Ed anche queste vacanze spagnole sono finite. Ho esplorato paesaggi e città, annusato profumi e vissuto sensazioni, provato sentimenti ed incontrato persone reali e simboliche. Ho vissuto, insomma, lontano dal mio consueto ma comunque nel mondo a cui appartengo. Come ho già detto, per me un viaggio non è mai solo un viaggio o, come diceva qualcun altro, “ Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone”.
Tutto quello che ho provato è dentro di me e, come accade dopo ogni avventura, ora decanterà e lentamente ne assaporerò le bellezze ed i benefici. Ora però, il consueto mi richiama a se e dovrò tornare alla famosa “vita reale”, fatta di regole e schemi ben definiti, in un sociale sempre pronto ad organizzare, stabilire ed assoggettare ai suoi imprescindibili bisogni. Fortunatamente la fantasia non mi manca e, anche quando sarò relegata nel dovere, nessuno potrà impedirmi di volare in quello che invece è imprescindibile per me.
In questi ultimi giorni di ferie ho riguardato le foto, ho ripensato all’appena vissuto e ho avuto modo di rimettere ordine tra i pensieri, ed anche questo l’ho già scritto. Ma c’è una domanda che continua fluttuare nella mia testa: quanto ci metterà il famoso "quotidiano" ad ingarbugliare di nuovo tutto?
Quando mi distacco dal “solito” io torno lentamente nel “mio” e ritrovo i ritmi, la centralità con quello che appartiene unicamente a me ed è una sensazione d’incredibile libertà. Oggi, per rendere più dolce il ritorno in questa porzione di vita, ho dwciso di passeggiare un po’ nella mia adorata Roma incontrando di nuovo i suo scorci, i suoi odori, le strade che da sempre accompagnano le mie giornate. Sono tornata a casa insomma e non posso dire che la sensazione non mi sia piaciuta. Tornare nel proprio ha il suo fascino, le sue rassicurazioni. Ho ritrovato gli amici, le nostre risate, i nostri infiniti discorsi e questo è il calore che mi consola quando il dispiacere per la fine di un viaggio attanaglia in una morsa il mio cuore vagabondo.
Ma oggi è ancora vacanza ed i tempi sono, per qualche ora ancora, quelli che sento giusti per me. Domani però la sveglia suonerà ed il contesto in cui vivo e lavoro si riapproprierà largamente del mio tempo ed i ritmi saranno, in gran parte, stabiliti da standard noti. Gli orizzonti, almeno quelli visivi, torneranno a ristringersi e la mia attenzione sarà catapultata in altro. Questo è quello che devo alla società per poter vivere i spazi della mia vita privata e la creatività vacanziera. “Do ut des” direbbero i latini o forse ancora un più appropriato “Do ut facies”.
Lo strappo dalla libertà è sempre doloroso, così come lo è, all’inizio di una vacanza, sciogliere i nodi che mi tengono legata al consueto. Eppure sono felice, ho avuto il privilegio di vivere quello che più amo: l’avventura del non sapere cosa accadrà. Adoro questa dimensione, l’effetto che l’ignoto farà su di me, i gusti che assaporerò, i colori che mi riempieranno gli occhi. E poi la possibilità che non smette mai di emozionarmi: l’incontro con gli spazi infiniti. Dimensione che ahimè, nella nostra stretta e sovraffollata Italia, è ormai quasi chimera. Ecco, in Spagna questa sensazione è ancora vivibile ed io ne ho fatto ingordamente indigestione. E’ solo in questa condizione fisica infatti, quando nulla si frappone al correre del mio sguardo, che io sento la retina distendersi e la mente sgranchirsi, come dire, stiracchiarsi. Sarà a quegli spazi che tornerò ogni volta che la porzione di cielo visivamente concessami, tra il caos di questa città, non mi basterà più.
Ma qui torniamo alla domanda iniziale: quanto ci metterà il consueto a ingarbugliare il cielo sopra di me?
Tutto quello che ho provato è dentro di me e, come accade dopo ogni avventura, ora decanterà e lentamente ne assaporerò le bellezze ed i benefici. Ora però, il consueto mi richiama a se e dovrò tornare alla famosa “vita reale”, fatta di regole e schemi ben definiti, in un sociale sempre pronto ad organizzare, stabilire ed assoggettare ai suoi imprescindibili bisogni. Fortunatamente la fantasia non mi manca e, anche quando sarò relegata nel dovere, nessuno potrà impedirmi di volare in quello che invece è imprescindibile per me.
In questi ultimi giorni di ferie ho riguardato le foto, ho ripensato all’appena vissuto e ho avuto modo di rimettere ordine tra i pensieri, ed anche questo l’ho già scritto. Ma c’è una domanda che continua fluttuare nella mia testa: quanto ci metterà il famoso "quotidiano" ad ingarbugliare di nuovo tutto?
Quando mi distacco dal “solito” io torno lentamente nel “mio” e ritrovo i ritmi, la centralità con quello che appartiene unicamente a me ed è una sensazione d’incredibile libertà. Oggi, per rendere più dolce il ritorno in questa porzione di vita, ho dwciso di passeggiare un po’ nella mia adorata Roma incontrando di nuovo i suo scorci, i suoi odori, le strade che da sempre accompagnano le mie giornate. Sono tornata a casa insomma e non posso dire che la sensazione non mi sia piaciuta. Tornare nel proprio ha il suo fascino, le sue rassicurazioni. Ho ritrovato gli amici, le nostre risate, i nostri infiniti discorsi e questo è il calore che mi consola quando il dispiacere per la fine di un viaggio attanaglia in una morsa il mio cuore vagabondo.
Ma oggi è ancora vacanza ed i tempi sono, per qualche ora ancora, quelli che sento giusti per me. Domani però la sveglia suonerà ed il contesto in cui vivo e lavoro si riapproprierà largamente del mio tempo ed i ritmi saranno, in gran parte, stabiliti da standard noti. Gli orizzonti, almeno quelli visivi, torneranno a ristringersi e la mia attenzione sarà catapultata in altro. Questo è quello che devo alla società per poter vivere i spazi della mia vita privata e la creatività vacanziera. “Do ut des” direbbero i latini o forse ancora un più appropriato “Do ut facies”.
Lo strappo dalla libertà è sempre doloroso, così come lo è, all’inizio di una vacanza, sciogliere i nodi che mi tengono legata al consueto. Eppure sono felice, ho avuto il privilegio di vivere quello che più amo: l’avventura del non sapere cosa accadrà. Adoro questa dimensione, l’effetto che l’ignoto farà su di me, i gusti che assaporerò, i colori che mi riempieranno gli occhi. E poi la possibilità che non smette mai di emozionarmi: l’incontro con gli spazi infiniti. Dimensione che ahimè, nella nostra stretta e sovraffollata Italia, è ormai quasi chimera. Ecco, in Spagna questa sensazione è ancora vivibile ed io ne ho fatto ingordamente indigestione. E’ solo in questa condizione fisica infatti, quando nulla si frappone al correre del mio sguardo, che io sento la retina distendersi e la mente sgranchirsi, come dire, stiracchiarsi. Sarà a quegli spazi che tornerò ogni volta che la porzione di cielo visivamente concessami, tra il caos di questa città, non mi basterà più.
Ma qui torniamo alla domanda iniziale: quanto ci metterà il consueto a ingarbugliare il cielo sopra di me?
5 commenti:
Di un viaggio, di una vacanza in Spgna tu ne hai fatto, col tuo post, un vero affresco poetico dove anche il ritorno al lavoro, al quotidiano,agli amici, ai rapporti con le persone che conosci assumono un aspetto particolare. Merito della tua personalità, della tua sensibilità, del tuo modo d'essere e delle tue grandi doti di scrittrice.
Comunque bentornata, fa piacere rileggerti.
Grazie Monticiano, è un piacere ritrovarti...
La foto è molto bella.
Il quotidiano, il presente, la realtà ci sovrasta con tutti i suoi problemi. per una persona equilibrata (sana) è impossibile estraniarsi.
Sii felice che l'ingarbugliamento si sia disciolto durante questo viaggio e non ti ha seguito.
Grazie Giamp, hai ragione sono felice che l'ingarbugliamento non mi abbia seguito...anche se questo accade solo a tratti,vuol dire che ce la posso fare...a dipanare intendo.
baci
Perche non:)
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