Ci siamo!
Non mi sembra vero, ma accadrà.
Il 30 novembre 2007 verrà presentato ufficialmente il mio libro: “ Mio padre mi chiamava Luna” . Stupendomi, il mio romanzo ha fatto la sua strada e quel giorno arriverà a trovare il suo posto tra gli scaffali ed i ripiani delle librerie di tutta Italia.
Da quel momento in poi, avrò il non comune onore di veder affiancato il mio nome a quello di tanti altri autori e magari di grandi scrittori. E come potrei, a questo punto, non provare un meraviglioso senso di vertigine?
E’ stranissimo, infatti, fantasticare per decenni su una possibilità che sembra soltanto un’aspirazione ambiziosa, una speranza remota, e ritrovarsi invece, quasi improvvisamente, al centro di un miraggio che diviene realtà.
Eppure è esattamente quello che sto vivendo.
Volendo giocare alla scrittrice consumata, potrei assumere un tono disinvolto e raccontare a tutti voi che sto assaporando questo momento con una certa naturalezza ma non è così, anzi, lo stato di sorpresa perenne che sto provando è un privilegio emotivo a cui non intendo rinunciare, e che penso sia carino condividere con chi mi legge.
In fondo, a rifletterci bene, tutta questa storia è una piccola favola, ed oggi è lunedì e credo che tutti voi abbiate bisogno di un piccolo incoraggiamento o di un momento di magia, e poi ditemi, come si fa a non raccontare la favola di cui si è protagonisti?
Tanti anni fa…
c’era una bimbetta, avrà avuto sei, forse sette anni ed ancora non sapeva scrivere bene. Tuttavia già premeva dentro di lei la voglia di guardare il mondo e raccontarne l’emozioni.
Nella potenza creativa e senza limiti di quell’età, non si preoccupava assolutamente di quanto in realtà possedesse un effettivo talento di scrittrice. Quello le sembrava un dato scontato e del quale, tra l’altro, non dubitava mai.
Aveva scelto il suo futuro e questo le bastava. Sarebbe stata una giornalista in giro per il mondo, avrebbe visitato paesi e conosciuto popoli, avrebbe osservato la natura e scritto le sue impressioni su un giornale fondato da lei. Questo sarebbe stato il suo futuro, la sua passione, e lei non aveva alcun dubbio che le cose sarebbero andate esattamente come le stava ipotizzando.
Trascorsero gli anni e la bimbetta diventò donna ma nulla mutò; quello rimaneva il suo progetto ed il non averlo realizzato, per motivi contingenti, il più grande rimpianto della sua vita.
Ma quel pensiero era sempre la, e lei ci tornava spesso, ogni qualvolta poteva. Era la sua casa, il rifugio in cui poteva continuare a sperare ed era un bel posto; qualcuno infatti, lo teneva sempre in ordine, caldo e pieno di luce e lei si sentiva bene lì dentro, a suo agio, anche se non sapeva chi fosse a mantenerlo così accogliente.
Un giorno però, mentre si trovava nella bella casa dei suoi sogni, arrivò una bimbetta piuttosto arrabbiata, la quale le disse che era stata lei in tutti quegli anni a curare la bellezza di quel luogo, ma ora, dopo tanti anni, era stanca e stufa, disse proprio così, e voleva che anche lei facesse la sua parte.
La donna era sorpresa ed incredula ma la bimbetta le disse, con tono deciso, che era arrivato il momento di esaudire il suo sogno, doveva ripagarla della pazienza e del lavoro silenzioso di tutti quegli anni.
Ogni parola della bambina conteneva una parte di verità e lei comprendeva la sua rabbia; improvvisamente però era in seria difficoltà, lei, una donna adulta.
Eppure, non sapeva come giustificare il tradimento di un progetto che in fondo aveva sempre condiviso, inoltre la bimbetta non smetteva di guardarla con occhi delusi e lei si sentiva morire dalla vergogna; aveva tradito le sue aspettative, la fiducia di cui l’aveva ritenuta degna, ed era assai difficile, a quel punto, riuscire a sostenere il suo sguardo.
Come fanno a volte gli adulti cercò quindi di tergiversare, propinando scuse e adducendo giustificazioni nella speranza meschina di placare la sua ira e distoglierla vigliaccamente dal suo intento ma, era tutto inutile.
La bimbetta reclamava il suo sogno, e caparbia come solo i bambini sanno essere, si mise al suo fianco e incrociando le braccine con aria di sfida, iniziò a presidiare la sua vita fino a quando lei non si arrese, promettendole che avrebbe finalmente provato a realizzare quel benedetto sogno.
La donna allora si mise seduta e cominciò a scrivere.
Scriveva e cancellava e poi riscriveva e la cosa inizialmente le sembrò difficile ed estremamente faticosa ma la bimbetta era sempre lì, accanto a lei, e le sorrideva fiduciosa, allora lei non poteva riabbassava nuovamente la testa e riprendeva a scrivere. Ci volle più di un anno e ci furono momenti in cui aveva l’impressione che tutto quello che la circondava, mosso da gnomi dispettosi e burloni, cercasse di ostacolarla, di mettere alla prova la sua volontà. Ma più scriveva e più questo gesto e gli automatismi di cui necessita, divenivano qualcosa di fluido, di molto naturale.
Fino a quando arrivò il giorno, anzi la sera in cui scrisse una frase e si rese conto che il libro, il suo libro era finito; sorpresa, era enormemente sorpresa di esserci riuscita. Le sembrava, infatti, di aver oltrepassato un traguardo ritenuto fino ad allora irraggiungibile.
Aveva saldato il suo debito ed esaudito un desiderio; si sentiva bene, a posto con la propria coscienza. Ma qualcun'altro, senza che lei se ne accorgesse, aveva osservato il suo lavoro ed apprezzato il suo impegno e, intenerito soprattutto dai buoni propositi da cui era stata mossa, aveva deciso di premiarla.
Da quel momento in poi infatti, tutto quello che si strotolava davanti a lei l'anticipava sempre, di almeno un passo rispetto a quello che iniziava a sperare possibile. Il libro piaceva e lei era stupita anche se immensamente felice.
Così , quasi travolta dagli eventi, è arrivata fino alle grandi emozioni di quest'ultimo mese: l’incontro con l’editore, la conferma ribadita da lui sulla validità dell’opera, la pubblicazione e tutto quello che ne verrà.
Ecco, questa è la storia del mio primo libro, sapete anche quanto la determinazione di quella bambina sia stata decisiva per la realizzazione di un progetto che la razionalità adulta mi aveva fatto accantonare.
Senza di lei non ce l’avrei fatta. Ho usato tutta la sua energia, tutto il suo entusiasmo, il monito dei suoi occhi ogni qual volta il mio coraggio tentennava e sono riuscita a consegnarle il sogno che attendeva da molti, forse veramente troppi anni.
Ne sono felice. Si meritava questa gioia e sono contenta che la maturità degli anni spesi nell’attesa, hanno saputo produrre l’essenza di molte nostre emozioni. Ma soprattutto trovo giusto ed ancora una volta un po’ magico che per uno strano succedersi di eventi, lontani e vicini, sarà proprio lei, a comparire sulla copertina del mio libro. Già, proprio lei, con i suoi ciucci, ed il vestitino anni settanta.
E poi ditemi se le cose accadono veramente per caso?
2 commenti:
Secondo me le vicende della vita aiutano o impediscono la realizzazione delle cose che vogliamo fare, in particolare quelle che sogniamo e desideriamo da sempre. Quindi credo che abbiano un peso importante. Baci e guarda il mio nuovo post.
E' vero, esiste l'imponderabile ma "diciamocelo" a volte siamo noi ad essere un pò mosci e rinunciatari... ed ora vado a leggere il tuo post.
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