Un pò di me e la mia intervista con Maurizio Costanzo e più in giù in nuovi post

venerdì 24 dicembre 2010

Un piccolo dono





Qualche giorno fa, tra i vicoli del centro, c’era un uomo statua sopra ad un piccolo palchetto.  Era vestito completamente di bianco. Forse si era stancato di rimanere immobile ed aveva deciso di muoversi verso i passanti, cercando di catturare in altro modo la loro attenzione. Con scarso successo, per lo più veniva ignorato. Quando sono stata io a passargli accanto mi ha dedicato un inchino, protraendosi poi con una mano a porgermi un fiore. Era l’ora di pranzo, Fontana dei Trevi a pochi passi, intorno a noi un gran via vai di gente, la solita confusione di luci e suoni. Eppure,  tra il vociare indistinto di tutti quei corpi, io ho sentito la voce del suo silenzio. Pochi attimi, due, forse tre passi, ma è stato come entrare nella sua bolla di quiete, in un tempo fuggevole ma sospeso. L’assenza delle parole aveva reso potenti i gesti.

Ecco cari amici, in questi gironi pieni di troppo, io vorrei donarvi quest’immagine. Provate a tirare il nastro di questo dono…

martedì 21 dicembre 2010

Io la chiamo libertà



Esiste la libertà?
Volendola immaginare mi viene in mente un luogo non luogo, una condizione sospesa tra il reale e l’inesistente, effimera come un miraggio, sognata come l’isola che non c’è, ma c’è.
Una chimera verrebbe da pensare, ma io non lo penso.
La libertà esiste, però come per la felicità, l’appagamento, la serenità e via discorrendo non è, e probabilmente è impossibile anche solo pensarla, una condizione permanente.
Metà di quello che ci circonda, e forse anche di più, è oltre il nostro controllo e determina molto di quello che saremo costretti a vivere. Non scegliamo dove, come e da chi nascere.
Abbiamo le mani legate dietro la schiena per una moltitudine di azioni e pensieri che riguardano gli altri umani con cui condividiamo questo mondo. Siamo per lo più impossibilitati ad opporci ad eventi naturali e fatalità di vario genere. Siamo obbligati, se decidiamo di vivere nella collettività, ad un insieme di doveri e responsabilità che mangiano gran parte del nostro tempo e delle nostre energie. Siamo insomma, abbastanza castigati e tenuti in un angolo da ciò che siamo abituati a definire “ contesto sociale”. E già solo restringendo il campo a queste poche riflessioni mi viene l’ansia, mi sento ben poco libera ed un certo senso di costrizione mi pervade. Sono nata prigioniera tra mura che non vedo. Mura costruite intorno a me da volontà che frequentemente non mi appartengono, da un’educazione, una religione, un giudizio collettivo che può essere cieco, sordo o muto ai miei bisogni o desideri. Vittima quindi e non artefici del mio destino, o così parrebbe. Ma se esiste la percezione delle mura, esiste anche quella di ciò che oltre quelle mura e che io sono portata a definire libertà.
Ed io posso raggiungere questo luogo usando ciò che è più difficile imprigionare ossia il mio pensiero. E’ l’uso del pensiero a rendermi libera ogni qual volta io lo decida. E non è un caso che sia proprio sul pensiero che si esercitano le più grandi pressioni sociali. Tuttavia io posso oltrepassare qualunque muro, scivolare tra le più strette sbarre, vedere la luce di un magnifico sole nella più buia galera, o provare la sensazione di correre anche quando questo sia impedito al mio corpo. Posso divellere un pregiudizio dalla mia testa, oltrepassare i confini di un luogo comune, scegliere con il cuore un amico, con il buon senso un maestro di vita. Posso ricordare, rivivere, sognare e fantasticare, posso ideare e creare ciò che ancora non esiste ed ognuna di queste possibilità mi spalanca le porte verso ulteriori sensazioni che potranno condurmi ovunque o farmi sentire vicino a chiunque. Forse la libertà non può esistere come noi vorremmo. Sei miliardi di persone sono un po’ troppe per poterci illudere di costruire un mondo dove si possa essere costantemente liberi. Ci sarà sempre una parte di umanità che mi vorrà schiava, così come ce ne sarà una parte che tenterà, e a cui magari riuscirà, di  rendermi più libera da limiti e pericoli. Ma tutto questo appartiene alla volontà altrui e non alla mia. Il mio potere immenso è ciò che invece mi permette di rifugiarmi nell’intimità delle mie riflessioni, o di volare con la forza di un’idea oltre ogni moltitudine umana. La libertà è una condizione interiore ed il viaggio per raggiungerla è sempre e soltanto un viaggio dentro noi stessi. Molti lo sanno, ma quanti sono capaci di passare dal concetto teorico all’applicazione concreta sentendosi liberi anche quando nella percezione comune non lo sono?

martedì 7 dicembre 2010

Opporsi all'Universo


Sciocchi gli uomini che sono certi di sapere, o ingenui.
Sciocchi noi.
Sciocca la nostra ostinazione, le nostre banali interpretazioni, le limitate percezioni.
Pulviscolo di un immenso universo ci riteniamo il suo centro.
Illusi.
Pianeti indisciplinati gli umani
Ingannati dalle nostre menti, dal nostro credo, dalla nostra infinita superbia.
Sciocchi noi.
Ci scontriamo, deviamo, manchiamo le rotte
E non capiamo
E poi ci ritroviamo
Ritroviamo le nostre orbite
Le tempeste magnetiche cessano
E siamo di nuovo qui, io e te
Occhi negli occhi.
E continuiamo a non capire
A sentirci il centro dell’universo
A scontrarci, a deviare le rotte, a mancarle
Per poi ritrovarci
Pulviscolo dell’universo.
Forse sarebbe meglio arrendersi
Forse sarebbe meglio lasciarsi spiegare.

mercoledì 1 dicembre 2010

E' solo questione di tempo




“Il tempo è galantuomo” afferma un detto popolare e fortunatamente è vero. Se così non fosse molto di quello che viviamo non troverebbe la giusta collocazione nelle nostre vite e spesso nella storia.
Gli umani, tendenzialmente, hanno qualche difficoltà nel comprendere velocemente il valore di ciò che il destino gli offre: la gioventù, il valore della cultura, il significato immenso di un genitore, l’importanza di un’amicizia, la determinatezza di un incontro, la bellezza di un amore. Ed allargando lo sguardo al sociale basti pensare alle menti illuminate che sono state contrastate, perseguitate, uccise. Agli artisti non compresi, agli inventori derisi. Oppure, in senso contrario, ai rapporti sbagliati nei quali ci siamo impantanati, ai comportamenti stupidi che abbiamo condiviso, ai devastanti statisti o dittatori che nel corso dei secoli le folle hanno acclamato. Una miriade di errori e di tempo sprecato che accompagna la nostra esistenza.
I nostri rimpianti nascono per lo più da questo: la mancanza di un’esatta e tempistica valutazione. Potevamo dire, fare, andare, provare, riconoscere, capire e non l’abbiamo fatto. O, al contrario, sarebbe stato saggio non dire, non condividere, evitare, non fidarsi, non sostenere eccetera.
Ovviamente i perché delle nostre azioni sono infiniti e possono giustificarci, ma di certo non spicchiamo per perspicacia e per questo paghiamo pegno, a volte pesantemente. Tuttavia, si diceva, a salvarci arriva il tempo che della vita è compagno e molto di ciò che non fu compreso ed adeguatamente valutato si svela alle nostre menti miopi, trovando l’opportuna valutazione. Quasi questi due maestri (la vita ed il tempo) divenissero faro e benevolmente volgessero la loro luce su di noi. Finalmente riusciamo a vedere, finalmente siamo visti. Finalmente!!!!
Ed è in questi frangenti che si vivono i picchi della nostra consapevolezza. Capiamo e/o siamo capiti, riconosciamo e/o siamo riconosciuti. Istanti di vera e propria illuminazione, interiore od esteriore che sia, di cui possiamo essere artefici e protagonisti. Tutto quello per cui viviamo secondo me è racchiuso in questi due concetti, facce di una stessa medaglia.
Ma il percorso a volte è lungo e non sempre è facile. Però credo che sia un peccato non provare. Vivere è una grande occasione, ma lo è ancor di più se capiamo ciò che stiamo vivendo. E’ la comprensione il valore aggiunto, il fascino irrinunciabile, il reale salto di qualità di un’esistenza. E’ spostare l’asticella dal soddisfacimento dei bisogni primari ( mangiare, dormire, bere, fare sesso) ad un livello più alto che conduce verso le vette della realizzazione di se.
E per arrivare a tutto ciò è necessario essere dentro la propria vita, saperla guardare dritta negli occhi, accoglierla, amarla o per lo meno non l’ostacolarla. E tutto ciò dipende da noi e da nessun altro. Così come, anche se con modalità diverse, siamo protagonisti dello sguardo che il mondo  prima o poi ci riserverà. Non possiamo stabilire né come né quando, ma dobbiamo essere coscienti che la pazienza e la perseveranza con le quali sapremo attendere quel momento sono opera nostra.
A volte l’attesa sarà breve, altre sarà lunga, anche molto lunga, ma prima o poi il tempo scandirà il momento e la luce del faro girerà verso di noi e quel buio che sembrava pesto non esisterà più.
L’impensabile a volte è proprio lì, davanti a noi e ci sta aspettando.

martedì 16 novembre 2010

Una bella capriola


Se vedi che la vita non va.
Se la mattina ti alzi e non sei felice.
Se molto di quello che vivi ti sembra procedere come un treno che avanza su binari che non arrivano mai a meta…
Che ne dici di provare con una bella capriola?
Scuoti la testa? Pensi che è una scemata?
E se così non fosse?
Io ti sto spronando a non startene lì, con i piedi inchiodati.
Immobile!
Smettila di camminare sempre sullo stesso solco, non sei mica un disco rotto! O si?
Ma dai non ci credo, hai solo bisogno di un po’ di fantasia.
Prova a rimescolare sangue ed idee.
Siediti, fai un bel respiro, datti una spinta, butta indietro le gambe e… rotola!
Rotolaaa!
Rotola all’indietro, di lato, ritrovati in una posizione inusuale, non ha importanza.
L’importante è provare a vedere come tutto cambia, si capovolge, modifica i riferimenti.
Ecco, secondo me è questo ciò di cui hai bisogno!
Forse ti girerà un po’ la testa ma un pizzico di sconvolgimento è quello che ci vuole.
E poi ammettilo, le capriole mettono allegria, fanno tornare bambini.
Ed ogni tanto sentirsi fanciulli è un elisir potente in grado di distendere le rughe, anche quelle dell’anima.
E poi come non ammettere che uscire dall’usuale ti fa provare un brivido energetico?
Se invece ti preoccupi di non essere più abbastanza agile, non mollare quest’idea.
Siediti comunque, chiudi gli occhi ed usa la mente.
Oplà!
Le capriole a cui mi riferisco servono più alla nostra mente che al nostro fisico.
La vita è fatta di frequenti sbalzi di realtà, percorsi accidentati, equilibri difficili e se non conserviamo dentro di noi una buona dose di elasticità rischiamo di farci male, male davvero.
Avere carattere o idee non vuol dire essere rigidi come pali, vuol dire essere capaci e pronti a rimettere in gioco ciò che del nostro carattere e delle nostre idee non ci ha portato fortuna.
Insomma la storia d’inizio post, quella dei binari che non arrivano mai a meta.
Ma non hai voglia di provare a vedere un altro binario dove ti porterà?
Se la risposta è sì, dammi retta, prova con una bella capriola.

venerdì 12 novembre 2010

Essenza


Uomo
Esplora il cosmo
Razionalizza i tuoi progetti
Insegui la realtà
Cavalca i tuoi sogni
Definisci ciò che provi
Ma non imprigionare ogni cosa
Non imprigionare me
Lasciami libera di essere
Di essere ciò che tu non sei
E’ per questo che mi ami
Perché non sono te

martedì 9 novembre 2010

Un vitale fluire



Una giornata grigia. Una piazza. Un’adolescente che guarda le nuvole ad una fermata dell’autobus.
Un profumo. Desideri e sogni che si mescolano. Il cuore che batte un ritmo impaziente.
Circolarità del tempo.
Tempo lineare.

Non ci sono molte porte chiuse dietro di me. Non ci sono sbarre.
Nella mia vita il passato ed il presente sono una susseguirsi di stanze che si guardano.
Ogni elemento ha modo di circolare, ogni possibilità ha possibilità di verificarsi.
Cerco di lasciare libere le sensazioni, di espandere il mio sguardo. Non amo la drasticità, il conclusivo, l’inappellabile.
Tutto può scorre e tornare.
L’acqua con il suo modellarsi e trasformarsi, m’insegna la filosofia. La natura mi dimostra che la flessuosità è segno di giovinezza, la rigidità di vecchiaia.
Devo usare le mie percezioni per comprendere ciò che vivo. Ampliare il pensiero per capire il senso del tempo, l’apparente casualità, le indicazioni del fato. Tutto dipende dalla mia mente, da quanto l'acutezza delle mie riflessioni perforerà la nebbia dei pregiudizi, dei limiti concettuali, delle verità inconfutabili.
La ciclicità appartiene alla vita in un fluire costante.
Così come i momenti sospesi, le attese cristallizzate. Ma può bastare l’alito di un respiro ed il movimento riprende. Non tutto si svolge in un solo tempo, non tutto procede in modo rettilineo.
Una farfalla vive un giorno, una tartaruga può arrivare a cento anni.
Una storia si conclude in saluto, un’altra sembrerà non finire mai.
Ci sono pianeti lenti e pianeti veloci.

Un autobus arriva, si ferma, l’adolescente distoglie lo sguardo dalle nuvole, è quello che stava aspettando, sale, quell’attesa è finita.

mercoledì 3 novembre 2010

Quello che ritorna

Un vestito mai indossato
Qualcosa che non accade
Un profumo che ritorna
L’immagine di una nave che taglia il mare scivolando verso ovest
Parole sbagliate
Gesti sbagliati
Momenti sbagliati
La vita è fatta di mille fotogrammi ed infinite sensazioni
A volte sembra che l’essenziale sia sfuggito alla nostra presa
Ma poi il tempo si contrae e quello che sembrava lontano è di nuovo lì
Basta allungare una mano annusare guardare tacere...oppure dire
Cosa vuol dire tempo?
Cosa vuol dire ormai?



venerdì 22 ottobre 2010

L'aquilone


Metti una sera a cena.
Metti una sera a cena con Polle, Paolo ed i rispettivi amori.
Metti che si parla, spesso straparla e molto si ride.
Metti che in mezzo alle parole che si susseguono, ritornano, sovrappongono come spesso succede tra noi che insieme siamo un mare con molti cavalloni, poi alla fine qualcosa di grande mi si pianti nell’anima.
Metti che ero partita affermando risoluta un concetto e l’acutezza di Bina mi rende visibile un paradosso.
Metti che mi sento spiazzata, disorienta, perplessa.
Metti che a quel punto quel mare di cavalloni converga su di me per rimescolare le confuse idee.
Metti che Polle se n’esca, come solo la sua genialità sa fare, con un esempio semplice semplice ma pieno di potenza e poesia. Ed io, io che in un istante mi ero vista cadere in picchiata, smorzata nei miei sogni, mi ritrovi di nuovo lassù a volteggiare in un cielo ancora più azzurro.
Metti che mi venga di pensare che non è mica vero che “parlare di cose importanti”, dei così detti “massimi sistemi”, debba esser necessariamente una palla, una fatica, un impegno serioso della mente.
Metti che invece, come sempre accade tra di noi, in questa bella serata non si è fatto altro. Eppure tutto è sembrato un gioco, una follia, una risata.

domenica 17 ottobre 2010

Grigio perla




Il cielo è uno sfondo grigio perla
Cammini avvolto nel tuo cappotto
Il bavero alzato, un ombrello tra le dita
La città lampeggia di vita
Poggiata a quella balaustra
Lì, proprio lì
Scivolai via
da noi
I tuoi passi decisi
Le tue gambe
I pantaloni sbuffano sulle tue scarpe
Seguo la linea del tuo corpo
Sbircio l'ombra che nasconde il tuo viso
Alzi il mento...

martedì 12 ottobre 2010

Per quanto possibile, nessun rimpianto






Un amico pubblica un video su Facebook.
Scena clou di un film in cui lui dice a lei: “Quella volta sulla barca avrei voluto baciarti.”
“Anche io.” Risponde lei.
Si baciano.
La vita ha concesso ad entrambi una seconda opportunità.
Nulla di originale. È stato scritto e raccontato molto da cinema e letteratura sulle parole non dette, i gesti trattenuti, i rimpianti che accompagnano sia gli uni che gli altri.
Ok, questo è un aspetto della storia, quello che poteva essere e non è stato.
Ma non è quello che m’interessa. A me la scena di quel film ha fatto venire in mente altro, ha aperto il pensiero verso tutti quei pezzi di vita che mi riguardano e che io non conoscerò mai.
Quante parole erano per me è mi sono state sottratte, quanti gesti che avrei accolto con gioia mi sono stati negati, quanto di me è rimasto dentro ad una persona senza che me ne abbia fatto mai  partecipe?
Improvvisamente questa ovvietà mi è apparsa un’enorme ingiustizia, quasi insopportabile per il danno emotivo che mi ha procurato. È un tesoro che mi è stato celato, nascosto. Una ricchezza che mi avrebbe permesso di camminare con più baldanza tra le strade di questa terra complicata. Una coperta calda ed avvolgente che avrebbe reso più morbide le miei notti, più dolci i miei ricordi, più profondi alcuni legami.
E chi ci ha guadagnato in questo insopportabile silenzio emotivo? Nessuno credo.
E non capisco perché a volte, e sempre che ci dica bene, sia necessario attendere decenni per conoscere una parola, un sentimento, fosse anche un  pensiero che non poteva che farci piacere.
Uno strano muro di pudori s’innalza spesso tra noi ed il resto del mondo. Una timidezza che blocca  parole belle, gesti affettuosi, conferme sulle nostre qualità.
Una strana riservatezza che ci colpisce, a ben guardare, molto di più sul bello da dire piuttosto che sul brutto, come a buon senso apparirebbe ovvio. Ed invece a causa di uno strano fenomeno, le brutte parole, i pessimi gesti, le maleducate azioni ci vengono che è una meraviglia, fluide e spontanee. Per il resto siamo tiranneggiati da invincibili rossori.
Esseri paradossali noi umani.  
Ieri sera ho chiesto ad un mio amico: A te piace l’autunno?
“ L’autunno era il periodo dell’anno in cui progettavo di venirti a trovare. D’allora amo questa stagione.”
Una domanda banale, una risposta inaspettata, un’emozione regalata.
Questo particolare così carino, così tenero è rimasto per decenni nel cuore di un uomo a cui sono molto legata. Forse era mancata l’occasione per dirmelo, probabilmente non era indispensabile che io lo sapessi, ma a pensarci bene se non con me con chi avrebbe dovuto condividere questo ricordo?
E poi, ma perché mai avrebbe dovuto nascondermelo? Cosa c’è di così disonorevole nel dire ad un’altra persona: sì, tu per me conti? Cos’è questa strana vergogna che ci assale nel dover ammettere che la persona X ha un suo posticino nel nostro cuore? Cos’è tutta questa aridità, questa mestizia affettiva?
Ma non vi sembra follia pensare che, senza saperlo, noi spesso viviamo migliaia di vite parallele nel cuore e nella mente di chissà quanta gente. Vite in cui continuiamo ad esistere, nutrire, emozionare.
In fondo è come se ci venissero sbarrate delle finestre dietro alle quali noi “ ci siamo” oltre la nostra percezione di quotidiana realtà.
Non tutto si può raccontare, i segreti hanno il loro fascino, ma io propongo un termine temporale di là da del quale per diritto ciò che ci appartiene, poiché l’abbiamo suscitato, ci venga in qualche misura restituito, o per lo meno venga con noi condiviso.
E tanto perché non pensiate che predico e non pratico la mia filosofia da diversi anni è: per quanto possibile nessun rimpianto.


giovedì 7 ottobre 2010

L'orrore che ci cammina accanto




Questo è un mondo impazzito, anzi un’umanità impazzita, il mondo come contesto naturale non c’entra niente ed è bene sottolinearlo. Le aberrazioni a cui assistiamo sono quasi sempre opera dell’essere umano. Sempre più spesso non ho voglia di parlare, ma sono anche troppo nauseata ed arrabbiata per poter tacere.
I miei contemporanei si definisco moderni e denigrano valori e principi che i miei antenati ritenevano basilari nel rispetto dell’altro. Oggi tutto scivola via, tutto viene assorbito dalle nostre menti, dimenticato dalle nostre coscienze. Siamo diventati moderni per ritrovarci in parte di nuovo preistorici in balia d’istinti e bisogni che non sappiamo, o non vogliamo controllare. Esistono patologie psichiche sulle quali ovviamente non sono in grado di dire nulla. Di contro però, esistono comportamenti sociali condivisi ed in alcuni casi addirittura fomentati, nei confronti dei quali ognuno di noi può fermarsi e riflettere.
La violenza sulle donne non è una novità della nostra epoca, è una devianza che accompagna il cammino del genere umano. Eppure questa violenza ingiustificabile e spietata non ci fa inorridire, non abbastanza secondo me. Ma davvero essere a conoscenza di tanti abusi, di così molteplici sopraffazioni, depravazioni ci fa orrore? Oppure la nostra mente  e la nostra coscienza hanno imparato fin troppo bene a ricollocare dove ci fa comodo ciò che ci disturba?
Ci consideriamo culturalmente più preparati, civili, etici, progressisti, tecnologici, ci auto lodiamo ed in alcuni casi glorifichiamo per le conquiste sociali a cui siamo giunti eppure, paradossalmente, non smettiamo di usare una violenza odiosa, a volte subdola, sempre insopportabile nei confronti dei deboli o presunti tali. Deboli che sono resi tali dallo straripare delle violenza stessa, dalla tirannia sociale che ne approfitta, che li usa, che li nega. La violenza è violenza in qualunque forma si presenti, qualunque strumento usi, ogni qual volta prova a piegare una persona ad una volontà che non gli appartiene. Ma è una forma di violenza e di non rispetto anche il modo in cui le donne non smettono di essere rappresentate, considerate, sminuite. Il modo in cui, rendendole oggetti sessuali, si cerca di ridurle ad entità senz’anima. Ma senza anima, privi della reale capacità di provare sentimenti sono coloro che agiscono in questo modo, non chi è vittima di un sopruso.
Non riesco a considerare civile un genere, quello umano, che nel 2010 ha ancora bisogno di stilare, firmare e controfirmare diritti che non dovrebbero neanche essere fonte di discussione. Si nasce e si è persona, punto. Stessi diritti, stessi doveri. Su cosa dovremmo ancora ragionare? Sull’ovvio?
Ed invece non è così. La carta dei diritti dell’infanzia, la costante necessità di dover riaffermare i pari diritti delle donne, dei disabili, degli omosessuali, dei poveri mi confermano che l’ovvio non è stato raggiunto e la voglia di sopraffazione non ha mai abbandonato il genere umano a cui appartengo.
So che è un discorso immenso, so che per completezza si dovrebbero toccare mille aspetti, so che non tutti gli esseri umani sono uguali e che esistono donne ed uomini illuminati che con le  loro intelligenze e battaglie permetto i famosi passi avanti dell’umanità. Loro sono la parte bella che rende questo mondo meraviglioso.
Ma oggi è stata uccisa una ragazza di 15 anni colpevole solo di aver scatenato le voglie becere di un essere che non voglio nemmeno definire.
Sono una donna, sono una madre e sono una persona e non smetterò mai di gridare il mio orrore e la mia rabbia di fronte a qualunque tipo di violenza.  Io cercherò sempre di combatterla come potrò, scrivendo, parlando, prestando attenzione, educando mio figlio al rispetto dell’altro, non rimando indifferente, non dimenticando mai, neanche per un attimo, che la violenza può colpire chiunque in qualunque momento della propria vita attraverso mille forme. I mostri, come insegnano le favole che non a caso raccontiamo a nostri bambini, possono nascondersi dietro ad ogni volto, anche il più insospettabili.

 

mercoledì 22 settembre 2010

Così diverse, così uguali


Ci sono persone che danzano nella mia anima. Sono fortunata, posso usare il plurale. Ma tra queste meravigliose creature che arricchiscono la mia vita c’è una donna, una piccola donna, che da qualche anno ha un posto speciale nel mio cuore e nel mio quotidiano vivere. Ci conosciamo da molti, moltissimi anni. I nostri figli sono nati a pochi mesi di distanza e come è accaduto per noi, si sono riconosciuti in qualche punto di loro stessi e sono amici, nonostante le differenze, nonostante la lontananza, nonostante un mondo giornaliero che non condividono. Si voglio bene, molto bene, punto!
Io e Silvia siamo state amiche più o meno nello stesso modo fino a qualche tempo fa. Poi, quel semplice affetto è divenuto “L’Amicizia”. Quel sentimento indescrivibile che rende un rapporto tra due persone qualcosa di più, qualcosa di speciale.
Credo che lungo l’esistenza di ognuno di noi, si susseguano degli appuntamenti particolari, quelli che mutano il corso degli eventi. Beh, se dovessi indicare il nostro non mi riferirei unicamente a quello che ci ha fatto incontrare.
Quell’incontro lo definirei l’imput che il destino ci offrì allora, quando ragazzine ci ritrovavamo come ogni estate sulla stessa spiaggia, pronte a far baldoria. L’altro, quello che ha colorato di meravigliose sfumature il nostro volerci bene, è stato il momento in cui ci siamo ritrovate molto più adulte, molto meno spensierate. Quel preciso punto è stato il momento esatto in cui io e lei, dopo essere state due crisalidi laboriose, ci stavamo trasformando in farfalle. Non mi riferisco al nostro aspetto estetico, mi riferisco più precisamente a quel istante magico in cui le donne scoprono di essere donne. E’ un momento unico ed emozionante che racchiude nella sua scoperta uno stupore ed una gioia difficilmente esprimibile.
E’ la conquista vera e profonda di una consapevolezza che è frutto di un lungo cammino, di molta fatica e di un’inevitabile esplosione di felicità quando finalmente senti di averla raggiunta.
Credo che Silvia ed io ci siamo veramente incontrate, guardate e dolcemente sostenute in quel preciso periodo della nostra esistenza. E da quel momento l’essere “Amiche” ha acquisito un sapore diverso, molto intenso, a volte struggente per la delicatezza con cui riusciamo ad esprimerlo.
Quando mi fermo a rifletterci su, io continuo a sorprendermi. Siamo talmente diverse e talmente uguali che proprio non so come tutto questo sia potuto accadere, o come non sia potuto accadere prima. Il che non è un paradosso. Picasso sosteneva che “Ci vuole molto tempo per diventare giovani” e forse io e lei abbiamo avuto la fortuna di trovarci vicine nel momento in cui questa magia si stava verificando. Siamo divenute “giovani” insieme. Abbiamo avuto la fortuna di condividere questo incredibile passaggio, potando l’inutile, fertilizzando l’indispensabile, ricolorando quello che ci appariva sbiadito e scialbo e così, senza quasi accorgercene, siamo rinate in un mondo da noi percepito completamente nuovo. Un mondo solo apparentemente fantasioso ed astratto, in realtà molto aderente ai nostri giorni non sempre facili, a volte duri.
Nella nostra vita ci sono altri affetti, imprescindibili legami, ma la nostra “ Amicizia” è il diario emotivamente parlato che accompagna ogni nascita del sole.
Non ci sono segreti, non esistono pudori, non ci sono zone in cui non lasciamo la porta aperta all’altra. Eppure, tutto ciò avviene senza forzature, nell’assoluta coscienza che stiamo varcando la soglia di un’anima che non è la nostra.
Nell’amicizia così come nell’amore è questione di alchimia, ma come sosteneva la volpe nel bellissimo racconto del Piccolo Principe “Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici.”
Ecco, forse io e lei in quel nostro rinascere comprendemmo che la vita non può essere tale senza credere in qualcosa di fatato, senza dedicarsi del tempo, rischiando di donarsi, permettendo all’altro di arrivarci al centro del cuore.
Tutto il resto è solo conoscenza, io e Silvia abbiamo scelto di essere Amiche. La differenza, forse, è tutta qui.

giovedì 16 settembre 2010

Collezione autunno/inverno




Ed eccomi qui, pronta per un nuovo anno! Il mio calendario, come per gli studenti, inizia a settembre ed allora prima che il portone si apra su un periodo tutto da vivere, dedico un pensiero a ciò che si è appena concluso.
L’anno da poco trascorso, me lo sentivo, è stato impegnativo, faticoso e per certi versi fastidiosetto.
Ma sono obiettiva e ritengo giusto riconoscergli anche dei meriti: ho imparato molto ed un paio di accadimenti sono stati una vera manna.
Detto ciò saluto e ringrazio i passati dodici mesi e volo in quelli che saranno.
Ma come saranno? La vocina che guida le mie sensazioni future pronuncia sostantivi ed aggettivi che speravo di ascoltare da tempo e questo, capirete, mi rallegra. Di lei mi fido, in genere non sbaglia un colpo. Tuttavia sono legata al segreto delle sue intime confidenze e dunque mi dispiace, ma non posso dirvi di più.
Qualcosa però, è ormai tradizione, mi diverte condividerla con voi ed allora eccomi qui, queste sono le indicazioni di massima.
Il “leitmotiv” di questo nuovo anno sarà: “L’isola che c’è!” E sì perché mica è vero che l’impossibile non sia possibile e come diceva Peter Pan “ Solo chi sogna può volare”. Ed io sogno, oh se sogno….!!!!
Inoltre credo nella teoria della circolarità. La vita, a volte, ci offre l’opportunità di ritornare al punto di partenza, o di ritrovarci davanti a quegli orizzonti che in tempi pregressi non potemmo o sapemmo sorvolare.
Io, ahimè, molto tempo fa di queste occasioni ne mancai un paio, ma per gli imponderabili giochi del destino, ora mi ritrovo di nuovo alla fine di quella strada, davanti a quel mai dimenticato orizzonte ed ho tutta l’intenzione di approfittarne.
Insomma ci sono e quel famoso volare verso “ l’isola” tanto sognata è iniziato.
Questo nella sostanza, ma andando sul leggero direi che vista la grande occasione tutto deve essere adeguato: cuore, mente e guardaroba.
Dunque bando alle ciance, vi dico cosa ho messo in valigia. Con un certo ordine, il che non è stato semplice, ho messo il mio entusiasmo, la fantasia, l’indomabile follia che non voleva convincersi a lascir spazio anche all'accorta saggezza. Poi ho riposto un bel pò d'allegria che, almeno per me, fa sempre coppia con l’indispensabile ironia. E poi vediamo…beh ovvio l’Amore, gli Amici di sempre e quelli che incontrerò. I fedeli libri e la magica musica. Ed infine un discreto spazio per gli abiti che creeranno il look dell’anno. E come sarà questo look? Sarà intonato all’atmosfere dei luoghi e dell’anima. Molto “nebbia di Londra”, molto stile “Nouvelle Vague” per intenderci. Molto (incredibile per me) grigio, nero e bianco. E poi poi…ma guarda un po’ che strano, proprio ora, mentre sto scrivendo, altri significati salgono alla mente, curiose simmetrie che riguardano “ L’isola che c’è”.
Ragazzi la sapete una cosa? Mi sa che ci siamo davvero, ci sono voluti tanti anni ma ora, beh ora quel famoso viaggio, è veramente iniziato.
Buon anno a tutti.

martedì 24 agosto 2010

Corsi e ricorsi storici


"Il 1° gennaio del 49 a.C. i consoli avevano iniziato a sollecitare con tutte le forze la destituzione di Cesare dal suo governatorato. Per quasi nove anni l’aveva avuto; il termine era scaduto. Ora Cesare aveva intenzione di ottenere il consolato del 48 e di ritornare alla politica romana. Ma proprio questo volevano impedire i suo avversari. Ancora prima che egli potesse candidarsi, avrebbe dovuto deporre il comando e recarsi a Roma come privato cittadino. Là sarebbe stato messo sotto processo per le diverse infrazioni alla costituzione di cui si era reso colpevole durante il suo consolato. E ciò doveva aver luogo sotto protezione militare, perché egli non potesse fare pressioni sul tribunale, ma anche perché il tribunale non potesse decidere del tutto libero da pressioni.
In questo modo, così pare si sia sperato, si sarebbe annientata l’esistenza politica di Cesare e si sarebbe pienamente ripristinato il regime senatorio. Non importava se Cesare fosse veramente un avversario dell’ordine costituito o no: egli aveva in precedenza costantemente ostacolato il suo funzionamento. E c’era da temere che egli potesse imporre diverse richieste contro la volontà del senato e divenire quindi così potente, che si sarebbe potuti prevedere sempre nuovi conflitti e sconfitte del senato se ora gli riusciva di divenire console un’altra volta.
Già da quasi due anni gli avversari dichiarati di Cesare avevano cercato di convincere l’organo centrale del governo romano, il senato, a destituirlo. Ma avevano sempre fallito, perché Cesare aveva tratto dalla propria parte alcuni tribuni della plebe, che con il loro diritto di veto potevano rendere vana ogni deliberazione contro di lui. A volte passarono persino all’attacco e riuscirono a strappare alla maggioranza del senato alcune decisioni conformi alla volontà di Cesare."
Tratto da " Giulio Cesare" di Christian Meier
La storia alterna fasi di progresso a fasi di decadenza: Vico parla di "corsi e ricorsi storici". Ciò non significa, come comunemente si interpreta, che la storia si ripeta. Significa, piuttosto, che l'uomo è sempre uguale a se stesso, pur nel cambiamento delle situazioni e dei comportamenti storici.

venerdì 30 luglio 2010

La catena spezzata




Ci sono viaggi che intraprendi senza saperlo.
C’inciampi ed una mano invisibile ti afferra e sembra condurti.
Non conosci la meta, ma ti lasci portare, orizzonte dopo orizzonte.


Una catena spezzata
Un’imbarcazione usurata che scivola via
Qualcuno apre le sue braccia
E' il crepuscolo...
ne coprirà i contorni
La cullerà
Ti volti
Finalmente puoi inseguire il tuo sole

lunedì 21 giugno 2010

Essere madre



Sono diventata mamma quindici anni fa. Una giovane donna, un batuffolo tra le braccia e tanta paura di sbagliare. Ogni madre sa che tra l’ideale proposto dalla cultura sociale/religiosa e il suo intimo sentire c’è spesso un enorme baratro a farle tremare i polsi. Appena nasce un figlio, infatti, senti le pressioni, l’immaginario, le aspettative che, più o meno tutti, ti riversano addosso. I loro modelli, le loro convinzioni, le frasi fatte ed una valanga di luoghi comuni che ci si ritrova a fronteggiare mentre tu, neo mamma, in una valanga scomposta di emozioni e rivoluzioni ormonali cerchi di tenere a bada sonno ed una diffusa sensazione d’inadeguatezza. Questo in genere è l’inizio del cammino che ogni madre ha sperimentato.
Non ci capisci niente e cerchi unicamente di rifarti e quindi seguire gli schemi che altre donne e ahimè, anche gli uomini ti propongono come giusti, comprovati da non si sa bene quale insindacabile verità. Il famoso istinto materno è una mannaia sulla testa che ogni donna ha sentito incombere su di se. Se non ti scatta in un nano secondo, se non riesci ad entrare in sintonia con la tua creatura nell’arco di poche ore, non potrai fare a meno di sentirti la peggiore delle madri ed il tuo senso d’inadeguatezza inizierà a crescere.
Io ho sperimentato ogni sfumatura di questo inizio e di tutti i passaggi successivi, quindi so di che si parla.
Nel corso di questi quindici anni mi sono stati rivolti i pensieri e le frasi più assurde e ridicole che le mie orecchie abbiano mai sentito pronunciare. Della serie:” Ho sentito cose che voi umani non potete neanche immaginare”. Forse proprio perché il carico delle aspettative sociale nei confronti “ dell’essere madre” è così alto che nessuno pensa mai alla splendida possibilità di poter tacere.
Non mi è stato risparmiato nulla, ma proprio nulla di quello che passava nella mente delle persone.
Chissà perché, a parole tutti sentono grandi genitori, anche chi magari genitore non è. E tutti si sentono autorizzati a salire in cattedra e saccentemente sparare frasi a casaccio.
Io che della maternità giorno dopo giorno sviluppavo una mia idea, sono stata bersaglio di giudizi taglianti, a volte veramente crudeli e ne ho sofferto molto. Tuttavia, nonostante mi fermassi a riflettere, provavo un profondo senso di ribellione che mi portava a seguire ciò in cui credevo, cercando di spazzare via i luoghi comuni, i modelli irrealistici e concentrandomi su quello in cui io credevo e sentivo adeguato a noi. E’ stata dura, come lo è ogni strada che non segue il solco già tracciato, ma ho tenuto botta, ho incassato i colpi e sono andata avanti. Forse, non volendo, ogni madre è stoica a modo suo ed io lo sono stata nel perseguire il mio modello e non quello altrui.
Non so se sono stata e sono una buona madre, qui l’unico che potrebbe dire la sua ed esprimere un’opinione è mio figlio, ma di una cosa sono certa, ed è quello che riporto qui come mia testimonianza: l’essere me stessa, essere madre a modo mio seguendo quello che la mia natura, la mia vita, la mia storia di figlia e di donna mi portano ad esprimere è l’unico modo in cui è possibile, per me, di essere madre. Generare una vita è la massima espressione di creatività che una donna ha la possibilità di vivere durante la sua esistenza, eppure, nella contraddizione insita nella follia umana, anche nella più meravigliosa possibilità di essere che è appunto la maternità, tutti tentato d’ingabbiarti in fredde e strette prigioni.
Come se le donne fossero tutte uguali ed i figli pure. Semplicemente assurdo ed inumano.
Esistono regole basilari, questo è ovvio ma fermo restando il buon senso, ogni donna dovrebbe sentirsi libera di sviluppare il proprio ruolo di madre come le sue inclinazioni ed il suo sentire le permettono. Inutile però prenderci in giro, non è così e tentare di perseguire questo obbiettivo è l’impresa più ardua che mi sono trovata ad affrontare. Ma tenacemente ho resistito ed insieme a mio figlio ho creato il nostro rapporto, nostro e di nessun altro.
Io non ho mai creduto al senso di annullamento, non ho mai messo in un cantuccio
“M’ Cristina”, non ho dimenticato chi fossi, quali erano i miei desideri ed i miei obiettivi di persona prima che di madre. Non l’ho fatto perché ho sempre pensato che per mio figlio fosse un sacrosanto diritto avere una madre felice e serena. Che dei miei sacrifici, delle mie immolazioni, delle mie insoddisfazioni ne avrebbe fatto volentieri a meno se queste avessero comportato, come spesso vedo comportare in chi le applica, la conseguenza di dover subire una madre isterica, insoddisfatta, infelice e frustrata.
Volevo e voglio regalargli per quanto mi è possibile, la gioia di una mamma allegra, serena, contenta di se e della propria vita sociale ed affettiva. Questo comportamento, immaginavo e continuo a pensare, l’avrebbe reso più libero e meno pressato dalle mie aspettative o dalle mie proiezioni.Ci sono riuscita? E chi lo sa? La vita si sa ci mette a dura prova ed io sono umana come amo ricordargli, ma ce la metto tutta e lui questo lo sa. E sì, perché tra le altre idee strambe di cui vado fiera, c’è la voglia, anche questa ostinata, di avere con lui un rapporto vero, sincero, non incentrato sulla sindrome della super mamma o del super figlio che tanto non è realistica e tra l’altro può produrre danni irreparabili nel suo futuro di uomo. Io sono io, limiti e pregi e lui e lui, limiti e pregi. Nessuna sovrastruttura, possibilmente nessun modello da imitare, ma solo il nostro essere prima di tutto persone e poi madre e figlio, nel rispetto quanto più profondo ed auspicabile di sentirci liberi, di rispettare reciprocamente pensieri e sentimenti. A volte è facile, altre lo è un po’ meno, ma siamo in progress, ed allora ogni giorno ci guardiamo negli occhi, mettiamo vicini vicini i nostri cuori ed insieme aggiustiamo la rotta. In fondo stiamo crescendo insieme e sperimentiamo traiettorie mai solcate. Io nel frattempo ho 44 anni e lui 15, siamo due persone diverse da quando ci siamo incontrati e la vita ci misura ogni giorno con le sue prove. Ma ragazzi quanto mi viene da ridere quando ripenso a tutte le amenità che mi sono state rivolte. L’amore non si può misurare, non si può schematizzare, l’amore è qualcosa che si può solo sentire ed il mio travalica ogni possibile immaginazione, ma non ha spettatori, non contempla giudici od opinionisti. E’un rapporto che appartiene esclusivamente all’intimità più profonda di una madre e di un figlio. Ma vi assicuro che quando lo guardo sento dentro di me qualcosa d’inspiegabile ed immenso che nessuno potrà mai capire nella sua interezza e sono fiera di lui in ogni istante, in ogni suo respiro. Di tutto le parole, di tutti i giudizi sommari, delle boiacciate a profusione, sinceramente già da un bel po’ me ne fotto e questo è l’unico consiglio che, forse e dico forse, mi sento di bisbigliare con molta umiltà alle donne madri ed a coloro che lo diventeranno

lunedì 14 giugno 2010

La sfida


Una strada di montagna e un enorme masso di basalto ad ostruirmi il passo.
Perchè proprio il basalto poi...
Ma tant'è, sono giorni che quest’immagine mi frulla nella testa.
La vita a volte mi appare così: o una vetta da cui lanciarmi per un fantastico volo, oppure un sentiero da percorrere. Negli ultimi tempi mi sentivo più sul sentiero. E su questo sentiero era caduto un bel masso ed io ho dovuto osservarlo a lungo prima di capire come era possibile oltrepassarlo.
Una gran fatica!!!
Ma ogni ostacolo oltre che una scocciatura è un gran momento, un’opportunità che mi pone davanti a ciò che di me non avrei mai scoperto e quindi capito. Non che mi auguri di avere problemi, però devo ammettere che ho imparato ad apprezzare anche quest’eventualità, almeno gran parte di queste eventualità. Certo l’apprezzo in un secondo momento, guardandomi indietro dopo aver superato l’ostacolo, ma in genere è ciò che avviene.
E sì, perché star lì a rimembrare, a pensare, ad ipotizzare, aguzza i miei sensi, crea associazioni, stimola la mia voglia di andare oltre ai limiti che mi appartengono. Non c’è altro modo “a da passà oltre il masso…”
Ne parlavo anche con mio figlio che, per ragioni apparentemente ingiustificate, si era ritrovato quasi per un’intera partita in panchina. Rabbia, frustrazione, dolore. Tutto umano, tutto giusto. Capita a me, capita a lui. Ha incontrato il suo masso e doveva superarlo.
Ed allora pensa per me, pensa per lui, ho formulato e riferito il seguente pensiero:“Un masso è solo un masso, una panchina è solo una panchina. Nulla può farti sentire in panchina se non sarai tu a sentirai in panchina, se non sarai tu a sentirti vinto da quel famoso masso. Tradotto: Molto spesso gli umani tendono a porti in condizioni di disagio, ma è solo la tua mente che pone il vero limite.
Questo capiterà mille e mille volte nel corso di una vita e nessuno di noi può impedire alla stupidità umana, alla superficialità, alla bassezza di un pensiero o a chissà quale altra ragione, di volerci costringere la dove riteniamo di non dovremmo stare. La frustrazione fa male, le ingiustizie ancora di più, ma se io sarò capace di vedere oltre quel masso, se tu saprai pensarti fuori da quella panchina, gli umani potranno dannarsi quanto vogliono, la tua mente ti restituirà il valore che sai appartenerti, la dimensione reale del tuo essere. Per di più aver accettato la sfida, aver cercato dentro di noi le soluzioni migliori ci farà acquisire un’ulteriore consapevolezza sulle nostre capacità, la caratura del nostro carattere e la lungimiranza di una vista o di un sentire che sa scavalcare o sorvolare.
Io ho superato il mio masso, lui non si è sentito più in panchina ed anzi il giorno dopo, chiamato ad entrare in campo in una partita quasi persa, con le proprie forze e la ritrovata fiducia in se stesso ha portato alla vittoria la propria squadra.
Per niente facile, ma neanche impossibile ed alla fine tanto tanto gratificante.
E se non sempre sarà così, se scopriremo che quell’ostacolo o quella panchina sono davvero un nostro limite, allora avremo sviluppato, si spera, la capacità di accettarlo e rivolgere il nostro sguardo altrove. La vita offre sempre molteplici opportunità, se non poteva essere questa sarà altro.

mercoledì 2 giugno 2010

La libreria creativa





Non sono una consumatrice di certezze, intorno a me invece, molte persone sembrano farne largo uso.
Persone apparentemente organizzatissime, capaci di decidere in un nano secondo che a problema A corrisponde soluzione B. Sembrano portatori di verità ed io li ascolto affascinata, con gli occhioni sbarrati, stupita da tanta sicurezza. Si mostrano fermi, decisi, con la piena capacità di controllo su ogni singolo avvenimento della loro vita. Appaiono provvisti di tasche magiche nelle quali, come in quelle senza fondo di Eta Beta, puoi trovarci di tutto: miriadi di regole, valige di luoghi comuni, verità inaffondabili, schemi, cinismo para cuore. A sentirli parlare somigliano spesso a dei grandi saggi. Per come si presentano non dovrebbero sbagliare un colpo. Poi però, oltrepassata la soglia della famosa apparenza, qualcosa dentro di me intuisce che a tanta organizzazione verbale non corrisponde ad un’altrettanta chiarezza interiore. Ossia, tutto è messo bene in ordine, catalogato con dei codici precisi, quasi l’esistenza fosse una libreria nel quale riporre pagine e pagine del comune vivere. A volte avrei voglia di chiedergli da dove attingono tutte le regole che declamano, se sono le loro o le hanno apprese da qualcun altro che ritengono ancor più saggio. Da quale misterioso pozzo possono tirar su i dettami del loro imperturbabile comportarsi. Ma spesso non serve neanche chiedere, le risposte arrivano da sole quando un colpo di vento improvviso, una pagina di vita non catalogabile arriva a mettere in crisi tutto il sistema ingegnosamente creato. In genere non avevano messo in conto la mescolanza delle possibilità ed è allora che la struttura rigida dei loro pensare diventa un problema. La poca attitudine ad accettare che l’imprevedibile possa rimescolare l’ordine codificato, ricreando un nuovo ordine è, evidentemente, cosa ostica d’accettare. E quindi, per difendersi, giù a sfornare precetti e massime di vita che non si sa bene a chi veramente appartengano e quanto, in ogni caso, abbiano realmente funzionato. Ma poi funzionato rispetto a chi ed a quale situazione? Mi è capitato di ascoltare i ragionamenti più impensati, ho visto comporre sotto i miei occhi schemi chiarificatori di una situazione sentimentale, o liquidare un’emozione come fosse un problema di cui liberarsi in fretta. Tuttavia, la vita tenta sempre di salvarci rimettendo in discussione le nostre monolitiche certezze. Ed è in questi casi che li vedi davanti alla loro libreria tutta ordinata, ben imposta, con il nuovo foglietto in mano, finalmente perplessi se non completamente persi. Umani e mortali. O per lo meno è così che appaiono a me: belli ed invidiabili. Invidiabile sì, perché l’imprevedibile porta con se la potenza per rimescolare ogni cosa offrendoci una grande opportunità: liberare la nostra creatività regalandoci la possibilità d’impostare su i nostri veri desideri un ordine che almeno ci appartenga, nel profondo.

venerdì 21 maggio 2010

Quale uomo, quale donna?




L’onda gonfia il suo ruggito

Ci sei te in questa giornata
mentre l’acqua del mare tuona
e la spuma s’innalza ribollendo al sole

Usare te affermandoti
Usare me negandomi

Io cammino sulla cresta
tu ti avvolgi trascinandomi

Anime sferzate dal vento di salsedine

Il nutrimento arriva dall’aria
arriva dal profondo

si mescola

rigenera

crea

cosa saremmo senza?

lunedì 17 maggio 2010

Un semplice sasso bianco

Cammini e non sai cosa incontrerai, o forse pensi di saperlo, il mondo ti sembra così scontato. Un piede davanti all’altro, ma la vita ti anticipa sempre di un passo e questa è una di quelle cose a cui non pensi mai. Lungo la strada incontri un laghetto e ti fermi a guardarlo. Lo specchio d’acqua rimanda i suoi riflessi e ti perdi ad osservarli. Mille pensieri sfiorano la superficie liquida. Sei tu e la tua vita ed è la prima volta che ti permetti di osservarla. Affascinato ti accovacci sulle gambe e torni indietro, ripercorri momenti, riscopri sogni ed il cuore comincia a battere forte tra le lucciole di sole che rimbalzano nei tuoi occhi. Intorno a te è pace, finalmente. Sei di nuovo un bambino davanti ad uno specchio d’acqua. Ti volti e scegli un sassolino. Uno fra tanti, chissà perché proprio quello. E’caldo ed il contatto con la superficie liscia ti procura un piccolo ed inaspettato piacere. Lo guardi rigirandolo tra le mani. È tondo, bianco e anche se non li vedi ti sembra che abbia occhi e bocca e sia capace di parlarti in una lingua che non conosci ma comprendi. Sorridi dei tuoi strani pensieri.
Potresti farlo saltare: uno, due , tre salti, perché no, forse sei ancora capace di riuscirci. Torni ad osservarlo. Non salterà mai, pensi, è troppo tondo. E poi è caldo e lisco, quasi non vorresti perderlo. Ma solo un bambino può affezionarsi ad un sasso e tu sei un uomo e la tua vita è fatta di concretezza e regole adulte.
Ti alzi. Nessun sentimentalismo per una briciola di pietra calda!
Giri lo sguardo, non c’è nessuno, nessuno ha letto i tuoi pensieri, nessuno può sapere che hai provato una staffilata d’affetto per un sasso bianco. Il laghetto è piccolo, l’acqua è limpida, intorno solo silenzio. Decidi all’improvviso: lanciarlo lontano, spezzare quell’irreale legame.
Lo tiri; quasi il suo calore ti bruciasse improvvisamente la pelle. Ma è un gesto trattenuto, smorzato nel suo slancio. Istinto e razionalità quando litigano combinano guai.

Il sasso volteggia nell’aria e poi cade dritto a pochi metri da te. Colpisce l’acqua, ne infrange l’apparente fermezza. Qualche spruzzo illuminato dalla luce, un primo cerchio e poi altri cerchi. Tutto diventa confusione, la superficie si agita, e poi finalmente affonda e non lo vedi più. Era solo un piccolo e caldo sasso bianco.
I cerchi si allargano, diventano sempre più grandi, li guardi ammaliato, però loro sono una specie d’illusione, come non fossero mai esistiti scompaiono, velocemente. Il laghetto torna placido. Sei di nuovo tu e la tua vita. Non è cambiato nulla e sorridi soddisfatto, ma è solo la sensazione di un attimo; sembra tutto uguale eppure non lo è. Dentro all’acqua, nella tua vita, ora c’è quel piccolo ciottolo caldo e ce l’hai buttato dentro tu. Non c’avevi pensato, non l’avevi considerato, sarebbe stato meglio lasciarlo ricadere tra i sassi, fuori dal laghetto, fuori dalla tua vita. Ti senti un pazzo, vorresti andar via e scacciare questi assurdi pensieri. Indietreggi di qualche passo, volti le spalle e te ne vai. E’ solo un sasso in una pozza d’acqua.
Cammini, di nuovo un passo davanti all’altro, ma non riesci a distaccarti da quell’immagine, dalla sensazione che l’accompagna. Puoi andar via, non pensarci più, però sai che quel sasso rimarrà lì. Ti giri ed osservi il piccolo lago. E’ immobile. Forse è stato solo un sogno quel tuo ragionare sul sasso e la tua vita.E’ stupido, non ha senso, ti vergogni di ciò che provi e molto probabilmente sei diventato matto e non lo sai. Ma è l’istinto di un attimo. Torni indietro anche se non sai che fare.
Potresti toglierti le scarpe, entrare nell’acqua, rabbrividire al suo contatto e calcolata la distanza affondare le mani per cercare di ritrovare il tuo sasso.
Uno sguardo al cielo, ti ripeti che sei pazzo e che non sei certo di poterlo tollerare.
Lasciarlo sul fondo o riportarlo in superficie?
Il cammino è fatto di strani incontri e dipende da noi comprenderne il valore.
Tu, la tua vita ed un sasso bianco.


Dedicato a Silvia ed alle sue strane visualizzazioni...

martedì 11 maggio 2010

Quello che voglio


Non voglio che la mia vita sia come un quaderno ordinato. Un insieme di fogli su cui svolgere i compiti come una brava scolara. Non voglio appuntare con precisione perdite e guadagni e tirare la somma. Non voglio che sia un tema il cui titolo è stato deciso d’altri e lo svolgimento sia pulito, coretto, senza errori, pieno di frasi fatte e compunte. La vedo più come un libro amato, scritto a matita, dove si possa cancellare, riscrivere e continuare a leggere. Uno di quelli che sorvolano il tempo e sprofondano nei sentimenti. Nel quale si susseguano, pagina dopo pagina, appunti, sottolineature, ingiallimenti, macchie di caffè, piegature, fiori che hanno impresso nella carta i loro colori, che rimandino ad un viaggio o ad un istante indimenticabile. Un libro disordinato, un po’ sgualcito, colmo di pensieri e sensazioni vissute e scritte ascoltando la musica. Un libro che risparmi le parole inutili, gli schemi imposti, le regole rigide ed impersonali. Capace di avere un proprio stile ed una personale armonia linguistica. Un libro usato, da leggere e rileggere perché il tempo cambia l’interpretazione, ma conserva gli odori della vita ed i profumi dei sogni, la luce della fantasia e dei suoi voli, veri od immaginari che siano. Un libro scritto con ironia perché secondo, me, arrivata all’ultima pagina alla sola domanda che conta “Ti sei divertita?” La risposta non possa che essere “Sì!”

sabato 8 maggio 2010

Come uno specchio





Ci sono incontri particolari, momenti di condivisione che ti restituiscono il piacere della compagnia umana, il vero valore dello scambio emotivo ed intellettivo. Questi sono gli incontri che preferisco, quelli che, lo capisco subito, porterò con me per molto tempo, forse per tutta la vita. Perché ci si è regalati senza censure o limiti. Le porte dell’anima e della mente aperte e le essenze di entrambe libere di fluire. E quando chiudi lo sportello della macchina e torni a casa sai che quella è stata una serata speciale, ti senti ricca, interiormente più ordinata. Cammini verso il portone e pensi che quella persona, forse senza rendersene conto, ti ha preso per mano e ha portato un passetto più in là la tua crescita, le tue consapevolezze.
Ci sono persone con cui non devi spiegarti, con le quali non c’è bisogno di usare troppe parole, loro arrivano a te così, semplicemente. E quel “semplicemente” ti sembra qualcosa d’incredibile, un dono inestimabile, che ti lascia sorpreso ed affascinato. Senti i muscoli rilassarsi e quasi avresti voglia di piangere, piangere di gioia, perché è solo quando incontri queste persone che scopri quanto il tuo desiderio di essere profondamente compresa non era una pretesa folle, o una pensiero astratto ed impossibile, era facile, quasi ovvio, quanto meno naturale.
Ci sono persone che sono come specchi in cui è bello riflettersi, che sono altro da te, ma simili a te. Una di fronte all’altra ci si rimanda un’immagine intima, che solo specchi particolari sanno cogliere. Non c’è giudizio, non c’è timore, c’è unicamente il desiderio di essere lì, guardarsi e con delicatezza tendere una mano verso l'altra per sfiorarsi l'anima con una carezza.

A Danila

martedì 4 maggio 2010

Come due elefanti


“Quando due elefanti lottano, è l’erba che soffre.”
Proverbio africano
E quella che segue è la mia metafora.
Le relazioni tra due persone spesso si rivelano una lotta tra due elefanti. Gli elefanti in realtà non siamo noi ma l’immagine che di noi, inconsciamente, proiettiamo sul campo comune dei nostri rapporti interpersonali. Il che è molto umano. Desideriamo lasciare la nostra impronta, dimostrare il nostro valore intellettivo, rendere visibile la nostra bellezza. Vogliamo innalzarci, stupire, sedurre, influenzare. Cerchiamo in fondo di mostrarci al meglio. Ma quando scatta questo irresistibile desiderio noi non chiediamo aiuto alla parte più intima e profonda di noi, quella vera, ma bensì a tutto ciò che ci è più facile manifestare: ego, vanità, narcisismo. E così, senza rendercene conto ci trasformiamo giorno dopo giorno in elefanti ingombranti, imponenti, potenzialmente pericolosi.
Gonfiamo le nostre caratteristiche per renderci evidenti agli occhi dell’altro, certi che questo possa essere un modo vincente per raggiungere i nostri obbiettivi. Ma in questo modo ci dimentichiamo dell’erba che si trova sotto le nostre zampe. Ci dimentichiamo di noi, dei nostri sentimenti, dei nostri desideri più intimi, delle nostre fragilità e delicatezze. La nostra vera essenza, ahimè, siamo abituati a celarla, convinti che solo nascondendola ci sarà possibile proteggerla. Senza pensare però che ciò che non si vede, apparentemente non esiste. E’ un paradosso eppure…
Non sarà colpa dell’altro elefante quindi, lui si muove come la natura gli impone, ha zampe pesanti e passi lenti, ma l’erba su cui si posa soffre, si spezza, i fiori appiattiscono, a volte muoiono.
Ed anche quando i due elefanti avranno smesso di lottare, stanchi o soddisfatti, vincitori o vinti poco importa, l’erba resterà calpesta e dolorante. Ci vorrà del tempo prima che ritrovi vigore, la bellezza fiera dei suoi fiori, i quali, di certo, stenteranno un po’ prima di riaprirsi fiduciosi al calore del sole.
Morale: forse a volte sarebbe meglio ridimensionare l’ego, farsi che so gatto, sempre grandino rispetto all’erba ma insomma, almeno il suo è passo felpato e meno pesante.
Oppure, e quest’immagine mi piace ancor di più, potremmo trasformarci in coccinelle: leggere, colorate e capaci di volare su qualunque fiore o filo d’erba senza fare danni.

giovedì 29 aprile 2010

Un giorno normale


E’ un giorno normale pensavo.
Una passeggiata tra le gocce d’acqua ed il rumore del mare.
Ma esistono i giorni normali?
Camminiamo vicini, era tanto tempo che non ce ne stavamo un po’ da soli, a chiacchierare.
Una passeggiata tra le gocce d’acqua ed il rumore del mare.
Ad un tratto arrivano le tue parole, inaspettate, dirette ed io faccio fatica ad assorbirle. Mi spiazzi.
Rispondo senza sapere bene cosa dire, improvvisando battute improbabili, mentre tu serio mi non mi guardi e continui a parlare.
Mi sento un’idiota e non vorrei esserlo.
Ma come dirti in un attimo che con le tue frasi stai capovolgendo percezioni decennali ed io…io in fondo pensavo solo ad una passeggiata tra le gocce d’acqua ed il profumo del mare.
Passi e parole e non trovo neanche l’accendino…!
Vorrei fermarti e chiederti perché ora? Perché proprio in questo delirante momento della mia vita?
Però forse dovrei smetterla di voler capire ed accettare che per te questo era il momento, che le tue emozioni hanno compiuto un lungo viaggio e solo oggi sentivi di potermele donare, senza un perché.
Ed allora torno indietro anche io, riavvolgo impercettibilmente il nastro e riparto da qualcosa di detto che mi sembrò scivolar via…ignorato.
Tutto ha un senso forse.
Un equilibrio
Dare e ricevere in una logica non sempre lineare come vorremmo.
I minuti passano e tu quasi certamente attendi una risposta, un cenno che dia un senso al tuo parlare.
Ma io mi perdo in strane congetture che mi allontano dal qui ed ora.
Certo che è strana la vita… segue spesso un andamento circolare e se un cerchio si chiude vuol dire che si è tornati al punto di partenza. Ed è solo allora che le domande trovano “La” risposta.
E tu sei il mio inizio.
Origine e ricongiunzione.
Così, sorvolando il tempo, nell’essenza di un cammino che ora ritrovandoci vicini sembra essere durato un attimo.
Ti guardo e rivedo il tuo viso di ragazzo e poi quello dell’uomo che sei. Solo tu potevi compiere questo balzo parlando alle due me.
Origine e ricongiunzione, ma perché mi stupisco? In fondo sei sempre stato un rivoluzionario…
Ed io vorrei essere capace di altrettanto valore e dirti qualcosa di sensato, ma ora so che non è facile, non come pensavo.
I sentimenti spiazzano, siamo in difficoltà davanti a loro, inadeguati.
E questo vale anche per me che di parole scrivo…
Che beffa!
Lascio passare i giorni e finalmente sono capace di formulare il mio “grazie” con parole confuse, ma i pensieri in ordine come dici tu.
Ho sempre pensato di essere una donna fortuna…
L’intelligenza del tuo guardarmi, la profondità del tuo sentirmi, continuo a pensare di non averlo mai veramente meritato, neanche allora, figuriamoci oggi. Tu però conosci la sincerità del mio affetto e la follia del mio essere e come sempre sei capace di arrivare al centro sorvolando sul superfluo.
Ma sappi, che per quanto strampalata posso sembrarti, c’è un punto preciso nel mio cuore dove troverai sempre le tue iniziali, sono lì d'allora e questo tu lo sai.
Ti voglio bene!

giovedì 22 aprile 2010

A mia Madre


Le parole di un amico mi riportano a te
Alla ragazzina di quel giorno
Quando andasti via senza far rumore
E dentro di me esplose il fragore di una tempesta
Chissà se tu già sapevi…
Se il tuo sguardo di smeraldo aveva intuito ciò che io non potevo immaginare
Senza di te…una ragazzina acerba e spaesata, niente di più
E poi?
E poi quanta fatica…
Quanta madre mia!
Tornati e valli, ed altre tempeste attraversate seguendo solo la bussola del mio cuore
Ma oggi sono qui e sono felice!
Felice Mamma, come speravi
Guardo il mio cammino
Ciò che lungo le strade ho seminato
Quello che ho visto nascere e crescere
Quello che sono
Mi vedo
E lo sai Madre mia, mi piaccio!
E’ questa la felicità che sognavi per me?
E’ stata dura, durissima
E tu l’avevi previsto
Ma ce l’ho fatta
Seguendo il mio istinto, nutrendomi delle tue parole, della tua incrollabile fiducia
Ce l’ho fatta Mamma!
Sono la donna che volevo essere
La donna che tu sapevi sarei diventata
E sento il tuo sguardo di smeraldo su di me…
…è pieno d’orgoglio.

lunedì 12 aprile 2010

Mai parlare nel vento della spiaggia

La sabbia era calda ed il sole avvolgeva la mia pelle come un leggero golf.
Distesi il mio asciugamano in una piccola rientranza della spiaggia e mi distesi lasciando che solo l’udito rimanesse contatto con il mondo. Un uomo parlava al telefono a pochi passi dal mio asciugamano ed alcune donne conversavano allegramente, noncuranti che il vento portasse fino a me le loro confidenze. Il tepore ed il vociare conducevano la mia mente in quel luogo che anticipa in strane immagini il sonno. Abbandonata mi allontanavo da tutto, ancora solo labili e piccoli frammenti di realtà.Come quel nome pronunciato da una delle voci femminili che intrufolò, nei miei quasi sogni, un volto. Una storia stava prendendo vita tra la mia mente ed un discorso che non mi riguardava. Aveva un qualcosa di familiare, è vero, ma forse il torpore la stava solo sovrapponendo ai miei pensieri. Poi la voce narrante disse una frase, un rimando preciso ad un episodio che conoscevo perfettamente. Fu come un secchiata d’acqua rovesciato sul mio copro caldo. Mi sveglia di colpo.
L’uomo continuava a parlottare nel suo cellulare e fui tenta di zittirlo. Pensai di voltarmi per poter ascoltare meglio, ma la paura di rendere evidente il mio interesse m’immobilizzò in un’attenzione tesa che percorreva ogni mio muscolo. Apparentemente inerte dovevo sembrare sprofondata in un sonno placido e questo favorì, probabilmente, il dispiegarsi libero delle loro parole. Tra quel crocchio di amiche le domande iniziarono quindi a sovrapporsi ed i dettagli si rincorsero via via più precisi.
Il sole era ormai una luce accecante oltre le mie palpebre chiuse ed un brivido mi scivolò improvviso sulla pelle per trasformarsi, un istante dopo, in un calore ingiustificato. Senza averne la benché minima idea, quelle donne stavano parlando di una storia che mi apparteneva. Non del tutto a dire il vero, quello che una di loro stava raccontando senza alcun riguardo per le confidenze ricevute era la parte della storia che non conoscevo, i pensieri più intimi della persona a cui, pochi minuti primi nel mio quasi sonno, stavo rivolgendo i miei pensieri senza risposta. L’entusiasmo crescente delle amiche mi dava l’esatta percezione di quanto tutta la storia, la “nostra” storia, avesse infiammato per mesi il loro interesse. Chissà da quanto tempo quelle domande si erano rincorse tra i loro pettegolezzi. Quel che era certo è che ma mai, veramente mai, avrebbero potuto immaginare quanto, quelle stesse domande, si erano dannate nei miei infiniti perché.
Ondivaga, ero pietrificata dallo stupore e, nello stesso tempo, da un desiderio imperante di balzar su e in un grido chiedere a quella sconosciuta: Ma è questa la verità? Ne sei sicura? Ed invece rimasi lì, sdraiata sulla sabbia calda, attenta a cogliere ogni ulteriore vocabolo, mentre il cuore si era trasformato in una torcia ed i muscoli, stremati dalla tensione di un tempo che solo allora mi apparve davvero infinito, si andavano chissà come rilassando.
Appresi così, per pura casualità, ciò che avevo sperato in una litania di giorni interminabili.
La loro sorpresa a quella verità era forse pari alla mia. Nessuna la credeva possibile, figurarsi io. Eppure, stando alle loro parole, era esattamente ciò che era accaduto. Non riuscivano a capacitarsi ed io ero improvvisamente, quanto inconsapevolmente, la donna che aveva generato quell’invidiabile miracolo. Sentivo che uno scoppio di riso isterico era pronto ad esplodere davanti all’intera spiaggia ed allora mi alzai, raccolsi le mie cose, sciolsi i capelli e solo allora, alzando lo sguardo, incrocia gli occhi di una di loro. Lei mi squadrò distratta ma poi, in una frazione di secondo, il suo sguardo si fece più attento ed un’espressione incredula le si dipinse sul volto. Non so come né perché ma quel qualcuno, oltre alle proprie confidenze, doveva averle mostrato una mia foto. Gli sorrisi grata e me ne andai.

P.S. Mai parlare nel vento di una spiaggia, non si può mai sapere a chi arriveranno i tuoi segreti.

venerdì 9 aprile 2010

Il muro


Guardo un muro
non ha appigli
non ha fessure
non posso aggirarlo
non posso abbatterlo
non posso comprenderlo
è un muro
non ha calore
non ha vita
l’osservo e mi chiedo a cosa serva
cosa protegga di così fragile
cosa nasconda di così terribile
chi imprigiona nella paure
un muro
oscura
impedisce
chiude
limita
ma solo chi dietro al muro resta paralizzato
non è forte chi lo costruisce
ma chi vive senza averne bisogno.

giovedì 1 aprile 2010

La vita a volte è un film



Eravamo partiti da questo antefatto...

Esco dall'ufficio e m'imbatto in gruppetto di persone che stanno girando un film. Curiosa cerco di riconoscere un volto famoso. Sono al cell, ma una voce richiama la mia attenzione. Alzo lo sguardo mentre il sole mi rimbalza negli occhi lo vedo, anche lui è al telefono. I nostri occhi s'incrociano ancora una volta, ci sorridiamo, ma non posso fermarmi e continuo a camminare...non ci siamo visti per decenni ed ora c'incontriamo così spesso...vita, cosa stai complottando?

Seconda parte...

Percorro al contrario la strada di ieri. Il solito assembramento di operatori e spettatori mi dice che il film che stavano girando non è ancora finito. Un tipo con le cuffie mi blocca, stanno registrando una scena. Mi fermo e l’osservo nel suo ruolo di attore, è bravo. Poi ci danno l’ok e gli passo accanto, ma non mi vede ed io devo andare in ufficio. Dalle finestre torno a guardarli. Non posso resistere e scendo. Lui è di spalle ed io tentenno un attimo, poi mi avvicino, una mano sulla giacca ed un ciao. Si volta guardandomi sorpreso. Chissà perché è sempre così difficile parlare, eppure un tempo le parole correvano libere, facili. Siamo a pochi passi dalla nostra vecchia scuola e lui me lo fa notare. Sorrido.
Avevo una mega cotta per lui al liceo e non l’ha mai saputo. Lo sanno i miei amici, mio marito, mio figlio ma non lui e questo mi sembra uno strano paradosso. La timidezza, la paura di un rifiuto o la poca generosità di condividere ciò che proviamo bloccano spesso i nostri sentimenti lasciando una scia di "chissà" nelle nostre vite. Non lo sapevo all’epoca, ma ho imparato la lezione e non ci casco più. Non sono diventata sfrontata, il pudore e la paura tentano sempre di controllare le mie azioni, ma i grandi dolori mi hanno insegnato che dire qualcosa di bello non arricchisce solamente chi riceverà le nostre parole. Arricchisce soprattutto noi stessi, donandoci il coraggio e la forza di ciò che siamo capaci di provare. Al contrario, chi non ha quest’ardire forse non rischia brutte figure o porte sbattute in faccia, ma vive come un albero spoglio in un gelido inverno. E cosa c’è di più triste di un albero incapace di germogliare, di offrire ombra o frutti ai suoi passanti? E’ un albero inutile, nessuno si fermerà ad ammirarlo, nessuno lo scegliere per ristorarsi.
Dare agli altri i nostri sentimenti, le nostre emozioni è come concedere a chi passa nella nostra vita di godere delle nostre bellezze. E’ un rischio certo, ma in quel rischio scorre l’adrenalina stessa della vita, così come in un albero scorre la linfa che lo nutre.
Per questo ho mosso i miei passi verso di lui, ho allungato una mano sulla sua spalla, ho sorriso ai suoi occhi. Tanti anni fa senza saperlo mi aveva regalato emozioni ed io non ero stata capace di dirglielo. Ma oggi ho vinto un tabù ed ho scavalcato la paura. Non è importante quello che è stato detto, ma quello che ha mosso la volontà di dire quel “ciao”. La sfida non era su di lui, ma era su me stessa e forse, è per questo che ho ricevuto più di quanto pensassi. Sono andata incontro alla vita, a ciò che continuava a mettere sul mio camminio. Ho solo teso una mano lasciando che il senso di tutto ciò si spalancasse davanti a me.

mercoledì 24 marzo 2010

Il tesoro nascosto




Avevamo riempito il nostro forziere di preziosità.
Con cura, senza quasi rendercene conto, ogni giorno depositavamo in quello scrigno qualcosa di noi.
Poi non so cosa accadde, forse non eravamo preparati a quella ricchezza.
Abbandonammo la nave senza guardarci negli occhi.
Nuotammo scegliendo direzioni opposte, come pesci muti.
Ed il forziere restò lì, in balia del mare.
Solo ed apparentemente inutile.
Le onde si fecero immense e lui scivolo tra la loro schiuma.
Lentamente affondò.
Cadde in un tonfo morbido sollevando sabbia bagnata.
Piccole bolle d’aria si alzarono verso il cielo.
Ed il coperchio si aprì mostrando al mondo sommerso il suo splendore.
Poi rimase lì, abbandonato per un tempo imprecisato. Uno dei tanti tesori nascosti nel blu del mare.

Quel tonfo l’avevo sentito esplodere in fondo al cuore.
Una ricchezza sprecata e dimenticata, così credevo.
Ma mi sbagliavo.
Non si dimentica la bellezza.
La bellezza scivola nell’anima e poi riemerge. E’ leggera.
E torna tesoro usufruibile dei nostri giorni.
Ricchezza inestimabile dei pensieri.
Generosità per chi con noi l’ha creata.
C’è una x in un punto preciso di te.
E sai dov’è.

mercoledì 17 marzo 2010

La verità oltre i fatti


"A forza di cercare questa verità nei fatti mi sono reso conto che i fatti me la nascondevano a volte. E che c’era un livello di verità al di là dei fatti. C’era una cosa più vera di tutti i fatti. Ed è così che ho cambiato la mia prospettiva ed allora, non è che sono diventato matto, cerco sempre quella verità. La cerco d’altre parti, non so se la trovo, ma soltanto il cercarla in maniera diversa da come ho fatto prima, mi da una grande soddisfazione. Allora capisco che quelle persone che fanno sempre le stesse cose di trent’anni fa, pensino che sono diventato matto, ma credimi non sono diventato matto. Ho preso un’altra strada, voglio vedere cosa c’è sui sentieri, ho lasciato l’autostrada, non m’interessano più gli autogrill e camminare a duecento all’ora. Voglio andare più piano e su altre strade che forse conducono altrove o forse conducono da nessuna parte, ma almeno ho provato".
Di Tiziano Terzani

mercoledì 10 marzo 2010

Emozioni

Il tuo corpo contro la luce del sole
E’ il primo ricordo che ho di te
La dolcezza con cui continui a guardarmi quello di un attimo fa
Due adolescenti che si scrutano
Il rumore del mare
Che strana storia la nostra storia cristallizzata in un tempo acerbo
Le tue parole urlate, i miei occhi fissi a sfidarti
Spavaldi ed impauriti dal brivido che correva sulla pelle ad ogni nostro sfiorarci
Due ragazzini…
E’ passata una vita, non è trascorso un attimo
Gli sguardi sono diventati complici e le parole sanno accogliere
Sei tu, sono io, sempre uguali
Ma se mi guardi non so più sfidarti
Abbasso gli occhi, poi torno da te
Ora ho solo voglia di sorriderti

Foto di Mauro Cantoro




lunedì 8 marzo 2010

La democrazia non è morta, ma ha gravi problemi respiratori


Non credo che la democrazia sia morta, ma penso che abbia gravi difficoltà respiratorie.Aver permesso ad una parte del popolo di votare è democrazia, ma non lo è il modo con cui questo atto dovuto è stato compiuto e dichiarato. Non lo è, quando invece di ammettere un errore madornale legate ad un becero modo di compilare le liste, si afferma che sono stati altri a sbagliare, ad impedire, a non permettere. I rappresentati di questo governo sembrano bambini dispotici ed irresponsabili gestiti da una manciata di genitori arroganti e padronali. Voglio un paese piegato ai loro comodi, vogliono poter scorazzare nel nostro vivere senza piegarsi mai, a loro volta, al rispetto di una regola o di quella morale di cui troppo spesso si riempiono la bocca. Ho l’impressione che ci guardino dall’alto dei loro palazzi pensando come diceva il Marchese del Grillo “ E che ce volete fa, io so io e voi non siete un cazzo!”Credo che questo governo stia mostrando ogni giorno di più i propri limiti e difetti, in un miscuglio fatto di pochissima democrazia e molta, troppa volontà prevaricatrice ed illiberale. Credo che anche chi per passione ed ideale politico l’abbia sempre votato, non può, se dotato di un minimo senso critico ed istinto di sopravvivenza, non ammettere che chi lo rappresenta se ne frega di tutti e di tutto, anche di lui/lei. Ora non si tratta più di essere da una parte o dall’altra, di un colore o dell’altro. In questi ultimi mesi il popolo italiano sta assistendo ad uno scempio che riguarda tutti. Le ingiustizie sociali sono sempre pericolose e nessuno può essere tanto scemo da sentirsi al riparo. Oggi a me e domani a te. E la mia preoccupazione più grande non è tanto legata ad un decreto che ha cercato di mettere una toppa ad una falla creatasi per un’ incapacità ormai conclamata e palese anche ai muri.Quello che più mi spaventa è che tutto questo sta avvenendo mentre, con una atto veramente anti democratico, questo governo ed i suoi deputati scelti e votati dal nostro popolo, quelli a cui tutti noi paghiamo stipendi e privilegi eccezionali, ha deciso in modo del tutto arbitrario e concettualmente violento di spegnere delle importanti trasmissioni informative. La Rai è un servizio pubblico ed i cittadini sono chiamati a pagare un canone, ma non sono liberi di scegliere cosa vedere, a noi non è concesso il libero arbitrio. Noi, il povero popolo siamo ritenuti, ed a volte forse giustamente, una massa d’idioti incapaci di comprendere ed interpretare ciò che ci viene detto. Questa è la stima e la considerazione con cui veniamo trattati, questo è il pensiero di fondo che muove evidentemente il loro gestirci, ops…scusate il lapsus, governarci.Tutto quello che sta accadendo in questo paese non ha quindi una vera ed adeguata cassa di risonanza, non ha voci controcampo che urlano un diverso punto di vista. No, in un momento così delicato hanno deciso che le voci che possono raccontarci la storia che stiamo vivendo debbano essere quel bisbigli vuoti che ci arrivano dai telegiornali. Ecco io sono più spaventata da quello che stanno disfacendo ed imbavagliando, dal modo con cui tutto questo sta avvenendo, dalla prepotenza di un pensiero che mi riporta a dei racconti lontani, ad un tempo che fortunatamente non ho vissuto, ma che mio padre e mia madre essendone stati testimoni mi hanno tante volte spiegato e descritto. E vi assicuro dicevano che non è era stato per niente un bel vivere e l’Italia per riprendersi ci ha messo decenni.

giovedì 4 marzo 2010

L'attimo sospeso


In poche ore sono inciampata più volte sullo stesso concetto ed io non credo alla casualità.
Una porta girevole, due direzioni opposte, un qualcosa che scivola via.
Due vite che incrociano il loro cammino.
Potrebbe sembrare la scena di un film.
Passi affrettati che rallentano concedendo il tempo di volgere lo sguardo al di là del vetro.
Storie, sogni e destini che si sfiorano. Cosa può esserci di più affascinante?
Succede miliardi di volte, ogni giorno, ma solo in alcuni casi l’attimo si ferma, l’inquadratura si restringe e quella vita entra nella tua vita confondendosi con la tua storia, i tuoi sogni, il tuo destino.
Perché?
Perché quella persona e non un'altra? Perché in quel preciso momento e non in un altro momento?
Esiste un tempo ed ogni cosa ha il suo tempo, una direzione, una finalità.
Cerchiamo i nostri incontri, attiriamo ciò di cui abbiamo bisogno.
Ma ci sono incontri che è difficile sbrogliare, esperienze che restano sospese in un limbo di “non so”.
E ti chiedi quale sia il senso, la finalità che proprio non sai afferrare.
E quella voglia di capire ti spinge oltre, oltre quella porta girevole, oltre la direzione che sembrava definita. Stavi entrando, stavi uscendo, è una metafora, un dettaglio, non lo sai.
Sai che quella porta ti ha concesso una possibilità che non avevi considerato. Un passaggio in una dimensione sconosciuta. Puoi ignorala ma sarebbe come voltare le spalle ad una magia. Impossibile! Ed allora accetti la sfida e cerchi le risposte a domande mai formulate, t’inoltri fino ad orizzonti sconosciuti. Cosa c’è oltre? Capirlo era forse ciò che stavi cercando senza saperlo.

mercoledì 17 febbraio 2010

Le Donne bosco


Avete mai camminato in un bosco?
Chi ama questo tipo di passeggiata sa che oltre il visibile, esiste sempre un sottobosco che si mostra solo agli occhi più attenti. Ecco, alcune donne, quelle che sento più vicine, sono per me come un bosco, solo un attento osservatore sarà capace di cogliere la vita che si muove tra le foglie e gli arbusti. Solo un cuore speciale saprà afferrarne l’essenza.

Ieri ho incontrato una di queste Donne bosco. Lunghi capelli neri ad adornare un viso intenso e bello. Due occhi scuri che si muovono veloci a scrutarti l’anima ed un’interiorità ricca e colma di armonico splendore. Parlare con le Donne bosco è sempre un’avventura emozionante, si svelano piano e ti regalano orizzonti inaspettati. Non conta la loro età, conta ciò che portano dentro di loro, a volte inconsapevolmente. E mentre lei si raccontava, io comprendevo il suo sentire, l’affanno del suo essere essenza oltre l’apparenza. Quello che lei è ora, ero io soltanto poco tempo fa.
Essere una Donna bosco non concede mai una vita facile. Spesso non sono comprese da chi cammina al di fuori della loro dimensione. Fuori dal bosco, infatti, la vita è frenetica e risponde e si adegua a comportamenti molto lontani da ciò che questo tipo di donna sente fluire dentro di se. Ho sperimentato migliaia di volte il senso di inadeguatezza di cui lei mi parlava. Porto incise nel cuore le ferite di chi non sapendo capire con superficialità sminuisce, canzona, denigra, accantona. Ma, quello che ogni Donna bosco porta scritto nel sangue, è anche la certezza che mai e poi mai potrà rinunciare ad essere ciò che è, perché ciò che è le piace, da morire. La Donna bosco è strettamente legata alla natura, ai suoi cicli, alla sua armonica e silenziosa bellezza, alla sua incredibile capacità rigenerativa.
Non esisteranno mode, fenomeni culturali, accanimenti sociali che potranno spezzare la forza che ha in se. “In molti ci proveranno” le dicevo “ma tu cammina sempre fiera e consapevole. Senza dimenticare mai ciò che sei.” Ma lei mi guardava dubbiosa. “Sono innamorata” mi ha detto “e lui non sembra apprezzare molto, preferisce le altre e facendomi soffrire non si fa scrupoli nel dirmelo” Io sono madre, ma non lo sono solo di mio figlio ed allora l’ho guardata dritta e fissa negli occhi e gli ho detto: “La tua bellezza va oltre il tuo già superbo aspetto, la tua bellezza, quella più preziosa è quella che si percepisce da come guardi il mondo e ti avvicini ad esso, con l’eleganza della tua anima, nella delicatezza dei tuoi pensieri. Non ti piegare mai a chi, per propria inadeguatezza, cercherà di svilire ciò che sai e puoi donare. Mai! Neanche per amore. Non saresti felice, non potresti esserlo. Forse dovrai pazientare, ma ci sarà sempre in questo mondo qualcuno capace di vederti e capire.”
Lo dicevo a lei, lo ripetevo a me stessa ed oggi, con questo post, vorrei suonare un campanellino per ricordarlo a tutte le Donne bosco che, pur inciampando qua e la, sanno rimanere fedeli a ciò che sento e coraggiosamente orgogliose sanno di essere.
Dedicato a tutte le Donne bosco che nutrono con la loro meraviglia la mia vita.