“Sei un maschiaccio” non facevano che ripetermi le maestre, le sempre adorabili zie o le amiche dei miei. E questo soltanto perché tra il pettinare le bambole e giocare a nascondino era quest’ultimo gioco a divertirmi di più.
“ Sei fortunata, tuo marito ti aiuta con il bambino”. Mi sono sentita ripetere spesso, come se le attenzioni che mio marito rivolgeva al figlio fossero un favore a me e non un privilegio a cui, intelligentemente, non pensava minimamente di rinunciare.
“ Sei fortunata, tuo marito ti lascia libera di dedicarti alla scrittura.” Quasi il matrimonio fosse una prigione, un luogo di costrizione e lui un carceriere magnanimo.
“ Sei troppo diretta, guardi le persone negli occhi, la tua vivacità mentale spaventa le persone ed ancor più gli uomini.” Come se, anche qui, ogni volta che dovessi relazionarmi all’altro fosse necessario inscenare una pantomima piena di moine e timidezze altrimenti il collega, il capo, l’amico, il conoscente, di turno potrebbe cadere in preda alla sindrome del mentecatto incapace di sostenere una normale conversazione con una donna non beota.
“ Ormai sei una mamma.” Non facevano che ripetermi tutti quando nacque mio figlio. Ed improvvisamente sembrava che io non fossi più io, non la stessa persona, con gli stessi desideri e volontà di un mese prima.
“ Ma dici queste cose a tuo marito?” Ed il mio sguardo vagava incerto “Ma perché che ho detto?”
Eppure, è così, anche delle cose banali, lo schema vuole, vanno tenute segrete. Il marito è un nemico da cui difendersi, a cui celarsi, ma per l’appunto, poiché dite che sono fortunata, allora fortunatamente ho accanto un uomo equilibrato capace di non entrare in crisi per qualsivoglia sciocchezza.
Fortunata, fortunata, fortunata, quante volte me lo sono sentita ripetere, come se qualunque conquista o risultato raggiunto fosse frutto unicamente del caso e non di un impegno costante e tenace, rispetto agli obbiettivi che mi ponevo. Ma, anche il ritenere l’altro fortunato è un modo per sminuire il suo valore e chiuderlo in una definizione veloce e schematica che mette in pace le anime insoddisfatte.
Potrei continuare poratando un'infinità d'esempi. Nel corso della mia vita ho accumulato miliardi di frasi e rimproveri legati al mio non volermi far intrappolare negli schemi sociali, nei luoghi comuni, soffocata dal comune pensare.
Gli schemi sociali, ahimè, sono una dimensione che ci accoglie con decisa solerzia alla nostra nascita e non ci molla più ed anzi, da sociale via via diventa anche mentale. Ossia, questa pressione si trasforma in una moltitudine di schemi mentali che noi inconsciamente acquisiamo e che ci impediscono di vivere come vorremmo. E gli schemi sociali, questo crudele strumento collettivo che poi diviene un tiranno interiore, è ciò che forse, più di ogni altro diabolico meccanismo, ho cercato di combattere, tentando in ogni modo di allentare e poi strappare il collare appuntito con cui cercava di trattenermi in dimensioni, almeno per me, insopportabili. E spesso ho pagato pegno. E’, infatti, una battaglia difficilissima contrastare il comune pensare, e tutti noi sappiamo quanto sia arduo cercare di essere se stessi e, nel contempo, farci comprendere dal mondo. E il sol fatto che si dica “ cercare” spiega molto. Per quanto mi riguarda ho tentato per una vita di raggiungere questo connubio, ma alla fine mi sono arresa: cerco di essere me stessa e chi vuol capire capisce e chi non vuole s’arrangia. Anche perché, soffrendo e penando, una cosa l’ho compresa: Cchi ti vuole amare ti ama, chi ti vuole vedere per quel che sei ti vede, ma se incontri qualcuno che non vuole fare nell’una né l’altra cosa non c’è niente da fare. Eppure non è così naturale arrivare ad accettare questa verità. al contrario, ognuno di noi, chi più chi meno, lotta per tutta la vita nella speranza, spesso delusa, di essere compreso ed accettato. ma è esattamente in questa volontà che si annida il rischio più grande, sempre che per riuscirsci bleffiamo: ci allontaniamo dal nostro vero io, da quello che sentiamo di essere. Quante volte, specie nella sfera sentimentale ed affettiva, giochiamo ruoli che non ci appartengono, ci fingiamo i figli, compagni, lavoratori che non siamo? E lo facciamo spinti proprio da questo bisogno di approvazione. Tuttavia è esattamente questa forzatura a procurare una distorsione ed una sofferenza incredibile alla nostra persona. Io l’ho provato sulla mia pelle e lo ricordo come il periodo buio e triste della mia vita. Per questo motivo, ad un certo punto della storia, qualche cosa dentro di me ha detto basta ed io mi sono ribellata davvero. E lo sapete che cosa è successo? Nulla! Nulla di quello che temevo. E sì, perché l’altra cosa che ho scoperto è che se noi siamo fermamente convinti delle nostre ragioni, dei nostri comportamenti sani, alla fine tutti si adeguano. Forse all’inizio ci rivolgeranno sguardi di sospetto o di rimprovero ma poi, alla fine, il giudizio, quello che credo più di ogni altro dovremmo tenere in conto, è il nostro. In ragione di ciò penso che Mia è la vita e Mia é, per quanto possibile, la modalità con cui scegliere di camminare lungo questa esistenza. Per quanto mi riguarda, se non applicassi questo principio vorrebbe dire che il mio tempo in questo mondo l’ho usato per vivere la vita di qualcun altro, con la grande probabilità che il sacrificio sia stato anche inutile. E poi perché mai dovrei sacrificarmi in un ripetersi di azioni così assurde? Ahh già…non lo sapete? La vita è fatta di sacrifici. A voi non l’ha mai detto nessuno? A me sì, ed anche da questo luogo comune tento di fuggire. Sacrifici sì, quando sono necessari, ma quelli inutili no, proprio no.
11 commenti:
La vita è mia e me la gestisco io... sono totalmente d'accordo!
Ciao, Giorgio.
Girorgio, l'immaginavo ed il viandante va...
Concordo in pieno. La vita è fatta di sacrifici, solo quando è necessario farli. Non è assolutamente una norma e soprattutto, non si è migliori degli altri in funzione dei sacrifici fatti!! Questa è una regola tutta cristiana, che non digerisco... La vita va vissuta e non sacrificata in previsione di un'altra futura ;-)
In realtà...in fondo al mio cuore io so chi sono e cosa voglio...e il mio disagio nasce ogni qual volta tanto di sfuggire a me stessa...perchè io sono un'istintiva, una passionale...non gioco d'azzardo, ma mi piace seguire ciò che sento e quando gli "altri" mi chiedono di pazientare, aspettare, riflettere, riflettere e riflettere ancora...mi passa la gioia. La spinta passionale diventa una moltiplicazione, o meglio, una sottrazione. Quando cerco di aspettare troppo gli "altri", smetto di essere me stessa.
...aggiungerei...adoro la vita!
belle riflessioni dove sei scolpita tutta tu
marina, in sintonia
Donnigio siamo in sintonia e non è una novità, ma una piacevole conferma.
Paola: che tu adorassi la vita mi era chiaro, sei gioiosa e vitale ed il ritmo con cui balli, presumo, sia lo stesso con cui vivi.
Marina: mi piace " Marina in sintonia"
Ti ringrazio del tuo passaggio: tornerò a leggerti poichè il tuo blog è interessante. Intanto mi sono inserito tra i tuoi lettori.
Buona serata
Ciao Saverio e ben venuto nella mia "Stanza del te" e grazie di essere tra i miei lettori.
molto bella questa analisi e importanti le tue riflessioni...Essere e vivere non in regola con le regole costa caro, ma dà un senso di faticoso compimento di quello che si è. Divulgherò il tuo libro!buona domenica :-)
Ciao Arnicamontana proprio come dici: faticoso ma non tornerei mai indietro. Il senso di benessere che regala vivere secondo se stessi è un piacere ed una pace talmente intenso che diviene imbarattabile.
Grazie per la promozione del libro, te ne sono molto grata.
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