Un pò di me e la mia intervista con Maurizio Costanzo e più in giù in nuovi post

venerdì 21 maggio 2010

Quale uomo, quale donna?




L’onda gonfia il suo ruggito

Ci sei te in questa giornata
mentre l’acqua del mare tuona
e la spuma s’innalza ribollendo al sole

Usare te affermandoti
Usare me negandomi

Io cammino sulla cresta
tu ti avvolgi trascinandomi

Anime sferzate dal vento di salsedine

Il nutrimento arriva dall’aria
arriva dal profondo

si mescola

rigenera

crea

cosa saremmo senza?

lunedì 17 maggio 2010

Un semplice sasso bianco

Cammini e non sai cosa incontrerai, o forse pensi di saperlo, il mondo ti sembra così scontato. Un piede davanti all’altro, ma la vita ti anticipa sempre di un passo e questa è una di quelle cose a cui non pensi mai. Lungo la strada incontri un laghetto e ti fermi a guardarlo. Lo specchio d’acqua rimanda i suoi riflessi e ti perdi ad osservarli. Mille pensieri sfiorano la superficie liquida. Sei tu e la tua vita ed è la prima volta che ti permetti di osservarla. Affascinato ti accovacci sulle gambe e torni indietro, ripercorri momenti, riscopri sogni ed il cuore comincia a battere forte tra le lucciole di sole che rimbalzano nei tuoi occhi. Intorno a te è pace, finalmente. Sei di nuovo un bambino davanti ad uno specchio d’acqua. Ti volti e scegli un sassolino. Uno fra tanti, chissà perché proprio quello. E’caldo ed il contatto con la superficie liscia ti procura un piccolo ed inaspettato piacere. Lo guardi rigirandolo tra le mani. È tondo, bianco e anche se non li vedi ti sembra che abbia occhi e bocca e sia capace di parlarti in una lingua che non conosci ma comprendi. Sorridi dei tuoi strani pensieri.
Potresti farlo saltare: uno, due , tre salti, perché no, forse sei ancora capace di riuscirci. Torni ad osservarlo. Non salterà mai, pensi, è troppo tondo. E poi è caldo e lisco, quasi non vorresti perderlo. Ma solo un bambino può affezionarsi ad un sasso e tu sei un uomo e la tua vita è fatta di concretezza e regole adulte.
Ti alzi. Nessun sentimentalismo per una briciola di pietra calda!
Giri lo sguardo, non c’è nessuno, nessuno ha letto i tuoi pensieri, nessuno può sapere che hai provato una staffilata d’affetto per un sasso bianco. Il laghetto è piccolo, l’acqua è limpida, intorno solo silenzio. Decidi all’improvviso: lanciarlo lontano, spezzare quell’irreale legame.
Lo tiri; quasi il suo calore ti bruciasse improvvisamente la pelle. Ma è un gesto trattenuto, smorzato nel suo slancio. Istinto e razionalità quando litigano combinano guai.

Il sasso volteggia nell’aria e poi cade dritto a pochi metri da te. Colpisce l’acqua, ne infrange l’apparente fermezza. Qualche spruzzo illuminato dalla luce, un primo cerchio e poi altri cerchi. Tutto diventa confusione, la superficie si agita, e poi finalmente affonda e non lo vedi più. Era solo un piccolo e caldo sasso bianco.
I cerchi si allargano, diventano sempre più grandi, li guardi ammaliato, però loro sono una specie d’illusione, come non fossero mai esistiti scompaiono, velocemente. Il laghetto torna placido. Sei di nuovo tu e la tua vita. Non è cambiato nulla e sorridi soddisfatto, ma è solo la sensazione di un attimo; sembra tutto uguale eppure non lo è. Dentro all’acqua, nella tua vita, ora c’è quel piccolo ciottolo caldo e ce l’hai buttato dentro tu. Non c’avevi pensato, non l’avevi considerato, sarebbe stato meglio lasciarlo ricadere tra i sassi, fuori dal laghetto, fuori dalla tua vita. Ti senti un pazzo, vorresti andar via e scacciare questi assurdi pensieri. Indietreggi di qualche passo, volti le spalle e te ne vai. E’ solo un sasso in una pozza d’acqua.
Cammini, di nuovo un passo davanti all’altro, ma non riesci a distaccarti da quell’immagine, dalla sensazione che l’accompagna. Puoi andar via, non pensarci più, però sai che quel sasso rimarrà lì. Ti giri ed osservi il piccolo lago. E’ immobile. Forse è stato solo un sogno quel tuo ragionare sul sasso e la tua vita.E’ stupido, non ha senso, ti vergogni di ciò che provi e molto probabilmente sei diventato matto e non lo sai. Ma è l’istinto di un attimo. Torni indietro anche se non sai che fare.
Potresti toglierti le scarpe, entrare nell’acqua, rabbrividire al suo contatto e calcolata la distanza affondare le mani per cercare di ritrovare il tuo sasso.
Uno sguardo al cielo, ti ripeti che sei pazzo e che non sei certo di poterlo tollerare.
Lasciarlo sul fondo o riportarlo in superficie?
Il cammino è fatto di strani incontri e dipende da noi comprenderne il valore.
Tu, la tua vita ed un sasso bianco.


Dedicato a Silvia ed alle sue strane visualizzazioni...

martedì 11 maggio 2010

Quello che voglio


Non voglio che la mia vita sia come un quaderno ordinato. Un insieme di fogli su cui svolgere i compiti come una brava scolara. Non voglio appuntare con precisione perdite e guadagni e tirare la somma. Non voglio che sia un tema il cui titolo è stato deciso d’altri e lo svolgimento sia pulito, coretto, senza errori, pieno di frasi fatte e compunte. La vedo più come un libro amato, scritto a matita, dove si possa cancellare, riscrivere e continuare a leggere. Uno di quelli che sorvolano il tempo e sprofondano nei sentimenti. Nel quale si susseguano, pagina dopo pagina, appunti, sottolineature, ingiallimenti, macchie di caffè, piegature, fiori che hanno impresso nella carta i loro colori, che rimandino ad un viaggio o ad un istante indimenticabile. Un libro disordinato, un po’ sgualcito, colmo di pensieri e sensazioni vissute e scritte ascoltando la musica. Un libro che risparmi le parole inutili, gli schemi imposti, le regole rigide ed impersonali. Capace di avere un proprio stile ed una personale armonia linguistica. Un libro usato, da leggere e rileggere perché il tempo cambia l’interpretazione, ma conserva gli odori della vita ed i profumi dei sogni, la luce della fantasia e dei suoi voli, veri od immaginari che siano. Un libro scritto con ironia perché secondo, me, arrivata all’ultima pagina alla sola domanda che conta “Ti sei divertita?” La risposta non possa che essere “Sì!”

sabato 8 maggio 2010

Come uno specchio





Ci sono incontri particolari, momenti di condivisione che ti restituiscono il piacere della compagnia umana, il vero valore dello scambio emotivo ed intellettivo. Questi sono gli incontri che preferisco, quelli che, lo capisco subito, porterò con me per molto tempo, forse per tutta la vita. Perché ci si è regalati senza censure o limiti. Le porte dell’anima e della mente aperte e le essenze di entrambe libere di fluire. E quando chiudi lo sportello della macchina e torni a casa sai che quella è stata una serata speciale, ti senti ricca, interiormente più ordinata. Cammini verso il portone e pensi che quella persona, forse senza rendersene conto, ti ha preso per mano e ha portato un passetto più in là la tua crescita, le tue consapevolezze.
Ci sono persone con cui non devi spiegarti, con le quali non c’è bisogno di usare troppe parole, loro arrivano a te così, semplicemente. E quel “semplicemente” ti sembra qualcosa d’incredibile, un dono inestimabile, che ti lascia sorpreso ed affascinato. Senti i muscoli rilassarsi e quasi avresti voglia di piangere, piangere di gioia, perché è solo quando incontri queste persone che scopri quanto il tuo desiderio di essere profondamente compresa non era una pretesa folle, o una pensiero astratto ed impossibile, era facile, quasi ovvio, quanto meno naturale.
Ci sono persone che sono come specchi in cui è bello riflettersi, che sono altro da te, ma simili a te. Una di fronte all’altra ci si rimanda un’immagine intima, che solo specchi particolari sanno cogliere. Non c’è giudizio, non c’è timore, c’è unicamente il desiderio di essere lì, guardarsi e con delicatezza tendere una mano verso l'altra per sfiorarsi l'anima con una carezza.

A Danila

martedì 4 maggio 2010

Come due elefanti


“Quando due elefanti lottano, è l’erba che soffre.”
Proverbio africano
E quella che segue è la mia metafora.
Le relazioni tra due persone spesso si rivelano una lotta tra due elefanti. Gli elefanti in realtà non siamo noi ma l’immagine che di noi, inconsciamente, proiettiamo sul campo comune dei nostri rapporti interpersonali. Il che è molto umano. Desideriamo lasciare la nostra impronta, dimostrare il nostro valore intellettivo, rendere visibile la nostra bellezza. Vogliamo innalzarci, stupire, sedurre, influenzare. Cerchiamo in fondo di mostrarci al meglio. Ma quando scatta questo irresistibile desiderio noi non chiediamo aiuto alla parte più intima e profonda di noi, quella vera, ma bensì a tutto ciò che ci è più facile manifestare: ego, vanità, narcisismo. E così, senza rendercene conto ci trasformiamo giorno dopo giorno in elefanti ingombranti, imponenti, potenzialmente pericolosi.
Gonfiamo le nostre caratteristiche per renderci evidenti agli occhi dell’altro, certi che questo possa essere un modo vincente per raggiungere i nostri obbiettivi. Ma in questo modo ci dimentichiamo dell’erba che si trova sotto le nostre zampe. Ci dimentichiamo di noi, dei nostri sentimenti, dei nostri desideri più intimi, delle nostre fragilità e delicatezze. La nostra vera essenza, ahimè, siamo abituati a celarla, convinti che solo nascondendola ci sarà possibile proteggerla. Senza pensare però che ciò che non si vede, apparentemente non esiste. E’ un paradosso eppure…
Non sarà colpa dell’altro elefante quindi, lui si muove come la natura gli impone, ha zampe pesanti e passi lenti, ma l’erba su cui si posa soffre, si spezza, i fiori appiattiscono, a volte muoiono.
Ed anche quando i due elefanti avranno smesso di lottare, stanchi o soddisfatti, vincitori o vinti poco importa, l’erba resterà calpesta e dolorante. Ci vorrà del tempo prima che ritrovi vigore, la bellezza fiera dei suoi fiori, i quali, di certo, stenteranno un po’ prima di riaprirsi fiduciosi al calore del sole.
Morale: forse a volte sarebbe meglio ridimensionare l’ego, farsi che so gatto, sempre grandino rispetto all’erba ma insomma, almeno il suo è passo felpato e meno pesante.
Oppure, e quest’immagine mi piace ancor di più, potremmo trasformarci in coccinelle: leggere, colorate e capaci di volare su qualunque fiore o filo d’erba senza fare danni.