Un pò di me e la mia intervista con Maurizio Costanzo e più in giù in nuovi post

martedì 29 aprile 2008

Un po' di filosofia.

A volte, ho bisogno di leggere qualcosa che mi confermi che la mente umana può volare alto e raggiungere orizzonti ampi e luminosi.
E quando, chiudendo il libro sospiro sollevata, mi accorgo che la mia anima si è ossigenata ed il cuore ha ripreso il ritmo, quello giusto, mentre un sorriso affiora spontaneo.


Se ti è venuto a mancare il possesso di un mondo
non crucciartene: non è nulla.
Se sei venuto in possesso di un mondo
non rallegrartene: non è nulla.
Passano i dolori, passano le gioie,
tu passa davanti al mondo: non è nulla.
(Anwari Soheili)


Gli uomini rivelano il proprio carattere proprio nelle piccolezze, quando non si controllano; così si ha, spesso, agio di osservare, in atti insignificanti, in un semplice atteggiamento, quello sconfinato egoismo che non conosce il più piccolo riguardo per gli altri, e che in seguito, per quanto mascherato non si smentirà in tutto il loro comportamento.
(Arthur Schopenhauer)


Ci vuole la solitudine: ma basta che tu non sia volgare: dovunque tu sia, potrai essere in un deserto.
( Angelus Silesius)

lunedì 28 aprile 2008

Vuoto

Le mani che accarezzano un piatto mentre l’acqua scivola.
Non sai perché ma, mentre compi questo gesto consueto, una frase importante si affaccia a distrarti.
A dire il vero è la risposta ricordata a stupirti: “Anche io” ti dice una voce sconosciuta. Affermando una normalità ad una condizione che vi riguarda.
Normalità? Adesso che ci pensi bene per te non è assolutamente normale.
Non c’è abitudine al vuoto di cui ti parla.
Ma è quel vuoto a suonarti strano.
Non c’è.
Eppure è vero, reale ma non dentro di te.
Che strano, pensi e ti fermi su quella consapevolezza improvvisa.
Lo esplori, ti ci inoltri, lo guardi e provi a sentirlo.
Non c’è.
Ti sorprendi.
Il vuoto è solo fuori, fuori dal tuo corpo, negli odori, nei suoni delle voci.
Ma mai, mai dentro, dove gli odori, le voci, i sorrisi, le parole non mancano mai.
Due colonne. Chissà perché ti vengono in mente due colonne: alte, bianche, ben levigate.
E poi il sole, fisso, sopra di te.
Io no, ti viene da dire.
Io quel vuoto non lo sento.
E questo va oltre ogni possibile spiegazione.
Ma è l’unica spiegazione che conta, perché è la tua ed insindacabile.

mercoledì 23 aprile 2008

Meritocrazia, ma di che parlano?

I giorni si succedono difficili, sempre più difficili con l’avvicinarsi di una data che determinerà molte cose ed alcune sono così tue che ti viene già da piangere.
Il mondo sembra muoversi senza considerare le tue paure ma sei una briciola e te lo ricordano tutti i giorni.
La mattina è il sorgere del nuovo e le tue speranze si rinnovano ostinate.
Ma c’è la realtà di quello che vedi intorno a te a spazzarle continuamente.
Fatichi e ti sgoli per inseguire un diritto che sembra non esserti concesso; molto, ma non quello, sembra essere l’imperativo.
Ma perché?
Ripercorri le immagine di questi ultimi mesi e l’ansia ti assale, più feroce e spietata che mai.
La meritocrazia? Ma di che cose parlano in questo paese sbandato e perso.
La meritocrazia è una parola che fa incespicare molti ed infatti non fluisce, non qui, non accanto a te, non in quello che arrivi a vedere.
Ci si affanna a parlare dei giovani, di queste nuove leve che non hanno speranze, non hanno futuro.
Hanno ragione, il futuro è plumbeo per loro, ma lo è ancor di più per tutti quelli che arrivati alla mezza via si guardano intorno e non hanno nessuno a sostenerli.
Quello che è fatto è fatto, sembrano volerti dire. Largo ai giovani! Urlano tutti.
Attenzioni agli anziani! Dicono a voce più bassa.
Ma nessuno, nessuno parla della via di mezzo. Di tutti quegli uomini e donne che stanno lì ad arrancare in lavori precari, in aziende che li scaricano. Ed essere precario nella via di mezzo è una tragedia grande, per tutti, e non capisci perché nessuno ne parli. Anche perché è la via di mezzo che, nel frattempo che chi dovrebbe salvare tutti, sta lì a sostenere la crescita dei giovani e la discesa degli anziani. Ma perché nessuno si occupa di questi povera fascia d’età?
Lo sai, non puoi dirlo forte ma poi non ce la fai e sbotti. Si arrabbieranno in tanti ma non te ne importa.
E non ti importa perché tu sai quanto fatichi e ti svoci e sai che vuol dire gavetta, e costruzione e studio, tanto, fatto anche dell’esperienza che insegna. Come lo sanno gli anziani che ne portano i segni nei rivoli delle loro bellissime rughe ma come sembrano non capirlo questi famosi e sfigati giovani che stanno lì, imbalsamati, troppo spesso pretenziosi, ad aspettare il piatto servito dalla mezza via e dai quei poveracci degli anziani che ammaccati e stanchi ancora pedalano per aiutarli.
Il mondo è variegato e questo lo sai, i giovani non sono tutti uguali e sai anche questo ma quelli che stai incontrando proprio no, non ci siamo.
E qui siamo nella vita vera e non nella della demagogia degli slogan d’acchiappo.
I giovani sono la speranza, anche la tua, sono i figli che vedi crescere e che ami e per quali vorresti il mondo più bello e colorato possibile ma non così, non senza che apprezzino e capiscano il lavoro che i loro predecessori hanno fatto per portarli fin qui. Largo ai giovani! si ripete senza fine. Si largo ai giovani ma qualcuno spieghi loro che per prendersi la vita e portarla fino ai sogni ci vuole umiltà, ci vuole coraggio, ci vuole la capacità di ascoltare ed imparare, ci vuole rispetto e soprattutto ci vuole riconoscenza. Forse questi nostri figli spauriti ed incerti hanno una sola vera scusa che giustifica molti loro comportamenti: una società che non ha voluto svelare ai propri cuccioli, ormai cresciutelli, una verità dura ma essenziale: gli elicotteri per arrivare in cima non ci sono per tutti. Molto spesso bisogna accettare di risalire la montagna partendo dalla pianura. E questo non è un limite ma una grandissima opportunità, per conoscere e vedere tutto quello che vive lungo la strada. E lungo la strada si impara molto e la mente si riempie di profumi e nuovi orizzonti.
Non so voi ma questo è quello che dirò a mio figlio questa sera. Mi capirà? Spero di si. Anche perché i figli del resto del mondo, che ci piaccia o no, sono meno coccolati e molto più svegli. Ed io amo troppo mio figlio per non augurargli di essere così sveglio da saper prendere la vita a morsi, così come lui vorrà.

martedì 22 aprile 2008

L'incipit del mio libro

Da " Mio padre mi chiamava Luna"


Mio padre mi chiamava Luna.
Ed il mio cuore batte forte ogni volta che ci penso.
Mi ritornano in mente le tante serate spese nel chiacchiericcio fitto dei nostri ricordi.
La luce spenta, la finestra aperta, il bagliore discreto della sfera argentata. Lui disteso nel suo letto ed io seduta accanto a lui, a gambe incrociate, a raccontarci.
Chissà se fu in uno di quei momenti che sovrappose me alla luna. Mi piace pensare che fu così.
In quelle serate così nostre, i contorni della stanza sfumavano, il pudore della notte nascondeva ogni oggetto sgradito alla nostra vista e come degli attori, soltanto noi restavamo illuminati dall’eleganza di quel lieve fascio di luce.
Quante cose ci dicemmo. Recuperammo un’esistenza.
Avevo attraversato la mia vita nell’attesa di quei momenti ed essi arrivarono solo alla fine della nostra storia. Ma non ho rimpianti. C’è un momento per tutto, ed il nostro arrivò allora, e questo deve bastarmi.
Io ho vibrato. E può non capitare mai in un vita mal interpretata.
Un battito.

lunedì 21 aprile 2008

Bastava leggere Seneca

“ Non si deve fare in modo che una persona abbia la volontà di imparare, bensì semplicemente che impari, allora si deve ricorrere alle parole più dimesse;entrano con più facilità nell’animo e vi restano saldamente. Infatti non occorre che i discorsi siano molti, ma che siano efficaci.”
( Seneca)

Oggi ce l’ho con l’ideologia e poi anche con la psicologia.
Questa è una mattina che arriva dopo giorni cupi e difficili. E’ una mattina che viene dopo lunghe notti, notti di risultati, notti per me di grande osservazione umana.
In queste interminabili giornate, nelle loro sbadiglianti ore lunari io ho guardato e cercato di comprendere come stessero veramente le cose, almeno secondo la mia analisi.
Devo dire subito che io amo la psicologia, amo capire l’essere umano ed i suoi comportamenti.
La psicologia, insieme alla filosofia, ha cambiato la mia vita, modificando la percezione che avevo del mondo e dei suoi abitanti e di questo gli sarò sempre grata.
Insomma, riprendendo le fila del discorso, in queste giornate ho pensato ed osservato ed il risultato è inevitabilmente intrecciato, sempre secondo me, tra l’ideologia e la psicologia.
Qui non parlerò dei massimi sistemi, non parlerò dei grandi numeri, dei movimenti delle masse. No, io riporterò tutti i massimi sistemi, che non mi sento di trattare, al singolo comportamento umano, alle singole motivazioni, ai bisogni semplici e tanto umani che appartengono a tutti noi.
Questa campagna elettorale, ed il suo risultato, ha evidenziato un dato fondamentale: nessuna ideologia ma le risposte alle pance delle persone. Alle pance che aspettano di mangiare e poter aver una digestione serena e, in caso contrario, assistita.
Le ideologie parlano alle menti, alle prospettive future, ad un’idea alta e spirituale degli esseri umani. E’ pane per le menti ma, all’istante, non nutre la pancia. La psicologia invece può dare l’illusione che la pancia sia già piena o potrà riempirsi presto. Questo è stato secondo me l’inciampo della sinistra e lo sfondamento della destra.
I nostri grandi leader hanno parlato a due livelli diversi del corpo umano: la sinistra alla testa, la destra allo stomaco. E’ sotto gli occhi di tutti chi di loro ha avuto ragione. L’essere umano per pensare ai bisogni secondari deve prima aver soddisfatto quelli primari: mangiare, bere, dormire, fare l’amore, avere una casa. Ora, osservate bene cosa trasmette la destra: hai fame? Ti compro il pane ( ti invito a cena, ti regalo la pasta ecc.) Ho problemi con la casa? Tolgo l’ici. Vuoi diventare ricco e famoso? Basta essere belli e disponibili e sulle miei televisioni il sogno si avvererà.
Hai paura? Ti racconto, anche se so che non sarà possibile, che chiudo le frontiere e mando via tutti gli extracomunitari. Questo sono esempi, volutamente semplificati ma che arrivano alla gente, diretti, senza filtri. E questo risponde alla domanda inconscia di sentirsi protetti da qualcuno che ci rassicuri con soluzioni immediate. E qui entra in ballo la psicologia di cui “ il principale avversario” è re. Lui racconta favole e le favole tranquillizzano e fanno addormentare. E’ giusto? Giudicate voi. Ma una cosa è certa, la gente, o meglio molta gente, non ha voglia, non è capace, non è interessata, a capire se quello che gli viene detto sia veramente realizzabile e quale altro prezzo dovrà pagare, perché, se non paghi da una parte di certo pagherai dall’altra. Ma ora, subito, io ho bisogno di credere che domani mangerò tranquillo a casa mia.
Semplice ed efficace. Tutto il resto viene dopo, ma molto, molto dopo.
Bastava che qualcuno leggesse Seneca…come dite? avete ragione ormai la cultura è solo menzionata.

domenica 20 aprile 2008

Premio Excellent Blog Award











Ebalsemin mi ha assegnato il PREMIO EXCELLENTE BLOG AWARD con la seguente motivazione:"... perchè con il suo blog mi fa sempre emozionare." Grazie EBALSEMIN per questo pensiero e per la bellissima motivazione. Ed ora giro, come è consuetudine, questo premio a:

Paolo e Polle per LE RISERVE MENTALI, perchè adoro il loro modo di scrivere e parlare di scrittura con loro è un'avventura meravigliosa.

Nazanin per LE PAGINE DELLA MIA VITA, perchè il suo blog è una finestra da cui imparare a conoscere un paese affascinante e, soprattutto, perchè tenere un blog per lei è anche un atto di coraggio che mi insegna molto.

Marina per INEZIESSENZIALI perchè ogni giorno mi fa salire sul banco e mi mostra il mondo da una nuova prospettiva. E' il mio " Capitano"

Sono tornate a cantare le rondini

Sono tornate a cantare le rondini ed io sono felice.
Mi hanno accolto sorvolando festose la mia testa ed io, che le pensavo ancora lontane, mi sono sorpresa ma poi ho rivolto loro il mio più riconoscente sorriso.

Oggi passeggiando nel mio bosco ho rivisto Fox ed è stata un’emozione fortissima.
Mi è corso incontro, riconoscendomi, e mi ha travolto con tutta la sua gioia.

Sta benissimo!
Ha preso un bastoncino e mi ha chiesto di giocare.
Si ricordava perfettamente di me, è evidente.


Oggi ho conosciuto dei studenti Congolesi e mi hanno detto che la nostra città li ha accolti civilmente.
Mi parlavano sorridendomi spesso ed i loro occhi mi dicevano che erano felici di parlarmi, ed erano occhi limpidi e puliti ed io avevo un gran bisogno di pulizia.

Ho passato una settimana d’inferno per colpa di umani beceri e meschini.

Ricchi, presumibilmente colti e certamente superbi, inevitabilmente idioti.

Ma oggi, il saluto di questi ritrovati amici mi ha allargato il cuore e restituito il buon umore.
L'accolgo come un augurio per la settimana che sta per iniziare ed ho voglia di condividerlo con voi.

Domani è lunedì: BUONA SETTIMANA A TUTTI.

giovedì 17 aprile 2008

Forse l'isola c'è




Tanto tempo fa, in un paese assai diverso ma non lontano, nacque una bambina. I suoi genitori l’amavano molto e per lei fecero del loro meglio, cercando di nutrila oltre che di cibo di tutti gli insegnamenti che, per la loro esperienza, ritenevano vitali.
I consigli dei suoi genitori le parlavano di tanti ideali importanti e bellissimi che lei ascoltava sbarrando gli occhioni e cercando di apprendere il più velocemente possibile.
“Per essere una buona persona dovrai rispettare gli altri, dovrai essere disponibile e generosa, dovrai considerare le persone per il loro valore e non per quello che rappresentano, non dovrai essere egoista e superba ma semplice ed attenta.
Poi dovrai essere onesta, educata, colta, perché la cultura è fondamentale, dovrai capire e, qualora non riuscissi, approfondire, lavorare sodo e correttamente. Mai dovrai essere superficiale ma anzi, conservare sempre un senso critico che ti permetterà di non credere alle fandonie.
Tutto questo ti consentirà di essere apprezzata ed amata. Avrai amici con cui condividere le tue gioie ed i tuoi dispiaceri, perché l’amicizia è sacra ed è imporante rispettarla e curarala come un bel fiore, sempre. L’amicizia sai, è un po’ come l’amore, bisogna crederci ed essere fedeli.
Questo figlia è quello che noi abbiamo sempre ritenuto giusto e quello che ci ha permesso di avere una buona vita. Questo - le disse il padre - è quello che ti lasciamo in eredità, il nostro forziere morale. Lo sai, non siamo ricchi, ma questa è la nostra ricchezza e te la doniamo con tutto il nostro cuore. Mi raccomando, non la sciupare e fanne buon uso.”
Così la bambina crebbe convinta di avere dentro di se una grandissima eredità, che le dava la certezza di avere sempre a disposizione un patrimonio a cui attingere.
Con il passare degli anni, divenuta donna, iniziò a camminare da sola per il mondo e per vivere attinse al suo forziere fatto d’ideali buoni e sensati. Chiunque incontrasse le rivolgeva la sua richiesta: amici, parenti, datori di lavoro, semplici conoscenti o colleghi. E lei diligente pagava con le sue monetine fatte di alti ideali e saggi insegnamenti. Era sempre attenta e generosa, si rivolgeva a chi incontrava con sincerità ed intelligenza, sperando che questo facesse capire ai suoi interlocutori che li rispettava e ne riconosceva il valore. Ma le cose non funzionavano.
Molto spesso queste persone prendevano le sue monete, le guardavano e poi con disprezzo ed una grassa risata glie le ributtavano addosso. Lei non capiva e pensava di non aver fatto abbastanza, di aver mancato in qualche modo ed allora si rimetteva a studiare, cercava di capire e migliorarsi. Ma purtroppo non c’era verso, a molti delle sue monetine, per quanto lei continuasse a lucidarle, sembrava non interessar nulla. Ad onor del vero, ogni tanto incontrava delle persone che le sorridevano e gentilmente la ringraziavano donandole con gioia altre preziose monete. Tuttavia, questo scambio a volte non le bastava per vivere serena. Iniziò allora a farsi altre domande, a cercare altre risposte. Osservò, pensò, studiò, sempre di più, con una voglia crescente di migliorarsi e trovare una soluzione che le permettesse di vivere meglio. Un giorno poi aprì il suo forziere e guardò con attenzione le sue monete e, alla fine capì: i suoi genitori le avevano lasciato un tesoro colmo di monete fuori corso. Avevano valore in un tempo passato. Tristemente chiuse il suo forziere e con le lacrime che iniziavano a riempirle gli occhi per la prima volta si sentì povera.
Pianse e si disperò per giorni poi, una mattina, la voce di una buona fata si fece largo tra le tante lacrime e dolcemente le disse: “ Non sentirti triste, non sei tu ad essere povera ma queste persone. Sono loro che si illudono di essere sazi e ricchi, ma così non è. Osservali bene, togli loro i vestiti e vedrai i loro corpi smunti e grigi. Ora guardati allo specchio, cosa vedi?” “ Vedo me stessa.” “ Ecco, questa è la verità e la risposta che stavi cercando.”

mercoledì 16 aprile 2008

Gocce di pioggia

Oggi questa è la colonna sonora che ho scelto per il nuovo post.





Oggi mi sento bella e femmina. Tacchi e colore sono il must per festeggiare e, traballante ma gioiosa, me ne vado in giro per la mia città.
Oggi è una giornata importante, si chiude la campagna elettorale e sarò in piazza a sperare.
Le bandiere sventolano e tutti guardiamo in su, verso un cielo plumbeo e serioso che non sembra favorevole a tanta baldoria. Ma ho voglia di allegria e abbasso il naso verso i sampietrini che ad ogni passo attentano alle miei caviglie.
Imperterrita cammino, mi mescolo alla folla, ne respiro gli animi e le speranze. La musica incoraggia al buon umore ed elettrizza l’aria.
Distribuisco volantini e sorrisi, nonostante i miei tacchi cerchino d’inchiodarmi nelle fessure del selciato. Ma oggi mi sento bella e femmina, l’ho già detto.
La piazza è stracolma. Sul palco sfilano i candidati ed i piedi iniziano a chiedermi di scendere da quelle deliziose scarpette verdi. Resisto. A parte il cielo plumbeo ed i miei piedi tutti sembrano contenti.
Io continuo a sorridere e sperare ma le prime gocce impietosamente fanno la loro comparsa. Con i tacchi e senza ombrello; direi che potevo organizzarmi meglio.
La piazza si trasforma in un onda di stoffe colorate. Sento i miei capelli gonfiarsi ed i piedi urlare.
Ma, come Mary Poppins, ho la soluzione dentro la borsa, pardon nel bauletto del motorino: previdente ho portato le Superga. Traballante e gocciolante mi avvio. Prendo la busta e scelgo lo scalino di un portone per il cambio veloce e poco signorile delle mie scarpe.
Sgancio le fibbie delle scicchissime scarpette verdi e pregusto il sollievo delle Superga blu.
Infilo la prima ma la seconda non entrata, guardo meglio; ohibò…ho portato due scarpe destre.
Non so se ridere o piangere. Il piede destro tira un breve sospiro di sollievo, il sinistro, se potesse, mi pianterebbe lì ed io, mi rassegno a calzare di nuovo le miei bellissime scarpe da donna.
Mentre sono intenta a riallacciare le minuscole fibbiette un paio di pantaloni da uomo si fermano davanti a me.
“ E’ stanca signorina?”
Alzo lo sguardo e divertita rispondo: “ Un po’, per questo volevo cambiarmi le scarpe…ma lo sa che cosa ho combinato?” Il suo sguardo è divertito e curioso “ io che vado sempre a sinistra ho portato due scarpe destre…ma le sembra possibile? ed ora devo rimettermi su questi tacchi.” Glie li mostro e lui li guarda interessato e comprensivo. “Ma se è stanca non è meglio andare a casa.” Il suo sguardo è dolce e mi sembra fantastico che un uomo sia tanto divertito ed interessato alla mia piccola disavventura. “ Oggi non è possibile.” E gli indico la piazza. Mi sorride e dolcemente mi saluta con un inchino. Mi sento lusingata e piacevolmente sorpresa. Ma da dove sbuca un uomo così?
Torno in piazza ed i miei piedi sbuffano. Altro giro, ferma proprio non riesco a stare.
Sfioro un impermeabile chiaro ed una voce mi blocca: “Signorina sa cosa stavo pensando?”
E’ di nuovo l’uomo fantastico. “ Che cosa?” gli rispondo sorridente “ Che forse, anche se lei è andata sempre a sinistra, oggi le sue scarpe vogliono suggerirle di girare verso destra…”
E’ dolcissimo e questa sua naturalezza, questa sua spontaneità nell’essersi accorto di una scenetta simpatica ed inusuale, dell’essersi fermato dedicandomi il suo tempo, me lo fa apparire come l’uomo dei miei sogni: ironico, gentile, premuroso, capace di giocare e corteggiare. Allora lo guardo e portandomi una mano sul cuore gli rispondo nel modo più tenero possibile. “Impossibile, è dentro di me, io la sinistra la porto nel cuore.”
Mi sorride arreso e mi saluta con un secondo inchino. Mi allontano e penso che mai, mai un uomo della mia età avrebbe trovato il tempo per creare questo incontro. Un uomo della mia età, forse avrebbe notato la scenetta, con un sguardo distratto avrebbe sorvolato la mia testa e poi richiamato dal cellulare avrebbe tirato dritto. Ma lui si, lui è un uomo di un altro tempo, un gentiluomo di circa settant'anni che oggi mi ha insegnato molto su come si avvicina una donna. Tra l’altro ironizzava ma era sotto le bandiere della mia stessa piazza.
Perfetto!

lunedì 14 aprile 2008

Piove


Prova ad ascoltare il brano leggendo il mio post.

Occhi.
Piove e non smette. Ti sei vestita per essere carina ma le tue scarpette di camoscio non gradiscono tanta umidità. Hai un appuntamento oggi ma sei la sola a saperlo.
Lo vedrai e cerchi d’immaginare come sarà questo nuovo incontro, tra la gente e lui.
Sarà felice di vederti o ti sfiorerà per poi scivolar via?
Piove ed è tutto grigio ma ce la musica a colorare l’aria.
Improvvisamente te lo trovi di fronte ed è lui a non sembra sorpreso.
Ti guarda dritta negli occhi, come al solito, senza imbarazzo. Due baci discreti tra la folla, come cantava Baglioni e piove e tutto gocciola.
E’ tra la gente e parla e tu lo guardi, anzi no, lo fissi. Il tuo pudore cerca di strapparti dai suoi occhi ma oggi sei decisa e questo o sorprende.
Ti rivolge lo sguardo parlando ma la tua insistenza lo distrae, perde il filo, la voce tentenna, ti fissa.
Tu lo fissi. Sorridi rassicurante. Riprende fiato, la voce si schiarisce ed il discorso ritrova fluidità.
Nessuno ha capito ma il dialogo è solo vostro. Le parole sono un contorno per tenere impegnati gli altri mentre i vostri occhi si parlano privi di ritegno.
“ Ho deciso di esserci.”
“Me ne sono accorto.”
“ Sono qui per te.”
“ Ora l’ho capito.”
“ Non abbasserò più lo sguardo.”
“ Finalmente!”
“ Mi piaci.”
“Anche tu.”
“ I tuoi occhi erano stati chiari.”
“ I tuoi un po’ meno.”
“Sono timida.”
“ Io non ho paura.”
“ Io un po’ si.”
“ Ti voglio.”
“ Anche io.”
Applaudono. I discorsi sono finiti. La folla si mescola e tu distogli lo sguardo e ti allontani. Non lo raggiungi, pensi che per oggi può bastare. Il pudore ha ripreso il sopravvento.
Un braccio ti afferra deciso portandoti verso un cappotto scuro. Voltandoti alzi lo sguardo ed incontri di nuovo lui ed i suoi occhi. E’ venuto da te e ti bacia, di nuovo, con una discrezione che non vorrebbe.
Fai fatica a mettere in fila una frase di senso compiuto e ripieghi su poche parole.
Lui invece è tranquillo, a suo agio, come al solito. Ti parla fissandoti la bocca e le sue mani arrivano al collo della tua giacca. Afferra i baveri e pensi che adesso ti tirerà verso di lui e ti bacerà, così, davanti a tutti.
E quello che vorrebbe e ne sarebbe capace ma si limita a coprirti meglio, quasi a proteggerti da tutta quella pioggia cantalenante.
Sembri una bambola tra le sue mani, fragile e misteriosa. In realtà sei soltanto inebetita da tanta decisione. Un uomo sicuro di se ti sembra quasi irreale.
Ancora poche parole e poi va via. Vi rivedrete ma il distacco è uno strappo che ti fa traballare.
La pioggia continua a cadere e le luci delle macchine creano strani giochi sui vetri gocciolanti. La musica amplifica le sensazioni e non riesci a pensare ad altro che ai suoi occhi che non smettono di fissarti anche ora che sei sola.



venerdì 11 aprile 2008

Agli indecisi, con le parole di mio padre

Come ho già detto più volte, nella mia stanza del te volutamente evito di parlare di politica.
E’ una scelta che mi sono imposta e che a volta mi pesa ma, io lavoro nel mondo politico e quindi ho deciso di separare gli ambiti.

Oggi però non ce l’ho fatta. Questa sera si chiuderà la campagna elettorale ed il mio paese andrà a votare un nuovo governo.
Non darò indicazioni di voto, non è mio compito ma non posso tacere di fronte a tuttele persone che, in alcuni casi anche soffrendo, non andranno a votare.
Non riesco a trattenermi. Perciò, scusatemi, ma devo dire ciò che penso e lo dirò attraverso le parole, i sentimenti, la passione che mio padre, più di chiunque altro mi ha trasmesso per la politica.
Per questo inserirò anche il video di una canzone che lui amava molto. Questo post è per dirgli grazie perché attraverso le sue parole ed il suo esempio, io oggi ho dentro di me la ricchezza dei suoi insegnamenti di cui, lasciatemelo dire, sono veramente fiera.
Perché la memoria non deve mai assentarsi.
IL VIDEO E’ DEDICATO A MIO PADRE - ANNO 2005 L’ULTIMO SUO VOTO

Quando bimbetta venivo trascinata da lui alle varie manifestazioni politiche, cortei, comizi o lo vedevo guardare attento telegiornali e tribune politiche, io sbuffavo. Era naturale e fisiologico.
“ Ma a me non importa” gli dicevo “ la politica non mi interessa, perché pretendi che io la segua?”
“Perché la politica è vita. Nel senso che decide la tua vita io ogni suo aspetto. E’ in ogni cosa, perché il pensiero politico, che tu ne sia cosciente o no, determinerà il modo nel quale guarderai il mondo e ti rivolgerai a lui.
Ognuno di noi si relaziona nella propria vita seguendo i principi in cui crede e questi principi non sono uguali per tutti: il rispetto dell’altro, il senso di giustizia sociale, l’essere dalla parte di chi è più debole, l’osservanza dei diritti umani, l’importanza della cultura, l’equità sociale, tutto questo, figlia mia, non lo troverai in egual misura in ogni ideologia. Ma io credo fermamente in tutto ciò.
Io ho vissuto in epoche in cui tutto questo non era garantito ed ho lottato perché questi divenissero diritti e non privilegi. Tu sei fortunata, hai tutto questo senza fatica,.iInostri antenati ed io abbiamo sudato, faticato, sofferto ma siamo riusciti a regalarti tutto ciò. E tu, tu devi sempre ricordarti che nulla è acquisito per sempre. In qualunque momento potrai incontrare qualcuno pronto a delegittimare un diritto che sembra scontato e tu dovrai essere pronta a difenderlo, a difenderti. E potrai farlo unicamente sei avrai dentro di te i principi, la forza della cultura, il senso civico ed etico di cui stiamo parlando. Dovrai essere preparata con la testa e con il cuore. E’ questo che sto cercando di trasmetterti. Guardati intorno ed osserva come si muovono le persone accanto a te, nella loro quotidianità, e stai pur certa che dalle loro azioni, anche solo da un piccolo gesto, tu potrai capire quali sono i valori che li muovono, le loro ideologie. E ricordati che votare è un diritto irrinunciabile ed è l’unico modo diretto per manifestare il tuo pensiero. Per mettere quella croce sulla scheda i nostri antenati hanno lottato e pagato prezzi altissimi. Quello che ti sembra un gesto insignificante ha sancito un diritto fondamentale che ha accumunato tutti gli italiani: uomini e donne, ricchi e poveri, persone colte e persone meno colte, gente del nord e gente del sud: tutti abbiamo diritto ad esprimere la nostra volontà politica. Tutti abbiamo lo stesso diritto di scelta e questa, figlia mia, è una conquista fondamentale ed irrinunciabile.

Domenica la cosa che mi mancherà di più sarà recarmi al seggio senza di lui che, nonostante fossi ormai grande, non smetteva di dirmi: “ Cricca, me raccomando, non te sbajà.”

Due di Diogene

Dicono che Diogene andasse in giro per le vie di Atene vestito di stracci, e che dormisse negli androni delle case.
Raccontano che una mattina, quando Diogene stava ancorra sonnecchiando nell'androne della casa dove aveva passato la notte, passo di lì un ricco possidente.
" Buongiorno" disse il gentiluomo.
" Buongiorno" rispose Diogene.
"Ho avuto un ottima settimana, così sono venuto a portarti questa borsa piena di monete."
Diogene lo guardò in silenzio senza fare un gesto.
" Prendile non c'è nessun tranello. Sono mie e le dò a te, perchè ne hai più bisogno di me."
" Tu hai altre monete?" chiese Diogene.
" Certo" rispose il ricco " tante altre."
" E non ti piacerebbe averne di più di quante ne possiedi?"
" Si certo che mi piacerebbe."
" Allora tienile tu, perchè ne hai più bisogno di me."
" Ma anche tu devi mangiare e ci vogliono i soldi per farlo."
"Ho già una moneta" e glie la mostrò" mi basterà per una scodella di frumento e, forse, qualche arancia."
" Ma dovrai mangiare anche domani e dopodomani e il giono dopo ancora. Dove troverai i soldi domani?"
" Se tu sei in grado di assicurarmi, senza temere di sbagliare, che vivrò fino a domani, allora magari accetterò le tue monete..."

mercoledì 9 aprile 2008

La strada

Si era alzata in volo. Era successo quando pensava che non fosse più possibile.
Un evento aveva riaperto il suo cuore alla speranza ed allora, ancora un po’dubbiosa, aveva riaperto le sue ali indolenzite. Le aveva guardate, prima l’una, poi l’altra, con occhi indagatori.
Erano ancora in grado di portarla in alto? Dopo un’attenta osservazione decise che si, erano ancora forti ed integre. Loro risposero ai suoi sguardi, felici, orgogliosamente desiderose di dimostrargli che erano capaci di esaudire il suo desiderio.
A piccoli passi si era quindi avvicinata al bordo della vetta faticosamente raggiunta. Da lì, aveva finalmente guardato l’orizzonte, quello soltanto immaginato e poi giù, il vuoto nel quale avrebbe dovuto lasciarsi cadere nella speranza che le ali avrebbero preso a sbattere come le avevano promesso.
Raccogliendo i pensieri aveva ripercorso la vita. A ritroso, per ritrovare l’entusiasmo ed il coraggio di cui necessitava. Li ritrovò intatti, erano pronti. Anche loro.
Un ultimo sguardo a quel panorama mozzafiato e poi si era lanciata. Un tuffo al cuore perdendo il contatto con il terreno ma il corpo aveva risposto pronto ai comandi e lei aveva iniziato a volare. Che emozione fantastica!!!
Il sole illuminava quel suo momento ed un silenzio imperiale donava solennità al suo sentire.
Tutto era perfetto ed una sensazione di assoluta felicità produsse due lacrime di gioia che si cristallizzarono prima di cader giù, dandole il tempo di afferrarle e riporle, al sicuro, in memoria di quel istante.
Aveva volato, volato ed ancora volato, a testa in giù, virando per poi risalire veloce verso l’azzurro del cielo. Aveva provato ogni tipo di volo, eccitata dalla scoperta di quella sua abilità.
Poi quando il volo era divenuta armonica certezza era tornata a terra e lì si era sdraiata a riposare.

Nel sonno aveva visto la nuova via, era tempo di iniziare un nuovo cammino. Si era destata consapevole del nuovo viaggio ma un nuvola di malinconia la rabbuiava.
Più in là la strada ed un nuovo orizzonte da raggiungere. Tutto era inondato di sole. Ma lei tentennava, non si decideva ad andare. Si guardava intorno ma soprattutto guardava lungo il camminamento che l’aveva portata fin lì. Sperava che arrivasse qualcuno per proseguire insieme. Ma nessuno sembra interessato a raggiungerla. Li vedeva, se ne stavano lì a parlottare tra loro. Provò a chiamarli, con le mani fece gesti, si agitò saltellando per richiamare la loro attenzione, ma niente da fare, la guardavano, le sorridevano ma poi tornavano a parlare tra loro. Si girò di nuovo verso la strada inondata di sole, un fascio di luce trovò un varco sopra alla sua malinconica nuvola. “ Vai, non temere” qualcuno l’incitò. Si voltò cercando. Forse qualcuno era arrivato. Ma no, non c’era nessuno. Una civetta addormentata su un albero, un coniglio nascosto nell’erba, un bambi lontano che l’osservava. Poi un piccolo gruppo di uccelli le svolazzò accanto posandosi allegro sui rami di un piccolo arbusto. Era stata ingiusta, non era mai sola. Li salutò uno ad uno e poi disse loro: “ Non volevo essere scortese ma avrei voluto avere qualche amico con me. E’ triste percorrere una strada così bella da soli, senza l’allegria e la confusione di chi ami intorno a te.”
“ Ma quella è la tua strada, non la loro. Tu inizia a camminare e vedrai che incontrerai nuovi compagni che condivideranno con te la stessa via, ed allora potrai parlare, cantare, danzare con loro perché sentiranno la tua stessa emozione, la tua stessa musica. Insieme vi alzerete di nuovo in volo ”
“ Ma i miei amici? Io gli voglio bene, sono parte della mia vita, da sempre”.
“E tu lo sei della loro, per questo potrete ritrovarvi quando vorrete. Ma ora vai, hai faticato tanto per arrivare fin qui, sarebbe ingiusto fermarsi proprio ora. Devi andare, non puoi far diversamente, ma fallo con l’animo leggero di chi sa che il cammino è quello giusto”.
Lei si voltò ancora una volta, sorrise ai suoi vecchi amici, poi si girò ed iniziò a camminare; la nuvola malinconica non c’era più, sopra di lei solo il cielo più azzurro che avesse mai visto.

martedì 8 aprile 2008

La via di Diogene

Un giorno Diogene stava mangiando un piatto di lenticchie
seduto sulla soglia di una casa qualunque.
Nessun cibo in tutta Atene era a buon mercato come un piatto di lenticchie.
In altre parole, mangiare un piatto di lenticchie voleva dire trovarsi in una situazione estremamente precaria.
Passò un ministro dell'imperatore e gli disse:" Ah, Diogene, se imparassi a essere un po' più sottomesso ed adulare di più l'imperatore, non dovresti mangiare tante lenticchie!"
Diogene smise di mangiare, sollevò lo sguardo e guardando intensamente il ricco interlocutore rispose:" Povero te, fratello. Se imparassi a mangiare un po' di lenticchie, non dovresti essere così sottomesso e adulare tanto l'imperatore.


Dedicato a chi non ha paura di essere se stesso, nonostante tutto.

lunedì 7 aprile 2008

E' stato un attimo

Il cancello è chiuso e sei costretta a fare il giro largo. Sbuffi.
Cammini lungo le mura della tua vecchia scuola elementare. C’è il sole, è primavera ormai.
Giri l’angolo ed il muro ha delle feritoie da cui puoi osservare il giardino in cui ti sei scalmanata per tanti anni. Superi la prima senza fermarti, poi la seconda, alla terza un particolare che non sapresti spiegare ti costringe a fermarti. Metti le mani tra le piccole sbarre verdi. Una classe di bambini sta giocando allegra. Li osservi e non sai perché ma stai cercando somiglianze. Quello moro potrebbe essere Marco, e quella la, più alta Lorenza, ed io, io quale potrei essere? Ti rendi conto che stai sovrapponendo fisionomie alla ricerca di una identificazione tra quei bambini sconosciuti ed i tuoi compagni d’allora, e te. La sensazione è forte e ti sorprende.
Era un attimo fa ed il futuro era uno spazio enorme, pieno di sole e cielo nel quale qualunque idea poteva diventare realtà, possibile. La vita era un divenire a tua disposizione ed eri certa che ne avresti approfittato a piene mani. Giocavi, allora, ma la mente progettava lanciando in avanti i tuoi desideri. Ti avrebbero aspettato, ora era troppo presto. Fantasia, speranza, magia il tuo vivere era un bozzolo morbido in cui crescere forte e sana. Poi, sarebbe arrivata la vita, quella adulta e ti avrebbe trovata pronta.:giornalista, moglie, madre e viaggiatrice, questo era parte del progetto, ma dopo con calma, quando saresti diventata grande. E poi chissà, la tua mente, da sempre, una fontana zampillante d’idee.
Sei al di là del muro oggi e ti sembra così strano. Per come ti senti e per quello che ancora sogni dal tuo tempo futuro potresti benissimo essere ancora dall’altra parte, dentro a quel giardino, a scalmanarti
Per un istante ti sembra inverosimile essere già così grande. Non te ne sei accorta. Ma siamo certi?
Ti guardi le mani, la fede non c'è ma sai di portarla dentro, scruti il tuo abbigliamento, jeans e Superga, no, forse quello potrebbe ancora andare. Ma sei al di là del muro e su questo non c’è dubbio.
Trentacinque anni… ma quando sono passati? Eppure sono lunghi e sono tanti, forse dovresti essertene accorta. Cerchi di focalizzare le tappe importanti, qualcosa dovrai pur aver fatto in tutto questo tempo, in qualcosa dovrai pure averlo impegnato. E si, qualcosa hai fatto, abbastanza diresti ma quella bambina vogliosa di vita e di sogni gironzola ancora, non ha placato la sua vivacità. La vedi correre come al solito, sveglia, insofferente ad ogni pigrizia. Ma siamo proprio certi che sono passati tutti sti anni?

venerdì 4 aprile 2008

Io non capisco

Il post di oggi non è proprio da “stanza del te” ma credo che mi concederete di trasgredire alla mia linea da toni bassi e proporre invece un urlo che arrivi forte e chiaro. In fondo il mio è un urlo sociale.


Io non capisco.
Io non capisco chi è sempre incazzato.
Io non capisco chi gioca sempre in attacco e non si rilassa mai.
Io non capisco perché ci sia questa voglia di fare del male, di essere indifferenti, di essere superficiali per poi lamentarsi che gli altri ci fanno male, sono indifferenti, sono superficiali.
Io non capisco come si possa vivere senza darsi e poi piangersi addosso perché nessuno ci ama.
Io non capisco perché il mio vicino sussulta diffidente se sono gentile.
Io non capisco perché il sorriso è una concessione rara ed il saluto un forma sorpassata di buona educazione.

Io non ne posso più di quelli tutti infiocchettati e profumati che vanno al bagno e non tirano l’acqua ed escono senza lavarsi le mani.
Io non ne posso più di quelli che si sento una spanna sopra soltanto perché intuisco che sono cento spanne sotto ed allora, non sapendo come arginare il loro senso di inadeguatezza, decidono di rompere l’anima proprio a te.
Io non ne posso più di quelli che dicono: “E’ così che va” e vivono seguendo il flusso muti e rassegnati. O di quelli che perpetuano il concetto: “ Ho paura di soffrire e quindi mi proteggo”. Come se tutto ciò avesse realmente senso.
Di più, io non ne posso più di questa mandria di bisonti cafoni, arroganti, presuntuosi, ignoranti che si muovono senza avere la benché minima consapevolezza di quanto sono maldestramente stronzi e di quanto questo loro modo di comportarsi non li renda dei fighettini trendy ma solo dei poveri coglioni senza personalità.

Scusate ma oggi è venerdì ed io non ne posso più.

mercoledì 2 aprile 2008

Consapevolezza

Non aveva dormito bene quella notte. Una sovrapporsi d’immagini e sensazioni angosciose l’avevano inseguita per tutta la notte. Con il corpo aveva cercato di scaldare le sue paure avvicinandosi all’uomo che aveva accanto, delicatamente, cercando di non svegliarlo.
E doveva esserci riuscita, poiché il sonno era tornato più tranquillo e lei si era svegliata quando il sole era già alto. Tuttavia quelle angosce notturne vacillavano come acqua dentro di lei, spostando continuamente il suo stato d’animo.
Turbata, ecco, lei era turbata, non avrebbe saputo dire da cosa, nulla in particolare avrebbe risposto a chi glie l' avesso chiesto, ma era esattamente quello il sentimento predominante della giornata.
Di certo le parole di quella donna, quella appena conosciuta, sulla consapevolezza avevano le loro responsabilità. Tutto quel parlare della sera prima, quel tracciare a fondo e con competenza, paure, bisogni nascosti, traumi subiti dai suoi pazienti, il tutto osservato durante quella seduta di gruppo dove il tema era quello tratto nel suo libro e, parallelamente, parlare di loro stesse, della loro vita, dei loro dolori, certo, tutto questo non poteva considerarsi digerito nel mescolio di una pizza e di una birra.
Anzi, qualche cosa doveva essere rimasto lì, tra la gola e lo stomaco e questo spiegava la brutta nottata. Ma ora, ora che la luce del sole rischiarava anche i pensieri, perché quell’inquietudine non spariva?
Andò in ufficio quasi contenta, la confusione ed il lavoro l’avrebbero distratta e tutto si sarebbe ridimensionato.
Ma appena il solito caos la salutò, quella sensazione sconclusionata eppure netta tornò, dritta dritta a colpirle il cuore. Fece un giro per le stanze, salutò qua e là, si intrattenne per un caffè con alcuni colleghi, ma niente, la situazione emotiva non si decideva a girare per altri lidi.
Consapevolezza; quella parola non voleva proprio lasciarla in pace.
Si estraniò dai discorsi ed iniziò ad osservare i visi di chi gli era accanto, di chi passava o si affacciava nella sua stanza, con una battuta od una richiesta. Quante persone del suo ufficio erano consapevoli? Quanti conoscevano veramente la natura dei loro comportamenti, dei bisogni che li obbligavano a muoversi in un certo modo, a parlare e pensare come sembrava naturale?
Ad osservarli bene avrebbe risposto istintivamente: nessuno. Ma non voleva rispondere istintivamente e quindi, poiché la giornata aveva ormai preso quel bizzoso andazzo e nulla, ma proprio nulla sembrava poter modificare quel tango serioso di pensieri, si decise ad abbandonarsi al caschè finale. Registrò con la mente le loro movenze, l’espressione incontrollabile dei loro volti, i toni volutamente impostati delle voci e poi si fece l’ultima domanda, quella indispensabile per sciogliere almeno dentro di se il groviglio in cui quella donna, quella appena conosciuta, l’aveva incastrata: ma chi parlava a chi? Ossia, quale maschera parlava ad un’altra maschera? Qual’era il ruolo che ognuno di loro aveva scelto per se in quella bastardissima giornata. Improvvisamente, e forse in modo un po’ troppo estremizzato, tutti i suoi colleghi, capi compresi, le apparvero come attori consumati che, nell’accettazione reciproca, recitavano una parte, così d’apparire diversi: migliori, peggiori, sicuri, simpatici, intelligenti, arroganti, perfino volutamente stupidi. Si disse che si stava avviluppando ma ormai quel gioco l’aveva coinvolta.
Innaturali! Ecco, erano innaturali. Le aveva viste le donne a quella seduta di gruppo spogliate dei loro ruoli, com’erano diverse e fragili.
Con che facilità erano emerse tutte le loro difficoltà: rabbia, dolore, delusione, deprivazione, spasmodica ricerca di una benchè minima accettazione.
Ed oggi, certo, erano altre donne ed altri uomini, ma perché dovevano essere poi tanto diversi? Perché i suoi colleghi, e lei stessa, non dovevano essere preda delle stesse paure o di altre, in fondo che importava? Bambini cresciuti, piccoli uomini e piccole donne, alle prese con una vita difficile e socialmente spietata, la quale, senza indulgenza li conduceva inconsapevoli ad un bluff continuo. Possibile che tutto fosse così finto? Tutto un mostrarsi senza mostrarsi, come fossero danzatori fissi di un continuo ballo di carnevale, dove gli occhi, quelli che non mento, sono celati da una mascherina che volendo può mostrare almeno due diverse facce. Ma almeno a qualcuno, si mostravano per quel che erano?
E lei? Consapevolezza…porca miseria che fatica
.