Un pò di me e la mia intervista con Maurizio Costanzo e più in giù in nuovi post

lunedì 21 giugno 2010

Essere madre



Sono diventata mamma quindici anni fa. Una giovane donna, un batuffolo tra le braccia e tanta paura di sbagliare. Ogni madre sa che tra l’ideale proposto dalla cultura sociale/religiosa e il suo intimo sentire c’è spesso un enorme baratro a farle tremare i polsi. Appena nasce un figlio, infatti, senti le pressioni, l’immaginario, le aspettative che, più o meno tutti, ti riversano addosso. I loro modelli, le loro convinzioni, le frasi fatte ed una valanga di luoghi comuni che ci si ritrova a fronteggiare mentre tu, neo mamma, in una valanga scomposta di emozioni e rivoluzioni ormonali cerchi di tenere a bada sonno ed una diffusa sensazione d’inadeguatezza. Questo in genere è l’inizio del cammino che ogni madre ha sperimentato.
Non ci capisci niente e cerchi unicamente di rifarti e quindi seguire gli schemi che altre donne e ahimè, anche gli uomini ti propongono come giusti, comprovati da non si sa bene quale insindacabile verità. Il famoso istinto materno è una mannaia sulla testa che ogni donna ha sentito incombere su di se. Se non ti scatta in un nano secondo, se non riesci ad entrare in sintonia con la tua creatura nell’arco di poche ore, non potrai fare a meno di sentirti la peggiore delle madri ed il tuo senso d’inadeguatezza inizierà a crescere.
Io ho sperimentato ogni sfumatura di questo inizio e di tutti i passaggi successivi, quindi so di che si parla.
Nel corso di questi quindici anni mi sono stati rivolti i pensieri e le frasi più assurde e ridicole che le mie orecchie abbiano mai sentito pronunciare. Della serie:” Ho sentito cose che voi umani non potete neanche immaginare”. Forse proprio perché il carico delle aspettative sociale nei confronti “ dell’essere madre” è così alto che nessuno pensa mai alla splendida possibilità di poter tacere.
Non mi è stato risparmiato nulla, ma proprio nulla di quello che passava nella mente delle persone.
Chissà perché, a parole tutti sentono grandi genitori, anche chi magari genitore non è. E tutti si sentono autorizzati a salire in cattedra e saccentemente sparare frasi a casaccio.
Io che della maternità giorno dopo giorno sviluppavo una mia idea, sono stata bersaglio di giudizi taglianti, a volte veramente crudeli e ne ho sofferto molto. Tuttavia, nonostante mi fermassi a riflettere, provavo un profondo senso di ribellione che mi portava a seguire ciò in cui credevo, cercando di spazzare via i luoghi comuni, i modelli irrealistici e concentrandomi su quello in cui io credevo e sentivo adeguato a noi. E’ stata dura, come lo è ogni strada che non segue il solco già tracciato, ma ho tenuto botta, ho incassato i colpi e sono andata avanti. Forse, non volendo, ogni madre è stoica a modo suo ed io lo sono stata nel perseguire il mio modello e non quello altrui.
Non so se sono stata e sono una buona madre, qui l’unico che potrebbe dire la sua ed esprimere un’opinione è mio figlio, ma di una cosa sono certa, ed è quello che riporto qui come mia testimonianza: l’essere me stessa, essere madre a modo mio seguendo quello che la mia natura, la mia vita, la mia storia di figlia e di donna mi portano ad esprimere è l’unico modo in cui è possibile, per me, di essere madre. Generare una vita è la massima espressione di creatività che una donna ha la possibilità di vivere durante la sua esistenza, eppure, nella contraddizione insita nella follia umana, anche nella più meravigliosa possibilità di essere che è appunto la maternità, tutti tentato d’ingabbiarti in fredde e strette prigioni.
Come se le donne fossero tutte uguali ed i figli pure. Semplicemente assurdo ed inumano.
Esistono regole basilari, questo è ovvio ma fermo restando il buon senso, ogni donna dovrebbe sentirsi libera di sviluppare il proprio ruolo di madre come le sue inclinazioni ed il suo sentire le permettono. Inutile però prenderci in giro, non è così e tentare di perseguire questo obbiettivo è l’impresa più ardua che mi sono trovata ad affrontare. Ma tenacemente ho resistito ed insieme a mio figlio ho creato il nostro rapporto, nostro e di nessun altro.
Io non ho mai creduto al senso di annullamento, non ho mai messo in un cantuccio
“M’ Cristina”, non ho dimenticato chi fossi, quali erano i miei desideri ed i miei obiettivi di persona prima che di madre. Non l’ho fatto perché ho sempre pensato che per mio figlio fosse un sacrosanto diritto avere una madre felice e serena. Che dei miei sacrifici, delle mie immolazioni, delle mie insoddisfazioni ne avrebbe fatto volentieri a meno se queste avessero comportato, come spesso vedo comportare in chi le applica, la conseguenza di dover subire una madre isterica, insoddisfatta, infelice e frustrata.
Volevo e voglio regalargli per quanto mi è possibile, la gioia di una mamma allegra, serena, contenta di se e della propria vita sociale ed affettiva. Questo comportamento, immaginavo e continuo a pensare, l’avrebbe reso più libero e meno pressato dalle mie aspettative o dalle mie proiezioni.Ci sono riuscita? E chi lo sa? La vita si sa ci mette a dura prova ed io sono umana come amo ricordargli, ma ce la metto tutta e lui questo lo sa. E sì, perché tra le altre idee strambe di cui vado fiera, c’è la voglia, anche questa ostinata, di avere con lui un rapporto vero, sincero, non incentrato sulla sindrome della super mamma o del super figlio che tanto non è realistica e tra l’altro può produrre danni irreparabili nel suo futuro di uomo. Io sono io, limiti e pregi e lui e lui, limiti e pregi. Nessuna sovrastruttura, possibilmente nessun modello da imitare, ma solo il nostro essere prima di tutto persone e poi madre e figlio, nel rispetto quanto più profondo ed auspicabile di sentirci liberi, di rispettare reciprocamente pensieri e sentimenti. A volte è facile, altre lo è un po’ meno, ma siamo in progress, ed allora ogni giorno ci guardiamo negli occhi, mettiamo vicini vicini i nostri cuori ed insieme aggiustiamo la rotta. In fondo stiamo crescendo insieme e sperimentiamo traiettorie mai solcate. Io nel frattempo ho 44 anni e lui 15, siamo due persone diverse da quando ci siamo incontrati e la vita ci misura ogni giorno con le sue prove. Ma ragazzi quanto mi viene da ridere quando ripenso a tutte le amenità che mi sono state rivolte. L’amore non si può misurare, non si può schematizzare, l’amore è qualcosa che si può solo sentire ed il mio travalica ogni possibile immaginazione, ma non ha spettatori, non contempla giudici od opinionisti. E’un rapporto che appartiene esclusivamente all’intimità più profonda di una madre e di un figlio. Ma vi assicuro che quando lo guardo sento dentro di me qualcosa d’inspiegabile ed immenso che nessuno potrà mai capire nella sua interezza e sono fiera di lui in ogni istante, in ogni suo respiro. Di tutto le parole, di tutti i giudizi sommari, delle boiacciate a profusione, sinceramente già da un bel po’ me ne fotto e questo è l’unico consiglio che, forse e dico forse, mi sento di bisbigliare con molta umiltà alle donne madri ed a coloro che lo diventeranno

lunedì 14 giugno 2010

La sfida


Una strada di montagna e un enorme masso di basalto ad ostruirmi il passo.
Perchè proprio il basalto poi...
Ma tant'è, sono giorni che quest’immagine mi frulla nella testa.
La vita a volte mi appare così: o una vetta da cui lanciarmi per un fantastico volo, oppure un sentiero da percorrere. Negli ultimi tempi mi sentivo più sul sentiero. E su questo sentiero era caduto un bel masso ed io ho dovuto osservarlo a lungo prima di capire come era possibile oltrepassarlo.
Una gran fatica!!!
Ma ogni ostacolo oltre che una scocciatura è un gran momento, un’opportunità che mi pone davanti a ciò che di me non avrei mai scoperto e quindi capito. Non che mi auguri di avere problemi, però devo ammettere che ho imparato ad apprezzare anche quest’eventualità, almeno gran parte di queste eventualità. Certo l’apprezzo in un secondo momento, guardandomi indietro dopo aver superato l’ostacolo, ma in genere è ciò che avviene.
E sì, perché star lì a rimembrare, a pensare, ad ipotizzare, aguzza i miei sensi, crea associazioni, stimola la mia voglia di andare oltre ai limiti che mi appartengono. Non c’è altro modo “a da passà oltre il masso…”
Ne parlavo anche con mio figlio che, per ragioni apparentemente ingiustificate, si era ritrovato quasi per un’intera partita in panchina. Rabbia, frustrazione, dolore. Tutto umano, tutto giusto. Capita a me, capita a lui. Ha incontrato il suo masso e doveva superarlo.
Ed allora pensa per me, pensa per lui, ho formulato e riferito il seguente pensiero:“Un masso è solo un masso, una panchina è solo una panchina. Nulla può farti sentire in panchina se non sarai tu a sentirai in panchina, se non sarai tu a sentirti vinto da quel famoso masso. Tradotto: Molto spesso gli umani tendono a porti in condizioni di disagio, ma è solo la tua mente che pone il vero limite.
Questo capiterà mille e mille volte nel corso di una vita e nessuno di noi può impedire alla stupidità umana, alla superficialità, alla bassezza di un pensiero o a chissà quale altra ragione, di volerci costringere la dove riteniamo di non dovremmo stare. La frustrazione fa male, le ingiustizie ancora di più, ma se io sarò capace di vedere oltre quel masso, se tu saprai pensarti fuori da quella panchina, gli umani potranno dannarsi quanto vogliono, la tua mente ti restituirà il valore che sai appartenerti, la dimensione reale del tuo essere. Per di più aver accettato la sfida, aver cercato dentro di noi le soluzioni migliori ci farà acquisire un’ulteriore consapevolezza sulle nostre capacità, la caratura del nostro carattere e la lungimiranza di una vista o di un sentire che sa scavalcare o sorvolare.
Io ho superato il mio masso, lui non si è sentito più in panchina ed anzi il giorno dopo, chiamato ad entrare in campo in una partita quasi persa, con le proprie forze e la ritrovata fiducia in se stesso ha portato alla vittoria la propria squadra.
Per niente facile, ma neanche impossibile ed alla fine tanto tanto gratificante.
E se non sempre sarà così, se scopriremo che quell’ostacolo o quella panchina sono davvero un nostro limite, allora avremo sviluppato, si spera, la capacità di accettarlo e rivolgere il nostro sguardo altrove. La vita offre sempre molteplici opportunità, se non poteva essere questa sarà altro.

mercoledì 2 giugno 2010

La libreria creativa





Non sono una consumatrice di certezze, intorno a me invece, molte persone sembrano farne largo uso.
Persone apparentemente organizzatissime, capaci di decidere in un nano secondo che a problema A corrisponde soluzione B. Sembrano portatori di verità ed io li ascolto affascinata, con gli occhioni sbarrati, stupita da tanta sicurezza. Si mostrano fermi, decisi, con la piena capacità di controllo su ogni singolo avvenimento della loro vita. Appaiono provvisti di tasche magiche nelle quali, come in quelle senza fondo di Eta Beta, puoi trovarci di tutto: miriadi di regole, valige di luoghi comuni, verità inaffondabili, schemi, cinismo para cuore. A sentirli parlare somigliano spesso a dei grandi saggi. Per come si presentano non dovrebbero sbagliare un colpo. Poi però, oltrepassata la soglia della famosa apparenza, qualcosa dentro di me intuisce che a tanta organizzazione verbale non corrisponde ad un’altrettanta chiarezza interiore. Ossia, tutto è messo bene in ordine, catalogato con dei codici precisi, quasi l’esistenza fosse una libreria nel quale riporre pagine e pagine del comune vivere. A volte avrei voglia di chiedergli da dove attingono tutte le regole che declamano, se sono le loro o le hanno apprese da qualcun altro che ritengono ancor più saggio. Da quale misterioso pozzo possono tirar su i dettami del loro imperturbabile comportarsi. Ma spesso non serve neanche chiedere, le risposte arrivano da sole quando un colpo di vento improvviso, una pagina di vita non catalogabile arriva a mettere in crisi tutto il sistema ingegnosamente creato. In genere non avevano messo in conto la mescolanza delle possibilità ed è allora che la struttura rigida dei loro pensare diventa un problema. La poca attitudine ad accettare che l’imprevedibile possa rimescolare l’ordine codificato, ricreando un nuovo ordine è, evidentemente, cosa ostica d’accettare. E quindi, per difendersi, giù a sfornare precetti e massime di vita che non si sa bene a chi veramente appartengano e quanto, in ogni caso, abbiano realmente funzionato. Ma poi funzionato rispetto a chi ed a quale situazione? Mi è capitato di ascoltare i ragionamenti più impensati, ho visto comporre sotto i miei occhi schemi chiarificatori di una situazione sentimentale, o liquidare un’emozione come fosse un problema di cui liberarsi in fretta. Tuttavia, la vita tenta sempre di salvarci rimettendo in discussione le nostre monolitiche certezze. Ed è in questi casi che li vedi davanti alla loro libreria tutta ordinata, ben imposta, con il nuovo foglietto in mano, finalmente perplessi se non completamente persi. Umani e mortali. O per lo meno è così che appaiono a me: belli ed invidiabili. Invidiabile sì, perché l’imprevedibile porta con se la potenza per rimescolare ogni cosa offrendoci una grande opportunità: liberare la nostra creatività regalandoci la possibilità d’impostare su i nostri veri desideri un ordine che almeno ci appartenga, nel profondo.