Un pò di me e la mia intervista con Maurizio Costanzo e più in giù in nuovi post

venerdì 18 novembre 2011





Diciamo che credo ai cicli della vita ed alla storia che di vita umana è fatta.
Diciamo poi che la storia ci racconta, con profusione d’esempi, che gli esseri umani ed i loro comportamenti non mutano con il mutare dei secoli. A volte imparano, molto spesso ripetono e in qualche modo avanzano nonostante improvvise regressioni e dolorosi capitaboli.
Diciamo che non c’è niente di più umano, in quanto a passioni, debolezze e virtù del nostro emotivo e antico popolo.
In dieci giorni sotto ai nostri occhi è successo l’impensabile.

In dieci giorni siamo passati dal grottesco scurrile all’intelligenza elegante.
In dieci giorni in Italia si è compiuta una trasformazione che pensavo realizzabile in un altro ventennio, tanto basso era il fondo in cui ci stavamo attardando.
In dieci giorni alcuni uomini mi hanno dimostrato, cosa che sapevo già ma ricordarlo male non fa, che si può invecchiare in molti modi e lasciare la propria firma in questo mondo sotto azioni di elevato rilievo o di disonorevole egoismo.
Come sempre si può sciegliere ed io propendo sempre per l’espressione alta dell’essere umano. In genere è la più faticosa ed impegnativa, ma il senso di beatitudine che ne consegue ripaga di tutto…o quasi.
Insomma, diciamo che mentre vedevo sfilare davanti alle telecamenre i nuovi ministri del neonato governo, leggevo contestualmente i loro profili professionali ed ascoltavo le parole misurate, ironiche e lungimiranti del nuovo premier molto mi sorprendevo, un po’ mi commuovevo ed  "INCREDIBILE!” mi ripetevo.
Ma dietro a tutto quello che vedevo accadere,o percepivo con i miei sensi disorientati sapevo esserci sempre lui, il grande vecchio della Mia Repubblica: Il Presidente Napolitano.
Io per mia formazione culturale ed emotiva ho un rispetto ed una profonda attenzione per chi ha vissuto molto più di me.
Un proverbio africano recita: “ Il giovane corre veloce, ma il vecchio conosce la strada”.
Ecco, credo che il Presidente Napolitano mi abbia insegnato molte cose, alcuni concetti li conoscevo già, ma come dicevo prima i promemoria sono importanti.

Punto primo: nella vita tutto può succedere e quello che sembrava non dover succedere mai prima o poi accade e, per quanto l’aspettavi, ti sorprenderà sempre.
Punto secondo: il potere rende gli uomini arroganti, presuntosi e irrispettosi. La vita, che ha un potere infinito, in qualunque momento ed in un momento ridimensiona e riposiziona gli ordini reali dei fatti e delle persone.

Punto terzo: presunzione, arroganza, ignoranza e mancanza di rispetto sembrano vincenti nel breve periodo e davanti a menti pocco illuminate. L’intelligenza, la preparazione culturale, la saggezza hanno invece sempre ed almeno un’occasione per dimostrare che la precedente teoria è una bufola degli stolti e per gli stolti.
Puno quarto: i cambiamenti avvengono in un attimo, ma partano da lontano. La mutazione genetica a cui abbiamo assitito nel nostro parlamento è iniziata, sempre secondo me, diversi anni fa rendendosi visibile con l’elezione di Obama ed ora sta continuando la sua parabola mondiale.

Punto quinto: si dice che il minimo battito d'ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo ». Applicate questa teroia come volete, ma che tutto sia concateato mi sembra evidente.

Punto sesto: Forse per alcune persone è più importante far baldoria che vivere saggiamente. E’ più importante possedere che essere. Schiacciare il prossimo piuttosto che rispettarlo. Ma poichè la linea di ricapitolazione arriva per tutti, non è bello assistere a declini tristi e pieni di disonore da parte di chi recitava la parte del divino e finisce per interpretare il più ridicolo degli uomini. N.B. Anche chi vive saggiamente si diverte, solo che lo fa con un altro stile.

Punto settimo: il decoro è sempre una buona idea.

Punto ottavo: quando l’intelligenza ed il buon senso perdono la pazienza diventano giganti impossibili da fermare.

Punto nono: la vita è fatta di cicli, chissà perché alcuni esseri umani credono che il loro sia infinto.

Punto decimo, il più importante, quello che conoscevo già per esperienza familiare: non esistono limiti se non quelli che c’imponiamo o che tentano d’imporci. Giorgio Napolitano, anni 86, ha traghettato la nostra penisola verso un nuovo orizzonte. Il grande vecchio conosceva la strada e ce l’ha indicata. Il grande vecchio ha dimostrato che si possono compiere grandi azioni fino alla fine della nostra vita, fino a che abbiamo la vita dentro di noi. Il tutto dipende da come ci si è posizionati nei punti precedenti.


Linea di ricapitolazione
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Ora tocca a noi, ognuno faccia la propria scelta.

venerdì 11 novembre 2011



C’è qualche cosa che proprio non mi convince in tutta questa storia del tracollo economico.
C’è, per esempio, questa storia dei tagli e dell’austerity di cui il popolo sarà vittima.
Il popolo appunto. Il popolo che, come già accaduto in altri stati ( Grecia, Irlanda, Portogallo e precedentemente ed oltre oceano l’Argentina e l’America) dovrà pagare, soffrire e magari morire di stenti e mancanza di dignità pur di risollevare le sorti di un’economia “apparentemente” moribonda, della cui condizione però non è che parzialmente responsabile.
E poi ce n'è un'altra, ossia quella che mi racconta che i dottori che stanno curando questa gravissima malattia dell’economia mondiale sono gli stessi che, in misure diverse, l’hanno prodotta.
E poi ce n’è una terza che mi lascia perplessa: tutti questi signori, menti altissime e lungimiranti che a turno salgono sul pulpito a dire al popolo che “Le cose così proprio non vanno e per questo saranno costretti ad applicare pene durissime che renderanno la nostra vita già complicata, complicatissima”.
E dalla terza si passa inevitabilmente alla quarta questione, questione che proprio non capisco: perché tutta questa gente (politici, economisti, finanzieri ecc ecc) sembra rimproverare ed incolpare noi di errori o marachelle che in realtà hanno commesso loro?
Perché se si ritengo dotti e saggi dai loro pulpiti, da cui ora ci guardano con sguardi severi e di rimprovero, gridandoci messaggi minatori, perché mi chiedo non si sono mossi prima applicando nuove formule, stoppando quelle sbagliate, inventandosi insomma soluzioni migliori di quelle che ci stanno propinando ora? Perché se sono così preparati ci hanno condotto alla carambola?
In genere in classe sono i maestri e professori a dettare le regole, sempre loro a farle applicare, se le hanno sbagliate, o non sono stati in grado di farle adottare a questi popoli discoli ed un po’ somari. No dico, anche loro come professori valgono pochino…ed io mi dovrei fidare?
E poi arriva l’ultimo dubbio, dubbio che riguarda l’aspetto puramente psicologico: la fretta.
Mesi e mesi di tam tam mediatico in cui si sono rincorse voci, bisbigli ed urla che dicevano al popolo sovrano che la festa a cui l’avevano volutamente invitato ( nella nostra nazione va tutto bene, anzi meglio, anzi meravigliosamente bene. Ridete, godete, mangiate e fate l’amore perché non c’è problema, nessun problema) era finita, chiusa, drammaticamente conclusa. E si sa, alle feste dopo un po’ ci si lascia andare e tutti noi, chi più chi meno, un po’ avevamo esagerato e l’euforia ci aveva reso speranzosi e felici, tutti credevamo di essere ad un passo o dentro la realizzazione dei nostri sogni. E che succede? Secchiata d’acqua gelida e via di corsa a porre rimedio (noi, e sì sempre noi) a tutti questi sciagurati eccessi. Bestia di popolo che non siamo altro!
Veloci, veloci, a testa bassa, senza distrarci, senza avere la possibilità di rispondere, di fermarci a pensare. E già pensare…capire…mettere in relazione i dati…
Ed insomma eccoci qui, tutti rimbambiti di nuove nozioni che continuiamo a non comprendere (fondi monetari, bot, btp, spread, crolli di borsa, indici mb e via così) istupiditi dalla paura, resi ansiosi dai continui richiami, ora sì, ora siamo davvero pronti ad inneggiare l’arrivo del salvatore della patria.
Alla sua nomina, chiunque sarà, sventoleremo bandierine, tireremo un bel sospiro di sollievo ed accetteremo a testa bassa e diligentemente qualunque misura di supplizio di massa. Dimenticavo, saremo anche molti grati di ciò.
Il tutto, e qui sta il vero colpo da maestri, facendoci apparire il suo feroce agire come il minore dei mali.
Come si può infliggere e far digerire ad un popolo (senza che scoppi la rivoluzione) una serie di misure assolutamente anti democratiche che bastoneranno sempre le stesse claudicanti classi sociali? Gli metti paura, molta paura, fretta e se possibile lo fai sentire anche un po’ in colpa… et voilà, l’inganno è servito.
Il popolo piegherà le spalle, caricherà sulle proprie spalle il fardello degli errori e delle colpe, e procederà faticosamente sul sentiero che altri avranno tracciato. Loro, le menti superiori, continueranno una vita agiata e noi continueremo, come facevano gli antichi con gli dei, ad omaggiarli della nostra gratitudine e dei nostri servigi.
E la storia, come vuole tradizione, si ripete

martedì 8 novembre 2011

Incontrarsi in un bistrot


Io e lui ci eravamo incontrati più volte.
Era capitato in casa di amici comuni, in alcune librerie che entrambi frequentavamo, ma tra noi non era mai scattata una simpatia. Ci guardavamo da lontano con indifferenza. Io, a dire il vero, lo guardavo anche con diffidenza perché non amo ciò che è preceduto dalla propria leggenda, e lui lo era.
Ma poi può accadere che…

Un giorno mentre entravo nel solito bistrot l’ho visto. Non so essere più precisa, ma qualcosa mi ha spinto ad avvicinarmi, ad abbassare i pregiudizi.
Ci siamo seduti ad un tavolino per due, vicino alle vetrine che davano sulla strada. Fuori si muoveva la città, ma in quel piccolo angolo di mondo l’atmosfera era rilassante: del buon jazz, luci soffuse, vicini discreti.
La nostra conversazione iniziò in modo disordinato, passavamo da un concetto all’altro senza un filo logico. Eravamo ancora scettici. Tuttavia lo trovai inaspettatamente affascinante. I suoi pensieri mi sorpresero, piacevolmente. Finito il pranzo ci salutammo stupiti di aver provato l’inaspettata sensazione di piacerci.
Da quel giorno ogni volta che tornavo in quel bistrot lo cercavo con lo sguardo, subito, ancor prima di sedermi. Non ci davamo un appuntamento, c’incontravamo senza regolarità, ma un incontro dopo l’altro ci scoprimmo sempre più legati. Tra noi si era creata un’alchimia difficile da spiegare.
Io arrivavo, componevo il mio piatto e poi mi sedevo di fronte a lui. E lui mi parlava raccontandomi la sua storia, i pensieri, i sogni che avevano mosso i suoi passi fino a quel giorno, fino a me.
Mi resi conto che mi stavo innamorando.
Era strano scoprirlo.
Ripensai a tutte le volte in cui ci eravamo incontrati, di quante altre opportunità avevamo avuto di parlarci, di scoprirci eppure questo non era mai avvenuto.
Il concetto del giusto tempo e del punto d’incontro di un cammino erano concetti già assimilati e quindi me li ripetevo. Tuttavia per quanto sei certa di aver capito profondamente un insegnamento, ogni qual volta lo verifichi ne comprendi meglio la forza.
Avevamo dovuto aspettare molti anni, entrambi avevamo dovuto assecondare e vivere un’infinita concatenazione di coincidenze per ritrovarci in quel bistrot finalmente pronti a capirci.
I nostri incontri s’interruppero per tutta la durata delle mie vacanze.
Ogni tanto lo pensavo in quel bistrot ed un sorriso di dolcezza e di nostalgia si apriva istintivamente sulle mie labbra.
Le ferie terminarono con mio grande dispiacere, ma una piccola parete di me ero contenta di ritornare in quello che ormai consideravo il “nostro bistrot”, di rivederlo.
Alla prima pausa pranzo entrai in quel luogo familiare con lo sguardo che corse a cercarlo, non lo vidi. Delusa guardai con più attenzione nei posti dove era solito aspettarmi, non c’era.
Rassegnata mi preparai ad un pranzo solitario e malinconico. Ma mentre mesta mi dirigevo al mio tavolo l’occhio cadde in un punto insolito e lui era lì e sembrava aspettarmi.
Posai il piatto sul tavolo e lo strinsi a me, felice.
Finalmente potevo tornare a perdermi tra le sue parole. E lui mi parlò con quella capacità incredibile di comprendermi che arriva a commuovermi.
Mi stupivo, ma era evidente che entrambi usavamo il linguaggio dell’anima.
Poi, per quanto avessi cercato di allontanare quel momento, arrivò il giorno in cui ad una sua parola seguì un punto definitivo.
Per la prima volta nella mia vita piansi per un libro.
Mai, mai un libro era stato così dentro ai miei pensieri, seguendo esattamente e contemporaneamente ciò che stavo vivendo. Confortando l’accresciuta consapevolezza, la fatica ed il dolore, ma anche la bellezza e lo stupore che avevo dovuto attraversare lungo il cammino.
Non avrei potuto comprenderlo, non così pienamente se la mia vita non fosse precedentemente passata per alcune strade, inciampata in determinati incontri.
Quello e solo quello poteva essere il periodo in cui poteva avere su di me un effetto così  profondo.
Lo chiusi e lo ringraziai.
Mezz’ora dopo tenevo una sua copia tra le mani. Non avevo voluto acquistarlo prima, sono una donna romantica e non credo al caso.