Un pò di me e la mia intervista con Maurizio Costanzo e più in giù in nuovi post

venerdì 22 ottobre 2010

L'aquilone


Metti una sera a cena.
Metti una sera a cena con Polle, Paolo ed i rispettivi amori.
Metti che si parla, spesso straparla e molto si ride.
Metti che in mezzo alle parole che si susseguono, ritornano, sovrappongono come spesso succede tra noi che insieme siamo un mare con molti cavalloni, poi alla fine qualcosa di grande mi si pianti nell’anima.
Metti che ero partita affermando risoluta un concetto e l’acutezza di Bina mi rende visibile un paradosso.
Metti che mi sento spiazzata, disorienta, perplessa.
Metti che a quel punto quel mare di cavalloni converga su di me per rimescolare le confuse idee.
Metti che Polle se n’esca, come solo la sua genialità sa fare, con un esempio semplice semplice ma pieno di potenza e poesia. Ed io, io che in un istante mi ero vista cadere in picchiata, smorzata nei miei sogni, mi ritrovi di nuovo lassù a volteggiare in un cielo ancora più azzurro.
Metti che mi venga di pensare che non è mica vero che “parlare di cose importanti”, dei così detti “massimi sistemi”, debba esser necessariamente una palla, una fatica, un impegno serioso della mente.
Metti che invece, come sempre accade tra di noi, in questa bella serata non si è fatto altro. Eppure tutto è sembrato un gioco, una follia, una risata.

domenica 17 ottobre 2010

Grigio perla




Il cielo è uno sfondo grigio perla
Cammini avvolto nel tuo cappotto
Il bavero alzato, un ombrello tra le dita
La città lampeggia di vita
Poggiata a quella balaustra
Lì, proprio lì
Scivolai via
da noi
I tuoi passi decisi
Le tue gambe
I pantaloni sbuffano sulle tue scarpe
Seguo la linea del tuo corpo
Sbircio l'ombra che nasconde il tuo viso
Alzi il mento...

martedì 12 ottobre 2010

Per quanto possibile, nessun rimpianto






Un amico pubblica un video su Facebook.
Scena clou di un film in cui lui dice a lei: “Quella volta sulla barca avrei voluto baciarti.”
“Anche io.” Risponde lei.
Si baciano.
La vita ha concesso ad entrambi una seconda opportunità.
Nulla di originale. È stato scritto e raccontato molto da cinema e letteratura sulle parole non dette, i gesti trattenuti, i rimpianti che accompagnano sia gli uni che gli altri.
Ok, questo è un aspetto della storia, quello che poteva essere e non è stato.
Ma non è quello che m’interessa. A me la scena di quel film ha fatto venire in mente altro, ha aperto il pensiero verso tutti quei pezzi di vita che mi riguardano e che io non conoscerò mai.
Quante parole erano per me è mi sono state sottratte, quanti gesti che avrei accolto con gioia mi sono stati negati, quanto di me è rimasto dentro ad una persona senza che me ne abbia fatto mai  partecipe?
Improvvisamente questa ovvietà mi è apparsa un’enorme ingiustizia, quasi insopportabile per il danno emotivo che mi ha procurato. È un tesoro che mi è stato celato, nascosto. Una ricchezza che mi avrebbe permesso di camminare con più baldanza tra le strade di questa terra complicata. Una coperta calda ed avvolgente che avrebbe reso più morbide le miei notti, più dolci i miei ricordi, più profondi alcuni legami.
E chi ci ha guadagnato in questo insopportabile silenzio emotivo? Nessuno credo.
E non capisco perché a volte, e sempre che ci dica bene, sia necessario attendere decenni per conoscere una parola, un sentimento, fosse anche un  pensiero che non poteva che farci piacere.
Uno strano muro di pudori s’innalza spesso tra noi ed il resto del mondo. Una timidezza che blocca  parole belle, gesti affettuosi, conferme sulle nostre qualità.
Una strana riservatezza che ci colpisce, a ben guardare, molto di più sul bello da dire piuttosto che sul brutto, come a buon senso apparirebbe ovvio. Ed invece a causa di uno strano fenomeno, le brutte parole, i pessimi gesti, le maleducate azioni ci vengono che è una meraviglia, fluide e spontanee. Per il resto siamo tiranneggiati da invincibili rossori.
Esseri paradossali noi umani.  
Ieri sera ho chiesto ad un mio amico: A te piace l’autunno?
“ L’autunno era il periodo dell’anno in cui progettavo di venirti a trovare. D’allora amo questa stagione.”
Una domanda banale, una risposta inaspettata, un’emozione regalata.
Questo particolare così carino, così tenero è rimasto per decenni nel cuore di un uomo a cui sono molto legata. Forse era mancata l’occasione per dirmelo, probabilmente non era indispensabile che io lo sapessi, ma a pensarci bene se non con me con chi avrebbe dovuto condividere questo ricordo?
E poi, ma perché mai avrebbe dovuto nascondermelo? Cosa c’è di così disonorevole nel dire ad un’altra persona: sì, tu per me conti? Cos’è questa strana vergogna che ci assale nel dover ammettere che la persona X ha un suo posticino nel nostro cuore? Cos’è tutta questa aridità, questa mestizia affettiva?
Ma non vi sembra follia pensare che, senza saperlo, noi spesso viviamo migliaia di vite parallele nel cuore e nella mente di chissà quanta gente. Vite in cui continuiamo ad esistere, nutrire, emozionare.
In fondo è come se ci venissero sbarrate delle finestre dietro alle quali noi “ ci siamo” oltre la nostra percezione di quotidiana realtà.
Non tutto si può raccontare, i segreti hanno il loro fascino, ma io propongo un termine temporale di là da del quale per diritto ciò che ci appartiene, poiché l’abbiamo suscitato, ci venga in qualche misura restituito, o per lo meno venga con noi condiviso.
E tanto perché non pensiate che predico e non pratico la mia filosofia da diversi anni è: per quanto possibile nessun rimpianto.


giovedì 7 ottobre 2010

L'orrore che ci cammina accanto




Questo è un mondo impazzito, anzi un’umanità impazzita, il mondo come contesto naturale non c’entra niente ed è bene sottolinearlo. Le aberrazioni a cui assistiamo sono quasi sempre opera dell’essere umano. Sempre più spesso non ho voglia di parlare, ma sono anche troppo nauseata ed arrabbiata per poter tacere.
I miei contemporanei si definisco moderni e denigrano valori e principi che i miei antenati ritenevano basilari nel rispetto dell’altro. Oggi tutto scivola via, tutto viene assorbito dalle nostre menti, dimenticato dalle nostre coscienze. Siamo diventati moderni per ritrovarci in parte di nuovo preistorici in balia d’istinti e bisogni che non sappiamo, o non vogliamo controllare. Esistono patologie psichiche sulle quali ovviamente non sono in grado di dire nulla. Di contro però, esistono comportamenti sociali condivisi ed in alcuni casi addirittura fomentati, nei confronti dei quali ognuno di noi può fermarsi e riflettere.
La violenza sulle donne non è una novità della nostra epoca, è una devianza che accompagna il cammino del genere umano. Eppure questa violenza ingiustificabile e spietata non ci fa inorridire, non abbastanza secondo me. Ma davvero essere a conoscenza di tanti abusi, di così molteplici sopraffazioni, depravazioni ci fa orrore? Oppure la nostra mente  e la nostra coscienza hanno imparato fin troppo bene a ricollocare dove ci fa comodo ciò che ci disturba?
Ci consideriamo culturalmente più preparati, civili, etici, progressisti, tecnologici, ci auto lodiamo ed in alcuni casi glorifichiamo per le conquiste sociali a cui siamo giunti eppure, paradossalmente, non smettiamo di usare una violenza odiosa, a volte subdola, sempre insopportabile nei confronti dei deboli o presunti tali. Deboli che sono resi tali dallo straripare delle violenza stessa, dalla tirannia sociale che ne approfitta, che li usa, che li nega. La violenza è violenza in qualunque forma si presenti, qualunque strumento usi, ogni qual volta prova a piegare una persona ad una volontà che non gli appartiene. Ma è una forma di violenza e di non rispetto anche il modo in cui le donne non smettono di essere rappresentate, considerate, sminuite. Il modo in cui, rendendole oggetti sessuali, si cerca di ridurle ad entità senz’anima. Ma senza anima, privi della reale capacità di provare sentimenti sono coloro che agiscono in questo modo, non chi è vittima di un sopruso.
Non riesco a considerare civile un genere, quello umano, che nel 2010 ha ancora bisogno di stilare, firmare e controfirmare diritti che non dovrebbero neanche essere fonte di discussione. Si nasce e si è persona, punto. Stessi diritti, stessi doveri. Su cosa dovremmo ancora ragionare? Sull’ovvio?
Ed invece non è così. La carta dei diritti dell’infanzia, la costante necessità di dover riaffermare i pari diritti delle donne, dei disabili, degli omosessuali, dei poveri mi confermano che l’ovvio non è stato raggiunto e la voglia di sopraffazione non ha mai abbandonato il genere umano a cui appartengo.
So che è un discorso immenso, so che per completezza si dovrebbero toccare mille aspetti, so che non tutti gli esseri umani sono uguali e che esistono donne ed uomini illuminati che con le  loro intelligenze e battaglie permetto i famosi passi avanti dell’umanità. Loro sono la parte bella che rende questo mondo meraviglioso.
Ma oggi è stata uccisa una ragazza di 15 anni colpevole solo di aver scatenato le voglie becere di un essere che non voglio nemmeno definire.
Sono una donna, sono una madre e sono una persona e non smetterò mai di gridare il mio orrore e la mia rabbia di fronte a qualunque tipo di violenza.  Io cercherò sempre di combatterla come potrò, scrivendo, parlando, prestando attenzione, educando mio figlio al rispetto dell’altro, non rimando indifferente, non dimenticando mai, neanche per un attimo, che la violenza può colpire chiunque in qualunque momento della propria vita attraverso mille forme. I mostri, come insegnano le favole che non a caso raccontiamo a nostri bambini, possono nascondersi dietro ad ogni volto, anche il più insospettabili.