Invito per una conferenza stampa, argomento interessante, tentenno, vado, non vado. Da quando sono tornata dall’Africa effettivamente tendo un po’ ad isolarmi, troppe sensazioni, troppi pensieri e molta voglia d’intimità; con me stessa. Ma forse è carino andare, e vado.
L’amica che mi ha invitato è in ritardo ma io conosco il contesto, in fondo è per gran parte il mio ambiente lavorativo. Come direbbero i siciliani “m’inoltro” nel percorso che mi porterà in sala.
Primi incontri, scialbe frasi di circostanza e la solita mania di dimostrarsi travolti dagli impegni, come se questo possa essere un vanto, l’evidente conferma di quanto si conti in questo mondo. Subdola mi torna in mente una frase di Lichtenberg: “ La gente che non ha mai tempo fa pochissimo.” Ma perché continuo a leggere i filosofi?
La peluria del mio corpo intanto inizia ad alzarsi.
Entro in sala, è già gremita, il cellulare non prende e dovrò quindi restare all’allerta, in attesa della mia amica. Mi guardo intorno, è una vera passerella, affluisce di tutto: personaggi famosi, noti, meno noti ma quasi tutti con una “corte dei miracoli” che li segue o li anticipa affinché a nessuno sfugga il loro ruolo, l’importanza della posizione raggiunta. E poi intorno a tutti questi personaggi uno sciame di "addetti ai lavori” che industrioso si muove rassegnato e tutto sommato indifferente.
E va bhe, penso, il comportamento dei “tromboni tronfi” (così li chiamo in genere) è sciocco ma tutto sommato ha una sua logica, non condivisibile ma comprensibile. Ma quelli che capisco sempre meno sono loro “la corte dei miracoli” che, non si sa bene perché, scodinzola felice, convinta di aver raggiunto chissà quale quarto di nobiltà soltanto per essere arrivata sotto gli scalini del trono.
Torno ad osservare.
È un continuo ciao ciao, splendidi sorrisi e plateali abbracci ma soprattutto un’ostentata volontà di mostrarsi molto più a proprio agio di quanto in realtà non ci si senta. In verità è un continuo osservarsi, misurarsi, e principalmente valutarsi in base a criteri sconclusionati, erronei, che ben poco hanno a che fare con gli effettivi meriti di ognuno.
E’ evidente che siamo in preda ad una pericolosa forma di follia. Metà delle energie impiegate in questa sala sono disperse in azioni inutili, che non produrranno nulla, che ancora più semplicemente non hanno alcun senso.
Mi dico che forse sto esagerando eppure più mi guardo intorno e più mi viene in mente Pirandello e la sua teoria sulle maschere che indossiamo. Qui ne hanno tutti almeno due o tre ed è così evidente che tutto quel pavoneggiarsi ed agitarsi m’intristisce nella pochezza degl’intenti ma paradossalmente mi rimanda ad un non so che di comico, infatti, con tutto questo sovrapporsi di maschere nessuno, in fondo, sa veramente con chi sta parlando. Il vero “Se” d’ognuno chissà dov’è.
Ma non voglio essere ingiusta, so che purtroppo queste sono le regole del gioco e non è per niente facile svincolarsi. Però quando mi trovo davanti “ Tesoro” il mio auto controllo sbanda e la volontà di trovare una giustificazione anche all’impossibile mi gira decisamente le spalle.
“ Tesoro” è uno dei tanti personaggi che si aggirano nella “ Corte dei miracoli” e con scaltrezza non ricordando i nomi di tutti si rivolge a chiunque chiamandolo “ amore o tesoro”. Con me non fa eccezioni, soltanto che oggi più di ieri non ho nessuna voglia di sentirmi chiamare “Tesoro” e vorrei dirglielo, magari con un sorriso altezzoso ma non ce la faccio, è già via, impegnata in un nuovo abbraccio, in un nuovo “Tesoro!!!”.
L’incontro con “Tesoro” mi divide in due: una parte di me, quella seria ed insofferente all’idiozia mi spinge decisa verso l’uscita, l’altra quella biricchina ed ironica cerca di opporsi suggerendomi di notare le scene da zoom fotografico imperdibili che si svolgono intorno a me ed il mio senso del fermo immagine vince e mi trattiene.
Arriva un Lui, non so chi è ma la signora matura accanto a me si illumina come un filo incandescente per essere stata pubblicamente salutata, e nell’enfasi dell’emozione compie una totale torsione del busto regalando alla platea un sorriso cavallino che ha del terrificante, ma lei non lo sa, pensa soltanto a quanti gradini sia riuscita a salire grazie a quel piccolo gesto di riconoscimento pubblico e le basta così, per i meccanismi che animano questo luogo meglio non poteva andarle. Più avanti un altro miracolato di giovane età riceve, sempre dallo stesso Lui, che intanto continua ad avanzare nella sala, un sguardo di saluto, più che altro un cenno ma tanto basta a farlo impennare all’indietro quasi fosse incapace di sostenere il peso di tanta grazia.
A questo punto non posso che trovarmi d’accordo con lui, il grande Schopenhauer quando sostiene che: “ Fa troppo onore agli uomini chi attribuisce un grande valore alle loro opinioni.” Ma qui funziona così e tutti s’inchinano a quello che la massa crede d’aver deciso, crede essere inopinabile in quanto socialmente condiviso e ben pochi hanno il coraggio di imporre il proprio stile, il proprio modo d’essere perché, ad onor del vero, non è per niente facile.
Tutto sommato infatti, nonostante l’età adulta, anche in noi resistono forme d’adolescenziale insicurezza le quali, messe sotto pressione dalla spietatezza del comune giudizio, ci spingono ad essere quello che non siamo, accettando comportamenti assurdi e poco dignitosi per il nostro Io.
Non è colpa di nessuno ed è colpa di tutti.
Ma io vengo dall’Africa e poi dalla mia gita a cavallo e non è neanche colpa mia se ciò che ho visto e di conseguenza provato ha ampliato ulteriormente il profondo disagio che già provavo nei confronti di regole e modalità che non riconosco valide in quanto oggettivamente stupide, e so che alla fine questo è un bel guaio perché io vivo qui e questo è il mio lavoro ed a me il tutto piacerebbe anche se solo fosse meno falso e più concreto. La vita, quella che intendo vivere è altro e pulsa e mi chiama ed a volte sa farmi male ma non posso più stare lontano da lei, dai rapporti umani veri e quanto più possibile sensati e tutto questo teatrino mi sembra una farsa giullaresca che quando non m’innervosisce mi annoia terribilmente.
Il resto poi, questo gran girare a vuoto, lo sprecare energie preziose per cercare di adeguarsi ad un livellamento mentale privo di saggezza, mi sembra veramente ed unicamente una gran perdita di tempo e lo sapete, perché l’ho scritto in un mio precedente post, cosa penso della “impagabilità del mio tempo”. E’ un bene assoluto ed intendo usarlo per altro.
4 commenti:
...Non ti curar di lor...
Ma non li chiamare "Corte dei Miracoli" te ne prego!
Perchè no? Mi sembra perfetta come definizione con i dovuti distinguo...
So bene che nel linguaggio moderno questa frase ha assunto tale significato, e, perciò è azzeccatissima... solo che io, vecchio romanticone che non sono altro, sono affezzionato alla corte dei miracoli descritta da Viktor Hugo nel suo "Notre-Dame de Paris"... nessuno dei tristi portaborse da te descritti sarebbe mai potuto entrare nella vera corte dei miracoli... tutto qui ;-)!
Lo so, hai ragione ma il concetto è secondo me molto evocativo...
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