Un pò di me e la mia intervista con Maurizio Costanzo e più in giù in nuovi post

mercoledì 25 febbraio 2009

I consigli di Aristone tra le pagine di Seneca

“ A che cosa giova mostrare ciò che è evidente? A moltissimo, in quanto talvolta ce ne rendiamo ben conto, ma restiamo incerti. L’avvertimento non insegna, però richiama l’attenzione, la risveglia, però dà consistenza alla memoria, non consente che svanisca. Molti oggetti ci stanno avanti agli occhi, eppure passiamo oltre senza degnarli di uno sguardo. Avvertire è un modo d’incoraggiare. Spesso l’animo dissimula l’evidenza; pertanto bisogna costringerlo ad accettare la conoscenza delle cose più note. A questo punto è opportuno riprendere le parole pronunciate da Calvo contro Vatinio: “ Sapete che è stato commesso un broglio e tutti sanno che voi lo sapete.” Sai che gli impegni dell’amicizia devono essere scrupolosamente rispettati, ma non lo fai; sai che si comporta ingiustamente quell’uomo che pretende la massima serietà dalla propria moglie mentre insidia la moglie degli altri; sai che come la tua donna non deve intendersela con un amante, così tu non devi avere nulla a che fare con le concubine; eppure lo fai. Quindi è indispensabile indurti ogni tanto a ricordare questi doveri. È un patrimonio morale che non conviene tenere in riserva , ma sotto mano. Occorre prendere spesso in considerazione ogni principio salutare, ponderarlo spesso da ogni lato in modo che non sia soltanto noto, ma anche a nostra disposizione. Ora aggiungi che anche le verità evidenti diventano di solito più evidenti.”

Tratto da " Seneca lettere morali a Lucillo"

domenica 22 febbraio 2009

L'energia

Accettando la sfida del mio amico Paolo, pubblico una doppia versione di questo piccolo scritto modificandone unicamente la punteggiatura.
Scrivere è per me una forma di espressione, ma è anche un dialogo. Si ascoltano i pensieri di chi ci legge e ci si raffronta con la forza delle loro idee. Per questo motivo, perchè amo gli stimoli che la scrittura mi regala, ho trovato interesante proporre, anche sul blog, uno dei tanti momenti che vedono me ed i miei amici riflettere su come una parola od una frase possano essere espresse più efficacemente.

Che cos’è tutta questa energia che sento sprigionarsi?
Un sole acceso? I ricordi che rafforzano?
Un giradischi, quella stanza, le persiane accostate, il sole.
Sempre il sole.
Una stella? La potenza di un nucleo? La protezione di un nido?
Cosa?
Ma che importanza ha?
Ora so, e non è più importante sapere.
Il giorno è oltre il suo albore, giovane e pieno di promesse
ed io ho la forza, la volontà di andarle a prendere.
Una ad una.
Il cammino è già iniziato,
perché io l’ho ripreso.


Che cos’è tutta questa energia che sento sprigionarsi?
Un sole acceso. I ricordi che rafforzano.
Un giradischi, quella stanza, le persiane accostate, il sole.
Sempre il sole.
Una stella. La potenza di un nucleo. La protezione di un nido.
Cosa?
Ma che importanza ha?
Ora so, e non è più importante sapere.
Il giorno è oltre il suo albore, giovane e pieno di promesseed
io ho la forza, la volontà di andarle a prendere.
Una ad una.
Il cammino è già iniziato,
perché io l’ho ripreso.

giovedì 19 febbraio 2009

"Alcuni dicono che"

Alcuni dicono che
quando è detta
la parola muore.

Io dico invece che
proprio quel giorno
comincia a vivere.

Emily Dickinson " Alcuni dicono che"

mercoledì 18 febbraio 2009

La televisione e le sue false verità

Nel mondo della comunicazione, è opinione diffusa che l'impatto di un video è molto più coinvolgente ed efficace di uno pezzo scritto ed è per questo che, nonostante ami la scrittura e la preferisca di molto alle chiacchere, ho deciso, in un volontario paradosso d'intenti, di usare proprio un video per parlarvi delle false verità televisive. Il video tratto dal film " Quinto potere" di Sidney Lumet dura poco più di quattro minuti, ma riesce a raccontare molto efficacemente l'uso indiscriminato di un certo tipo d'informazione televisiva e, parallelamente, l'incapacità crescente, di una parte del pubblico, di saper scindere i beceri inganni da una vera e seria diffusione della realtà.
Il film è del 1976, giudicate voi l'attualità di quanto viene detto.


lunedì 16 febbraio 2009

L'amore nelle memorie di Adriano

" Confesso che la ragione si smarrisce di fronte al prodigio dell'amore, strana ossessione che fa sì che questa stessa carne, della quale ci curiamo tanto poco quando costituisce il nostro corpo, preoccupandoci unicamente di lavarla, di nutrirla, e - fin dov'è possibile - d'impedirle che soffra, possa ispiraci una così travolgente sete di carezze sol perchè è animata da una individualità diversa dalla nostra, e perchè è dotata più o meno di certi attributi di bellezza su i quali, del resto, anche i giudici migliori son discordi.
Di fronte all'amore, la logica umana è impotente, come in presenza delle rivelazioni dei Misteri: non s'è ingannata la tradizione popolare, che ha semprre ravvisato nell'amore una forma d'iniziazione, uno dei punti ove il segreto ed il sacro s'incontrano. E per un altro aspetto ancora, l'espressione sensuale si può paragonare ai Misteri, in quanto il primo contatto appare al non iniziato un rito più o meno pauroso, violentemente diverso dalle funzioni consuete del sonno, del bere e del mangiare, oggetto di scherno, di vergogna o di terrore. L'amore, non altrimenti della danza delle Menedi e del delirante furore dei Coribanti, ci trascina in un universo insolito, ove in altri momenti è vietato avventurarci, e dove cessiamo di orientarci non appena l'ardore si spegne e il piacere si placa."

Tratto da " Memorie di Adriano" di Marguerite Yourcenar

giovedì 12 febbraio 2009

Seconda parte della mia intervista a Radio Città Futura

Seconda ed ultima parte della mia ultima intervista a Radio Città Futura, condotta in studio da Vittorio Castelnuovo ed in compagnia di Fabrizio Giufuni e Luciano Correlli.

martedì 10 febbraio 2009

La luna

C’è una meravigliosa luna questa sera. La stessa luna che guardavo ieri sera indicandola a mio marito, che guidava e non poteva osservarla. E’ la stessa che, in uno strano gioco di specchi, rifletteva le proprie macchie, quei tratti grigi che sembrano umanizzarla quando la guardiamo da qua giù, su una nuvola che le sostava accanto. Ero ammaliata dalla sua luminosità e da quello strano fenomeno che la sdoppiava in due volti di clown, malinconici, con la bocca atteggiata in una smorfia amara. Un aspetto che in genere non le riconosco. La luna è la luna, e per me è femmina. Eppure mentre attraversavo a piedi il giardino del mio condominio i miei occhi tornavano a lei, e più la guardavo e più cercavo d’interpretare quell’improbabile volto che la mia fantasia le stava dando.
Perché è così triste, mi dicevo, perché?
Per me la luna non è mai triste, tutt’altro, è forte, è magnetica, è saggia, è molte cose ma non è mai triste. L’ho guardata mille e mille volte la luna e lei mi ha sempre sorriso. Ed allora cosa ha questa sera? Cosa c’è che non va?
Una piccola morsa di paura, la sensazione che su quel disco argentato la mia sensibilità stesse proiettando qualche cosa di brutto, che non era ovviamente espressione della luna ma del mio più profondo sentire.
Il disco bianco e lucente era la lavagna su cui i miei pensieri, i miei sentimenti tracciavano l’angoscia e la malinconia che sentivo dentro, che anticipava, per mezzo dell’istinto, l’idea che qualcosa di cupo stesse arrivando.
Ancora dei passi, il desiderio di scacciare via quella sensazione negativa, gli occhi che tornavano su, a guardarla. E subito una sorpresa. La nuvola, quella che era divenuta il suo magico specchio, non c’era più, e lei era di nuovo sola. Libera! Non c’era più nulla intorno a lei. Il cielo di nuovo pulito e lei sola davanti ai miei occhi. Il volto ancora triste è vero, ma almeno non più doppio, non più riflesso ed aggravato in quella nuvola.
Oggi ci siamo incontrate di nuovo. Lei si è mostrata lentamente, sorgendo ad ogni mio passo, da dietro gli alberi ed i palazzi della mia amatissima Roma.
Che luna che c’è questa sera! Ma l’avete vista? Mi viene da dire, anzi urlare a tutti quelli che incontro lungo la mia via. Vorrei fermarli, strattonare la loro indifferenza.
“ Ehi l’avete vista? Ma guardatela com’è bella, maestosa, “paganamente” divina.
Ehi, signori! Ma come fate a continuare nelle vostre becere meschinità mentre lassù, nel cielo, risplende così tanta bellezza? Come è possibile che rimaniate avvinghiati, immelmati nei beceri affarucci, nei miseri, quanto insulsi interessucci del vostro essere “piccoli umani”.
Guardando questa luna, mi sembra assurdo che l’umanità non migliori se stessa solo osservando la perfetta meraviglia che lo circonda. Eppure…

Ma la luna è di nuovo la luna questa sera ed io ho voglia di scriverlo.
“ Avete visto che luna c’è stasera?”
Ma non lo farò, non questa sera. Nella scatola chiamata TV arriva una notizia e vedo scatenarsi il solito triste circo. Non ho voglia di guardarlo, ho soltanto voglia di spengere tutto e lasciare al meraviglioso silenzio della luna il mio saluto ad una giovane donna.
Una donna che ancora una volta ha visto il suo corpo divenire “prigioniero oggetto” di beceri ed estranei interessi personali.
La violenza ha tante facce e forse è questo che mi indicava il volto amaro della luna ieri sera.
Ma anche la libertà ha infiniti aspetti e forse, è questo che nel suo pulito splendore voleva suggerirmi la luna questa sera.

domenica 8 febbraio 2009

L'espressione della femminilità/ parte terza

Nei post precedenti ho parlato di come la bellezza sia stata usata, in parte, per relegare l’evoluzione del cammino femminile in ruoli e comportamenti quasi irrilevanti per l’espressione piena della propria individualità. Ma esiste un altro aspetto che inibisce la capacità di una donna ( in verità, anche se in forme diverse, anche dell’uomo) di perseguire e centrare gli obbiettivi della propria vita, e per spiegarli mi avvarrò, ancora una volta e per alcuni passaggi, dell’aiuto di Aldo Carotenuto, traendo spunto da alcuni brani del suo libro “ L’anima delle donne”.
Le donne sono dotate di una potente e meravigliosa capacità creativa. L’espressione di questa loro innata capacità si esplicita in mille modi diversi ed anche nella più completa inconsapevolezza delle stesse.
Le donne creano quando mettono al mondo un figlio, quando inventano e trovano il modo, spesso in contesti sociali e culturali ostili, di crescere i propri figli, di educarli. Creano quando si barcamenano nell’affrontare le molteplici dimensioni della vita, quando assistono i loro vecchi o quelli degli altri, quando liberano la loro fantasia per nutrire oltre il cuore e le anime di amiche e sorelle in difficoltà, quando aiutano il cammino del proprio uomo o, nell’ambito lavorativio, dei superiori, i quali, per quanto si prodighino per gestire i massimi sistemi, senza il lavoro e l’attenzione costante delle proprie collaboratrici non potrebbero arrivare troppo lontano od in alto nell’ascesa sociale. E poi creano quando pensano, scrivono, dipingono, cuciono, innaffiano le loro piante con le giusti dosi di acqua, quando aiutano un’altra donna a partorire, quando cucinano, quando studiano negli innumerevoli disagi che le circondano. Creano infine quando inseguendo i propri sogni e la parte più vera e profonda di loro stesse scovano ed attuano il metodo più giusto per realizzare ciò che è loro indispensabile per sentirsi felici, in uno qualsiasi di tutti questi campi. Fanno tutto ciò spesso non rendendosi conto di come questo sia un aspetto meraviglioso e tutto femminile del loro essere. Una potenza creativa e rigeneratrice della propria psiche che spesso le donne sottovalutano o non comprendo pienamente.
E’ molto interessante ed importante comprendere perché, troppo frequentemente, manca loro il coraggio di vedersi e soprattutto di ascoltarsi interiormente, procedendo e limitando in questo modo le proprie possibilità.
Aldo Carotenuto mette in luce un fattore determinate rifacendosi al mito della dea Artemide, per i romani Diana.
“ Artemide era figlia di Zeus e Latona ed era solita vagare per i boschi e nelle foreste seguita dalle sue ninfe e dai cani da caccia e da sempre rappresentata con una faretra colma di frecce sulla spalla. Era dotata di una mira infallibile. Il mito narra che quando era piccolissima sua madre la condusse sull’Olimpo per mostrarla a Zeus. Il padre incantato dalla sua bellezza, le domandò quale desideri avrebbe voluto che esaudisse per lei. In quella occasione lei chiese arco e frecce, una muta di cani, un corteo di ninfe,un territorio selvaggio tutto per se ed infine la castità eterna.” Proprio la sua richiesta di castità eterna è il fulcro intorno al quale ruota, nel suo caso, la forza che questo mito sa esprimere. Artemide infatti esprimendo questo desiderio palesa la sua volontà di non dover dipendere da un uomo, di non dover necessariamente condividere o chiedere ad un uomo se sta agendo bene oppure male. Questo certo può apparire un’estremizzazione di un femminile forte ed indipendente ma non è questa estremizzazione ad interessarci, l’aspetto che in realtà richiama l’attenzione su questa figura mitologica è il perché lei si senta così sicura di se.
Afferma Carotenuto: “ Se ripercorriamo le tappe che scandiscono il suo mito, ricorderemo che da piccola fu portata al cospetto del padre Zeus il quale le offre tutto il suo sostegno e le consente di avere ciò che desidera. Da quel momento Artemide diviene inarrestabile. Ebbene cosa può suggerirci questa immagine? L’approvazione delle figure di riferimento è per ogni bambino molto importante, perché potrà regalargli o negargli quella fondamentale dimensione psicologica che è la sicurezza. Il senso di sicurezza è il primo tassello per costruire la nostra personalità, per rafforzare e positivizzare l’autostima, per poter credere nelle nostre capacità.”

venerdì 6 febbraio 2009

Quattro chiacchere a Radio Città Futura tra scrittura, musica e cinema. La mia ultima intervista/ parte prima

Nel post di oggi la mia ultima intervista a Radio Città Futura. Un'ora e mezza di trasmissione che, per una migliore fruibilità, ho pensato di dividere in due parti. Una trasmissione in cui, in compagnia di Fabrizio Gifuni, Luciano Corelli e Vittorio Castelnuovo, abbiamo attraversato i nostri gusti musicali, i loro lavoro cinematografico, Roma, la Sardegna, l'intreccio tra la scrittura, il cinema e la musica. Insomma una trasmissione, a mio avviso, gustosa e divertente.
A voi il giudizio.

martedì 3 febbraio 2009

Tu, nella mia testa

Mi sveglio con il ricordo di te e di quella sera.
Chissà perché proprio oggi?
E ti rivedo, no, ti sento di nuovo accanto a me.
Percepisco i nostri visi vicini, le labbra che finalmente s'incontrano e la mia gioia, la mia paura.
Eravamo proprio belli quelli sera: i nostri abiti eleganti, la nostra impreparata gioventù e le nostre labbra.
E’ tutto racchiuso in quel momento il nostro più intimo incontrarci. Nulla di più.
Eppure è un ricordo intenso, che mi disorienta ripensandolo all’oggi.
Mi domando perché?
Perché è tornato a tamburellarmi nella mente in questa piovosa mattina?
Avevamo danzato per un tempo infinito allora, guardandoci, avvicinandoci, annusando nell’altro lo stesso desiderio. Amici innamorati insomma, e poi, ad un tratto, il coraggio atteso, voluto, di un passo nell’altro.
E poi?
Le luci della città, lo stordimento di un’emozione e non una parola. Non ricordo nessuna parola tra i nostri baci.
Possibile?
Non so come c’incontrammo, né dove, ma ricordo che quei baci avevano volteggiato tra noi fin d’allora, da quel nostro primo incontro. Questo lo ricordo, lo so.
I baci ancora non dati erano le lucciole di ogni appuntamento, danzavano silenziosi tra di noi, sfiorandoci, inspiegabilmente imprendibili.
Oggi riconosco il tuo coraggio, non il mio.
Fu a causa mia che mancarono le parole, quelle indispensabili a sancire il passaggio ad un sentimento dichiarato.
Ti delusi forse, impietrita com’ero dall’emozione. Ma tu non potevi saperlo ed io fui incapaci di dirtelo.
E così ci perdemmo, incomprensibilmente sconfitti dalla nostra stessa acerbità.
Ed oggi sei tornato qui, nella mia testa, a dirmi cosa?
A riprenderti quelle parole?
Oggi saprei parlarti, oggi, anche senza parole.
Guardo il cielo, il lattiginoso colore delle nuvole e mi prende una voglia folle di raccontarti l’emozione di quella notte.
Non sopporto l’idea che tu non sappia.
Ma dove sei?

domenica 1 febbraio 2009

L'espressione della femminilità/ parte seconda

Per una donna la seduzione è stata, e forse lo è tutt’ora, un’arma di sopravvivenza. Fino a pochi decenni fa maritarsi era la priorità a cui una donna era chiamata, dopo veniva la maternità e la gestione del nucleo familiare. Non era contemplata la priorità dello studio, del lavoro o di altre forme di esplorazione e affermazione personale. La bellezza e la seduzione erano dunque i due aspetti che incanalavano, principalmente, le energie femminili in tal senso. Una donna molto bella o affascinante aveva, infatti, maggiori possibilità di trovare un marito che le permettesse uno scatto sociale o una vita agita o, se non altro, la semplice sopravvivenza.
Afferma Aldo Carotenuto:
“Quindi, tra le tante ingiustizie ed i numerosi paradossi di cui il femminile è vittima, l’assurdità peggiore, riguarda il compito che il corso della storia ha assegnato alle donne: la necessità di essere bella. L’ingiustizia viene in primo luogo determinata da un paragone importante, ove il termine di confronto è costituito dal ruolo che, invece, spetterebbe al maschile: la conquista del potere e del successo.
…si tratta di una questione fondamentale, le cui implicazioni possono coinvolgere tutto lo sviluppo e la vita di una donna. Fin dalla nascita, infatti, veniamo abituati a distinguere e catalogare le persone come belle o brutte. Questo fa si che, via via che ci sviluppiamo, cresciamo, veniamo allevati in un’atmosfera per la quale la bellezza diventa determinate. Ma perché – ed è questa la domanda fondamentale- la necessità di questi requisiti viene attribuita soprattutto alle donne? Se infatti una donna ha valore soltanto perché è bella , nel momento in cui questa bellezza dovesse scomparire, sicuramente la situazione per il femminile diverrebbe complicata e fonte di gravi sofferenze. Si tratta dunque di un gioco perverso messo in atto dal maschile per soggiogare il femminile attribuendogli un potere strettamente correlato al suo aspetto fisico e, quindi, precario e deteriorabile.” Prosegue Carotenuto “ Spietata è dunque la legge della bella apparenza, come del resto rigidi e inflessibili sono i cosiddetti “ canoni di bellezza” requisiti che il corpo femminile dovrebbe possedere per piacere. Un aspetto molto importante da considerare è dato dunque dalla fugacità della bellezza, per cui, dopo una vita spesa nel tentativo di aderire fedelmente ad un certo modello estetico, all’improvviso una donna si rende conto che tutto è stato inutile perché la sua bellezza svanisce.
Ecco allora che se da una parte è vero che la bellezza costituisce per il femminile un fattore determinate per affrontare la vita, d’altra parte è altrettanto vero che nel momento in cui sarà privata di esso,una donna potrà sentirsi sguarnita e disarmata dinanzi alle insidie dell’esistenza.”
Questo sostiene Aldo Carotenuto nel suo bellissimo “ L’anima delle donne” ed è un passaggio indispensabile da cui ripartirò per esplorare quello che invece è “oltre” al dono della bellezza, che in fondo ci è “data”, e che quindi, a differenza di essa, dovrebbe essere inseguito per sviluppare una differente consapevolezza del nostro essere, delle nostre reali capacità, di quella vitale creatività dimenticata lungo la strada per rispondere a bisogni altrui e non al nostro profondo e quanto intimo progetto di vita.