La stanza del tè è un luogo fisico ma è anche un luogo mentale. Le persone che si muovono al suo interno escono temporaneamente dal mondo e dal suo affanno per contemplare, durante il rito del tè, il vuoto dove dimenticare la razionalità e raggiungere un approccio totalizzante con le cose e le persone.
Un pò di me e la mia intervista con Maurizio Costanzo e più in giù in nuovi post
domenica 27 febbraio 2011
Le parole raccontano di noi
Parole. Parole dette, parole ascoltate, parole sognate, parole urlate, parole scritte, cantante, disprezzate, amate, odiate, parole trattenute, parole intuite, parole celate, parole, miliardi di parole.
Le parole sono un potere di cui trascuriamo troppo spesso gli effetti. Le usiamo senza cura, quasi mai c’interessiamo della loro etimologia, le gettiamo via privandole della loro importanza, le pronunciamo senza riflettere sulla loro potenza. Siamo dei produttori presuntosi e superficiali, dei fruitori distratti. Credo che troppo spesso, nell’uso parlato che ne facciamo, non siamo in grado di apprezzare la bellezza. Una parola non è mai solo una parola. Una parola ha una storia, un significato antico, un viaggio fatto di terre e di popoli. Una parola ha una sua fisicità, è molto più di una semplice vibrazione. Una parola ha una sua corposità, un carattere formato non solo dalle lettere che la compongono. Una parola acquisisce, a volte, la fisionomia di chi la pronuncia, si contamina della sua anima. Può essere meravigliosa od infima dipenderà da quali labbra la pronunceranno. Quindi non ha una sua personalità? Oh certo che ce l’ha! Ha una personalità talmente strutturata che può rendersi creta, illudendoci che potremo plasmarla come vorremmo. Ma la nostra è solo sciocca presunzione. Ogni parola è talmente certa del proprio significato che può rendersi apparentemente trasparente, o colorarsi, riempiersi oppure svuotarsi, esteriormente rimodellarsi, quasi scomparire per compiacere le nostre finalità senza perde la vera essenza di se. La parola sa di se molto più di quanto noi crediamo di conoscere di noi stessi. Una parola ci rivela e quasi mai ce ne accorgiamo. Usare un termine piuttosto che una altro lo riteniamo solo una scelta casuale, la dove voluto uno sbizzarrirci tra sinonimi, ma più frequentemente di quanto immaginiamo non è così. Quasi mai le parole si fanno usare da noi, tutt’altro, sono loro che ci beffeggiano mostrandoci proprio dove o quando avremmo voluto nasconderci od esaltarci. Ed allora accade che una frase, un singolo termine usato senza riflettere, o senza conoscerne il significato reale ci riveli, ad un ascolto attento, rendendoci nudi nel nostro intimo pensiero, svelando il sentimento profondo che abbiamo tentato ingenuamente o subdolamente di celare. Forse dimentichiamo che le parole sono umane per nascita e si formano nella nostra mente, vibrano di ciò che proviamo. Possiamo tentare d’ingannare la nostra volontà, molto più complesso è riuscire a mascherare l’incoscio. Maneggiamole con cura quindi, la delicatezza e l’attenzione con cui le useremo racconterà di noi molto più di quanto vorremmo.
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4 commenti:
Tra tutte le parole, sono quelle non dette che hanno maggior significato. E' per questo che io cerco di pronunciarne il più possibile.
Il silenzio è uno spazio aperto, non ha confini, è pieno e vuoto, è buio e luminoso.
E' inconsistente eppure sostanza.
Il suo significato appartiene alle labbra che lo pronunciano ed all'anima che l'ascolta.
Si può innamorarsi delle parole, del loro incastrarsi dei loro suoni e del loro volteggiare; dei voli poetici e di quelli lirici. Ci sono le parole in libertà e quelle del vino. quelle della rabbia e quelle dell'imbarazzo. E lo hai descritto benissimo tu (a parte l'incipit che sembra una poesia di Bondi). Ma cerco di ricordarmi sempre che dietro le parole c'è il pensiero. E lui voglio mentre ascolto.
Giamp,Bondi no!!!!!!!
Va beh, ti perdono perchè ti voglio troppo bene ^_^
Sono perfettamente d'accordo con te "é il pensiero che voglio mentre ascolto".
Bellissima frase, se non ti dispiace la porterò con me.
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