Un pò di me e la mia intervista con Maurizio Costanzo e più in giù in nuovi post

mercoledì 24 aprile 2013

Ma che rivoluzione?




Che dispiacere veder piangere una persona perbene. E che rabbia guardare od immaginare i ghigni di soddisfazioni di coloro che all’interesse del popolo, ancora una volta, hanno anteposto il proprio. Uomini e donne del Pd hanno tradito, nel segreto di un urna, la scelta dichiarata pubblicamente in un’assemblea del loro partito. Altri lo hanno fatto arroccandosi nei propri castelli a tirar cannonate contro tutto e contro tutti.
In queste azioni non c’è coraggio né nobiltà.
Le rivoluzioni si fanno a viso scoperto, portando fieramente avanti le proprie idee è proposte. Le rivoluzioni si fanno esponendosi, rischiando, dialogando, decidendo anche in modo impopolare ma chiaro e soprattutto costruttivo.
Perché, dopo questo scempio, un cittadino dovrebbe aver fiducia ed appoggiare politici di così fatta specie?
Comportamenti eticamente scorretti ed un progetto politico che dopo due mesi riporta il paese punto e a capo: stesso anziano Presidente, Governo di larghe intese ormai inevitabile, Grillo che cavalca l’onda già stanca del solo riformatore.
Ma che tipo di rivoluzione è questa rivoluzione?
Questo è la vertigine rigenerativa che sanno propormi giovani e rinnovatori della politica italiana?
Se parliamo di rigenerazione sono confusa.
Due mesi di discussioni e ci svegliamo nel “Tutto è uguale, anzi no, peggio”.
O forse la storia è un’altra ed i giovani sono stati solo creta nelle mani di personaggi ben più furbi ed esperti di loro?
O forse la storia è che, dietro a questa incomprensibile conclusione, un diverso triangolo umano sta lavorando a scenari ancora non visibili?
Di certo il popolo non ha vinto.
Di certo non hanno vinto i tanto attesi giovani che, alla loro prima vera prova di forza rigeneratrice, si sono dimostrati in parte ingenui, in parte manovrabili, in parte presuntuosi, in parte totalmente inadeguati.
Non ha vinto il Pd che forse avrà mandato all’aria una parte dei suoi vecchi dirigenti, ma solo una parte, e per di più si ritrova schiantato sotto ad un cumolo di fango e macerie che scoraggerebbe anche il suo più fedele sostenitore.
Non ha vinto il rinnovamento, né la rigenerazione di una classe politica. Non basta mettere nomi e facce nuove dentro ad un Parlamento per ridisegnare una diversa Italia. Per farlo servono menti capaci, libere, esperte, coraggiose, nutrite di buon senso, sostenute da una dose minima di etica politica e principalmente mosse dal desiderio di essere parte attiva nel bene comune.
Non serve urlare slogan facilmente condivisibili per compiere una rivoluzione di un sistema. Bisogna saperla pensare nella sua complessità e poi gestire nella totalità delle sue fasi.
Bersani ha commesso degli errori, alcuni davvero ingenui per un leader di partito, e per questo ha inevitabilmente pagato il suo prezzo, ma li ha commessi seguendo un ideale più elevato di quello dei suoi detrattori. Per questo è maggiormente perdonabile, per questo abbiamo perso due volte.
La storia insegna che il popolo sceglie sempre Barabba e quello che abbiamo visto compiersi, dentro e fuori dal Parlamento, ne è solo l’ennesima riprova.
Volevamo il nuovo che avanza e ci ritroviamo dentro la solita pentola a bollire, mentre qualcuno che non abbiamo saputo riconoscere, tranquillo, gira il mestolo per preparasi il prossimo pasto caldo.

 

 


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