Un pò di me e la mia intervista con Maurizio Costanzo e più in giù in nuovi post

domenica 29 marzo 2009

Il mistero di essere

“Il vero Mistero del mondo è ciò che si vede, e non l’invisibile”.

E già...

Peccato però che comunemente il mistero ed i misteriosi attirano la nostra attenzione, inducendoci a pensare che dietro al “mistero” si celi chissà quale meraviglia.
E’ un inganno mentale che si ripete da quando esiste l’umanità e tutti noi ne siamo in qualche modo vittime felicemente consenzienti.
Ne parlavo con un uomo, giorni fa, ed eravamo su posizioni leggermente discordanti.
“ Il mistero è affascinate” mi diceva giustamente lui, riferendosi al sapersi rendere misteriosi all’altro come arma di seduzione.
Eccolo qui quindi, il punto su cui mi soffermerò stuzzicata da questa conversazione: il mistero come arma di seduzione.
La mia risposta, alla sua affermazione, è stata forse poco misteriosa e troppo diretta, e ne faccio pubblica ammenda: con un uomo a cui piace il mistero una donna non dovrebbe mai essere diretta.
Errore, terribile errore!!!! Lo so, ma ormai è fatta.
Ma il problema, il limite che mi sono trovata ad affrontare è che io non la penso precisamente così. Prendendola alla larga potrei dire che, per esempio, la natura si mostra orgogliosa di se rendendo visibili a tutti le proprie bellezze. Lo fa conscia che il mistero della propria meraviglia è, esattamente come afferma Wilde, nel visibile e non nell’invisibile.
Lo stesso credo, valga per gli esseri umani ed i loro giochi d’amore.
Chi conosce la propria ricchezza interiore, chi è conscio di racchiudere in se un universo mai completamente esplorabile, non teme il mostrarsi, non ha bisogno di incerti mugugni e labili sospiri,
poiché sa che può lasciarsi guardare, consapevole che il proprio enigma non potrà essere consumato o svelato. Il mistero, infatti, è in lui, nella continua ed infinita evoluzione che lo porta ad essere, per se stesso e per l’altro, un giorno dopo l’altro, qualcosa di nuovo e quindi d’inevitabilmente inafferrabile.
E lo stesso credo, valga per chi, con vera curiosità, sarà pronto a lasciarsi incantare dal viaggio che lo porterà da se a all’altro. Nella certezza, questa si, che colui che ha veramente voglia di mistero, oltrepasserà chi si adorna di inutili finzioni per andare a cercare proprio chi è lì, apparentemente visibile, ma in realtà mai totalmente comprensibile.


giovedì 26 marzo 2009

La magia delle parole e Oscar Wilde

" Solo la musica l'aveva eccitato così, turbandolo più di una volta. Ma la musica non era articolata: non era un nuovo mondo, ma piuttosto un altro caos che si generava dentro di noi.
Parole, semplici parole!
Come eranano terribili! Chiare , vivide, crudeli!
Impossibile sfuggire. Eppure, che sottile magia racchiudevano! Quasi che riuscissero a dare forma plastica a cose informi, e che avessero una musica propria, dolce come la viola o il flauto.
Semplici parole! C'era niente di più reale delle parole?"

Tratto da " Il ritratto di Dorian Gray" di Oscar Wilde


A tutti i parolai, ai giocolieri, a chi le usa con parsimonia, a chi non sa trattenerle, a chi le pensa e non riesce a pronunciarle, a chi le teme, a chi le incita, a chi vorrebbe dimenticarle, a chi le sogna.
Nella convinzione che la potente magia delle parole va usata con buon senso e poca superficialità, quasi fosse una pozione di cui è necessario conoscere ingredienti e dosi.

domenica 22 marzo 2009

Respiro

" Con ogni tuo respiro entri in una vita nuova,
essa è per te luce od oscurità."

Faouzi Skali

mercoledì 18 marzo 2009

Scuse

Un piccolo post dedicato alle scuse.
Causa settimane particolarmente intense sono riuscita unicamente a pubblicare i miei post, dedicando poco tempo alle mie visite nei vostri blog. Mi scuso per questo e spero di poter tornare al più presto a gironzolare tra le vostre bellissime pagine.
Confido nella vostra clemenza e comprensione.
Vi abbraccio tutti.

lunedì 16 marzo 2009

Intemperie

Che strano,
guardo fuori e la città sembra esplodere sotto la luce vivida del sole.
Sotto le finestre del mio ufficio frotte di turisti attraversano allegre i Fori Romani.
Li guardo passare, i nasi rivolti in su e gli occhi estasiati, quasi increduli di tanta bellezza.
La primavera sta fiorendo ed io oggi sono rintanata nel mio cuore.
Quasi accucciata in esso.
Solo ieri era felicità, ed oggi?
Mi crogiolo in una musica struggente chiedendo comprensione a me stessa.
Il privilegio di concedermi anche questo.
I lunghi tempi dell’anima che non rispettano altro battere se non quello del cuore.
I volti che si affollano nella mente, le parole che corrono smuovendo emozioni.
La delicatezza dei miei passi che, incerti, percorrono strade sconosciute.
La titubanza si fa soffice e chiede calore.
Non ho voglia di uscire, non ho voglia di rumore.
Oggi ho soltanto voglia di me, dei miei pensieri.
Il volo della fantasia che mi spinge verso un sole morbido, nell’azzurro di un cielo che sia, per qualche ora, soltanto mio.

sabato 14 marzo 2009

Stupidità

“ Non esiste una sola idea importante di cui la stupidità non abbia saputo servirsi, essa è pronta e versatile e può indossare tutti i vestiti della verità. La verità invece ha un abito solo e una sola strada, ed è sempre in svantaggio."

La stupidità mi fa paura.

Mi fa paura incontrarla negli occhi di chi mi guarda, infrangermi nello sguardo

vacuo, imperforabile dell’ostinazione di chi in realtà non sa vedere, o non vuol farlo.

Di chi non si domanda, non dubita, non prova a comprendere, ma con determinazione ed

insulsa superficialità giudica od agisce
senza sapere.

La stupidità è imprevedibile e per questo pericolosa e spesso inarginabile se è vero, come

sostiene anche Friedrich Schiller “Contro la stupidità gli stessi dei lottano invano.”

Eppure ogni volta tra la rabbia, una punta quasi di sorpreso stupore ed una domanda che affiora

testarda tra le labbra: possibile?


Il primo capoverso virgolettato è tratto da L'uomo senza qualità di Robert Musil

mercoledì 11 marzo 2009

Conoscersi

"Spesso la gente non ha l'emozioni chiare, altro che le idee."


Tratto da " Non avevo capito niente" di Diego De Silva

domenica 8 marzo 2009

Anais Nin, il tempo e gli altri

“ E tu…be’, hai un modo così chiaro e bello di presentare le cose, così cristallino che sembra tutto semplice e vero. Sei così pronta, così intelligente. Ma non mi fido della tua intelligenza. Tu crei uno schema meraviglioso, tutto è al suo posto, e sembra chiaro in un modo assolutamente convincente, troppo chiaro. E intanto, dove sei tu? Non sulla chiara superficie delle tue idee, no, tu ti sei già tuffata più a fondo, in regioni più oscure, così uno pensa che tu gli abbia dato tutti i tuoi pensieri, ma lo immagina soltanto che tu ti sia svuotata in quella chiarezza. Invece ci sono strati e strati – sei senza fondo, insondabile. La tua chiarezza è ingannevole. Sei la pesatrice che suscita in me più dubbi, più confusione, più turbamento.”
Queste le parole che Herry Miller rivolgeva in uno scritto ad Anais Nin, sua mante dell’epoca.
Parole che mi hanno condotto, non so perché verso una associazione ben precisa.
Come si può scendere a conoscere gli strati e strati di una persona?
Ho un’unica risposta: dandogli e dandosi tempo.
Il tempo che è divenuto il vero lusso della nostra moderna società, il tempo che corre, in fretta, troppo in fretta, e ci impedisce di fermarci a guardare, a capire, ad esplorare.
Crediamo di vivere pienamente anche se in realtà sorvoliamo il mare sfiorando solo le increspature.
La vita, quella vera, si muove al disotto di esse e noi la guardiamo appena, affondando solo di tanto in tanto la nostra testa, curiosi forse, ma poi non così coraggiosi per decidere di inabissarci nelle profondità, anche oscure e paurose dell’esistenza. Allora torniamo in superficie e riprendiamo la via.
Il mare in questo caso è come metafora dell’altro, delle persone che ci circondano o che ci capita d’incontrare ma alle quali spesso concediamo assai poco. Poco tempo, poca attenzione, poca disponibilità empatica, poco insomma, per poi lamentarci che gli altri non sono quello che noi vorremmo, meriteremmo, spereremmo. Ma noi, in fondo, cosa abbiamo concesso veramente di noi stessi, quanto siamo stati pronti a metterci in gioco, a mostrarci, a voler capire, vedere, quanto siamo stati disposti in realtà a rischiare. Rischiare il nostro tempo, i nostri sentimenti, una possibile delusione, un possibile sentimento, vero, autentico, coinvolgente che potrebbe farci perdere la bussola del nostro amorfo andare.

Ho conosciuto Polle e Paolo in un mio precedente incarico lavorativo. Una sede spersa nel nulla, un’infinità di ore da trascorre insieme, obbligati ad una convivenza spesso forzata, non sempre piacevole. Il giorno passava davanti ai nostri occhi, oltre i vetri delle finestre, mentre noi eravamo costretti a vederlo scivolar via senza averlo veramente vissuto, non come avremmo voluto almeno. Mattine, pranzi, pomeriggi, a volte addirittura sere e nottate insieme, senza avere un lavoro così pressante o coinvolgente da svolgere, e noi che lentamente ci avvicinavamo all’altro, più per ammazzarlo quel tempo che per viverlo. Con Polle abbiamo iniziato a parlarci sporadicamente, lui veniva nella mia stanza e chiacchieravamo di tutto un po’, e poi lentamente sempre più di noi, dei nostri pensieri. Paolo era, all’epoca, ancora un collega che volava sulla facile battuta, se una provocazione gettata e subito ritratta. Tuttavia sentivo che era molto più di quel che mostrava ed inizia a dirglielo.
Poi, improvviso il trasferimento ad un nuovo incarico, dovevo spostarmi dall’altra parte del corridoio e c’era una scrivania vuota nella stanza di Polle. Andai lì, un po’ timorosa di quello che sarebbe stata la convivenza con quel trentenne gentile e ribelle. La sintonia fu, invece, quasi immediata e noi ci accomodammo in una piacevole e stimolante convivenza. I nostri dialoghi si fecero frequenti, profondi fino a divenir intimi, schietti, fino a farci a volte male. Paolo nella stanza accanto si affacciava, buttava lì frasi e poi tornava a sedersi. Le sue visite divennero sempre più frequenti e nel mare di ore che si apriva ogni giorno davanti a noi, sempre più lunghe. I discorsi volano, s’inerpicavano, scendevano in rapide picchiate che ci lasciavano con il cuore che batteva, ma esploravano. Noi ci stavamo concedendo del tempo scambiandoci attenzione, ascolto, provando a comprendere l’altro, accettandolo. Trenta anni Polle, quaranta io, cinquanta Paolo. Tre generazioni, due uomini ed io che avrei potuto essere schiacciata dalla forza a volte brusca dei loro modi, dalle parole senza filtri che ormai non smettevano di usare. Eppure non è accaduto. Io ho evitato di soffermarmi sui fronzoli e loro hanno addolcito i toni. È stato magico. La nostra amicizia cresceva, si espandeva, si approfondiva.
Loro mi portavano ad esplorare l’orizzonte ed io li conducevo verso le profondità del io nel rispetto della propria individualità. Ognuno portava se stesso: la propria età, il proprio carattere, le proprie modalità di pensiero, il proprio essere maschi oppure femmina, nella completa rilassatezza di potersi mostrare. Abbiamo discusso, litigato furiosamente, abbiamo riso come pazzi, ci siamo sostenuti e consolati.
Il nostro trio è stato quello che ci ha permesso di resistere ad una dimensione lavorativa assurda. E’ stato come se quell’essere costretti a stare dentro un ufficio ci avesse spinto ad andare oltre, a stare dentro di noi, dentro l’altro. A ben pensarci, d’altronde, era l’unico viaggio che ci era permesso di compiere rimanendo fermi.
Non potete immaginare quante volte mi sono ritrovata a ringraziare quel tempo che avevo pensato perso.

giovedì 5 marzo 2009

Uomini

Vorrei parlare di uomini. O meglio vorrei parlare di quello che di loro percepisco, e che è quasi sempre è assai diverso da quello che loro, volutamente, vorrebbero mostrarmi.
Li osservo, senza che se ne accorgano, cercando di cogliere tra le loro luccicanti armature, quelle piccole fessure, impossibili da nascondere, che mi permettano di arrivare oltre, vicino alla loro genuina essenza.
E quasi sempre, ciò che intravedo, è meglio di ciò che, ostinatamente, si preoccupano di celare. Peccato che loro non lo sappiano, o meglio, che non se ne rendano conto.
Sono così buffi in quel loro pavoneggiarsi, atteggiarsi, mostrarsi adeguati, in grado di controllare e controllarsi, sicuri di se. Ma chi ve lo fa fare? Mi verrebbe da suggerirgli, non vi accorgete che lo sforzo è vano e che quel che si è, in fondo, a ben guardare, è evidente.
A ben guardare direte voi? E già, a ben guardare, ma c’è ancora chi usa la propria attenzione per osservare l’altro? Non lo so, non credo che sia un’inclinazione diffusa, e giocando sulla superficialità di uno sguardo si può colpire, ma poi? Al successivo sguardo che succede?
Io che torno a guardarvi vedo le crepe, quei piccoli, apparentemente, insignificanti scricchiolii, le macchie di logoro colore, che mi parlano di altro, e ridimensionano i vostri petti gonfi, il passo sicuro, lo status delle vostre macchine, degli abiti firmati, dello sguardo gagliardo.
Le piccole incertezze di un gesto, gli occhi che si muovono impercettibilmente inquieti, un sorriso forzato, la voce che tentenna e spesso troppo spesso, pronuncia frasi sciocche, fuori luogo, poveramente goliardiche, tutto questo mare d’informazioni arriva involontariamente alla mia mente e smonta bullone dopo bullone la lucida armatura. Ed è proprio allora quando, smessi i panni “dell’uomo che non deve chiedere mai” riesco a relazionarmi con l’uomo, soltanto con lui e non con il ruolo che di volta in volta ha scelto d’interpretare, rimanendo spesso prigioniero, che io scopro il meglio di voi. Tutt’altra musica, storia, dimensione…tutta’altro uomo insomma.
Come donna so comprendere assai bene quanto le pressioni sociali, culturali, sappiano essere violente, impositive ed è per questo che vi comprendo, perché riconosco lo sforzo che dovete sostenere per mostrarvi sempre al di sopra di una normalità che sembra, a questa folle società, inaccettabile.
Ma non lo è, non secondo me, non quando quello che va a sostituirla e talmente innaturale da farvi apparire uomini di plastica e metallo.
Le vostre incertezze, i dubbi, i sogni che sono ancora lì, irrealizzati, le paure non vi rendono poco interessanti, tutt’altro, sono come le pieghe dietro le quali sarebbe bello scoprire un mondo, imperfetto forse, ma pulsante e colorato di emozioni, passioni, sentimenti. Chi potrebbe preferire la plastica rigida e fredda, inanimata?

domenica 1 marzo 2009

Innamorarsi ogni giorno

Ci si può innamorare ogni giorno?
Il cielo che si dipinge di colori, la natura che sfiora i miei sensi, il bacio segreto di due innamorati.
Cammino e colgo particolari che mi emozionano.
Una ragazza in posa per una foto, una nuova melodia che mi entra nella mente, un’immagine pensata, un desiderio sospirato che forse, se lo vorrò tanto, si realizzerà.
Una parola, un sorriso insperato.
La tua mano che abbassa il mio cappello.
Una frase che mi fa vibrare.
Ed i tanti te che hanno il volto dei miei amori.
Possibile che basti alzare gli occhi e guardare?
La mia curiosità. La ricerca della bellezza ovunque si mostri.
E il mio cuore che ha voglia di battere.
Sarà sciocco, eppure mi accade ogni giorno.
Respirare la vita, per me, è anche questo.