incredulità dei razionali…come dire…
Io so. Io so che aver deciso, dentro di me, che nulla sarebbe stato impossibile mi ha permesso di vedere accadere l’improbabile e vivere l’incredibile. E non mi riferisco a situazioni fantascientifiche. Io sono una donna che sa apprezzare le inezie, andandosi a cercare la meraviglia la dove appare difficile scovarla. Ed allora, mi dico, sarà stato anche questo ad aver conquistato il cuore “tenerone” del mio anno rendendolo, con me, generoso oltre misura.
Un giorno dopo l’altro mi sorprendevo a scoprire nuove dimensioni, a scartare inaspettate sorprese, ad accogliere nuovi incontri ed inaspettati ritorni. Ho vissuto emozioni talmente intense da mozzare il respiro. Mi sono state dedicate parole che non avrei saputo scrivere nei miei libri. Ho ricevuto doni che non avrei osato chiedere ed ho visto comporsi alchimie impensabili. E soprattutto ho riso, ho riso tantissimo di un’allegria adolescenziale che avevo dimenticato. E questo è stato possibile soltanto perché, con notevole impegno, ho deciso di abbandonare dietro di me paure, incertezze, inutili sovrastrutture rimodellandomi. Una farfalla finalmente capace di volare.
E questa è stata la conquista più meravigliosa che mi sia permessa di vivere. Quel volo a cui mi ero tanta preparata negli anni passati. Ma non ho fatto tutto da sola. Accanto a me, insieme a me ed a te, mio tempo, ci sono state delle persone speciali: amici, amori, a volte semplici conoscenti che rispondendo ad un non ben precisato richiamo, hanno sparso polvere magica sui miei giorni, sulle mie ali dipingendo di colori meravigliosi i miei voli. Uomini e donne incredibili, dotati di quel “ certo non so che” indefinibile e prezioso che li rende, nel mio cuore, unici ed insostituibili.
A loro la mia gratitudine, il mio amore, il mio invito a condividere ancora la straordinaria bellezza del nostro star insieme. Uno stare insieme fatto di un vivere un po’ folle di cui, lo so, ci siamo perdutamente innamorati. Ed allora un bel sorriso e tutti pronti a volare in questo nuovo e, spero, altrettanto meraviglioso 2010.
Grazie anno! Grazie mio adorato tempo!

giovedì 24 dicembre 2009

I miei Auguri di Natale




Non credo nel buonismo del Natale. Non credo negli auguri d’obbligo e non sopporto le interminabili giornate di queste festività, trascorse nel chiuso di case imbandite di mangiare e sentimenti non sempre sinceri. Se poi ci mettiamo che il tempo in genere fa schifo ed il buio della notte incombe, vi renderete conto che non sono la persona migliore per melensi discorsi augurali.
Ma questi sono anche momenti di scambio ed invece di mettere sotto l’albero degli oggetti, io ho pensato di regalarvi alcuni pensieri.
Ed allora partiamo da quello che smuove l’emotività di questi miei giorni.
Il mio è un lavoro strano, fatto di un ambito spesso difficile, in cui il cuore viene sempre dietro alla ragione. Ma c’è un “ma” che me lo fa amare ancora, nonostante tutto. Più di altri ambiti lavorativi, infatti, il nostro impegno sa, quando vuole, realizzare dei sogni ed essere reale e costruttivo. Ed è in questi momenti che ne riconosco il valore ed apprezzo infinitamente la gioia che sa regalare a chi in noi ha sperato. Ed è sempre grazie a questo lavoro tanto demonizzato che io posso conoscere persone, vivere emozioni difficilmente raccontabili, eppure così intense da togliere il fiato. Ed allora oggi vorrei partire da queste emozioni e dai pensieri che l’accompagnano per regalarvi, invece che i soliti auguri, un messaggio che spero scaldi veramente il vostro cuore, così come è accaduto a me.
Vorrei donarvi il sorriso di chi, sfiorando appena la mia vita, mi ha insegnato tanto: i ragazzi della baraccopoli di Nairobi e la madre di un ragazzo di 15 anni, morto mentre giocava “semplicemente” a pallone. A loro continuerà ad andare il mio pensiero in questi giorni di festa perché sono persone incredibili, incredibili e forti, nonostante tutto. Persone che non smettono di lottare e sorridere e lo fanno insieme a tanti altri sfortunati.
Persone che annientano gli sbadigli di conoscenti lagnosi ed annoiati, i quali contribuiscono ad inondare questo mondo di sentimenti negativi quanto inutili, in un mondo che già di suo non sa più dare né ricevere, ma sa solo bramare ed infantilmente pretendere. Ma io ho deciso che a me non importa, io guardo al bello, ai sentimenti nobili e puliti, alla forza, alla volontà che piega la sfiga, alla capacità di saper ballare quando sai che tornerai a dormire tra le lamiere immonde di una baracca. O, mentre un vuoto affettivo ti lacera l’anima e tu sei ancora capace di dare prendendoti cura della sicurezza e del futuro altrui. Io guardo a questa parte dell’umanità e sbircio nell’altra, perché non demordo e, convinta, guardo al bello che c’è in ognuno di noi.
Ecco, vorrei che tra i tanti doni materiali che sicuramente riceverete, voi possiate trovare un bagliore di queste meravigliose persone e portarlo dentro di voi.
Se questo dovesse accadere il mio regalo sarà arrivato lì dove mi auguro e vi dirà: sei un uomo od una donna fortunata ed intorno a te, anche se pensi sempre che ti manchi qualcosa, in realtà c’è tutto ciò che d’importante serve alla tua vita.
E ve lo faccio dire da loro, attraverso queste due frasi scambiate tra nostro studente ed una ragazzo di strada di Nairobi.
Ragazzo italiano: “ Per vivere in fondo servono soltanto pane, cibo e amore.”
Ragazzo keniota: “ Fratello, per vivere il pane e l’acqua non sono indispensabili.”

BUONI GIORNI A TUTTI VOI!

domenica 13 dicembre 2009

Dare ed avere




Giorni intensi.
Giorni in cui tutto si affolla, mescola, si scontra, lasciandomi senza fiato.
Non sembrano aver un senso logico le emozioni che compongono i miei giorni. Arrivano da punti diversi, si espandono senza controllo ed arrivano ad illuminare tutto. Come piccole lucciole s’intrufolano negli anfratti più segreti di me. Anche loro, quelle staffilate al cuore che chiamo delusione, rabbia o insensata cattiveria. Quelle che preferirei non dover provare, ma che poi non riesco a non prendere tra le mani ed osservare.
Che giorni questi miei giorni!
Ed allora me ne vado a spasso nel mio bosco e cerco di mettere ordine nel caos di questo pasticcio emotivo.
Gocce di pioggia si posano tra i miei capelli, nei caldi fili di lana del cappello, tra le trame del cappotto.
Foglie gialle volano nell’aria e parole inaspettate arrivano ad accarezzarmi. Ogni cosa ha un suo tempo, basta saper aspettare, pazientemente.
Non ho paura di dare e non ho paura di ricevere. Semini di me lungo il cammino e forse qualche cosa nascerà.
E’ questo la vita?
Lasciare tracce di me. Dare e poi sarà…
Sì, credo che sia così. Forse è questo un senso.
Parole dure, al limite della strafottenza, della gratuita arroganza ed un sorriso che ostinato rinasce. Non sarà questo a cambiare il mio senso. I passi nel silenzio saggio ed accogliente del mio bosco, non c’è altro modo di vivere per me.
E stata la natura ad insegnarmelo ed io sono parte di lei.
Conoscere i cicli, le pause e l’improvvise accelerazioni. Penetrare l’anima come fosse terra e poi attendere. Ovunque può nascere un germoglio, anche la dove non lo credevo possibile.
Chi semina vento raccoglie tempesta. Ed io che cosa avrò seminato?

giovedì 10 dicembre 2009

"Te c'hanno mai mandato a quel paese..."


Sono giorni che mi frulla nell’anima questo post e non riuscivo a scriverlo.
C’era un “ Ma va a quel paese...!!!” che chiedeva di esplodere e solo ora sono pronta a lasciarlo fare.
Quindi preparatevi ad un post irriverente.
Questo scritto è dedicato a tutti quei personaggi che hanno cumoli di pietre davanti al cuore. Meglio, a tutti quei tipi che convinti di essere dei dritti indossano la maschera del cinismo, della sciocca furbizia, dell’inutile indifferenza.
E’ dedicato a tutti quelle persone che sono certe di essere sveglie ed invece sono solo delle anime perse in uno stato confusionale che, come in un girone dell’inferno, le condanna a vagare in una vita sbiadita e pressoché inutile, per se stessi e per gli altri.
Come direbbe Rino Gaetano “ Non ve reggo più!!!!”
E badate bene, ciò che fate delle vostre tristi vite non m’interessa, ma vi prego di non sogghignare davanti a ciò che non siete nemmeno in grado di comprendere.
Se siete contenti di blaterare continuamente idiozie insulse. Se siete certi che non esista altro modo di vivere se non il vostro, beh, allora siete voi che state affogando nei vostri stessi limiti, non chi ha il coraggio di alzare lo sguardo ed affrontare il mondo a viso aperto. Le civiltà si sono evolute grazie ai sognatori, grazie a chi ha avuto il coraggio di lottare, non per merito degli animi meschini che sanno solo distruggere e mai costruire.
Oggi ho incontrato i ragazzi delle baraccopoli di Nairobi e ancor di più mi è esplosa dentro una rabbia incontenibile. E quel “ Ma va a…” si è fatto urlo.

A te che sai solo gonfiare i muscoli, così tanto da soffocare il cuore.
A te che adorni il corpo di mille firme perché pensi che la tua da sola non possa bastare.
A te che sprechi la vita a nasconderti da ogni emozione credendo che siano gli altri a non meritarti.
A te che miseramente non sai regalare un sorriso, una parola, un piccolo gesto.
A te che non fai altro che trincerarti dietro ai già sconfitti “ormai”, od agli ancor più patetici “E' così che va il mondo”.
A te che sorridi beffrado degli sforzi altrui solo perché sei tu a non avere forza e voglia di metterti in gioco.
A te che è tutto un “ Vorrei ma non posso”.
A te che sembra non scalfirti nulla ed invece sei talmente fragile da farti impaurire da tutto.

A te, proprio a te vorrei dire: “ Svegliati!!!!! Non sono gli altri i fessi.”

martedì 8 dicembre 2009

Quello che non t'immagini



Si parte e si torna, o non si parte e si resta, è solo questione di scelte ed in genere di coraggio. A volte bisogna averlo per partire, altre volte per saper restare. In ogni caso si compiono cammini, non fosse altro che dentro di noi. Ed io non conosco confini, se non quelli interiori che mi sforzo di oltrepassare. Un nuovo passo ed ho l’impressione di aver girato il mondo, di averlo capovolto ed esplorato da nuove prospettive. Ci sono dei momenti poi, in cui so perfettamente che quello che sto per intraprendere sarà un cammino decisivo, uno di quelli che mi condurrà ad un punto di svolta, un lo scambio tra due binari. E questi sono le situazioni più complesse, gli attimi in cui so che la paura potrebbe bloccarmi, impedendomi di compiere quello che la vita gentilmente mi sta offrendo di vivere. E’ strano rendersi conto che proprio le opportunità più importanti sono quelle che rischiamo di non cogliere e quindi di non godere. Paradossale eppure quasi ovvio. Ed anche negli ultimi due viaggi che ho compiuto la paura ha cercato di rubarmi l’emozione. In entrambi i casi tutto sembrava suggerirmi di non fare, non dire, non andare ed io ho tentennato, come è umano che sia, lottando con me stessa, contro la mia razionalità che segue logiche diametralmente opposte a quello che il mio cuore cerca di dirmi. Ed io sto lì, in silenzio cercando di far tacere l’inutile frastuono dei timori e delle fredde logiche per riuscire ad ascoltare e, solo quando la voce dell’istinto diviene chiara, decido. E così che una decina di gironi fa, strapazzandomi un po’, ho preso l’aereo e sono partita per la Lituania, contraddicendo qualunque opinione esterna che cercava d’intimorirmi. Ogni scelta comporta dei rischi, ma è il dolore del rimpianto che mi appare intollerabile e quindi cerco di guardare dritta negli occhi la mia vita e poi, con buon senso, accetto le sfide che mi porge. Accompagnare un gruppo di studenti adolescenti, in uno scambio interculturale con altri studenti adolescenti di un paese tanto lontano dal nostro. Poteva essere molte cose questo viaggio, ma sapevo che tutto quello che la mia fantasia potevo arrivare ad immaginare non sarebbe mai stato quello che veramente avrei vissuto. Ed è esattamente questo particolare, ossia la capacità che la vita ha di sorprendermi, la meraviglia a cui non so rinunciare. E così è stato. Un viaggio, metaforico o reale, non è mai un solo viaggio. Di più, un viaggio non è mai un “ solo” viaggio; almeno per me. Per me che un po’ incoscientemente mi lascio inondare da quello che mi capita, aprendo i pori della pelle, permettendo alle emozione di entrare senza filtri fino al cuore. Sarà sempre per questo mio modo d’essere che poi mi capita di vivere situazioni inusuali, momenti improbabili. Non penso di essere baciata da una vita particolarmente creativa, è solo che di volta in volta le vado incontro ed accolgo ciò che mi porge.
E dopo, dopo mi ritrovo diversa, più ricca, capace di vedere oltre gli orizzonti che fin lì credevo d’aver raggiunto. Il viaggio nell’intenzioni era uno scambio culturale che però, ad un certo punto, si è trasformato in uno scambio emozionale, durante il quale io mi sono trovata faccia a faccia con il cuore di dieci meravigliosi ragazzi. La loro bellezza, la loro capacità ancora così pura di saper mostrare le proprie emozioni, magari non comprendendole totalmente, ma accentandole tra le ciglia bagnate, è stata una cascata di ossigeno profumato.
Io, donna adulta abituata a confrontarmi con le mille maschere dei miei colleghi adulti, così certi di se e delle loro impolverate convinzioni da sembrare, a confronto di tanta bellezza, stantii personaggi da operetta.

Questo post è dedicato a i miei dieci splendidi compagni di viaggio con il mio più grande GRAZIE!!!





venerdì 27 novembre 2009

Un strano Bus


Una corsa a “perdi fiato” tra l’erba di un prato verde verde, inseguendo l’autobus che mi porterà a lavoro e nel cuore la sensazione forte e chiara di aver appena dato gambe alla bambina che non smetto di essere.
Le porte si aprono e, rabbonendo il respiro affannato, mi ritrovo sul bus dei sogni. Il cielo grigio sparge una luminosa luce ovattata sui volti dei passeggeri ed i loro sguardi, alla mia comparsa, si concentrano su di me, catturando a loro volta la mia attenzione.
Uomini e donne dai visi particolari mi osservano e mi sembra che ognuno di loro abbia occhi particolari, che ognuno di loro faccia o sia qualcosa di inusuale o bizzarro in questa stramba mattina. Ma su che bus sono salita? Sarà forse la corsa di pochi istanti fa, ma mi sento improvvisamente Alice catapultata nel bus delle meraviglie. Alcuni di loro leggono, altri scrivono, altri ancora rispondono al mio scrutarli tornando poi assorti e paciosi ai loro pensieri. Un anziano ascolta la musica con l’ipod, una matura donna è avvolta in un cappotto di un azzurro improbabile che fa risaltare ancor di più i suoi capelli bianchissimi dal taglio inaspettatamente sbarazzino. Mi sento spostata in una realtà che sembra irreale. Forse sarà il mio modo di vivere il mondo ma su questo strano veicolo non riesco a non sentire esplodere la felicità. Magari è solo colpa di quest’inizio giornata un po’ fantasiosa però, in rapida successione, arrivano piccoli flash di questa imprevedibile settimana: il sorriso di mio figlio che orgoglioso mi mostra la sua nuova divisa da pallavolo. Il suo sguardo felice, la mia emozione nel vederlo così grande e meraviglioso. Il viaggio che sto per compiere in una terra sconosciuta. La gioia di aver lasciato volare le farfalle che volteggiavano dentro di me. La forza della donna che sono, che ha sfidato se stessa, ancora una volta, ed di nuovo riunita in una sola se oggi può danzare libera nell’aria. E poi quelle parole, le parole sempre loro, il mio irrinunciabile nutrimento, composte come un canto da un uomo che ancora non conosco, ma che so amato da una sorella che è lontana ma tornerà. Parole dicevo, che mi tornano in mente mentre viaggio su questo strano veicolo. Parole che non mi aspettavo, che inondano la mia mente da quando le ho lette, che rimbombano tra muscoli e sangue espandendo sensazioni, ossigenando emozioni. Forse le più belle parole che qualcuno abbia mai dedicato alla mia scrittura e che si riferiscono a dei pensieri che rimarranno privati.
“ Ciò che scrivi è di una bellezza inaudita, un uomo "normale" non è pronto ad essere travolto da una simile "violenza" descrittiva. E’ troppo forte per chiunque.”
Ma sarò io, o è questo strano bus a rendere emozionante e speciale ogni attimo di questa mia pazza vita?

martedì 24 novembre 2009

Muro, rete e saper cogliere


Pensieri che corrono nella mente e idee che rimbalzano nei discorsi con gli amici.
E’ successo così anche con questa strana teoria. Una macchina che scivola sull’asfalto, la musica che esplode nell’aria, una curva tra gli alberi mentre il sole mi accarezza.

Ci si chiedeva: “Quel’è la differenza tra chi non è capace di afferrare quanto d’importante la vita gli offre e chi, al contrario raccoglie, anche tra i cocci, quel che era bene salvare?
Ed allora mi viene in mente che c’è chi è solo capace di farsi muro, chi diventa rete e chi sa cogliere e, nel saper coglier,e sa bene quel che lasciare.
Ed io che tipo sono?
Gli amici più intimi lo sanno, rimango sempre perplessa, e molto, di quanto il mio modo d’essere sembri, nei confronti della vita, anomalo. Io sono semplicemente io, e la mia compagnia è per me talmente abituale da sembrarmi banale. Ma forse, come dice da tempo un carissimo amico, alla mia età sarebbe giusto ed opportuno acquisire una consapevolezza di quel che accade quando mi esprimo nel mondo. Per non fare troppi danni, dice simpaticamente lui. Ed allora ho iniziato a ragionarci su e, l’unica cosa che mi è venuta in mente è che io vivo lasciandomi attraversare da quel che incrocio lungo la strada. Non m’impongo, come spesso vedo fare, di respingere o gestire o controllare le cose che mi accadono. Ho imparato che irrigidirsi, ostacolare, insomma tutto quello che per paura si cerca di fare per non venir travolti o stravolti, non ha alcun senso. Le cose arrivano a prescindere da ciò che vorremmo o siamo in grado d’ipotizzare e mettersi davanti a loro, ferrei come pali non è una buona idea. E lo confesso, è un comportamento che conosco assai bene. Applicato diligentemente per svariati decenni, e comprovato nella sua totale inutilità. Oltre tutto, diventare muro non consente di fare quello che io definisco “l’effetto rete”: nulla, neanche il buono, resta impigliato dentro di noi e quindi non potremmo nutrirci di quanto offerto dalla sorte. Il muro ha una consistenza indeformabile, che non si plasma attorno a quello con cui si scontra: o si rompe o resiste e quindi in ogni caso non assorbe elementi. Io, invece sono divenuta flessuosa nei confronti della vita e questo, forse e dico forse, mi consente di trattenere molto e farmi, paradossalmente, molto meno male. La presuntuosità di noi umani, invece, è talmente sconfinata che c’impedisce di accettare una cosa fondamentale: che non possiamo modificare l’immodificabile. Non è saggio illuderci che sempre e comunque la nostra volontà sia in grado di piegare gli eventi, o il loro svolgimento, ai nostri desideri, alle nostre paure. Quello che, sempre credo, è in nostro potere fare è piuttosto interpretare ciò che ci capita e poi, con l’effetto rete, cercare di portare dentro di noi il meglio che siamo riusciti a pescare. M badate bene, non solo quando il mare è calmo, ma anche e principalmente quando nel nostro oceano si scatena la tempesta. Ma uscendo dall’acqua, elemento non a tutti congeniale, potremmo dire che la nostra esistenza è un cammino e il destino ci circonda di miliardi di occasioni. Arrivare a saper cogliere vuol dire sapere essere arrivati a saper riconoscere quello che è bene oltrepassando ciò che non lo è. Sapere scegliere e quindi scindere, ma con morbidezza, assecondando la vita.

mercoledì 18 novembre 2009

Che belle le donne innamorate!


Che belle che sono le donne innamorate.
Volano leggere per il mondo, felici di ciò che portano nel cuore. Non sono come gli uomini con le tasche sempre piene di zavorre. Le donne no, quando amano abbandonano qualunque peso, ogni limite mentale e senza tentennamenti lasciano che il sentimento che provano le invada divenendo linfa vitale. Piccoli puntini luminosi che rubano sorrisi al loro passaggio. Capaci di sprigionare luce nel buio più cupo.
Le riconosci dallo sguardo, ti osservano e quasi non ti vedono. La vita stessa sembra scorrergli negli occhi e tutto diventa uno schermo su cui proiettare la propria bellezza.
E’ un momento magico, ogni volta unico, che le trasforma rigenerandole. Germogliano e sbocciano aprendosi alla vita stessa.
Non importa se l’oggetto del loro amore sia un’idea, un progetto, un figlio, un uomo. Le donne, qualunque cosa stiano amando la prenderanno tra le mani e la renderanno il centro della propria creatività. Trasleranno in lei o in lui se stesse e cercheranno di apportare, a ciò che amano, quanto di più meraviglioso serbano nei meandri della propria anima.
Le donne innamorate non temono nulla, diventano forti, spavalde, incredibilmente “donne”.
Sono nate per amare e quando ciò accade un’energia impensabile pervade il loro corpo, ricarica i loro pensieri e anche la donna più minuta, apparentemente fragile, diventerà una torcia inesauribile capace di illuminare il buio più misterioso. Ma nulla sarà più misterioso per lei, lei tornerà ad essere quella donna atavica che ogni donna porta in se e lascerà che l’istinto la guidi la dove nessuno, neanche lei, immaginava di poter arrivare. Ed arriverà, oh sì…statene certi arriverà. Ce la farà perché nulla può fermare una donna innamorata. Lei sa, lei porta dentro di se l’unica vera meraviglia di questa nostra strana esistenza: il sapere e volere amare. E’ questo che la rende una forza della natura. Un miscuglio di fantasia e particolarissima energia che solo noi donne sappiamo riconoscere e non temere. E’ lì, in quel miscuglio che saprà ascoltare la musica che sa cullarla e cullare. O ritrovare i passi di quella danza pazza che le farà battere i piedi e piroettare quando un minuscolo gesto la farà gioire. O ridere come una bambina con le sue amiche con cui, complice, condividerà la felicità che sta provando. E sempre lì, in quel miscuglio troverà l’orgoglio e la dignità con cui sa tendere la mano e perdonare, fin dove il buon senso le indicherà. Ma una cosa è certa, non sarà mai nel saper amare che offendere se stesse, casomai potrebbe accadere nel suo contrario.
Le donne innamorate…che meraviglia!!!!

martedì 17 novembre 2009

Nel grande teatro della vita...tu


Un grande teatro vuoto e tu.
Tu che ti aggiri nella sala e lentamente ed inizi ad allestirla per il prossimo spettacolo.
Non accetti copioni, li scegli. Cerchi la sfida, l’adrenalina pura.
Non rispondi ad altro se non al tuo istinto, a quello che sollecita la tua curiosità.
Un regista esperto, tu. Scruti attento lo spettacolo della vita e lì, tra la gente, scegli i tuoi protagonisti.
Li fai salire sul palco e come un maestro riesci a lusingare la loro vanità umana, a placare le timide titubanze.
Curi ogni dettaglio d’artista raffinato, camaleontico. La scenografia deve essere perfetta, la migliore, all’altezza delle tue aspettative.
Non lasci nulla al caso. Mai.
La vita ti ha portato a perfezionare ogni particolare.
Sai come muovere le emozioni dei tuoi protagonisti.
Tirannicamente imponi prove estenuanti, chi sbaglia è fuori.
Pause e battute, gioie e paure sfilano nella tua testa e immaterialmente le trasporti nel cuore degli attori. Senza che se ne accorgano le sentono pulsare nel sangue, ossigenare le loro teste rendendoli creta nelle tue mani.
Una prova dopo l’altra componi la tua opera.
Sai coinvolgere, sai entusiasmare, sai…
La tensione cresce e l’elettricità del debutto si diffonde ovunque, espandendosi oltre quel palco, nella vita che sembra sospendersi nell’attesa.
Ed è a questo punto che, con una precisione maniacale, scegli il tuo grande momento.
Il gesto impensato che sorprenderà tutti. Ancora una volta. Come ogni volta.
Il teatro è di nuovo un luogo pieno di vita. Tu l’hai riempito di ogni raffinata bellezza. E’ la tua anima quella che si diffonde nell’aria. La sala è gremita di ogni emozione, l’hai fatta crescere trasformandola in eccitazione, l’hai resa carne che vibra, che brama pronta ad esplodere su quel palco per inondare il mondo di tutta la tua bellezza. La tua bellezza.
Ed è allora, quando le tende del sipario stanno già scorrendo, che tu volti le spalle e te ne vai. Non vivrai lo spettacolo che hai creato, non incoraggerai i tuoi attori. Tutta’altro, li lascerai soli con la loro memoria. Tu sei già fuori, per la strada, dimentico di quella scenografia, oltre l’opera che tu stesso hai creato. Non calcherai la scena per prenderti gli applausi, non ringrazierai i tuoi protagonisti, non ti inchinerai soddisfatto. Semplicemente ti defilerai, tornando tra la gente, alla ricerca di un nuovo palcoscenico da inventare, di un nuovo attore da plasmare, nella ricerca di un nutrimento che sembra saziarti nel solo averlo assaporato. Strano regista tu.

domenica 15 novembre 2009

Due bicchieri di vino rosso sotto la pioggia




Gocce cantalenanti scendono intorno a noi.
Due bicchieri di vino rosso, le nostre sigarette che ardono tra le mani.
I nostri occhi che s’invadono.
L’emozione che si fa parola.
Non sono certa che tutto questo sia esistito.
I pensieri più veri sono rimasti chiusi in un rifiugio nascosto del cuore.
Li ascoltiamo ogni giorno in un silenzio solitario senza trovare il coraggio di lasciarli volare.
Ma accompagnano le miei giornate ...da quella sera.

giovedì 12 novembre 2009

Quello che fa la differenza

Che emozione enorme è ascoltare un uomo, un giovane uomo, che ha voluto e saputo introiettare la letteratura facendosela scorrere nel sangue. Lasciando che i pensieri e le parole di altri si mescolassero ai propri pensieri ed alle proprie parole, le loro vite alla propria vita, le loro sofferenze alla propria sofferenza. E di tutto questa mescolanza di sangue, parole e pensieri fare ossigeno per il cervello.
M. Cristina incantata da Saviano

lunedì 9 novembre 2009

Una donna in rinascita


Una Donna in rinascita, di Jack Folla


Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita. Quando si rimette in piedi, dopo la catastrofe, dopo la caduta, che uno dice…è finita. No. Finita mai, per una donna. Una donna si rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole. Non parlo solo dei dolori immensi, di quelle ferite da mina antiuomo che ti fa la morte o la malattia. Parlo di te, che questo periodo non finisce più, che ti stai giocando l'esistenza in un lavoro difficile, che ogni mattina hai un esame peggio che a scuola….Te, implacabile arbitro di te stessa, che da come il tuo capo ti guarderà, deciderai se sei all'altezza o se ti devi condannare. Così ogni giorno e questo noviziato non finisce mai, e sei tu che lo fai durare. Oppure parlo di te, che hai paura anche solo di dormirci, con un uomo, che sei terrorizzata che una storia ti tolga l'aria, che non flirti con nessuno perché hai il terrore che qualcuno si infiltri nella tua vita. Peggio, se ci rimani presa in mezzo tu, poi ci soffri come un cane. Sei stanca. C'è sempre qualcuno con cui ti devi giustificare, che ti vuole cambiare, o che devi cambiare tu per tenertelo stretto, e così stai coltivando la solitudine dentro casa. Eppure te la racconti, te lo dici anche quando parli con le altre…."io sto bene così, sto bene così, sto meglio così"…e il cielo si abbassa di un altro palmo. Oppure con quel ragazzo ci sei andata a vivere, ci hai abitato Natali e Pasque, in quell'uomo ci hai buttato dentro l'anima, ed è passato tanto tempo e ce ne hai buttata talmente tanta, di anima, che un giorno cominci a cercarti dentro lo specchio, perché non sai più chi sei diventata. Comunque sia andata, ora sei qui. E so che c'è stato un momento che hai guardato giù e avevi i piedi nel cemento. Dovunque fossi, ci stavi stretta. Nella tua storia, nel tuo lavoro, nella tua solitudine, ed è stata crisi. E hai pianto. Dio, quanto piangete ragazze... Avete una sorgente d'acqua nello stomaco. Hai pianto mentre camminavi in una strada affollata, alla fermata della metro, sul motorino. Così, improvvisamente. Non potevi trattenerlo. E quella notte che hai preso la macchina e hai guidato per ore, perché l'aria buia ti asciugasse le guance. E poi hai scavato, hai parlato…quanto parlate ragazze. Lacrime e parole. Per capire, per tirare fuori una radice lunga sei metri che dia un senso al tuo dolore…."perché faccio così?"…"com'è che ripeto sempre lo stesso schema?"…"sono forse pazza?"…Se lo sono chiesto tutte. E allora... vai, giù con la ruspa nella tua storia, a due, quattro mani, e saltano fuori migliaia di tasselli, un puzzle inestricabile.Ecco, è qui che inizia tutto. Non lo sapevi? E' da quel grande fegato che ti ci vuole per guardarti così, scomposta in mille coriandoli, che ricomincerai. Perché una donna ricomincia comunque. Ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti. Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova "te", perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa. Non puoi più essere quella di prima, prima della ruspa…Non ti entusiasma? Ti avvincerà lentamente, innamorarsi di nuovo di sé stessi o farlo per la prima volta è come un diesel, parte piano. Bisogna insistere, ma quando va in corsa... E' un'avventura ricostruire sé stesse, la più grande. Non importa da dove cominci, se dalla casa, dal colore delle tende, o dal taglio dei capelli. Io ho sempre adorato donne in rinascita, per questo meraviglioso modo di gridare al mondo "sono nuova" con una gonna a fiori o con un fresco ricciolo biondo. Perché tutti devono vedere e capire…"attenti…il cantiere è aperto…stiamo lavorando per voi... ma soprattutto per noi stesse…". Più delle albe, più del sole, una donna in rinascita è la più grande meraviglia, per chi la incontra e per se stessa. E' la primavera a novembre, quando meno te la aspetti.

giovedì 5 novembre 2009

Smetterò



Smetterò di essere educata.
Smetterò di camminare nella tua anima in punta di piedi.
Smetterò di ragionare e ponderare.
E sarò sangue e carne che ti invade.
La lotta eccita gli istinti.
La fantasia esplode nei desideri.
Prepara i tuoi occhi, avvisa il tuo cuore, allerta la mente.
Sarà una battaglia che non conosci e la giocherò a modo mio.
Hai mai visto l’essenza di una donna divenire materia?
E’ capace di mille magie.
Può trasformarsi in fuoco.
Scegliere di farsi nettare.
O tramutarsi in profumo.
L’essenza di una donna può essere qualunque cosa, è questa la sua forza incontenibile.
Può baciare ed amare, essere coraggiosa o docile.
Ma non t’illudere se la vedi indietreggiare, sta solo cercando dentro di se ciò che gli occorre.
E poi…
E poi spalancherà all’improvviso quella porta.
Urlerà i suoi pensieri.
Ed affronterà l’impossibile…con il cuore.

lunedì 2 novembre 2009

Apro la sigaretta




Apro la sigaretta
come fosse una foglia di tabacco
e aspiro avidamente
l'assenza della tua vita.
E' così bello sentirti fuori,
desideroso di vedermi
e non mai ascoltato.
Sono crudele, lo so,
ma il gergo dei poeti è questo:
un lungo silenzio acceso
dopo un lunghissimo bacio.

Alda Merini

venerdì 30 ottobre 2009

Non m'importa.

Non m’importa se il tempo, la distanza, l’apparente indifferenza cerca di convincermi che nulla di ciò che vivo ha un reale valore.
Non m’importa di chi cammina per il mondo con passo affrettato e tutto sfiora, annusa, o distrattamente assapora per poi lasciarlo cadere, mentre i suoi passi sono già oltre.
I miei no. Io cammino lentamente ed ogni sensazione penetra nei miei sensi e mi appartiene per sempre.
Questo è il mio tesoro, il forziere a cui posso attingere ogni volta che ne ho voglia o bisogno.
E non m’importa se questo appare desueto, io ne conosco il privilegio ed il valore.
Per questo non m’importa se c’è chi, nella frenesia di un vivere senza vivere, scavalca ogni cosa.
Io non scavalco nulla, se non l’inutile.
Ma l’inutile non sarà mai ciò che ho vissuto o provato, ciò che ho guardo od ascoltato, ciò che ho potuto toccare od accogliere e condividere.
Non m’importa di non rischiare, di non soffrire, di non provare.
Non m’importa vivere una vita che non sia una vita.
M’importa vivere e vivere vuole dire guardare il mondo negli occhi e lasciarsi incantare.
Ed allora io m’incanto, e m’innamoro ogni giorno, ogni ora, ogni minuto.
Che cosa ci guadagno?
“Ci guadagno il colore del grano…”

mercoledì 28 ottobre 2009

La forza delle donne troppo spesso sottovalutata

Le viciende politiche di questa nostra strana e malandata Italia sono sotto gli occhi di tutti.
In questo post però, non voglio entrare nel merito di quanto sta accadendo. Desiderio tuttavia, spostare l'attenzione su un comportamento umano e personale di una donna, di certo ferita, di certo stravolta dagli avvenimenti derivati da azioni altrui che, nonostante tutto, è stata capace di mettere la propria firma, questa volta non solo giornalistica, alla propria vita. La donna di cui parlo è Roberta Serdoz, moglie del ex Presidente Marrazzo, la quale, con un coraggio inusuale, ha capovolto la percezione di quanti la credevano sconfitta nella propria dignita di moglie e di donna.
Roberta Sardoz ha invece spiazzato tutti, tornando nel giro di pochi giorni al suo lavoro di giornalista sia nel programma "Linea Notte" di Rai Tre che, come moderatrice, nel dibattito per la presentazione dell'associazione "Valore D le donne al vertice" che si è tenuto ieri a Palazzo Valentini a Roma.
Mi è sembrato un comportamento esemplare. Un comportamento ed una scelta che mette il luce e restituisce alle donne quel valore e quella capacità di resistere e rinascere che spesso, molto più spesso di quanto sia riconosciuto, ci apprtiene. Questo è essere una donna e non quella gabbia fatta solo di corpi da usare nella quale, ultimamente, veniamo ricacciate
Di seguito riporto dunque la parte finale di un articolo di Giulia Bongiorno sul " Corriere della Sera" in cui prendendo spunto da Roberta Serdoz si racconta la forza delle donne.



Di Giulia Bongiorno
Corriere della Sera

"In questa insolita scelta di forza, Roberta Serdoz rivela un’attitudine che abita le donne, sebbene spesso rimanga nascosta: sapere quando è il momento di prendere in mano la situazione. Essere all’altezza, in un attimo. Dopo essersi adattate, magari per anni, a ruoli anonimi, dimessi, defilati, ma preparandosi silenziosamente ad assumere un ruolo diverso, senza smettere mai di coltivare la capacità di diventare artefici del destino proprio e altrui. Una marcia in più che appartiene alle donne, quasi ontologicamente.Perché sono abituate a combattere, addestrate dalla storia ma anche dalla biologia. Abituate a fare più fatica degli altri, a sopportare un colpo in più e a rimanere in piedi lo stesso. In circostanze normali, non hanno nemmeno bisogno di mostrarlo: lo fanno e basta. In circostanze eccezionali, questa straordinaria capacità emerge in forme e modalità imprevedibili. Come è successo a Roberta Serdoz. Della cui scelta, a prescindere da ogni altra considerazione, mi piace sottolineare la singolarità: quando la nave rischia di affondare solitamente tutti l’abbandonano, lei non solo non l’ha abbandonata ma ne ha assunto coraggiosamente il comando."

mercoledì 21 ottobre 2009

Perchè nella vita è sempre e solo questione d'interlocutori

Per vivere con onore bisogna struggersi, battersi, sbagliare e ricominciare da capo e buttare via tutto, e di nuovo ricominciare e lottare e perdere eternamente.
Lev Tolstoj


Dedicato a chi ieri mi ha donato una piccola porzione del suo tempo. Un tempo strappato e voluto oltre i limiti di una giornata impossibile, di una stanchezza evidente, di una difficoltà oggettiva di poterci essere, ma scegliendo contro il " facile" di esserci.
Ho voglia di celebrare la bellezza del tuo gesto, sulla futilità delle tante proclamazione.
Ho voglia di dirti che il tuo volto stanco, stravolto eppure sorridente mi ha regalato un'emozione che non dimenticherò. Sembra assurdo forse, ma credo che mai come ieri sera io ho compreso.
Grazie!

lunedì 12 ottobre 2009

Desiderandoti

Quanto ho amato chi ti ha preceduto… ma ora ci sei tu, uno sconosciuto inizio ed io non sono così forte, mi lascio sedurre dalle promesse che ogni “nuovo” porta con se.
Mi vedo camminare per la città, gli occhi che si colorano di grigio ed il respiro caldo che anticipa in una nuvola i miei passi.
Ti sto aspettando e mi sorprendo a sognarti.
Immagino i colori del tuo cielo, le strade lucide di pioggia, i lampioni che penetrano l’oscurità densa di acqua.
Ho voglio di te, incredibilmente.
Chi ho amato ha liberato i miei sensi, acceso l’allegria dei miei sorrisi, ma ora ho voglia di raccogliere le emozioni, sospirarle nel caldo di una sciarpa, trattenerle nella vivacità di un cappello.
Ho voglia di lasciarmi rapire dalla luce di una candela, di inseguire la corsa di una goccia sul vetro, di volare insieme ad una foglia.
Ho voglia di mani che corrono a cercare la pelle per sentirla brucia sotto la lana di un maglione, di labbra rosse, di occhi sferzati dal freddo.
Ho voglia d’innamorami di te, mio inverno, oltre ogni limite.



domenica 4 ottobre 2009

Il mio secondo libro e la meraviglia degli uomini



Ho depositato il mio secondo libro alla SIAE ed io, da inguaribile sentimentale, mi sono emozionata. Ma cosa posso farci? E’ un po’ come andare all’anagrafe e tornare a casa con il certificato di nascita di tuo figlio. Felice!
Felice per molti motivi. Il mio primo libro è stato un lavoro solitario, autobiografico, in cui nessuno avrebbe potuto aggiungere una sola parola, ed inoltre era il mio primo libro e portava con se tutta la tensione e la fatica di un debutto.
Scrivere questo secondo romanzo è stata invece un’esperienza del tutto diversa. Frutto della mia fantasia e dello scambio continuo che, nel corso della stesura, avveniva spontaneamente con le mie amiche. Le quali, come degne eroine dei romanzi tra lacrime, urla e risa, hanno inondato la mia testa con le loro incredibili storie d’amore, concedendomi, come solo le donne sanno fare, di sviscerare l’amore nelle più azzardate ed acrobatiche combinazioni.
Il romanzo racconta una bellissima storia d’amore, un amore a più facce, in cui nulla è solo ciò che sembra inizialmente. E’ uno sprofondare ed innalzarsi dei vari personaggi in quello che comporta il misurarsi con l’amore. Non si ama mai punto. Ogni storia d’amore ci pone di fronte a quel che siamo in quel particolare momento della nostra vita, contraddizioni comprese. Ed io mi sono divertita davvero tanto nell’inventare ed analizzare, anche perché accanto me, in questo incredibile viaggio ci sono stati soprattutto due amici, due bravissimi scrittori che come prodi cavalieri hanno accompagnato il mio cammino nel mondo maschile. Senza di loro forse non avrei scritto questo libro, o perlomeno non avrei avuto il privilegio di sbirciare e capire un’interiorità maschile normalmente celata. Vi assicuro è stato bellissimo!

Paul è stata la freschezza delle idee, la genialità di spunti grazie a quali ho potuto costruire momenti fondamentali del racconto. Polle, come lo chiamo io, è un uomo giovane, creativo, maschile nelle modalità descrittive che come donna non mi appartengono e che quindi ho ascoltato con grande interesse. Stringato ed asciutto e per questo potente ed efficace. Dalla spudoratezza con cui affrontava passaggi su cui io pudicamente tentennavo, ho imparato tantissimo. Se ho trovato il coraggio di scrivere alcune scene, direi che molto è merito suo. E’ stara la sua libertà espressiva a liberare la mia ed io, grazie a lui, audacemente l’ho lasciata correre. Arriva diceva la sua genialità e correva via, assorbito dai suoi mille interessi. Impagabile.

E poi c’è il mio amico Paolo, il mio vero alter ego maschile in questo libro. Racchiudere quello che è stato il nostro confronto tra il pensiero maschile e quello femminile non è facile. Ma è certo che non dimenticherò mai le nostre infinite discussioni, i litigi, le riflessioni che per mesi si sono svolte soprattutto al telefono mentre tornando a casa, per dare attenzione alle sue parole, mi sedevo sul muretto che costeggia il Circo Massimo e, guardando il cielo, mettevo in fila i le idee, ricapitolavo emozioni. Partivamo quasi sempre da punti di vista che sembravano inconciliabili “uno sporco maschilista egoista” gli dicevo e lui lì paziente a spiegarmi ciò ch a me come donna sembrava inaccettabile. Ma poi, lentamente tutti i ragionamenti lavoravano ed insieme arrivavamo a comprenderci, a spiegarci emozioni e comportamenti. Ed insieme a noi cambiavano i personaggi, mutava la storia, cadevano certezze, prendevano vita nuovi pensieri. Polle volava sopra di noi, ed io e Paolo scendevamo nella profondità dell’anima. Come descrivere meglio questo incredibile viaggio?
Il libro è cresciuto con me e chi lo leggerà avrà modo di comprendere quanto sto dicendo.
E tutto questo è stato possibile perché la vita mi ha regalato due persone speciali, due uomini che non involontariamente, ma anzi con slancio e animo nobile hanno scelto di regalarmi qualcosa di prezioso, qualcosa che appartiene a loro ed ora anche un po’ a me. Questo secondo me fa la differenza. Ci sono persone e persone, ci sono uomini ed uomini e loro, lasciatemelo dire, sono di livello superiore. Ed io li adoro!

mercoledì 30 settembre 2009

L'impossibile possibile

Forse l'impossibile appartiene solo a chi lo crede possibile...

M. Cristina Valeri

lunedì 28 settembre 2009

Gli uomini e la strana patologia di Ulisse



Mio figlio ha 15 anni è un adolescente divertente, dolce e sveglio. Ha molte buone qualità insomma ed io sono orgogliosa di lui. Tuttavia l’essere madre di un uomo in formazione, mi permette di osservare da vicino come si compongono alchenicamente i comportamenti maschili. Cioè, quella strana mistura di genere testosteronica che si forma al di là della mia volontà. Mi spiego meglio. Mio figlio, come qualunque adolescente, protegge il suo mondo dall’invasione adulta ed in questo, come è giusto che sia, è molto fermo ed intransigente. Quando è con gli amici, o sta vedendo, leggendo, ascoltando, disegnando, parlando al cell, in poche parole quando ha da fare le sue cose lui è off -limits. Tutti fuori, lontano e per favore non scocciate.

E fin qui…

Ma il bello arriva però quando la sottoscritta, cioè sua madre, sta vedendo, leggendo, ascoltando, scrivendo o solo pensando, e lui ha un’improvvisa ed irrinunciabile voglia di parlare, di giocare o di essere coccolato. Bene sapete che succede? Che lui non chiede le mia attenzione, la pretende. E se io non sono pronta e disponibile a distogliere la mia attenzione da qualunque cosa stia facendo per dedicarmi a lui, nell’ordine fa quanto segue: si dispiace, si offende e borbottando se ne va rimproverandomi. Ora, è vero che la nostra società ha distorto il ruolo della donna-madre innalzandolo ad un immane e perenne sacrificio, convincendoci, per di più, che la nostra non è una vita ma bensì missione a favore dell’altro. Ma io mi sento responsabile, non solo di mio figlio, ma anche di tutte le donne con cui lui si relazionerà in futuro. E non posso permettere ad un altro uomo, da me educato, di crescere con la inspiegabile convinzione che se lui ha voglia di farsi gli affari suoi la donna del momento ( per ora la madre e poi si vedrà), comprenda e pazientemente e con dolcezza si faccia da parte. Per poi, quando lui ne avrà voglia o bisogno, essere certo che la ritroverà lì diponibile e pronta ad accoglierlo con benevola indulgenza. Quindi mi rifiuto e mi ribello e poi gli spiego che così non va, non funziona e non è giusto. Ma osservare tutto ciò in un adolescente, mi ha svelato il perché esisono uomini adulti, indiscutibilmente adulti, che vivono della stessa presuntuosa convinzione: SONO GENETICAMENTE MODIFICATI! In altre parole nascono così e così continuano a vivere, certi che questa loro piccola, insignificante aspettativa sia ovvia e consequenziale. In parte sarà colpa delle educazione materna, sociale e culturale che li abitua ad una così stramba convinzione. In parte però deve esserci qualcosa di atavico che li riporta a ritenere valide dinamiche che appartengono al tempo che fu. Quando la donna, tra un sospiro ed un punto a crocere, aspettava paziente il ritorno del guerriero.

Degli Ulisse insomma, e noi le loro Penolope…

sabato 26 settembre 2009

Caffè nero bollente

C’è un momento della mattina che per me è irrinunciabile. Una specie di rito che m’introduce a quello che seguirà.
Accendo la macchinetta del caffè, apro la scatola tonda con tutte le cialde colorate e scelgo il mio caffè. Decido la miscela in base all’umore, quasi fosse un vestito da intonare ai sentimenti del momento, o, a quel che mi auguro, quel preciso aroma rispecchierà della mia giornata; quella che sarà, o che vorrei che fosse. Quando la spia verde mi avvisa che tutto è pronto, solo allora prendo la tazziana di porcellana bianca, inserisco la piccola capsula colorata e resto lì a guardare la polvere trasformarsi in una crema profumata. Poi prendo il mio caffè tra le mani, mi avvicino alla finestra aperta, guardo fuori ristorandomi nel verde del mio giardino e saluto il mondo. Poi alzo gli occhi verso il cielo, scruto le nuvole, mi lascio accarezzare dal sole e, portando la tazzina alle labbra, mi auguro che quello che sto per vivere sia un gran bel giorno.
A volte lo è, altre volte no. Ma non importa, l’indomani, se avrò fortuna, sarò di nuovo lì a brindare con un caffè in mano a quello che sto per vivere.

P.S. Questo, mi auguro, spieghi una volta per tutte perché in genere arrivo tardi. Non c’è lancetta che possa spingermi a rinunciare a certi momenti. E se il mondo va di fretta, peggio per lui.

lunedì 14 settembre 2009

Per te



Poche parole e tutto sembra dissolversi e volare via.
Grandi nuvoloni corrono sopra di me, mentre scivolo lontano.
Dove andrà il “nostro” tutto?
Mi sembra di vederlo, volteggia intorno a me, disorientato.
Ma non posso aiutarlo, non saprei cosa dirgli.
Chiudere la porta, attraversare la pioggia e dirmi che non è successo nulla.
E’ già tanto, è già troppo.
Ma perché se era nulla fa così male?
Serrare l’anima dopo averla convinta a lasciarti entrare, sembra quasi follia.
La scelta odiosa di un incantesimo che non capisco.
Non dopo che su di noi aveva fatto scendere la magia dell’improbabile.
Intimi senza intimità, quante volte te l’ho detto…
Ed ora dimenticare i giochi, le frasi, le risate improvvise, le domande inopportune, le risposte timide.
Tornare senza.
Tutto qui.
Ed allora perché è così difficile?

sabato 12 settembre 2009

I desideri



" Poi non è che la vita vada come tu l'immagini. Fa la sua strada. E tu la tua. E non sono la stessa strada. Così...Io non è che volevo essere felice, questo no. Volevo... salvarmi, ecco: salvarmi. Ma ho capito tardi da che parte bisognava andare: dalla parte dei desideri. Uno si aspetta che siano altre cose a salvare la gente: il dovore, l'onestà, essere buoni, essere giusti. No. Sono i desideri che salvano. Sono l'unica cosa vera. Tu stai con loro, e ti salverai. Però troppo tardi l'ho capito. E le dai tempo, alla vita, lei si rigira in un modo strano, inesorabile: e tu ti accorgi che a quel punto non puoi desiderare qualcosa senza farti male. E' lì che salta tutto, non c'è verso di scappare, più ti agiti più si ingarbuglia la rete, più ti ribelli più ti ferisci. Non se ne esce. Quando era troppo tardi, io ho iniziato a desiderare. Con tutta la forza che avevo. Mi sono fatta tanto di quel male che tu non te lo puoinnemmeno immaginare."


Tratto da " Oceano Mare" di Alessandro Barrico

mercoledì 9 settembre 2009

" A carte scoperte

Il mio amico Polle ha pubblicato un post sul suo blog Walk the Plank intitolato " A carte scoperte".
Come spesso accade quando lo leggo, mi è venuta voglia di confrontarmi sullo stesso argomento.
Io e Polle non siamo nuovi a questo tipo di confronto letterario e spesso oltre che un divertimento diviene anche un ottimo esercizio.
Di seguito trovere quindi, il suo post e poi il mio. Un uomo, una donna ed il loro personale modi riflettere sulla strada già fatta e su quella che ancora si apre inesplorata davanti a noi.



" A carte scoperte" di Paul Ncholas Farrell

Le vie, le strade, le direzioni. A volte giuste, spesso sbagliate! Resta l'acre senso di aver perso altro tempo, altri chilometri spesi nel senso errato, condividendo luci, colori e viste che sembravano indicare la porta di casa. Cerco di capire quanto mai sono riuscito a cogliere. Coglione quanto so di essere, meno di quanto in realtà io non sia, perdo tempo, impagabile e non patteggiabile. Riparto da zero nella ricerca di quel vago senso di velato appagamento che solo a volte ho creduto di poter fare mio, riuscendovi di rado.Resto me stesso e con me stesso rimango. Unica vera fondata certezza di un’esistenza forse sbagliata ma unicamente mia, mia e basta.Rimetto piede sul legno e riprendo a solcare il mare


" A carte scoperte" di M'Cristina Valeri

a fatica di percorrere una strada sconosciuta che la nascita mi ha posto davanti. Nessuna certezza su quale sia la direzione giusta per me. Dagli altri solo indicazioni generali, a volte confuse e che comunque troppo spesso scopro non adatte. Ed allora tra le mani solo me stessa, unico riferimento certo di questa imperscrutabile vita. E qui che il cammino si fa doppio e doppie le strade da seguire: dentro -fuori, sopra e sotto. Affondare per riemergere, volare per potermi rituffare. E’ questa è la sfida ed indomita è la voglia di procedere. Sì procedere, anche quando il cuore fa male ed i sentieri si fanno impervi. Anche quando un bivio impone scelte che fanno tremare. Non sempre è facile proseguire ed a volte ho paura. Ma non posso far altro che continuare ad avanzare. Qualcosa spinge da dentro, qualcos’altro tira da fuori ed io riprendo il cammino. I piaceri si fanno impalpabili eppure irrinunciabili.
Sono io è la mia strada e non mi sembra poco.

giovedì 3 settembre 2009

Quello che un uomo vuole


" Allora lui disse una cosa che mi commosse. Incominciava così: " Quello che un uomo vuole ( quello che un uomo vuole!) è credere che una donna possa amarlo tanto, che nessun altro uomo la possa interessare. So che è impossibile. So che ogni gioia si porta appresso la propria tragedia.
" Senti" dissi impacciata, " Quello che un uomo vuole è esattamente quello che ti ho dato finora, in un modo così assoluto che non sei neppure in grado d'immaginare".
Tratto da Henry & June di Anais Nin

mercoledì 2 settembre 2009

Esplorare l'anima



Esplorare l’anima di una persona, di qualcuno diverso da te.
Un’altra vita, un’altra mente ed un cuore che cammina per strade apparentemente lontane dalle tue.
E poi, lentamente, una parola dopo l’altra capire i suoi pensieri, le celate paure, i desideri sognati.
Che meraviglioso viaggio è la conoscenza dell’altro.
Lo sconfinare in un universo sconosciuto e per questo terribilmente affascinante.
Una viaggiatrice viaggia, non ha importanza quale sia la meta.

giovedì 27 agosto 2009

Scoprirti uomo

Incontro il tuo viso e sono passati decenni.
Nei ricordi eri sempre il “piccolo”, al massimo il giovane, il bel giovane.
Però, mai allineati, mai veramente amici.
Ma il tempo sa annullare distanze e ti scopro coetaneo.
Come è possibile averti pensato sempre tanto piccolo? Ostinatamente, anche quando gli amici di te iniziarono a raccontarmi ben altre leggende. Eri cresciuto, mi dicevo, ma pur sempre lontano da me, dai miei anni di donna.
Ho solo qualche minuto per pensare, tu sei già qui e mi stai venendo incontro.
Mi alzo dalla sedia, ad un passo di distanza i tuoi occhi scivolano su di me.
Che strana sensazione sentire sul mio corpo il tuo sguardo adulto.
Tra noi non c’è confidenza, solo conoscenza, eppure lo usi deciso e privo di pudore.
Ma diamine, tu per me sei sempre il “piccolo” che sfiorava le nostre uscite da “ grandi” ed ora, come fossi il tempo annulli distanze?
Mi perdo in una ricapitolazione del nostro attuale ritrovarci mentre tu, senza darmi tregua, trasformi immagini.
Il tuo linguaggio è disinvolto, brillante. Pennellando frasi componi il tuo quadro e ti sveli uomo anche nell’anima.
La pioggia, il silenzio delle tue notti, o la voce del vento che passa a salutarti nel lungo inverno di una terra tanto amata; come ti penserò diverso da oggi in poi…
In questa serata che profumo di campagna sei un’emozione a cui non ero preparata.
Ma è stato bello rivederti o forse sarebbe più giusto dirti: “ E’ stato bello vederti.”

martedì 25 agosto 2009

Quando marito e figlio sono in vacanza

Quando il marito ed il figlio sono in vacanza, una giovane quarantenne si ritrova a vivere dimensioni inusuali. Se poi, a questa inconsueta condizione si somma il deserto cittadino di una torrida settimana di metà agosto, il quadro si completa di ulteriori sfumature.
La città è vuota, l’ufficio è vuoto, la casa è vuota. Ed è, improvvisa magia.
La casa diviene in un attimo il mio personale ed inviolabile territorio. Posso usarlo, stremarlo, invaderlo, marcarlo con i miei oggetti, lasciarmi andare a quelle piccole sbadataggini normalmente trattenute che, finalmente, posso concedermi tranquilla di un’unica solida certezza: non inciamperò in esigenze altrui. E questa sicurezza, questa indescrivibile sensazione di libertà mi accompagna in un lampo in uno stato di esaltante euforia.
L’ufficio vuoto è già una condizione di enorme privilegio. I telefoni che tacciono ed il silenzio dovuto alla mancata presenza umana regalano brividi d’intenso piacere, che assaporo mordicchiandomi le labbra. Otto ore di perfetta pace ed un pc; a volte mi ritrovo a ringraziare l’improbabile.
Fuori la temperatura è da girone dell’inferno, ma sono una donna coraggiosa e dopo piccoli e studiati accorgimenti tattici sono in grado di uscire dall’ufficio, pronta ad un lungo giro tra i miei negozi preferiti. Non rinuncio a nulla, indugio senza ritegno tra stand e scaffali, o libri e caffè. Ingorda assaporo ogni attimo con deliberata lentezza. Nessuna fretta, nessun appuntamento, credo di sfiorare il nirvana ma insaziabile so che non è finita qui. In macchina traccheggio scivolando tra le strade di una Roma che mozza il fiato. Anche lei respira libera dal caos. Senza rendermene conto le strizzo l’occhio, in fondo in questo momento è mia complice.
La casa mi accoglie in una quiete ombrosa: è un’osai che da refrigerio ad una tuareg e si apre un altro mondo.
Non ci sono timer pronti a scattare con il loro tic tac, la serata è un lungo hammam che si offre ai miei desideri. Faccio partire la musica, accendo le candele e mi concedo tutte le coccole del mondo. Dopo, con tutta calma bisboccerò con una cenetta improvvisata, consumata ad un orario illogico, mentre fuori il cielo avrà già acceso le sue stelle. In questa idilliaca atmosfera mi lascerò illanguidire da un film esageratamente romantico e da un turbinio di chiacchere e risa con la mia amica di sempre.
Poi, quando il sonno sopraggiunge capriccioso, mi abbandono tra fresche lenzuola, pensando che domani il nastro ripartirà e ci sarà un nuovo giorno da vivere nella stessa idilliaca dimensione. Ed allora, giusto un attimo prima che Morfeo mi scompigli le percezioni, il pensiero vola alle spiagge affollate, ai ristoranti colmi di un vociare assordante ed io mi chiedo se la mia condizione di lavoratrice estiva non sia in realtà un enorme, impareggiabile, assoluto privilegio.

venerdì 7 agosto 2009

India

Volevo condividere questa splendida e per me attenta descrizione dell’India e del suo popolo.

Trattato da “ Alchimia di un desiderio” di Tarun J Tejpal

"John aveva compiuto quarant’anni e ne aveva trascorsi ventiquattro a girare il mondo. Era un americano atipico - aveva voltato le spalle ai più prudenti avventurieri del continente, per andare per mare. Navigò fino in Giappone, Giava e Sumatra, poi toccò l’Egitto, il Tanganica e Zanzibar. Ma la sua destinazione preferita era l’Asia del sud, il subcontinente indiano, infestato da tigri e altre belve feroci, abitato da un’antica e sapiente civiltà, governato da pochi uomini bianchi ma invaso da un milione di oscure divinità. Aveva attraccato nei porti di Calcutta, Bombay e Madras, e attraversato il paese fino a Cawpore, Agra, Dheli, Lahore e al confine, a dorso di cavallo, cammello elefante, e a volte a bordo di sobbalzanti portantine; aveva superato deserti, foreste, piogge, tempeste, malattie e pestilenze, meravigliandosi dei grandi monumenti mogol, degli antichi templi indù, dei monasteri buddisti e dell’imponente Himalaya.
In seguito quando il matrimonio gli impedì di continuare a viaggiare era solito dire.
“ Quel posto è l’esperimento più assurdo che abbia fatto nostro Signore. Non c’è paese più strano e meraviglioso di quello. Ci ha buttato dentro un’accozzaglia di cose: gli uomini, le bestie, il clima, la geografia, la storia, la malattia, il benessere, la saggezza…e vuole vedere che cosa ne viene fuori”.
E quando l’ascoltatore gli chiedeva: “Allora che cosa ne è venuto fuori?” John si faceva pensieroso e diceva: “A essere sinceri, è impossibile dirlo. Forse la consapevolezza che puoi essere allo stesso tempo ricco e povero, coraggioso e pauroso, saggio e pazzo, grandioso e patetico”. Ed esortato a continuare, spiegava:“Il nativo è un paradosso. Suscita una profonda ammirazione ed un disprezzo ancora più profondo. Vive del suo corpo ma anche dell’occulto. Erige monumenti straordinari ma abita in baracche di fango. E’ privo di ogni dignità, ma allo stesso tempo ne è pieno. Non ha niente da dare, ma è intrinsecamente generoso. E’ vessato dall’uomo bianco, ma non è domato. Va al di là di ogni comprensione.”

venerdì 31 luglio 2009

Difficile non credere...

"Passo da te!”, ma deve averlo dimenticato un minuto dopo.
Me ne rendo conto perché, senza che dica una parola, l’intimità che la lega all’uomo che le è di fronte non mi è sfuggita.
Lei è decisamente over negli anni e lui un bell’uomo poco oltre la cinquantina.
Nessuno, vedendoli, potrebbe intuire il sentimento che li unisce. Frotte di pregiudizi c’impediscono di sfiorare ciò che non è comune: l’amore nel tempo degli over non esista più, una “donna particolarmente adulta” non può far innamorare un uomo “ molto più giovane” o ancor meno che, essendo entrambi persone “normali”, possano, da diversi anni, vivere una splendida storia d’amore.
L’amore, infatti, nel suo senso più sublime e scevro da sovrastrutture non rientra nel copione che ci è gentilmente offerto ogni giorno, ma tant’è…
Sapevo di questo sentimento, tuttavia era per me solo un racconto del quale, conoscendo la protagonista, non mi stupivo. Con lei tutto è possibile, la sua mente ed il suo cuore vivono una giovinezza che non consce dati anagrafici. Ma poi l’ho visto e percepito e, come accade sempre, la realtà ha superato la fantasia delle immagini che io avevo disegnato dentro di me mentre lei, dolcemente, mi narrava questa meravigliosa storia d’amore.
Abbiamo scambiato poche frasi e poi lui, con un’eleganza dall’atri tempi, si è congedato lasciandoci alle nostre chicchere.
“ Non dire nulla” le ho detto “ ho capito” e lei mi sorriso con due occhi che risplendevano di una felicità che in tanti anni non mi era mai capitato di scorgere.
Tra noi le parole sono sempre servite a poco, anche se nelle mille argomentazioni degli anni ne abbiamo usate a bizzeffe. Ma questa volta erano veramente inutili: lei era felice e turbata ed emozionata come una giovane donna che vive il suo primo grande amore ed è un po’ così, credo. Arriva un momento oltre il quale tutto torna ad azzerarsi, l’inutile scivola via e si va all’essenza delle cose, realmente.
“ E’ un amore difficile, non posso far finta di non avere gli anni che ho, ma ti giuro, in questo momento potrei arrivare in Cina a piedi.”
Un istante dopo è arrivata una sua amica e si è seduta accanto a lei. Le ho osservate mentre parlavano, ho guardato i loro volti, la luce che avevano nello sguardo, la femminilità che le avvolgeva, gli argomenti che la nuova arrivata aveva a cuore e quello che vedo passare nei pensieri ancora rapiti della mia amica ed ho visto l’abisso che le separava.
Escludendo gli inevitabili segni del tempo erano emotivamente e mentalmente ad anni luce di distanza: una ancora dentro la propria vita e l’altra era già rassegnata ad un mesto addio.
Ed ho compreso quello che la mia amica mi ripete ormai da tempo:” A questo punto della mia vita, per quanto ho capito fin’ora, ricordati: l’unica cosa che conta veramente è l’amore, non c’è nient’altro.
Ed è una frase che di per se racchiude un ulteriore insegnamento: “ Per quello che ho capito fin’ora.”
Come a sottolineare, domani posso comprendere qualcosa che oggi non so e nonostante l’età ho ancora tempo per concedere alla vita d’insegnarmi.
E sorridevo ripensando alle mille certezze che invadono la mente di gente assai più giovane, gente che sulla propria pelle porta i segni di ben poche battaglie.
Si possono fare mille congetture, classificare i personaggi di questa storia con le più svariate parole, racchiuderli dentro a dimensioni che ci facciano sentire dentro ad un rassicurante "spiegazione”, ma io ho visto quegli occhi e conosco la delicatezza del sentimento che lega queste due persone. E sono felice di poter pensare e credere che veramente nella vita tutto può succedere, che non esistono limiti di tempo, di età, di ruoli. Non esiste nulla che c’impedisca di essere quello che sentiamo di essere e di vivere dimensioni emotive che ci rendono felice. Non esiste nulla se non le infinite limitazioni che noi stesi imponiamo ai nostri giorni, inseguendo con le sole parole o blandi sogni ciò che potrebbe divenire possibile se solo avessimo coraggio. Quel coraggio che potremmo paradossalmente definire, paura di vivere e di essere.

mercoledì 22 luglio 2009

I tre doni

Dal mio viaggio ho riportato piccoli doni e tre di essi avevano per me un significato speciale.
Solo uno era un oggetto ed aveva impegnato la mia ricerca per molto tempo, anche se era una piccolissima cosa.
Gli altri due doni li avevo invece cercati accuratamente dentro di me, esplorando i miei sentimenti e scegliendo con cure le parole con cui desideravo regalarli a chi nel mio cuore, magari senza saperlo precisamente, occupa uno spazio importante.
Piena di gioia e carica di un emozionato entusiasmo sono quindi tornata a Roma ed ho iniziato a consegnare i miei regali. La prima persona ha accolto il dono delle mie parole comprendendone perfettamente il significato, nella consueta alchimia emotiva che contraddistingue ogni nostro incontro. Solo un velo di leggero rimpianto per una notizia inaspettata ha rammaricato il suo volto, fin lì sorridente. Ma la condivisione di quella notizia era parte del dono ed anche se forse dolorosa, è stata accetta con l’intelligenza di cui mai, in tutti questi anni, ho dubitato.
Il secondo regalo l’ho consegnato ieri, era un regalo dovuto, ma nonostante ciò l’avevo scelto con attenzione mettendoci pur sempre qualcosa di me. La persona l’ha scartato rispondendo ad una telefonata senza degnarmi, nella confusione della sua improrogabile conversazione, né di un sorriso né di un “grazie”, ed anzi abbandonandolo subito dopo con la più assoluta noncuranza. Forse, mi dico, veramente convinta che facesse parte di un consueto obbligo e quindi privo di un reale valore. Mentre assistevo a questo triste prologo, ripensavo ai borbottii di mio figlio che, camminandomi dietro tra uno sbuffo e l’altro nel caldo di una Spagna arroventata, non faceva che ripetermi: “Mamma ma che perché questa persona si aspetta un regalo. Chi pensa di aver diritto ad un regalo non lo merita. Compra una cosa e fregatene.” Non ho ancora avuto il coraggio di dirgli quanto avesse ragione.
La terza persona in realtà non l’ho incontrata, non ancora almeno. In realtà le ho detto che “morivo dalla voglia di dirgli delle cose, che avevo desiderio di condividere dei pensieri e che era una di quelle volte in cui, forse, era importante non lasciare le parole inascoltate, perché poi l’attimo passa e…” Ma che dire, non ha trovato il tempo né la voglia di dedicarmi cinque minuti della sua attenzione ed il mio regalo è ancora chiuso nel mio cuore, anche se ormai e come un grande salone dopo una festa: ha perso l’elettricità dei preparativi ed è triste come un ballo a cui non ha partecipato nessuno.
Ma perché vi ho raccontato tutto ciò? Perché a seguire troverete un altro post in cui riporterò dei brani tratti da due libri in cui si parla della nostra capacità d’amare. E i tre incontri di cui vi ho parlato tracciano invece sui fatti le nostre capacità di saper comprendere e dare amore. Tanto per chiarire i concetti: due di queste persone non fanno che ripetere che l’amore le ha deluse e che il loro valore non è stato compreso. E lo fanno continuando a leccarsi le ferite, tacciando gli altri d’incapacità d’amore. Peccato, che a loro volta non sono in grado di alzare gli occhi dalle famose ferite e vedere o riconoscere che le cose, forse, sono diverse da quello che i loro schemi mentali gli impongono di credere. Come dire, è più facile dirsi sfortunati che riconoscere che probabilmente, a nostra volta, davanti ad un gesto spontaneo noi non siamo stati in grado di restituire neanche un sorriso.


La capacità d'amare e di essere amati

I tre episodi di cui vi ho parlato nel post precedente, mi hanno fornito lo spunto per riflettere ancora una volta su quanto sia il nostro modo di guardare il mondo a determinare ciò che di esso saremo in grado di vedere. Unendo due stralci di libri di autori diversi vi propongo quindi due finestre psicologiche e filosofiche lontane tra loro, ma che, a mio avviso, ci conducono inevitabilmente allo stesso punto: tutto parte da noi, dalle nostre esperienze, ma la soluzione non è mia esterna a noi, al contrario è sempre dentro di noi, che ci piaccia o no.

Tratto da “L’alchimia emotiva” di Tara Bennett- Goleman

Un aforisma zen recita:

“ Per il suo amante una bella donna è una delizia;
per un monaco una distrazione;
per una zanzara, un buon pasto.”

“Quindi, il modo in cui le cose ci appaiono dipende dalle lenti o dai filtri con cui le guardiamo. Alcuni di questi filtri sono temporanei, mentre altri possono durare tutta la vita continuando a condizionare il nostro senso della realtà. Gli antichi psicologi buddihisti ritenevano che alcuni stati mentali fossero “sani” ed altri “insani”. La loro regola empirica per classificarli era semplice ma profonda: bastava stabilire se lo stato mentale conduceva alla pace interiore, oppure all’agitazione. Uno schema è una serie ben strutturata di pensieri e sentimenti negativi che ruotano intorno a bisogni fondamentali, ma che ci inducono a pensare e a comportarci secondo modalità che non permettono l’appagamento di quei bisogni. Essi si perpetuano in un ciclo distruttivo.”

I schemi acquisiti, in genere nell’infanzia, ci conducono quindi a attuare modalità comportamentali che non smettono di farci soffrire ma che, essendoci note, ci fanno sentire “paradossalmente” a nostro agio. Queste modalità però, ci impediscono inevitabilmente di comprendere che è il nostro schema mentale ad infilarci nelle situazioni negative che tanto temiamo, e non una realtà crudele che si ostina a nostro svantaggio. Come dire siamo noi stessi artefici dei nostri patimenti.
Questo è vero soprattutto nei legami affettivi, nei quali spesso ci sentiamo vittime e non attori di ciò che viviamo. Eppure, seguendo il ragionamento di Erich Fromm nel suo libro “ Larte d’amare” scopriamo che: “L’amore è un sentimento attivo, non passivo; è una conquista e non una resa. Il suo carattere attivo può essere sintetizzato nel concetto che amore è soprattutto “ dare” e non ricevere.
Il malinteso più comune è che dare significhi “cedere” qualcosa, essere privati, sacrificare. La persona il cui carattere non si è sviluppato oltre la frase ricettiva ed esplorativa, sente l’atto di dare in questo modo. Il tipo “commerciale” è disposto a dare, ma solo in cambio di ciò che riceve. La gente arida sente il dare come un impoverimento. Per la persona attiva, il dare ha invece un senso completamente diverso. Dare è la più alta espressione di potenza. Nell’atto di dare, io provo la mia forza, la mia ricchezza, il mio potere. Questa sensazione di vitalità e di potenza mi riempie di gioia. Mi sento traboccante di vita e di felicità. Dare da più gioia che ricevere, non perché è privazione, ma perché in quell’atto mi sento vivo. E’ inutile sostenere che sentire l’amore come atto di dare non dipende dal carattere dell’individuo, al contrario, presuppone la conquista di una posizione prevalentemente produttiva; in quest’orientamento l’individuo ha vinto l’indipendenza, l’onnipotenza narcisistica, il desiderio di sfruttare gli altri o di tesaurizzare, e ha tratto fede nei propri poteri umani, il coraggio di fare assegnamento nel conseguimento delle proprie mète. Nella misura in cui queste qualità mancano, egli ha paura di dare se stesso, e quindi di amare.”

Un breve spunto per un argomento che merita ben altre estensioni di lettura, ma che volevo proporvi come pretesto di un eventuale e più completo approfondimento. E’ ovvio che i comportamenti che ci contraddistinguono hanno radici diverse e sono legate alla nostra storia personale. Ma come avete potuto intuire dalle poche righe lette, entrambi gli autori giungono per strade diverse alle medesime conclusioni: il senso di mancanza d’amore è spesso determinato da una nostra incapacità d’amare.

domenica 19 luglio 2009

Si torna al quotidiano




Ed anche queste vacanze spagnole sono finite. Ho esplorato paesaggi e città, annusato profumi e vissuto sensazioni, provato sentimenti ed incontrato persone reali e simboliche. Ho vissuto, insomma, lontano dal mio consueto ma comunque nel mondo a cui appartengo. Come ho già detto, per me un viaggio non è mai solo un viaggio o, come diceva qualcun altro, “ Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone”.
Tutto quello che ho provato è dentro di me e, come accade dopo ogni avventura, ora decanterà e lentamente ne assaporerò le bellezze ed i benefici. Ora però, il consueto mi richiama a se e dovrò tornare alla famosa “vita reale”, fatta di regole e schemi ben definiti, in un sociale sempre pronto ad organizzare, stabilire ed assoggettare ai suoi imprescindibili bisogni. Fortunatamente la fantasia non mi manca e, anche quando sarò relegata nel dovere, nessuno potrà impedirmi di volare in quello che invece è imprescindibile per me.
In questi ultimi giorni di ferie ho riguardato le foto, ho ripensato all’appena vissuto e ho avuto modo di rimettere ordine tra i pensieri, ed anche questo l’ho già scritto. Ma c’è una domanda che continua fluttuare nella mia testa: quanto ci metterà il famoso "quotidiano" ad ingarbugliare di nuovo tutto?
Quando mi distacco dal “solito” io torno lentamente nel “mio” e ritrovo i ritmi, la centralità con quello che appartiene unicamente a me ed è una sensazione d’incredibile libertà. Oggi, per rendere più dolce il ritorno in questa porzione di vita, ho dwciso di passeggiare un po’ nella mia adorata Roma incontrando di nuovo i suo scorci, i suoi odori, le strade che da sempre accompagnano le mie giornate. Sono tornata a casa insomma e non posso dire che la sensazione non mi sia piaciuta. Tornare nel proprio ha il suo fascino, le sue rassicurazioni. Ho ritrovato gli amici, le nostre risate, i nostri infiniti discorsi e questo è il calore che mi consola quando il dispiacere per la fine di un viaggio attanaglia in una morsa il mio cuore vagabondo.
Ma oggi è ancora vacanza ed i tempi sono, per qualche ora ancora, quelli che sento giusti per me. Domani però la sveglia suonerà ed il contesto in cui vivo e lavoro si riapproprierà largamente del mio tempo ed i ritmi saranno, in gran parte, stabiliti da standard noti. Gli orizzonti, almeno quelli visivi, torneranno a ristringersi e la mia attenzione sarà catapultata in altro. Questo è quello che devo alla società per poter vivere i spazi della mia vita privata e la creatività vacanziera. “Do ut des” direbbero i latini o forse ancora un più appropriato “Do ut facies”.
Lo strappo dalla libertà è sempre doloroso, così come lo è, all’inizio di una vacanza, sciogliere i nodi che mi tengono legata al consueto. Eppure sono felice, ho avuto il privilegio di vivere quello che più amo: l’avventura del non sapere cosa accadrà. Adoro questa dimensione, l’effetto che l’ignoto farà su di me, i gusti che assaporerò, i colori che mi riempieranno gli occhi. E poi la possibilità che non smette mai di emozionarmi: l’incontro con gli spazi infiniti. Dimensione che ahimè, nella nostra stretta e sovraffollata Italia, è ormai quasi chimera. Ecco, in Spagna questa sensazione è ancora vivibile ed io ne ho fatto ingordamente indigestione. E’ solo in questa condizione fisica infatti, quando nulla si frappone al correre del mio sguardo, che io sento la retina distendersi e la mente sgranchirsi, come dire, stiracchiarsi. Sarà a quegli spazi che tornerò ogni volta che la porzione di cielo visivamente concessami, tra il caos di questa città, non mi basterà più.
Ma qui torniamo alla domanda iniziale: quanto ci metterà il consueto a ingarbugliare il cielo sopra di me?

lunedì 13 luglio 2009

La Spagna inaspettata

La mia meravigliosa valigia gialla si sta per richiudere, domani si riparte, questa volta destinazione casa.
Non c’è viaggio che non mi abbia cambiato almeno un po’, ma, come ho letto da qualche parte “Ci sono viaggi che sembrano
trarre linfa vitale dal momento della vita che stiamo vivendo” .
Avevo voglia di Spagna senza conoscerne il motivo, senza aver volutamente approfondito ciò che avrei visitato se non per grandi linee. Non avevo quindi particolari aspettative, né avevo fantasticato sui paesaggi o possibili emozioni. Avevo unicamente un forte desiderio di scendere verso le sue terre più assolate, nel sud del suo cuore, nella profondità della sua essenza.
Che fosse una metafora di un viaggio diverso era abbastanza chiaro, ma davvero non avevo definito con chiarezza alcun significato. In verità non lo faccio mai, preferisco lasciarmi sorprendere e sedurre dalla realtà più che dall’immaginazione.
Ma più la macchina puntava a sud e più una strana sensazione iniziava a crescermi dentro, autonomamente: mi stavo emozionando, come per un incontro importante.
L’Andalusia mi ha colto quasi alla sprovvista e mi ha stregato. Non è solo “Spagna”, è una miscela perfetta tra due mondi che, per molti versi, avevano trovato nei secoli passati un equilibrio quasi perfetto: la sensualità araba aveva incontrato la storia occidentale, fondendosi in un’esplosione di bellezza ed atmosfere sospese che possono lasciare senza parole. Non si visita un solo paese ci s’inoltra in due universi ben distinti eppure mescolati e si rimane abbagliati, o forse, come nel mio caso, sedotti. La raffinata arte araba è un incanto ininterrotto di architetture meravigliose, la parte intellettualmente fascinosa. La terrà con i suoi colori, l’intensità dei profumi, la dolce violenza dei suoi paesaggi è la carnalità istintuale dei sensi, percepibile anche nella gente che l’abita.
E più questo gioco vibrava davanti ai miei occhi e più io mi abbandonavo ai misteri di una cultura in parte incomprensibile. Le sue musiche, i suo canti dolenti, i ritmi lenti e tuttavia eccitati si stavano infiltrando nel mio sangue accendendo sensazioni. Ne leggevo la storia lentamente, non volevo essere influenzata da descrizioni altrui, volevo sentire la mia Spagna, cercare dentro il mio istinto le spiegazioni ad usanze o comportamenti sconosciuti e a volte contraddittori. Ed ho compreso, lasciando che anche ciò che non mi piaceva mi spiegasse i suoi perché ed ora so, ho incontrato ciò che cercavo. Il viaggio nel suo itinerario è quasi concluso, ma non lo è per ciò che mi ha donato, per quello che di profondamente intimo porterò con me e che sperò rimarrà mio per sempre.

sabato 11 luglio 2009

La noce

Nella caotica notte madrilena ho incontrato uno strano tipo senza eta, aveva capelli lunghi e bianchi ed una folta barba. Per parlare scriveva delle piccole frasi sui bordi di un giornale. Abbiamo comunicato così per un pò: io parlavo e lui scriveva. Poi ha tirato fuori una noce è mi ha chiesto di mangiarla insieme. Non l'ho fatto, un pregiudizio igienico me l'ha impedito. Lui mi ha fissato a lungo, deluso e senza più guardarmi negli occhi mi ha scritto un biglietto, questa volta usando un pezzetto di carta pulita prerso da un tacquino. Una metafora nel gesto stesso. Non ho ancora compreso completamente il significato un pò contorto del suo messaggio nel quale mi parla di saper condividere, ma la sensazione è esattammente corrispondente a quella parola: condivisione. Non sono stata capace di condividere, non totalmente ed ho la netta convinzione di aver perso un'occasione, pur avendo appreso una lezione. " Scusami" gli ho ripetuto più volte, ma la noce continuavo a non mangiarla. Scusami ripeto ora, saprò riuscirci se mai ti rincontrerò...

martedì 7 luglio 2009

Profumo di uomo

Il navigatore ha deciso che l’albergo a Siviglia lo dobbiamo trovare da soli. Forse, penso, il caldo ha stesso anche lui. Spazientita scendo quindi dalla macchina e vado in cerca di un indicatore umano. Fuori i gradi sono ­più 38 ed il mio corpo accusa il colpo.
Scelgo una direzione a caso e mi fermo ad un bar. Un uomo è inchinato vicino ad un bimbo seduto, in inglese chiedo informazioni, lui mi guarda pensando e poi scuote e la testa dicendomi di non ricordare.
Il caldo opprime i pensieri e folate di aria bollente penetrano in ogni poro della mia pelle.
Sconsolata lo saluto e riprendo a camminare, oggi gli indicatori non sono con me, continuo a pensare.
Faccio alcuni passi e lui mi chiama: “Sr.ta me he acordado!”
Torno indietro ed il cuore si apre alla speranza, forse questo benedetto albergo lo trovo.
Mi avvicino di nuovo e lui mi guarda fissando i miei occhi e senza fretta ma con decisione mi svela la mappa di quel labirinto di vie.
Mi parla avvicinandosi ancora un poco e forse sarà colpa del caldo, dei suoi occhi scuri che sembrano accarezzarmi languidamente, mai il suo odore mi investe inaspettato ed io mi distraggo.
Non so se è la sua pelle o il suo alito, ma ha un profumo forte, intenso ed indecifrabile che arriva alla mente come una sferzata di aria fresca ed insieme sensualmente maschile; un profumo di tabacco al cedro, se mai ne esistesse uno, deciso e garbato come la sua voce eppure terribilmente virile ed io quasi vacillo non comprendendo più una sola parola.
I suoi occhi non mi lasciano per un solo istante ed io cerco di concentrarmi sulle sue indicazioni, ma è uno sforzo indicibile, avrei voglia di chiudere gli occhi e rimanere lì ad ascoltare la sua voce ed il suo profumo.
Il sole oltre il fresco degli alberi brucia il mio corpo mentre mi allontano continuando a sentire il suo odore.
Può un profumo raccontare un uomo?

sabato 4 luglio 2009

La terra

La bussola stretta tra le mani ed il cuore che segue docile il suo indicare.
Il sole è alto, splendido ed accecante.
Le città sono alle mie spalle od oltre ciò che posso vedere.
Intorno a me ora solo terra rossa e l’oro del grano.
Tamburi, fremiti di sonagli e sussurri di voci.
Questa è la musica della terra, una melodia di suoni semplici che richiamano il battito del cuore e la corsa del sangue.
Questa la danza lenta e sensuale che sento muoversi dentro di me, ed io seguo il suo ritmo, il mio ritmo.
Incontrare le forze della terra vuol dire compiere un viaggio misterioso che trascina lontano, all’essenza ancestrale di ogni donna.
Ma una donna non è mai una sola donna, è un miscuglio che si compone e scompone continuamente.
E’ un fuoco che non può impedirsi di ondeggiare, è luce nel cammino della propria anima e calore che accende il cuore.
La terra è me.

mercoledì 1 luglio 2009

Incontrarsi

Due occhi che s’incrociano, un sorriso di gentile cortesia, ed un probabile ciao che quasi non ricordo. Non molto di più, eppure ora potrei raccontare di te, del tuo sorriso che esplode improvviso, degli occhi che brillano quando sembri felice. Come sia possibile non saprei dirlo, gli incontri non si decido, accadono. Ed solo in questi casi che forse, presi alla sprovvista, i cuori si ritrovano a parlare, semplicemente parlare. E la parola lasciata nuda e sola acquista forza ed una vivacità emotiva che lascia spaesati. Poteva non accadere, tutto questo poteva scivolare via disperso nella folla della vita, rimanendo uno dei tanti regali sfiorati ma su cui il nostro sguardo non aveva avuto il tempo di posarsi. Che bello sapere che abbiamo saputo dedicarci questo tempo e questo incredibile regalo.

sabato 27 giugno 2009

Rosso sangrìa

Svegliarsi di notte e sentire forte il sapore del mare tra le labbra.
E dormire e sognare.
Il sole, il naso rosso e le parole.
Barcellona, la festa di San Juan ed i fuochi d’artificio, tanti fuochi d’artificio.
E di nuovo il sole e le tue labbra
La Rambla e camminare per le strade fitte di gente.
La musica che pulsa nella testa ed i tuoi occhi.
Si parte, di nuovo.
La strada che sembra non finire e la terra arsa di parole, quante parole.
E scendere verso sud con la luce che fa socchiudere gli occhi e martella il cuore.
Ed intanto le note scivolano nel sangue insieme alla tua pelle.
Una nuova città ed altri volti dietro al tuo volto.
Palazzi eleganti, monumenti ed altre vie, sconosciute.
E la monotonia sensuale di un pensiero.
La spiaggia e dolce, rossa ed inebriante sangrìa.
Basta sangrìa!
Ed il tuo sorriso, sempre il tuo sorriso... ovunque.

lunedì 22 giugno 2009

Chiuso per ferie in modo alternato


Si parte!!!

Cari amici, come sapete sono in partenza, un lungo giro della Spagna mi attende ed io fremo dalla voglia di farmi ammaliare da questo paese così allegro e sensuale.
Adoro viaggiare, adoro esplorare il mondo ed adoro lasciare i miei sensi liberi di percepire l’essenza dei luoghi che visito.
Come ben sa chi mi conosce, io sono uno spirito nomade e vivo male nelle costrizioni e nella monotonia e quindi so già che sarà difficile tornare dal mio vagabondare per il mondo, ma mi toccherà farlo e ritrovarvi sarà uno degli aspetti che mi potrà consolare.
Ma ora parto, vado.
Ho bisogno di spazi aperti, sole e tanto, tanto divertimento. I mesi di questo lungo e piovoso inverno sono stati entusiasmanti e pieni di piacevoli novità, tuttavia le batterie vanno ricaricate e non conosco modo migliore se non quello di perdermi per il mondo.
Da lontano vi penserò, ma è proprio nella distanza che la mia mente in genere ritrova la centralità. Tutto sfuma, quasi si dissolve e l’inutile scivola via colando tra le mani ed il cuore e quello che resta è solo ciò che per me è veramente speciale.
Anche questo fa dei viaggi un momento straordinario.
E poi ci sono le emozioni, i profumi e gli incontri, l’imponderabilità che mi permetteranno di scrivere mille nuove storie e forse qualche cosa che riguarderà il mio terzo libro
Ma ora basta ciance, devo proprio andare…un bacio grande grande a tutti, ma proprio tutti voi con tutto il mio affetto.

sabato 20 giugno 2009

Emozione

L’emozione non ha voce ed a volte non trova neanche la forza delle parole scritte.
Ma c’è, la senti pulsare nel sangue e correre veloce accelerando i battiti del cuore.
Vorresti avere la capacità di esprimere ciò che provi, eppure quello che ti è sempre sembrato facile diventa improvvisamente afono dentro di te, anche se lo senti esplodere ed hai paura che tutti possano sentirlo.
Ma non vuoi trattenerlo ed allora pensi di dirlo così, come viene e speri di non combinar guai.

Nella testa mille discorsi si erano composti senza difficoltà.
Tutto sembrava facile, lieve.
Le frasi correvano veloci, una dietro l’altra e ti sentivi così capace, sicura di saperle pronunciare…e poi?
E poi, improvvisamente tutto si mescola e si confonde, ti confonde.
Vorresti avere la tranquillità dei tuoi sogni, la semplicità dei loro gesti ma c’è quel passo, quello tra il sogno e la realtà ad ingarbugliare tutto.
E ti senti un’idiota a rimanere lì con tutte le tue parole scombinate ed i tuoi gesti impacciati.
E’ la lotta della vita, il meraviglioso gioco dei sentimenti che cessano di renderti magica e ti riportano all’umanità delle tuo essere solo donna.
Ma sai, o speri, che arriverà quell’attimo e tu sarai capace di viverlo, nonostante le paura, le titubanze.
Ce la farai, perché accade solo ciò che deve accadere e tu speri che forse quel tuo desiderio è scritto da qualche parte e ti appartiene, appartiene
al destino della tua esistenza.