La stanza del tè è un luogo fisico ma è anche un luogo mentale. Le persone che si muovono al suo interno escono temporaneamente dal mondo e dal suo affanno per contemplare, durante il rito del tè, il vuoto dove dimenticare la razionalità e raggiungere un approccio totalizzante con le cose e le persone.
Un pò di me e la mia intervista con Maurizio Costanzo e più in giù in nuovi post
giovedì 21 febbraio 2013
I punti che...
Sono vittima consapevole dei puntini di sospensione...
Uso odiato da molti e che io, al contrario, ho imparato ad amare.
Il punto è che la scrittura si adegua alla mia vita, si mescola a ciò che provo, si accavalla, s’innalza, vola o precipita, è carne della mia carne, è respiro e saliva dei miei discorsi interiori. E non posso farci niente se non desidero essere conclusiva come un punto, categorica come un esclamativo, di piccola pausa come una virgola, indecisa come un punto e virgola, bloccata da una torre di due punti. Non sento, insomma, il bisogno di porre, dopo l’espressione di un qualsivoglia pensiero, una barriera, se non forse la sinuosità di un punto interrogativo.
Ciò che scrivo non lo ritengo una verità assoluta, domani potrei cambiare idea, o farlo anche tra cinque minuti. Oppure potrei solo aver ipotizzato, aver lanciato nell’aria una possibilità, un desiderio, ma niente che non possa lasciare spazio ad un cambiamento, ad un aggiustamento. Per me non è tempo di frasi chiuse, di pensieri assoluti, di verità incontrovertibili. Tutt’altro, dichiaro con felicità che in questa parte della mia vita sono in sintonia con i puntini di sospensione… mi trasmettono una piacevolissima sensazione di libertà. Desidero lasciare la strada aperta, le porte socchiuse, lo spazio temporale in una percezione indefinita. Mi piace l’idea di un accenno, di un bisbiglio pronunciato in un respiro. Il suggerire quasi non volendo, distrattamente, delicatamente. A volte, se potessi usare la libertà dei versi poetici, non utilizzerei neanche i punti di sospensione. Lascerei la frase da sola
come sopra ad una vetta, immaginandola davanti ad un orizzonte infinito, nella libertà di scegliere che cosa fare: trattenersi, lanciarsi, cadere, volare, tornare indietro, sdraiarsi ad aspettare.
Appropriarsi, anche nella punteggiatura, di una propria forma espressiva non sarà aulico, ma lo vivo come un gran bel momento, un’anarchia saggia e lungimirante per la mia psiche affaticata da troppe regole.
In un mondo che si muove spinto e strattonato da tutte le parti, costretto da mode e modi di vita schizofrenici, il mio non concludere mi appare assai riposante, armonia pura, un lusso vero.
O, almeno, così mi sembra…
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento