Non aveva dormito bene quella notte. Una sovrapporsi d’immagini e sensazioni angosciose l’avevano inseguita per tutta la notte. Con il corpo aveva cercato di scaldare le sue paure avvicinandosi all’uomo che aveva accanto, delicatamente, cercando di non svegliarlo.
E doveva esserci riuscita, poiché il sonno era tornato più tranquillo e lei si era svegliata quando il sole era già alto. Tuttavia quelle angosce notturne vacillavano come acqua dentro di lei, spostando continuamente il suo stato d’animo.
Turbata, ecco, lei era turbata, non avrebbe saputo dire da cosa, nulla in particolare avrebbe risposto a chi glie l' avesso chiesto, ma era esattamente quello il sentimento predominante della giornata.
Di certo le parole di quella donna, quella appena conosciuta, sulla consapevolezza avevano le loro responsabilità. Tutto quel parlare della sera prima, quel tracciare a fondo e con competenza, paure, bisogni nascosti, traumi subiti dai suoi pazienti, il tutto osservato durante quella seduta di gruppo dove il tema era quello tratto nel suo libro e, parallelamente, parlare di loro stesse, della loro vita, dei loro dolori, certo, tutto questo non poteva considerarsi digerito nel mescolio di una pizza e di una birra.
Anzi, qualche cosa doveva essere rimasto lì, tra la gola e lo stomaco e questo spiegava la brutta nottata. Ma ora, ora che la luce del sole rischiarava anche i pensieri, perché quell’inquietudine non spariva?
Andò in ufficio quasi contenta, la confusione ed il lavoro l’avrebbero distratta e tutto si sarebbe ridimensionato.
Ma appena il solito caos la salutò, quella sensazione sconclusionata eppure netta tornò, dritta dritta a colpirle il cuore. Fece un giro per le stanze, salutò qua e là, si intrattenne per un caffè con alcuni colleghi, ma niente, la situazione emotiva non si decideva a girare per altri lidi.
Consapevolezza; quella parola non voleva proprio lasciarla in pace.
Si estraniò dai discorsi ed iniziò ad osservare i visi di chi gli era accanto, di chi passava o si affacciava nella sua stanza, con una battuta od una richiesta. Quante persone del suo ufficio erano consapevoli? Quanti conoscevano veramente la natura dei loro comportamenti, dei bisogni che li obbligavano a muoversi in un certo modo, a parlare e pensare come sembrava naturale?
Ad osservarli bene avrebbe risposto istintivamente: nessuno. Ma non voleva rispondere istintivamente e quindi, poiché la giornata aveva ormai preso quel bizzoso andazzo e nulla, ma proprio nulla sembrava poter modificare quel tango serioso di pensieri, si decise ad abbandonarsi al caschè finale. Registrò con la mente le loro movenze, l’espressione incontrollabile dei loro volti, i toni volutamente impostati delle voci e poi si fece l’ultima domanda, quella indispensabile per sciogliere almeno dentro di se il groviglio in cui quella donna, quella appena conosciuta, l’aveva incastrata: ma chi parlava a chi? Ossia, quale maschera parlava ad un’altra maschera? Qual’era il ruolo che ognuno di loro aveva scelto per se in quella bastardissima giornata. Improvvisamente, e forse in modo un po’ troppo estremizzato, tutti i suoi colleghi, capi compresi, le apparvero come attori consumati che, nell’accettazione reciproca, recitavano una parte, così d’apparire diversi: migliori, peggiori, sicuri, simpatici, intelligenti, arroganti, perfino volutamente stupidi. Si disse che si stava avviluppando ma ormai quel gioco l’aveva coinvolta.
Innaturali! Ecco, erano innaturali. Le aveva viste le donne a quella seduta di gruppo spogliate dei loro ruoli, com’erano diverse e fragili.
Con che facilità erano emerse tutte le loro difficoltà: rabbia, dolore, delusione, deprivazione, spasmodica ricerca di una benchè minima accettazione.
Ed oggi, certo, erano altre donne ed altri uomini, ma perché dovevano essere poi tanto diversi? Perché i suoi colleghi, e lei stessa, non dovevano essere preda delle stesse paure o di altre, in fondo che importava? Bambini cresciuti, piccoli uomini e piccole donne, alle prese con una vita difficile e socialmente spietata, la quale, senza indulgenza li conduceva inconsapevoli ad un bluff continuo. Possibile che tutto fosse così finto? Tutto un mostrarsi senza mostrarsi, come fossero danzatori fissi di un continuo ballo di carnevale, dove gli occhi, quelli che non mento, sono celati da una mascherina che volendo può mostrare almeno due diverse facce. Ma almeno a qualcuno, si mostravano per quel che erano?
E lei? Consapevolezza…porca miseria che fatica.
12 commenti:
Consapevolezza, che fatica! ma quando ci si fa, che forza che dà!
baci marina
E' vero! ed una volta scelta diviene irrinunciabile.
Stamattina mi sono svegliata non proprio in forma. Ho dormito male e stanotte mi avvicinavo al mio lui per trovare maggiore serenità e devo esserci riuscita...mi sono alzata che il sole era già alto. Ho acceso il pc, ho raccontato i miei sogni e le mie visioni sul mio blog (www.jerseydancergirl.splinder.com) e sono passata a trovarti nella stanza del tè...e ho letto questo post...io lo trovo incredibile!!!!
paola (murgia)
Hai ragione le sincronie iniziano ad essere particolari e questo mi fa sorridere e pensare che le alchimii esistono e prima o poi la vita offre la possibilità d'incontrarsi. Vado a leggere il tuo post.
mmmh....io sono in periodo di notti insonni!
troppe cose per la testa.
uff....
nn sono abituato a pensare cosi tanto :))))
Bhe, dire che sarebbe peggio se la tua testa avesse smesso di girare... e poi a dirla tutta non credo che tu normalmente sia un tipo da " non ce pensà". No, direi che non lo sei. Sbaglio? Ma dimmi, se non sono troppo curiosa, i tuoi pensieri sono belli?
mmmmh...maria cristina....
ce ne sono belli. ce ne sono di bellissimi..
però...perchè c'è sempre un però....
alcuni pensieri bellissimi ne portano qualcuno brutto.
ahhhhh....peccato non sia proprio il luogo adatto questo! sennò te li farei sentire stì pensieri :)
Consapevolezza... non è facile. Dopotutto è il conoscere nel profondo le proprie emozioni, che guidano i nostri pensieri. Chi sono veramente? "Nosce te ipsum".
mat@ Ho capito, è un periodo effervescente...allora è come ti dicevo: non dormirai ma è un grande momento.
Ebalsemin@ hai ragione non è facile ma anche vagare nel buio comporta grandi dolori. Forse è come dico io: non dico tanto, ma due domande due, almeno quelle principali, dico, sarà mica così difficile porsele??? Che dite? Altrimenti è inutile lamentarsi.
"....la grande corsa verso il punto massimo di consapevolezza.
Il giusto figlio e un giusto figlio ancora.
Finchè la paura starà sotto di te.
Perchè il tuo tempo abbia un senso...."
Baci
Si, probabilmente lo e
Si, probabilmente lo e
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