Un pò di me e la mia intervista con Maurizio Costanzo e più in giù in nuovi post

martedì 17 luglio 2007

Il mio piatto giallo


Io ho un piatto giallo, di plastica dura e spessa. In realtà è una piatto fondo ma non ha esattamente la forma di una scodella e per questo a casa mia è molto usato. Credo che abbia poco meno della mia età e quindi si aggira sui quaranta.

L’ho incontrato proprio ieri, in mezzo agli altri piatti, e non so perché vederlo lì, con il suo anomalo color zabaione un po’ vissuto, mi ha fatto sorridere e poi subito dopo provare una certa soddisfazione per averlo ancora con me. E si, perché non è proprio scontato avere ancora il piatto con cui mangiavi quando eri piccolo. O meglio, non è normale per i nostri tempi, lo era forse in altre epoche, fino a qualche decennio fa, quando il consumismo non si era ancora impadronito delle nostre vite e delle nostre presunte necessità. Oggi un oggetto come lui, senza un apparente valore commerciale, privo di un benché minimo retaggio storico, il quale volendo potrebbe configurargli almeno la preziosità del cimelio, devo dire ha proprio l’aria di un vero sopravvissuto. E per questo lo apprezzo ancora di più.

Che che ne possa sembrare infatti, il mio piatto giallo non è un piatto comune e la sua resistenza nella mia cucina e di conseguenza nella vita quotidiana della mia famiglia è lì a dimostralo.

Convinta di tutto ciò ho smesso di cercare altro e l’ho preso tra le mani, con una solennità che forse non gli avevo mai dedicato e sfiorandolo nella sua concava superficie ho lasciato alla sua forza evocatrice di riportarmi lontano. E lui, il mio piatto color zabaione ha esaudito, riconoscente, il mio desiderio ricordandomi tempi lontani, ambienti familiari diversi, altri odori, altre atmosfere ed io, a questo punto, ho capito di volergli bene perché, per quanto assurdo e estremamente nostalgico possa sembrare, anche lui è un pezzo della mia vita.


Piatto giallo e prosegue la riflessione


Fortunatamente, e non so bene perché, lui è sfuggito alla mania di disfacimento di cui sono stata vittima per un certo periodo della mia vita. Periodo in cui tutto quello che era “datato” mi appariva come un qualcosa di cui liberarmi il più in fretta possibile. All’epoca infatti, alle mie porte, bussava continuamente la modernità e c’erano altri oggetti a cui ambire ed ai quali trovare uno spazio degno nella mobilia della mia casa. Era l’inizio del consumismo che preannunciava quello a cui siamo arrivati, una fase in cui nulla riesce ad invecchiare, neanche gli essere umani, e qualora, per motivi inspiegabili, ciò avvenga per un qualsivoglia oggetto, a meno che non sia come si usa dire ufficialmente vintage , venendo fuori ci fa quasi vergognare.

La moda dunque si muove in qualunque campo con ritmi nevrotici, ingestibili. La novità è divenuta un momento, un lampo fugace che a volte non riusciamo neanche a focalizzare, tanto veloce è il suo passaggio all’orizzonte dei nostri occhi. Abiti, oggetti, automobili, telefonini e molte altre cose ancora, vivono un’esistenza da farfalle alla quale noi, stupidi, non sempre ci opponiamo. Il business tende ad imporre tutto: colori, tessuti, tagli, consistenze, linee e fogge che vengono pensate una stagione per l’altra od al massimo per gli oggetti da un anno all’altro. Questo ovviamente non è normale e di conseguenza crea una schizofrenia nei bisogni che ci rende spesso inquieti, inappagati e produce soprattutto nei più giovani e nelle fasce più esposte una dose di frustrazione sempre meno gestibile.

Ora, per esempio, è stagione di saldi ed andando in giro per negozi, soprattutto in alcuni grandi magazzini, si assiste, a ben guardare, ad uno dei più tristi riti di cui i poveri oggetti e noi, di conseguenza a loro, siamo assoggettati. Il capo d’inizio stagione, esposto fino ad alcuni giorni fa in faraonica pompa magna nelle vetrine centrali, tra luci strategiche e gli accessori più trendy, languisce ora, praticamente agonizzante, tra cataste di altri poveri abiti sgualciti e mal riposti. In un bagliore, non si sa bene chi, forse un guru bislacco e magari di suo mal vestito ha decretato la fine del suo splendore, il ruolo primario che avrebbe potuto conoscere tra le stampelle del nostro armadio. E noi, condizionati da questo snobismo, l’osserviamo con altri occhi, lo afferriamo senza riguardo rimarcando a nostra volta il suo disperso valore.

Ed ogni anno, ad ogni cambio di stagione mi ritrovo a pensare la stessa cosa: quante volte, anche a noi esseri umani viene riservata la stessa sorte, qualora, un cedimento del nostro fisico, della nostra capacità lavorativa od una diversa disponibilità del nostro tempo ci costringe ad un forzato o voluto pit stop? Lascio a voi la risposta, convinta che ognuno di noi almeno una volta si è fermato a pensarci su.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

mah sarà!!!

Anonimo ha detto...

ciao puffola!!! ti scrivo x dirti (1)ciao! (2)credevo ke il viaggio in america ti avesse snebbiato la mente da certe stupidagini ma misbagliavo 6 sempre la solita...no scherzo sono molto contento x te e credo ke il tuo sogno si realizzerà molto presto.baci LILLO :-)
P.S.la prossima volta parla di qualcuno di reale e scrivi un po'di meno...

polle ha detto...

Ingranaggi, che nel tumultuoso volgere di questi "Tempi Moderni", devono essere sostituiti al primo cenno di cedimento. Ma non sempre è così... resistono nicchie dove l'uomo è valutato per quello che è, non per quello che può valere! A volte questa gialla stanza mi sembra uno di quei luoghi...
Ciao Richy, non essere impertinente ;)

M.Cristina ha detto...

Hai assolutamente ragione e per quanto riguarda questo nostro luogo condiviso credo che sia proprio un isola felice...

M.Cristina ha detto...

Per Ricky
grazie del tuo commento e della tua proverbiale simpatia, mi mette sempre di buo umore...in effetti hai ragione , dovrei scrivere meno. ci proverò.

marina ha detto...

vero vero vero. Questo è bello di te che sai voler bene ad un piatto giallo!
Anche per noi umani quando diventiamo "piatti gialli" ci vorrebbe qualcuno che ci apprezzasse!

Anonimo ha detto...

Ma sarà normale voler bene ad un piatto giallo?