Un pò di me e la mia intervista con Maurizio Costanzo e più in giù in nuovi post

venerdì 21 settembre 2007

Gita a cavallo


Lo scorso fine settimana sentivo veramente un gran desiderio di natura, voglia di verde, di sole e di una buona passeggiata a cavallo. Io non vado mai a cavallo, l’ultima volta mi è capitato anni fa, una decina per l’esattezza. Questo improvviso desiderio quindi mi è sembrato così stravagante da essere preso subito in gran considerazione.

Consulto familiare, condivisione della proposta e decisione: si parte. Un sano week-end tra le colline umbre in un piccolo agriturismo perso nel nulla. Una magia.

Sabato mattina, dopo una favolosa colazione all’aperto, ci rechiamo all’appuntamento con il nostro buttero per la gita a cavallo ma c’è un problema, uno degli animali ha perso i ferri e la passeggiata deve essere rimandata al pomeriggio. Poco male ci dedichiamo ad una piacevole camminata tra i boschi. Semplice pasto, riposino e torniamo sul luogo dell’appuntamento. Il mandriano non c’è ed i cavalli neppure. Attendiamo. Dopo circa mezz’ora arrivano tre bimbette accaldate e con il fiatone. “La cavalla” ci dicono “ non si fa prendere e papà sta cercando in tutti i modi di risolvere il problema”. Rimaniamo in attesa. Tornano le bimbette, sempre più accaldate. Niente da fare, la cavalla non ne vuole sapere, per oggi dobbiamo rinunciare al nostro programma. Con le indicazione delle bambine raggiungiamo il povero cavallerizzo. E’ madido di sudore e non sa come scusarsi per l’inconveniente. Lo rassicuriamo e fissiamo un nuovo appuntamento per la mattina successiva. A questo punto potremmo andare ma restiamo a guardare divertiti, almeno noi, la cavalla ribelle che fugge in ogni dove ed il povero uomo che con qualunque mezzo e vari tipi di tranelli non smette di tentare la presa. Per quanto questa puledra ci sia simpatica ognuno di noi si augura di non averla in sorte il giorno dopo.

Domenica mattina, nuovo appuntamento e finalmente siamo tutti presenti compresa la cavalla ribelle che, a dire il vero, continua a non sembrare molto disponibile ma il buttero oggi non transige e si monta a cavallo. Ossia gli altri montano in sella, per me la faccenda è più ostica del previsto e per quanto mi sia illusa di aver prodotto un poderoso slancio resto con un piede infilato nella staffa ed il resto del corpo avvinghiato di traverso alla sella. Il povero buttero assume un espressione perplessa, vorrebbe aiutarmi e l’istinto gli suggerirebbe di darmi una bella spinta ma la buona educazione glie l’impedisce ed io conscia della posizione ridicola inizio a ridere perdendo anche le ultime forze a disposizione. Poi uno scatto d’orgoglio e mi ritrovo in sella. E’ evidente la mia assoluta mancanza di agilità ma non demordo ed assumo con un certo contegno la postura consigliata.
La mia cavalla si chiama Asia, è tranquilla ma molto golosa, vorrebbe quindi ignorarmi e continuare a mangiare ma non si può, la gita ha inizio. Asia però traccheggia e continua a fermarsi per gustare erbette, io con tono deciso tento di dissuaderla e tiro le briglie, lei infastidita ogni volta si vendica ripartendo al trotto. Tra l’ilarità generale cerco di non perdere l’equilibrio. “ “Stringi le ginocchia” mi suggerisce il nostro accompagnatore ed io diligente cerco di farlo ma ogni volta il dolore alle gambe aumenta. Resisto e mi concentro, io ed Asia dobbiamo riuscire a comunicare.
Intanto attraversiamo sentieri bellissimi e l’atmosfera è esattamente quella che avevo sperato. Passeggiando io ed Asia sembriamo aver trovato un punto di contatto, evito anche i rami e questa conquista m’inorgoglisce ma lei come intuendo i miei pensieri di tanto in tanto si gira e sembra osservarmi. Possibile? Eppure mi guarda ed i suoi occhi assumono un’aria compassionevole, ha capito la mia buona volontà ma non devo illudermi tra noi due è lei che regge le briglie.
Dopo quasi due ore di passeggiata e sprazzi al trotto le mie ginocchia m’implorano di smetterla e tornare a casa. Gli ultimi dieci minuti sono un tormento. Finalmente arriviamo. Smonto da cavallo, le miei rotule sono due perni doloranti ed io zoppicando salgo in macchina. Il mio essere cittadina ha azzerato la mia capacità di muovermi in modo naturale nel mio contesto naturale. La verità, per niente semplice d’accettare, mi spinge a molteplici riflessioni che rimando però ad un prossimo post.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

come vedi e come volevasi dimostrare, è sempre il corpo che non ce la fà!!!
confermi? baci

Anonimo ha detto...

E' vero! Un punto a favore della tua teoria. Ma non demordo.