La sabbia era calda ed il sole avvolgeva la mia pelle come un leggero golf.
Distesi il mio asciugamano in una piccola rientranza della spiaggia e mi distesi lasciando che solo l’udito rimanesse contatto con il mondo. Un uomo parlava al telefono a pochi passi dal mio asciugamano ed alcune donne conversavano allegramente, noncuranti che il vento portasse fino a me le loro confidenze. Il tepore ed il vociare conducevano la mia mente in quel luogo che anticipa in strane immagini il sonno. Abbandonata mi allontanavo da tutto, ancora solo labili e piccoli frammenti di realtà.Come quel nome pronunciato da una delle voci femminili che intrufolò, nei miei quasi sogni, un volto. Una storia stava prendendo vita tra la mia mente ed un discorso che non mi riguardava. Aveva un qualcosa di familiare, è vero, ma forse il torpore la stava solo sovrapponendo ai miei pensieri. Poi la voce narrante disse una frase, un rimando preciso ad un episodio che conoscevo perfettamente. Fu come un secchiata d’acqua rovesciato sul mio copro caldo. Mi sveglia di colpo.
L’uomo continuava a parlottare nel suo cellulare e fui tenta di zittirlo. Pensai di voltarmi per poter ascoltare meglio, ma la paura di rendere evidente il mio interesse m’immobilizzò in un’attenzione tesa che percorreva ogni mio muscolo. Apparentemente inerte dovevo sembrare sprofondata in un sonno placido e questo favorì, probabilmente, il dispiegarsi libero delle loro parole. Tra quel crocchio di amiche le domande iniziarono quindi a sovrapporsi ed i dettagli si rincorsero via via più precisi.
Il sole era ormai una luce accecante oltre le mie palpebre chiuse ed un brivido mi scivolò improvviso sulla pelle per trasformarsi, un istante dopo, in un calore ingiustificato. Senza averne la benché minima idea, quelle donne stavano parlando di una storia che mi apparteneva. Non del tutto a dire il vero, quello che una di loro stava raccontando senza alcun riguardo per le confidenze ricevute era la parte della storia che non conoscevo, i pensieri più intimi della persona a cui, pochi minuti primi nel mio quasi sonno, stavo rivolgendo i miei pensieri senza risposta. L’entusiasmo crescente delle amiche mi dava l’esatta percezione di quanto tutta la storia, la “nostra” storia, avesse infiammato per mesi il loro interesse. Chissà da quanto tempo quelle domande si erano rincorse tra i loro pettegolezzi. Quel che era certo è che ma mai, veramente mai, avrebbero potuto immaginare quanto, quelle stesse domande, si erano dannate nei miei infiniti perché.
Ondivaga, ero pietrificata dallo stupore e, nello stesso tempo, da un desiderio imperante di balzar su e in un grido chiedere a quella sconosciuta: Ma è questa la verità? Ne sei sicura? Ed invece rimasi lì, sdraiata sulla sabbia calda, attenta a cogliere ogni ulteriore vocabolo, mentre il cuore si era trasformato in una torcia ed i muscoli, stremati dalla tensione di un tempo che solo allora mi apparve davvero infinito, si andavano chissà come rilassando.
Appresi così, per pura casualità, ciò che avevo sperato in una litania di giorni interminabili.
La loro sorpresa a quella verità era forse pari alla mia. Nessuna la credeva possibile, figurarsi io. Eppure, stando alle loro parole, era esattamente ciò che era accaduto. Non riuscivano a capacitarsi ed io ero improvvisamente, quanto inconsapevolmente, la donna che aveva generato quell’invidiabile miracolo. Sentivo che uno scoppio di riso isterico era pronto ad esplodere davanti all’intera spiaggia ed allora mi alzai, raccolsi le mie cose, sciolsi i capelli e solo allora, alzando lo sguardo, incrocia gli occhi di una di loro. Lei mi squadrò distratta ma poi, in una frazione di secondo, il suo sguardo si fece più attento ed un’espressione incredula le si dipinse sul volto. Non so come né perché ma quel qualcuno, oltre alle proprie confidenze, doveva averle mostrato una mia foto. Gli sorrisi grata e me ne andai.
P.S. Mai parlare nel vento di una spiaggia, non si può mai sapere a chi arriveranno i tuoi segreti.
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