Un pò di me e la mia intervista con Maurizio Costanzo e più in giù in nuovi post

lunedì 17 ottobre 2011

Come in un caleidoscopio


Un piccolo movimento e tutto cambia.
Così è la vita.
Così è la mia vita.
I colori base sono quelli, le combinazioni possibili sono infinite.
Un libro.
Una musica.
Un incontro.
Piccole navicelle capaci di trasportarmi in luoghi sconosciuti.
Pochi mesi, quanti ne potrebbe contenere una mano che semina, ed un susseguirsi di conoscenze che rivoluzionano la percezione di ciò che chiamavo orizzonte.
Credevo di poter camminare verso un punto.
Mi sbagliavo.
E’ possibile muoversi verso più punti.
Cinque libri.
Due stazioni radio.
Uomini e donne portati dal caso. Forse.
I soliti accadimenti della vita.
Piccoli pezzettini di vetro colorato.
Un piccolo scatto della mano.
I vetrini colorati si muovono formando nuovi disegni.
Come è possibile non cambiare?
Eppure c’è chi pensa che il tempo, o meglio ciò che è avviene dentro il tempo, non modifichi ciò che si è.
Ingenuità?
Qualche anno fa nel mio primo libro scrissi: “Non è assolutamente vero che le persone non cambiano mai. Le persone cambiano se decidono di farlo, se scelgono di essere dentro la vita senza corazze impenetrabili”.
Correva l’anno 2005.
I miei colori base sono ancora gli stessi, ma le combinazioni sono cambiate molte volte.
Questo pensiero mi appartiene ancora.


venerdì 7 ottobre 2011

Non fatemi ridere che sono arrabbiata




E’ morto Steve Jobs e siamo tutti qui a proferire parole di riconoscimento ad un talento indiscusso.
Sento però che in questo inno corale alla genialità qualcosa non torna.
E non torna perché nell’Italia degli ultimi decenni raggiungere il riconoscimento del proprio talento è una fatica mostruosa, un’impresa titanica, un dispendio di energie ciclopiche.
Io percepisco una discreta forma di schizofrenia ipocrita quando ascolto giornalisti, politici, capitani d’industria, ma anche lo sconosciuto del cappuccino accanto, esaltare un uomo che se si fosse presentato davanti a loro da signor nessuno, vestito da hippy con le sue idee fantasiose in molti avrebbero preso per pazzo.
Sarei curiosa di metterla alla prova tutta questa gente. Vorrei vedere oggi, quanta fiducia sarebbero davvero pronti a mettere a disposizione di un sogno strambo, di un'ipotesi che magari non riescono neanche a visualizzare.
Perché ad osannare dopo siamo tutti bravi, ma prima?
Ed allora di cosa mi parlano tutte queste persone?
Dove sono tutti questi proferitori di elogi quando, ognuno nel proprio ruolo, sono chiamati ad aiutare, spronare, favorire le idee?
E di che cosa blaterano questi parrucconi sprofondati in comode ed impolverate poltrone?
Di cosa?
Loro, la classe dirigente di un paese che sta cadendo nel baratro, incapace di avere una visione illuminata e lungimirante, mi vuole far credere di condividere la filosofia del folle visionario affamato?
Ma per piacere, evitiamo di cadere nel patetico!
Se Steve Jobs, in quel tempo, avesse parlato a questi signorotti provinciali di pc portatili, iPod, iPhon come minimo avrebbero chiamato i carabinieri.
In questo paese regredito a delle modalità feudali, le opportunità di essere ascoltati o messi nella condizione di avere delle chance è data solo da tre condizioni: discendenza di familiare, montagne di soldi, o scambi sessuali.
Questo è il paese dei cervelli in fuga perché nessuno se li fila, chi volete prendere in giro?
In Italia, in questo periodo storico, un talento siamo in grado di riconoscerlo solo dopo che è divenuto un successo.
Nel resto del mondo lo percepiscono quando è solo un'intuizione, una bozza, un groviglio apparentemente sconclusionato e fanno in modo, lo mettono nelle condizioni di trasformarsi in un successo.
La differenza è immensa!
Questo è un paese vecchio ed obsoleto perché pensa in modo vecchio, si comporta in modo vecchio, preferisce essere vecchio.
In Italia non c’è spazio, non circola aria, i posti fondamentali sono tutti presidiati. Ho l’atroce dubbio che a questo paese non interessi trovare, scoprire, aiutare uno Steve Jobs, né nessun’altro talento. Questo paese non è interessato a collegare i puntini per vedere il senso di ciò che ha fatto e quindi migliorarsi. Questa nazione non guarda in direzione del futuro od è spinta nel futuro. Questa malmessa nazione è sprofondata in una rattoppata ed impolverata poltrona, con la testa reclinata verso il basso, gli occhi chiusi e la bussola del buon senso e del cuore persa chi sa dove.
Ma il rischio vero è che afflosciato in questa assurda posizione, il nostro paese possa esalare l’ultimo respiro senza che nessuno se ne accorga.