Un pò di me e la mia intervista con Maurizio Costanzo e più in giù in nuovi post

mercoledì 24 dicembre 2008

A Mia Madre

Dicono che quandio naqui, mia madre
M'insegnò teneramente ad attaccarmi al seno
Ed ogni notte seduta accanto alla culla
Vegliando m'insegnò a dormire.
Sorridendo mi sfiorò la bocca con la sua,
e M'insegnò ad aprire questo bocciolo.
Mi prese per mano e mi fece posare
un piede davanti all'altro, Finchè non m'insegnò a camminare.
Prima un suono, poi l'altro, mi mise le parole in bocca,
Insegnandomi a parlare.
Perciò la mia vita è parte della sua.
Finchè vivrò, ella mi sarà cara e preziosa.

( Iraj Mirza)

AUGURI




OVVIAMENTE IO NON SONO BABBO NATALE E CON GIOIA AUGURO A TUTTI GIORNI PIACEVOLI ED ALLEGRI.

domenica 21 dicembre 2008

Paragonarsi

" Facciamo sempre paragoni tra quello che siamo e quello che dovremmo essere.
Questo continuo paragonarci a qualcuno o a qualche cosa è la causa primaria dei nostri conflitti.
Perchè vi paragonate a qualcun'altro?
Se non vi paragonate ad un altro sarete quello che realmente siete."

Krishnamurti

martedì 16 dicembre 2008

L'invisibile mondo dei boschi

C’è aria di tempesta nell’aria mentre la mia macchina corre verso il cuore agitato di un amico caro.
Nuvoloni carichi di pioggia e le montagne marroni avvolte dalla nebbia, eppure, per la prima volta, queste alture avvolte in una misteriosa atmosfera mi sembrano un luogo ospitale. Le guardo immobili, pazienti rispetto al mio moderno sfrecciare. Penso che amino di più questa nebbia, lenta ed opaca che passando le avvolge lieve e silenziosa. L’invidiò un po’ la nebbia, viaggia senza fretta proprio come piacerebbe a me. Se ne va leggera per i boschi e non ha paura, conosce il mondo invisibile di questi luoghi e ne protegge i segreti.
Gli alberi si offrono alle sue gocce umide, mostrando fieri i loro corpi nudi, le cortecce tinte di giallo o ricoperte di un soffice muschio. Le foglie non tremano al suo passaggio, ma si rendono vivide nella moltitudine dei loro colori. La terra è fradicia di pioggia ed i ruscelli gonfi trascinano sostanza vitale.
Oggi non posso fermarmi, sento il cuore del mio amico battere sempre più forte ed ho voglia d’abbracciarlo e dirgli che ci sono, che sono felice ed orgogliosa di dividere con lui la felicità che sta provando.
Ma il bosco mi chiama, vedo il suo mondo invisibile che alza un sguardo benevolo al mio passare frettoloso.
Non mi piace l’inverno, ma questo è un inverno strano dentro di me. E pieno di colore e di un bel po’ di follia. Qualcuno si affaccia tra le foglie e ride: “Non è l’inverno ad essere cambiato né questi luoghi, sei tu!”
Mi giro, ma la velocità mi porta via. Acuisco i miei sensi e continuo a guardare.
La pioggia batte violenta contro i vetri e la musica accompagna come sempre le emozioni.
Ancora questa strada, ancora la magia che sembra non finire. E’ la mia terra questa terra, non c’è niente da fare, gli appartengo. Ripenso al passato, ai viaggi, all’immane dolore ed alla gioia, anch’essa immensa. Ogni passaggio un solco, una traccia del mio cammino, avanti, indietro e sempre qualcosa d’importante da portare con me. Amavo solo il mare io, un mare che sfiorava appena il lembo estremo della sua superficie. Ed ora?
Ora l’amo tutta. Amo il suo freddo ed il suo sole, il cielo azzurro e le sue nuvole, gli alberi e la sabbia, le rughe del mio vecchio bagnino ed sorriso di chi solo io riesco a vedere. Lei amava questa terra era la sua terra ed è da il suo sorriso che sento accarezzarmi. Ma c’è altro ora per me in questa terra, ho ricevuto un dono che agli uomini non saprei spiegare. C’è un altro sguardo che mi osserva tra gli alberi ed io lo conosco, è quello di una vecchia, una giovane vecchia ed è lei che mi regala un sorriso, il più importante, in questa incredibile mattina.
Il cielo è cupo, ma è solo apparenza. Le gocce battono allegre intorno a me. Tra foglie e cespugli occhi vispi proteggono il mio passare. Il giallo e l’arancio e poi il verde ed il marrone si mescolano, dolcemente, contro lo sfondo grigio di questo strano inverno. E l’humus, grasso e ricco, accoglie i miei pensieri. Pensieri che cadono come semi gettati al mio passaggio tra le fessure di questa terra scura, capace di proteggerli fin quando germoglieranno, come sta accadendo oggi.

Appartengo a questa terra? Sì, le appartengo.

domenica 14 dicembre 2008

Come nasce uno sguardo



Quest’estate ero alle prese con un punto cruciale del mio nuovo romanzo e la storia fluiva tra la mia immaginazione e le dita che veloci digitavano parole sul foglio bianco del mio pc. C’era però un particolare che proprio non riuscivo a fissare, o meglio a visualizzare. Sentivo l’emozione che volevo descrivere, ma mi mancava lo sguardo che la giustificasse. Per settimane avevo cercato invano questo sguardo dentro di me e non trovandolo, arrivata al punto in cui da questi occhi dipendeva il proseguo della storia, ho vissuto il classico “blocco dello scrittore.” Scrivevo e cancellavo mai soddisfatta del risultato. Non c’era niente da fare: mancava quello sguardo forte, un pò accigliato ma colmo di un turbinio di sentimenti, tutti espressi in un un'unica occhiata.

Proprio in quei giorni marito e figlio partono per una vacanza motociclistica “On the road” da veri uomini ed io, per non rimanere a casa a preoccuparmi troppo della loro incolumità, mi regalo un fine settimana in compagnia di un’amica in terra d’Abruzzo.

Sole, macchina e stereo, niente di meglio per lasciare andare pensieri ed emozioni.
Traforo del Gran Sasso, buio e la certezza che una volta fuori il mare sarà vicino.
La galleria finisce e la luce di un luglio caldissimo mi accoglie quasi accecandomi tra distese di grano e case di mattoni color sabbia mentre dallo stereo, per uno strano scherzo del destino, iniziano a diffondersi le note della canzone che ho inserito in questo post e che, se vi va, vi consiglio di ascoltare.
Un tuffo al cuore e la folgorazione che aspettavo: vedo il suo sguardo, quello che mi mancava. Ma è un soffio visivo appena percepito, ed allora rimando indietro la musica e cerco di riacciuffarlo, di rivederlo bene per fissarlo dentro di me.
La macchina corre, la musica riempie l’aria ed io non posso fermarmi a scrivere, ma lo sguardo di questo uomo, il suo corpo, la camicia bianca con le maniche arrotolate su un paio di pantaloni chiari, tutto è li davanti a me, in mezzo al bagliore di uno splendido zenit, esattamente doveve doveva stare: vicino al mare.
Rimando ossessivamente la musica perché la scena si va componendo precisamente e l’emozione che provo è fortissima. Fisso ogni particolare, chiarisco dialoghi e silenzi e gesti e giochi d’ombra. Incredibilmente una mescolanza di sensazioni hanno composto una parte importante della storia ed io avrei voglia di fermare la macchina e scendere a ringraziare quello scorcio di terra e di sole.
Non l’ho fatto, ma so che non è stato un caso che quegli occhi mi hanno guardato proprio lì, tra quelle colline dorate. Non è un caso che all’uscita di quel lunghissimo tunnel il cd fosse arrivato puntuale a quella canzone. Nulla è così casuale, la mente è uno strumento potente ed a volte si accorda con sintonie impercettibili.
Perché raccontarvi questo piccolo episodio? Beh, perché credo che trasmettere la passione per un libro, e per la lettura in genere, possa nascere anche così, svelando come chi scrive arrivi a sentire, a vedere quello che poi fluirà tra le sue mani divenendo parola ed anche per gli altri, ci si augura, emozione.

mercoledì 10 dicembre 2008

Fuggire dagli schemi

“Sei un maschiaccio” non facevano che ripetermi le maestre, le sempre adorabili zie o le amiche dei miei. E questo soltanto perché tra il pettinare le bambole e giocare a nascondino era quest’ultimo gioco a divertirmi di più.

“ Sei fortunata, tuo marito ti aiuta con il bambino”. Mi sono sentita ripetere spesso, come se le attenzioni che mio marito rivolgeva al figlio fossero un favore a me e non un privilegio a cui, intelligentemente, non pensava minimamente di rinunciare.

“ Sei fortunata, tuo marito ti lascia libera di dedicarti alla scrittura.” Quasi il matrimonio fosse una prigione, un luogo di costrizione e lui un carceriere magnanimo.

“ Sei troppo diretta, guardi le persone negli occhi, la tua vivacità mentale spaventa le persone ed ancor più gli uomini.” Come se, anche qui, ogni volta
che dovessi relazionarmi all’altro fosse necessario inscenare una pantomima piena di moine e timidezze altrimenti il collega, il capo, l’amico, il conoscente, di turno potrebbe cadere in preda alla sindrome del mentecatto incapace di sostenere una normale conversazione con una donna non beota.

“ Ormai sei una mamma.” Non facevano che ripetermi tutti quando nacque mio figlio. Ed improvvisamente sembrava che io non fossi più io, non la stessa persona, con gli stessi desideri e volontà di un mese prima.

“ Ma dici queste cose a tuo marito?” Ed il mio sguardo vagava incerto “Ma perché che ho detto?”
Eppure, è così, anche delle cose banali, lo schema vuole, vanno tenute segrete. Il marito è un nemico da cui difendersi, a cui celarsi, ma per l’appunto, poiché dite che sono fortunata, allora fortunatamente ho accanto un uomo equilibrato capace di non entrare in crisi per qualsivoglia sciocchezza.

Fortunata, fortunata, fortunata, quante volte me lo sono sentita ripetere, come se qualunque conquista o risultato raggiunto fosse frutto unicamente del caso e non di un impegno costante e tenace, rispetto agli obbiettivi che mi ponevo. Ma, anche il ritenere l’altro fortunato è un modo per sminuire il suo valore e chiuderlo in una definizione veloce e schematica che mette in pace le anime insoddisfatte.
Potrei continuare poratando un'infinità d'esempi. Nel corso della mia vita ho accumulato miliardi di frasi e rimproveri legati al mio non volermi far intrappolare negli schemi sociali, nei luoghi comuni, soffocata dal comune pensare.

Gli schemi sociali, ahimè, sono una dimensione che ci accoglie con decisa solerzia alla nostra nascita e non ci molla più ed anzi, da sociale via via diventa anche mentale. Ossia, questa pressione si trasforma in una moltitudine di schemi mentali che noi inconsciamente acquisiamo e che ci impediscono di vivere come vorremmo. E gli schemi sociali, questo crudele strumento collettivo che poi diviene un tiranno interiore, è ciò che forse, più di ogni altro diabolico meccanismo, ho cercato di combattere, tentando in ogni modo di allentare e poi strappare il collare appuntito con cui cercava di trattenermi in dimensioni, almeno per me, insopportabili. E spesso ho pagato pegno. E’, infatti, una battaglia difficilissima contrastare il comune pensare, e tutti noi sappiamo quanto sia arduo cercare di essere se stessi e, nel contempo, farci comprendere dal mondo. E il sol fatto che si dica “ cercare” spiega molto. Per quanto mi riguarda ho tentato per una vita di raggiungere questo connubio, ma alla fine mi sono arresa: cerco di essere me stessa e chi vuol capire capisce e chi non vuole s’arrangia. Anche perché, soffrendo e penando, una cosa l’ho compresa: Cchi ti vuole amare ti ama, chi ti vuole vedere per quel che sei ti vede, ma se incontri qualcuno che non vuole fare nell’una né l’altra cosa non c’è niente da fare. Eppure non è così naturale arrivare ad accettare questa verità. al contrario, ognuno di noi, chi più chi meno, lotta per tutta la vita nella speranza, spesso delusa, di essere compreso ed accettato. ma è esattamente in questa volontà che si annida il rischio più grande, sempre che per riuscirsci bleffiamo: ci allontaniamo dal nostro vero io, da quello che sentiamo di essere. Quante volte, specie nella sfera sentimentale ed affettiva, giochiamo ruoli che non ci appartengono, ci fingiamo i figli, compagni, lavoratori che non siamo? E lo facciamo spinti proprio da questo bisogno di approvazione. Tuttavia è esattamente questa forzatura a procurare una distorsione ed una sofferenza incredibile alla nostra persona. Io l’ho provato sulla mia pelle e lo ricordo come il periodo buio e triste della mia vita. Per questo motivo, ad un certo punto della storia, qualche cosa dentro di me ha detto basta ed io mi sono ribellata davvero. E lo sapete che cosa è successo? Nulla! Nulla di quello che temevo. E sì, perché l’altra cosa che ho scoperto è che se noi siamo fermamente convinti delle nostre ragioni, dei nostri comportamenti sani, alla fine tutti si adeguano. Forse all’inizio ci rivolgeranno sguardi di sospetto o di rimprovero ma poi, alla fine, il giudizio, quello che credo più di ogni altro dovremmo tenere in conto, è il nostro. In ragione di ciò penso che Mia è la vita e Mia é, per quanto possibile, la modalità con cui scegliere di camminare lungo questa esistenza. Per quanto mi riguarda, se non applicassi questo principio vorrebbe dire che il mio tempo in questo mondo l’ho usato per vivere la vita di qualcun altro, con la grande probabilità che il sacrificio sia stato anche inutile. E poi perché mai dovrei sacrificarmi in un ripetersi di azioni così assurde? Ahh già…non lo sapete? La vita è fatta di sacrifici. A voi non l’ha mai detto nessuno? A me sì, ed anche da questo luogo comune tento di fuggire. Sacrifici sì, quando sono necessari, ma quelli inutili no, proprio no.

sabato 6 dicembre 2008

I perchè dell'amore

" Non cercare i perché - in amore non ci sono perché, non ci sono ragioni, nè spiegazioni, nè soluzioni."

Tratto da Henry & June di Anais Nin

martedì 2 dicembre 2008

La mia intervista con Maurizio Costanzo

Ed ccola qua!!!! La mia sospirata, attesa e finalmente realizzata intervista con Maurizio Costanzo.
Spero che capirete la mia gioia, io, una scrittrice al suo esordio, non avrei mai immaginato di poter arrivare fin qui, intervista da uno dei personaggi più noti della televisione italiana nel corso del suo programma " L'uomo della notte" su Radio Rai Uno. Eppure è successo e questo spero che, oltre a rendere felice me, aiuti tutti voi, miei cari lettori, a credere che i sogni si possono realizzare se li vogliamo così tanto, così intensamente, da inspirare la magia del nostro destino.