Roma e l’estate sono per me una mistura perfetta.
Io adoro Roma quando il sole canicolare picchia violento e luminosissimo sopra di lei.
Nelle ore più calde, quando il fisico resiste, io me ne vado in giro e la guardo. Ed osservandola ogni volta mi beo di appartenere ad una città così perfetta.
D’estate infatti Roma ritrova la propria fisionomia, la natività delle proprie origine e diviene di nuovo terra, natura e profumo agreste, rallentando i tempi grazie ad un’indolenza lussuosa che le appartiene e le concede di tralasciare, grazie al calore che l’avvolge, quell’aria leccata e fredda di una città ormai cosmopolita troppo veloce, insopportabilmente indifferente alla propria indole caratteriale. E si perché anche le città hanno un carattere, un proprio innato modo di parlare e muoversi.
Sarà forse perché ad agosto, divenendo rovente, obbliga i più ad una rapida dipartita verso terre più fresche e liberandosi dal troppo riacquista, almeno ai miei occhi, l’aspetto di un tempo lontano del quale ho ancora bisogno e nel quale amo cullarmi.
Le strade si svuotano, le macchine sono lampi sporadici e Lei finalmente riemerge splendida sulla punta delle sue mille epoche.
L’erba bruciacchiata dal sole rende improvvisamente brulli tutti i suoi scorci, la terra arsa sbuffa la sua fatica e soltanto fontane e fontanelle, i famosi nasoni, ristorano lo sguardo. Solo a tratti però, così, quasi casualmente, senza esagerare. Ed allora, refrigerata, alzo i miei occhi verso le cime degli alberi che sembrano abitati da tutti i grilli e le cicale del mondo, che, non so come facciano ma indifferenti all’arsura, intonano le loro melodie in un concerto continuo. Appagata torno allora ad abbassare il mio sguardo ed i marciapiedi grigi e duri non ci sono più. A loro posto, grazie ad una silenziosa e delicata pioggia di secchi ed abbrustoliti aghi di pino, si è formato un tappeto naturale che fa scricchiolare i miei passi.
I rumori si fanno dunque naturali, nulla stride, tutto è di nuovo armonico ed è questo il momento in cui i mattoni rossi dell’età imperiale riacquistano il loro vigore, e fermi e solenni, tra sterpi ed oleandri dai fiori appassiti, svettano maestosi a ricordare a tutti chi siamo e da dove proveniamo.
Ma pur nella sonnacchiosa calma non si ferma Roma, Roma respira, finalmente libera, dando voce ai suoi palazzi, alle storie che sembrano rincorrersi tra le sue vie, nei vicoli, nella sovrapposizione delle epoche, fermando i miei occhi in simultanee foto, ognuna diversa, singolarmente uniche.
Incrocio cani dormienti e gatti indolenti ed ogni tanto ricordo un tempo ed una città che se non fosse per l’estate non vedrei più.
2 commenti:
Bella immagine della nostra citta; almeno di come la sognamo o come la vorremmo.
Ti suggerisco (ma immagino la conosca) la Roma delle sette di mattina di domenica in primavera
Roma la matrona, la regina del meretricio, città con la U maiuscola... bellissima in ogni stagione, realmente assume un fascino maggiore nei mesi estivi... hai ragione maria cristina... Roma d'estate è una giostra di colori, odori, rumori... ma mi fa agognare per i bui pomeriggi invernali, quando la pioggia, invano, cerca di mondarla da chisà quali peccati...
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