Ho visitato Barcellona lo scorso anno. Era una meta che sembrava sfuggirmi dalle mani e questo accresceva la mia voglia di visitarla. E devo dire che, come mi accade per ogni viaggio, ho sempre bisogno che le sensazioni decantino dentro di me. E’ accaduto anche in questo caso e da qui si spiega l’atmosfera di alcuni luoghi della città che continuano a rimbalzarmi nella testa.Barcellona non mi ha stregato, anzi, inizialmente il caos immondo dei suoi luoghi più rinomati mi ha probabilmente fuorviato. Mi sembrava una città adatta ai bagordi notturni, elegante nelle sue strade principali, pazzerella ed originale nelle costruzioni di Gaudì ma incapace, veramente incapace di farmi innamorare. Mancava l’atmosfera, quella giusta per me, e mi sembrava così assurdo averla desiderata per diversi anni e poi, una volta raggiunta, non riconoscerla nelle mie sensazioni fantasticate. L’ultimo giorno del nostro soggiorno però, un richiamo forte ed insistente mi ha spinto a deviare dai percorsi stabiliti
Qualcosa mi diceva che stavo partendo da questa città senza averla compresa. C’era una via, una traversa della Rambla, che avevo notato nei giorni precedenti, un piccolo vicolo, anonimo, che però, in qualche modo, mi sussurrava di non ignoralo. Dovevo inoltrami per il suo stretto e ombroso camminamento come se quella fosse la porta per arrivare nella parte intima che stavo cercando.
Trascinandomi dietro mio marito, che sorride sempre ma dolcemente asseconda queste mie stranezze, ho seguito questo richiamo e poi il filo invisibile che mi guidava verso stradine appartate. E lì, solo tra quelle viuzze, credo di aver inspirato ed assaporato la parte giusta, per me, di questa città. Era infatti esattamente quella la Barcellona che da qualche anno mi frullava nella testa, senza che ne avessi una visualizzazione chiara.Le stradine si facevano via via meno frequentate ed i negozi divenivano meno trendy ma molto più gustosi, almeno ai miei occhi. Anche le persone non sembravano più comparse da cartolina ma acquisivano una veridicità che eccitava le mie emozioni. Insomma, più mi allontanavo dalla Rambla e più la città acquisiva una sua personalità, come se, ad ogni passo si svestisse di un’immagine pubblica per consegnarmi il suo corpo, nudo ma vero. Un corpo ancora segnato dalle sofferenze passate e forse per questo intenso, pieno di rughe e pieghe che me ne stavano raccontando la storia.
Barcellona…
Barcellona è ancora un luogo impolverato dal suo più recente passato e per quanto tutti facciano del loro meglio per spazzolarla da questo fastidioso elemento, lei, la polvere, ricade tenacemente sopra ogni cosa. E questo, da un fascino diverso a tutto quello su cui lo sguardo si posa. Tolti i giovani e quelli che amano le tendenze, il resto di questa originale città è ancora pregno della sua storia: i negozi, le abitazioni, la fisionomia e l’abbigliamento delle persone stesse porta con se quest’aria un po’ antiquata e dimessa. Il taglio delle gonne, le vetrine delle botteghe, l’aspetto un po’ desueto dei visi mi ha dato l’impressione che le ristrettezze della vita di un trentennio fa non siano ancora dimenticate. Come incantata da questa polvere magica mi sono letteralmente persa tra i suoi vicoli, tra il ciotolio dei suoi suoni, tra l’ombra umida delle sue chiese dove con occhi incantati ho scoperto che sacralità ed oche convivono in una melodia acquatica difficile da riprodurre con le parole ma assolutamente emozionante.
Ho gioito nel muovermi tra i banconi demodè delle sue botteghe, felice come una bambina di poter portare via con me un piccolo granello di questa stranissima polvere.
La stessa polverina che evidentemente si è posata anche dentro di me e che in questi giorni ha ripreso a volteggiare nella mia testa, ribelle al tempo che tenta di soffiarla via.
Sarà la primavera?
La stessa polverina che evidentemente si è posata anche dentro di me e che in questi giorni ha ripreso a volteggiare nella mia testa, ribelle al tempo che tenta di soffiarla via.
Sarà la primavera?