Un pò di me e la mia intervista con Maurizio Costanzo e più in giù in nuovi post

mercoledì 29 ottobre 2008

I giovani si son destati

Il decreto Gelmini è stato approvato ed io non riesco a tacere.
Un atto di prepotenza inaudita si è compiuto tra i banchi del nostro Parlamento, ed io tremo all’idea di quello che un comportamento di questo tipo possa, davvero, significare.
Senza battere ciglio e con un’impudicizia senza precedenti è stata approvato un decreto che riguarda la vita, l’istruzione ed il futuro del nostro paese senza che il Governo, che dovrebbe rappresentare tutti i cittadini, manifestasse la più piccola volontà di aprirsi ad un confronto.
Ma l’istruzione, il conoscere ed il capire sono argomenti che spaventano ed allora, zitti e mosca e si proceda. I miei genitori mi hanno cresciuto nella la consapevolezza che la cultura è potere e per questo, da sempre, privilegio delle classi ricche e potenti. Il tempo però è passato e, per nostra fortuna, non siamo più nel Medio Evo e la globalizzazione ci obbliga oggi ad una qualità di livello sociale e culturale e di ricerca che non può arrestarsi. Il mondo chiama e noi non siamo in grado di rispondere e ancor peggio di esserci. E non ci siamo perchè volutamente si tagliano le gambe ai settori intelletuali del paese, quelli per interderci capaci di comprendere e riformare.
Eppure un nucleo, inaspettatamente, si è staccato da questa massa malata e mi fa sperare: I GIOVANI! SI', SIGNORI MIEI I GIOVANI SI SONO DESTATI!
Finalmente, e dopo anni in cui i grandi hanno fatto del loro meglio per abbrutire la mente dei ragazzi, loro hanno alzato la testa dagli schermi e ci stanno urlando che ci sono e sanno capire e reagire.
Ho letto, in questi giorni di fermento, i commenti di alcuni intellettuali i quali, con aria intellettualmente snob, continuano a sostenere che i movimenti studenteschi altro non sono che un modo incosciente con cui, inconsapevolmente, combattono una battaglia sbagliata, favorendo unicamente il potere di docenti incapaci e lo spreco delle risorse pubbliche.
Come se non fossero stati gli stessi politici, gli intellettuali ad organizzare scuole ed università. Ed ora tutti a dire che sono i giovani a protestare su aspetti sbagliati.
Tutti, indistintamente, bamboccioni ignoranti e inconsapevoli ecco come vengono definiti i nostri giovani, i nostri figli. Ed io non l’accetto!
Ma ditemi di chi sono figli? di chi sono studenti questi ragazzi? Se la loro capacità culturale e civile fosse davvero così bassa, di chi sarebbe veramente la colpa? La loro? Ma i giovani, scusatemi, non imparano dai grandi, da noi grandi. E se, ripeto se, loro fosssero, e per lo più non lo sono, degli inetti incapaci allora, signori miei, questo sguardo di disprezzo dovremmo rivolgerlo verso noi stessi. La responsabiltà di essere stati dei cattivi maestri è dunque la nostra, e su questo ho molte più certezze. Gli stessi rappresentati che oggi urlano e rivendicano il diritto dovere di riformare la nostra istruzione pubblica, gli stessi dicevo, alcuni mesi fa, alla caduta del Governo Prodi, si sono fatti riprendere dalle televisioni di tutto il mondo mentre, tra mortadelle e vino, brindavano gridando nelle aule del nostro Parlamento. Ripeto, nelle aule del "Nostro Parlamento" come se avessero perso di vista che quel luogo non è la fraschetta dei Castelli Romani dove andare con gli amici a gozzovigliare ma un luogo istituzionale della Repubblica Italiana. Ed i ragazzi ora, dopo un simile spettacolo,dovrebbero ritenerli all'altezza di riformare le basi culturali e civili del loro futuro?
Forse sarebbe giusto migliorare e rivedere aspetti dell’istruzione pubblica, privilegi e sprechi, ma racchiudere un movimento studentesco in pochi dispregiativi aggettivi mi sembra un’ offesa troppo grande, inaccettabile e soprattutto semplicistica.
Ci sarà pure chi approfitta della situazione per bighellonare in giro evitando di studiare, ma il dato essenziale è che la maggioranza di loro è scesa in piazza e partecipa, dopo anni, alla vita pubblica.
Qualche cosa impareranno, qualche cosa in più capiranno e per quanto mi riguarda è sempre meglio vederli riuniti per un ideale alto, piuttosto che imbalsamati e passivi di fronte a programmi televisivi offensivi, quelli sì, per la loro intelligenza ed inutili per il loro futuro.
Ha detto bene Crozza, nel suo intervento a Ballarò, si preferiva vederli partecipare attivamente solo al televoto del Grande Fratello o di Amici. Ed invece, in un guizzo che fa ben sperare, ci stanno gridando che sono in grado di partecipare e volere ben altro. Ed io che li vedo passare sotto le finestre del mio ufficio, li guardo intenerita e speranzosa e non posso che essere solidale e partecipe di questo loro splendido lottare. Mio figlio è al primo anno di liceo e si ritrova a vivere un momento di grande risveglio intellettivo che lo coinvolge, spingendolo oltre i comuni interessi. Si guarda intorno, partecipa e cerca di capire dentro a che cosa questi politici lo stanno catapultando. Le domande corrono ed il passaggio mi sembra notevole e questo, penso, potrebbe già essere un più che valido motivo per non lasciarli soli.

martedì 28 ottobre 2008

Un incontro impossibile

E’ già buio. Le luci della città rimbalzano tra le vetrine e le vernici lucide delle macchine.
Torno a casa guidando il motorino tra le vie del centro pensando a niente.
Una strada in salita ed un semaforo rosso che sembra non finire mai. Nell’attesa mi volto e vedo la tua mano elegante sporgere dal finestrino, la fede d’oro all’anulare, un nulla ma basta a sedurmi. Risalgo lungo il polsino della camicia e la stoffa scura della tua giacca, fino al tuo viso. Hai la pelle olivastra, i capelli neri, le sopracciglia folte e mi smarrisco a sfiorare il profilo morbido delle tue labbra; sei bello, molto bello, ma è il tuo sguardo che mi cattura trascinandomi nella tua vita. Uno sguardo che corre lontano, malinconico.
Una gamba si muove accanto a te e mi sporgo a scrutare. Una giovane donna, altrettanto bella, altrettanto elegante è seduta vicino a te e parla sorridendo. L’osservo per un attimo e ritorno al tuo sguardo che continua a vagare lontano, indifferente alle sue parole. Mi chiedo come possa non essersi accorta che non sei con lei, che i tuoi occhi inseguono immagini che non gli appartengono e ti rendo triste, incredibilmente triste.
Ipotizzo che sia tua moglie, una giovane moglie adeguata alla tua bellezza, a quello che sembra il tuo status: macchina giusta, vestito giusto, una donna giusta, apparentemente. Ed allora perché sembri così disperato? La virilità malinconica del tuo viso è qualcosa che mi colpisce oltre quello che vorrei. Potrei innamorarmi di te, e forse è già accaduto e tu non lo saprai mai. E come potresti? Questa è una follia! Non puoi sapere che in questa strana serata, mentre sei fermo ad un semaforo, una donna sconosciuta sta accarezzando la tua anima. Il rosso si spenge ed i clacson m’incitano a ripartire. Devo andar via, il nostro tempo finisce qui, nel verde di un semaforo sospeso nell’aria.

La salita diventa discesa ed io mi ritrovo a sperare che quella donna riesca a guardarti. Sì, questa è proprio una follia! O forse, forse è solo colpa della mia fantasia capace di seguire uno sguardo in una vita che non gli appartiene. Fantasia, scrittrice, le parole si mettono in fila ed il mio cuore si ferma. Ho scritto di te nel mio nuovo libro! Tu esistevi già dentro di me! La mia fantasia ti aveva creato e tu sei comparso a dimostrami che nulla di quello che ho immaginato è più irreale della realtà.

domenica 26 ottobre 2008

L'importanza dei sogni




" Tutti noi dovremmo abituarci a pensare in grande, perchè questo è l'unico modo per riuscirea realizzare grandi progetti, a raggiungere grandi mete. Il " senso dell'infinto" è ciò che ci apre verso grandi orizzonti, l'importante però è non smettere mai di "essere vivi dentro", perchè solo a queste condizioni la vita ci sorriderà. Quello che sarà di noi, dunque, non è tanto legato al verificarsi degli eventi, quanto alla nostra forza e coraggio interiori. La forza interiore, la nostra energia, è ciò che non dovremmo mai smettere di alimentare, né dimenticare di possedere, perchè quello che sarà di noi è legato a ciò che custodiamo nel nostro mondo interno."


Tratto da " L'anima delle donne" di Aldo Carotenuto

sabato 25 ottobre 2008

Perchè lui, forse, non è preoccupato....

MA NOI SI'...


E LORO PIU' DI NOI...


PERCHE' NON DOBBIAMO MAI DIMENTICARE CHE...


PERCHE' I CITTADINI C'ERANO SPERIAMO CHE ARRIVINO PURE LORO...


PERCHE' NEANCHE A LORO GLI STA BENE...





PERCHE' I DIRITTI NON SONO MAI ACQUISITI PER SEMPRE E VANNO DIFESI...





PERCHE' ANCHE IL CIELO E' PREOCCUPATO...


PERCHE' NON DOBBIAMO MAI VOLTARE LE SPALLE...




PERCHE' LE PERSONE HANNO MEMORIA ED INTELLIGENZA PER GIUDICARE...



PERCHE' FORSE HA RAGIONE IL SIGNORE QUI SOTTO...


PERCHE' L'IRONIA NON DEVE MAI MANCARE...


PERCHE' LA PARTECIPAZIONE E' BELLA....


PERCHE' IO C'ERO E NE SONO FELICE...


PERCHE' LE IMMAGINI RACCONTANO PIU' DELLE PAROLE





giovedì 23 ottobre 2008

La soavità Zen

Non si può rubare la luna

" Ryokan, un maestro Zen, viveva nella più assoluta semplicità in una piccola capanna ai piedi una montagna. Una sera un ladro entrò nella capanna e fece la scoperta che non c'era proprio niente da rubare. Ryokan tornò e lo sorprese. " Forse hai fatto un bel pezzo di strada per venirmi a trovare" disse al ladro " e non devi andartene a mani vuote. fammi la cortesia, acceta i miei vestiti in regalo".
Il ladro rimase sbalordito. Prese i vestiti e se la svignò.
Ryokan si sedette, nudo, a contemplare la luna. " Povero uomo," pensò " avrei voluto potergli dare questa bella luna".

Tratto da " 101 storie Zen"

martedì 21 ottobre 2008

Il nostro triste " The Truman Show"

Se c’è una cosa che amo del mio lavoro è l’opportunità che mi offre d’incontrare persone che difficilmente mi capiterebbe di conoscere.
La cosa che invece amo della vita è che, nei modi più impensati, sa dimostrami che ciò che pensavo vero può essere rimesso in discussione e guardato da altri punti di vista.
Oggi, per esempio, avevo scritto un post su i commentatori dei blog e per la seconda volta in una settima l’ho dovuto modificare.
Nel primo post mi domandavo per quale motivo due tipologie di blog ricevono tantissimi commenti: quelli impegnati e quelli dei fancazzistiti ( termine in uso per definire il nulla del fare e del dire che secondo me rende bene l’idea). Mentre tutti gli altri, quelli più intimisti vivono alterni splendori.
Nella mia prima analisi ipotizzavo che il contesto sociale, sempre più difficile, inducesse i frequentatori dei blog a scegliere luoghi dove o poter ridere o dove poter sfogare la propria rabbia. Evidenziando come, in entrambi i casi, il sociale, cioè l’esterno a noi, diviene il protagonista su cui accanirsi. Amo la satira e vivo e lavoro credendo che l’impegno politico, e quindi sociale, dovrebbe essere un comune interesse su cui confrontarsi e crescere per migliorare il nostro mondo. Ma proprio non riesco a spiegarmi perché, quando si sposta l’attenzione dal generale( colpevole del nostro becero vivere) al particolare( e cioè noi stessi ed i nostri modi di essere e quindi di approcciare al mondo) l’attenzione si fa distratta e poi corre da qualche altra parte.
Mi domandavo tutto ciò quando, per motivi di lavoro, ho assistito ad una iniziativa promossa dalla Provincia di Roma intitolata “ Gli Stati Generali contro il razzismo.” E qui, tra un discorso e l’altro, ha preso la parola un uomo di colore che ha fatto a tutti un discorso chiaro, riassumibile in questo semplice concetto: il razzismo non nasce dal nulla, ma ha una sua origine, un suo percorso che si sviluppa negli anni e lascia delle tracce visibili lungo il cammino. Bene, dove eravamo noi mentre questo accadeva? O meglio, mentre qualcuno faceva in modo che questo fenomeno crescesse e si impossessasse della società?”
E già, dov’eravamo noi? Dove eravamo mentre una parte dei nostri governatori gettava le basi e poi i muri portanti di questa società che tanto denigriamo, beffeggiamo e su cui ci accaniamo con tanta animosità? E già, dov’eravamo?
Dov’eravamo mentre smontavano mattone dopo mattone il lavoro certosino di chi ci ha preceduto? Un lavoro fatto, è vero, di lavoro e sacrifici, ma anche di valori e solidarietà, di sussistenza e pari opportunità?
E queste domande mi riportano alla mia idea iniziale: perché urliamo al buio cattivo e minaccioso e non proviamo ad illuminare le nostre ombre interiori? Perché non siamo capaci di dirci che abbiamo voluto credere, non tutti certo, alla fiction che ci avevano propinato come possibile e reale? Facili guadagni, un’esistenza di agi e possibilità di vivere con la morale dei protagonisti di Beautiful, tutti felici e contenti compresi i figli che, tranquilli avrebbero compreso questo mondo di adulti capricciosi ed incontentabili . Ed ora, ora che il nostro personale “ The Truman Show” ha rilevato le crepe del suo sfondo, e noi ci siamo accorti che il sole che speravamo scaldarci in eterno ha invece bruciato il fusibile, ora, ci sentiamo una massa di illusi che hanno difficoltà a rientrare nel mondo reale. Quello mondo in cui, se invece di pensare solo all’Io, all’adesso e che m’importa del vicino, avessimo lavorato su i nostri egoismi, le nostre paure, sul nostro futuro, forse il mondo sarebbe meno inquinato, più vivibile e con gli aiuti giusti ed equamente distribuiti forse, dico forse, staremmo tutti meglio e non ci ritroveremmo quasi tutti con il cosiddetto per terra a piangere lacrime amare.
E questo mi riporta all’argomento iniziale. Nei blog, così come in altri luoghi, stiamo continuando a sfuggire, sempre secondo me, il punto centrarle del problema: siamo noi, singoli individui a dovere capovolgere il nostro intimo modo di porci nei confronti del mondo. Siamo noi che dovremmo tornare a pensare che oltre “noi” non è “chissenefrega”, ma “me ne frega” perché il mio “chissenefrega” sarà inevitabilmente il “chissenefrega” di un altro e questo ci imprigionerà un circolo vizioso d’indifferenza che, com’è ovvio, colpirà tutti. I politici non sono che la rappresentazione della nostra collettività, così come gli dei lo erano per gli antichi: potenti sì, ma simili agli uomini per vizi e virtù. Nulla di nuovo, insomma.

domenica 19 ottobre 2008

L'essenza di una donna - Anais Nin

“Ho passato la maggior parte della mia vita ad arricchire quanto meglio potevo la lunga, lunghissima attesa dei grandi eventi che ora mi riempiono con tanta intensità da sopraffarmi. Ora capisco la spaventosa inquietudine, il tragico senso di fallimento, il profondo scontento. Ero in attesa. Questa è l’ora dell’espansione, della vita vera. Tutto il resto non era che una preparazione. Trent’anni di veglia angosciosa. E adesso questi sono i giorni per i quali ho vissuto. Rendermene conto con tanta chiarezza, è una cosa quasi insostenibile umanamente. Gli esseri umani non sopportano la conoscenza del futuro. Per me, la conoscenza del presente è altrettanto abbacinante. Essere così acutamente ricca e saperlo!”

Tratto da “ Henry &June” di Anῒs Nin

giovedì 16 ottobre 2008

Riflessioni sulla libertà di parola

Chiedo anticipatamente scusa per la lunghezza del post.

Ieri ho scritto un post, l’ho scritto d’istinto, rispondendo ad una sensazione immediata dopo aver letto nel blog di Marina
ineziessenziali la sua proposta di pubblicare, come aveva fatto lei, brani o frasi tratti dal libro "Gomorra" scritto da Roberto Savino.
L’iniziativa che lei proponeva è stata promossa dopo che l’autore, da anni sotto scorta, è stato indicato da un pentito come possibile oggetto, insieme alla sua scorta, di un futuro attentato.
Io avevo appena letto la lunga intervista dell’autore su "Repubblica" e nel post la mia posizione era netta e giudicava il grido di dolore di questo giovane uomo con severità e, ora dico, anche con un certo pregiudizio. Analizzavo la sua storia partendo dal mio punto di vista, dalla consapevolezza che pestare i piedi ai poteri forti espone sempre a dei rischi i quali, sostenevo, dovrebbero essere calcolati. Per questo, con un certo disappunto, mi stupivo della sorpresa che credevo di aver colto tra le sue parole. Impossibile, sostenevo, aver scritto e poi pubblicato un libro di denuncia così forte e non aver messo in conto che la tua vita può diventare un inferno e travolgere te, i tuoi familiari e gli amici coinvolti. Il contesto di cui narra gli era noto. E' un uomo che è cresciuto in quelle zone, ne ha respirato le dinamiche e come autore ne ha raccontato usi e costumi e quindi, presupponevo, ne conosce anche le possibili ritorsioni.
Tuttavia, dichiaravo, in un paese libero e democratico il diritto alla parola dovrebbe essere un diritto insindacabile e quindi, un autore che decide di scrive un libro denuncia non dovrebbe essere scaraventato in una vita da fuggiasco o divenire un bersaglio mobile. E questo è un principio talmente ben saldo dentro di me che mi auguro non sia nenanche oggetto di discussione. Era sulla sua ingenuità, sul suo essersi trovato in un vortice che non aveva previsto e di cui involontariamente era rimasto vittima, ecco, era questo ciò mi sembrava difficile da credere e sul quale ombreggiavo, dietro al certo impegno politico, anche una buona dose di ambizione. Non ho cambiato totalmente idea, ma parlando con alcuni amici dei dubbi hanno questa volta ombreggiato la mia posizione.
A sostegno del mio primo scritto e delle ulteriori riflessione devo dire che, l’aver scritto un libro mi ha posto in una posizione forse particolare, la mia esperienza personale mi ha condizionato. Per come lo vivo io, lo scrivere è una dimensione lenta, che richiede molto tempo e lascia molto tempo, tempo per valutare, per pensare. Ma non avevo valutato alcuni aspetti ed avevo proiettato me, le mie considerazioni lungo la composizione del mio piccolo libro; gli scrupoli, le paure che hanno impresso pause alle mie parole. Chi avrei ferito, chi si sarebbe potuto arrabbiare, i giudizi che sarebbero piovuti su persone a me vicine. Ma questa è la mia storia, la storia di una donna di quarant’anni, ed un mio amico mi ha fatto pensare che invece, in questo caso , a scrivere era un giovane uomo che oggi di anni ne ha ventotto. L’idealismo dell’età, il livello di consapevolezza, la valutazione dei possibili rischi forse, mi diceva il mio amico, sono diversi. Tutti abbiamo vissuto l’idea di poter cambiare il mondo ed ognuno ha pensato di farlo a modo suo. Vero, verissimo! All’idealismo non avevo pensato, come non avevo pensato a quello che mi ha detto mio marito ed un’altra amica. Un giovane scrittore, al suo primo libro ( e questo in realtà dovevo saperlo) non consce il potenziale di diffusione della propria opera. La pubblichi e già ti sembra un miracolo, sogni che possa tramutarsi in un best seller, ma non hai alcuna certezza e, se questo avviene, come è accaduto a Roberto Saviano, forse effettivamente non ne hai ipotizzato i reali risvolti. Non immagini cosa significhi divenire un oggetto di discussione o un referente della magistratura. Molti giornalisti parlano di argomenti scottanti, ma fortunatamente pochi di loro finisco sotto scorta. E poi c’è un argomento importante, fondamentale che ha messo in crisi il mio punto di vista: le parole di una mia amica. L’accesa discussione che abbiamo avuto ci ha trovato per la prima volta su posizioni nettamente contrastanti, ma la stimo troppo per non prendere in seria considerazione le sue parole.
“Stai gettando un ombra su una persona senza conoscere a fondo la sua storia. Il concetto di soffrire e tacere è inaccettabile. Il tuo giudizio è netto ma non è chiaro perché rimproveri il suo grido di dolore, la sua ribellione ad uno stato che non gli permette di essere un’artista che esprime il proprio pensiero. Perché ti da fastidio che denunci a gran voce ciò che vive?” Queste sono solo alcune delle sue frasi opposte con forza e convinzione al mio giudizio e, devo ammettere, che mi hanno colpito imponendomi di fermarmi e riflettere.
Questo post non è quindi quello che avevo scritto per risponde a Marina, è diventato un’altra cosa. E’ un'auto denuncia alla fretta del mio giudizio. Io, donna democratica, fautrice dei diritti e delle pari opportunità, della libertà di pensiero sopra ogni altra cosa, mi sono sentita e forse ritrovata dall’altra parte della barricata, quella che ho sempre combattuto. E mi ha fatto male, molto male. Ma devo dire anche bene e sapete perché? Perché mi ha dimostrato come è facile cadere nei giudizi affrettati, anche per me che scrivendo ho tempo di riflettere e, paradossalmente, proprio stamattina avevo pensato di pubblicare un post sui luoghi comuni. Per questo sospendo ogni mio giudizio sull’argomento e torno a riflettere su tutta questa storia. Roberto Savino ed il suo libro denuncia meritano un maggiore approfondimento ed io ho voglia di dedicarglielo. Ma lasciatemi ringraziare i miei interlocutori che con le loro parole mi hanno regalato veramente molto.

martedì 14 ottobre 2008

Il mio nuovo motto

Vi ho già detto che quest’anno mi sento molto “anni 70” e che in un clima generale pesantissimo la mia personale contromossa invernale sarà orientata, quanto più possibile, alla leggerezza. Come colonna sonora dell’anno ho previsto in primis un buon Lucio Battisti, specie nella versione “ Una donna per amico”, che per atmosfere mi sembra si abbini bene al grigiore nuvoloso che sta per avvolgerci.
Ma il qui presente post è per annunciarvi altro, una novità, importante: ho trovato il motto dell’anno e più probabilmente un approccio saggio alla vita. E poiché, gira che ti rigira ( no, non è “Amore bello” di Sbadiglioni) i nostri comportamenti rispondono a dei bisogni ed i bisogni hanno spesso origini profonde ed allora scendi scendi io che ti vado ad associare? State a vedere, e vi svelo come, nel pratico e senza accorgermene la mia mente, partendo dall’inconscio, va a parare per le vie più strane, la dove ci necessita per poi esplicitarsi con soluzioni inconsuete.
Insomma, l’aria è grigetta, il circondario ( situazione mondiale inclusa) volge al plumbeo, gli animi si accasciano ed allora che fo’? Torno agli anni settanta, mi dipingo di colori e canto un buon Battisti e che succede? Succede che prima mi viene in mente che sì, in fondo ha ragione lui, l’amore potrebbe essere assai leggero e divertente se solo sapessimo viverlo in modo giocoso. Poi, pensando a quel “Perché no?” dedicato all’amore uno improvviso sfavillio si spigiona nel mantra del ritornello inspirandomi un’altra interpretazione e Zac! Mi illumino. “ Ma perché no? in generale, “Ma perché no? in tutti sensi, “ Ma perché no?” nella vita, tutti i giorni e per qualunque cosa. Ed allora sia! Perché non pensare che le cose più incredibili strabilianti, emozionanti, coinvolgenti possano accadere? Generalmente teniamo la testa china pronta alle mazzate, ma il “ Perché no?” suggerisce alla mia positività ben altro.
Nell’aria un po’ scanzonata di cui mi vaporizzo risiedono, infatti, riflessioni un pochino più serie, che si legano, per l’appunto, alla scelta del motto. Riflettendo come al solito un po’ qua ed un po’ là mi sono resa conto di quante strane ed assurde inibizioni ci creiamo, mi creo. Per motivi imprecisati legati a: pudore, insicurezze, timidezze, in poche parole sovrastrutture varie spesso, troppo spesso ci convinciamo che questo o quello non sia alla nostra portata di vita, nella prossima (vita, intendo) forse, ma per questa proprio no. Tuttavia, guardandomi in giro e vedendo quante cose impensabili ed improbabili accadano, quanto tutto sia in fondo possibile, mi sono detta: “Perché no?”
Perché no? mi sembra si adatti benissimo al mio nuovo “Cri pensiero”. Ed allora basta! da oggi si ragiona seguendo questa linea e devo dire che mi ci sto adagiando comoda comoda.
La mattina, per esempio, mi guardo ed inizio con il dirmi che potrebbe, “perché no?” essere una grande giornata, a lavoro nessuno mi romperà le scatole, ma anzi, per motivi imperscrutabili mi divertirò, e perché no? conoscerò persone interessanti. Poi, sempre nel corso della mia giornata, capiterà una bella occasione per il mio libro o scriverò una pagina eccezionale nel secondo. In fondo, perché no? Ed inoltre, almeno un uomo incrociato per caso mi troverà bellissima o qualcuno che non l’hai mai pensato si ricrederà. Fregandomene delle calorie berrò un buon bicchiere di vino e mi farò delle sane risate. E con un sorriso sulle labbra, perché no, sarà più semplice vedere qualche cosa che mi era sempre sfuggito ed un gattone dal muso simpatico mi farà l’occhiolino. Un’amica mi telefonerà dicendomi che per lei sono speciale ed osservandomi in una vetrina penserò: “ Ma sì, tutto sommato…perché no? Non sono proprio niente male.”
Sì, non è un caso che quella canzone ritorni così spesso nei miei pensieri, forse era ora di pensare un bel “ Perché no?”
Ed eccolo lì, svelato l’arcano; in un modo o in un altro il lavorio dei mesi passati doveva approdare proprio qui, ad una nuova interpretazione del mio nuovo bislacco vivere.

lunedì 13 ottobre 2008

Voluta leggerezza

Se tutto deve avere uno scopo, vi sono certamente quaggiù alcune esistenze di cui il fine e l'utilità rimangono inesplicabili.


La coscienza è uno di quei bastoni che ciascuno brandisce per picchiare il suo vicino e del quale non si serve mai per se stesso.

Honorè De Balzac


Ho una lista di nomi in mente....

domenica 12 ottobre 2008

Stati d'animo

Perchè a volte le parole non bastano.

Perchè ridere è una danza per l'anima.

Perchè la vostra settimana sia simpatica, saltellante e morbida.

Perchè...

Buona settimana a tutti!

giovedì 9 ottobre 2008

Le maliarde

La maliarda, è un tipo di donna che mi ha sempre affascinato; psicologicamente intendo e per motivazioni contrapposte. Mi spiego meglio.
Quando ero bambina guardavo alle donne grandi con ovvia curiosità ed attenzione, la mia strada verso l’età adulta necessitava di modelli a cui ispirarmi ed io prendevo spunto qua e là. Mia madre era per infinite ragioni la persona a cui speravo, crescendo, di poter somigliare, tuttavia, esistevano anche altri tipi di donna che m’incuriosivano: la “donna di mondo” o, anche detta, “maliarda”.
Non arricciate subito il naso ed immedesimatevi; è la definizione stessa ad indurre in tentazione. Essere una “donna di mondo” nella mia fantasia di adolescente veniva tradotto in: persona di sesso femminile in grado di gestire ed affrontare con classe ed intelligenza qualunque situazione, in qualunque latitudine del globo e, nello specifico, anche nei rapporti sentimentali con il maschile. Niente male come possibilità.
Leggermente meno accattivante ai miei occhi era la possibilità di essere apostrofata, una volta grande, con l’aggettivo “maliarda”. Non so perché, ma nell’essere “maliarda” percepivo delle inclinazioni che non mi piacevano, forse anche a causa di un’assonanza con altre parole di sentore rapace tipo: mantide, mantice, marpiona e via discorrendo.
Ero dunque un po’ dubbiosa sul da farsi: “di “mondo” si ma “maliarda” no.
In ogni caso, osservavo con un’attenzione scrupolosa tutte quelle femmine che venivano accostate a quei termini in campo amoroso e mi ero fatta un’idea ben precisa e personale: dicasi donne di mondo/ maliarde tutte quelle donne che sanno perfettamente come far innamorare un uomo senza farsi male, anzi rendendo il personaggio schiavo d’amore.
La cosa diveniva sempre più interessante, visto le capacità, ancora acerbe, di cui disponevo nel relazionarmi, ahimè, con compagni brufolosi o inarrivabili bellocci.
Nella mia ingenuità d’allora ero veramente convinta che queste scaltre femmine avessero scoperto
l’elisir d’amore. Le vedevo padrone della situazione, sempre in grado di fare o dire la cosa giusta, belle, eleganti, sicure del proprio fascino, in qualche modo inaffondabili nella valle di lacrime in cui affogavano tutte le altre donne nel momento in cui s’innamoravano di uomini crudeli e traditori.
Insomma capaci gestori sentimentali.
Crescendo ho conservato per anni questa immagine seducente, non essendo, secondo me, divenuta donna di mondo ed ancor meno la “maliarda” del caso.
Il mio approccio con l’altro sesso è sempre rimasto, infatti, spontaneo ed attinente alla mia naturale inclinazione di non voler manipolare il prossimo. Tuttavia, continuavo ad avere una specie di ammaliamento psicologico per tutte coloro che credevo sapersi muovere nei meandri di storie complicatissime.
Poi l’età è divenuta adulta e molte amiche o conoscenti hanno iniziato a confidarmi i segreti dei loro cuori e, patatrac, si è infranto un mito: le donne di mondo/ maliarde sono persone di sesso femminile che spesso si ritrovano sole e tristi. Capacissime, questo è vero, di lanciarsi in relazioni spericolate con uomini al cardiopalma, dalle quali però, escono malconce come tutte le altre, se non peggio. E già, perché quest’apparenza da predatrice nasconde spesso una fragilità enorme e tolta l’esibita doratura sociale, chiusa la porta di casa, spesso, le suddette, sono un fiume di lacrime che non ti aspetti e che ti lascia l’amaro in bocca. “ Ma come- ti chiedi- proprio lei, la maliarda?
Una delusione enorme!!!
Insomma, osserva di qua e rifletti di là, tranne alcune rare eccezioni, alla fine ho capito che mi era sfuggito un piccolo dettaglio: si calcola la dove non si ama, ed allora siamo tutte bravissime, ma qualora si decide di abbandonarsi all’amore la sbandierata capacità di gestione è pari a zero. Quasi universale oserei dire. A sostegno della mia ipotesi vorrei portare a questo punto un esempio, però prima mi confesso e dichiaro che: del personaggio che citerò invidio quasi tutto, o meglio, tutto ciò che di lei viene mostrato. Quindi, nell’ordine: Brad Pitt, viaggi in giro per il mondo per piacere o per la promozione di cause umanitarie, soldi a palate per mantenere una tribù di figli, comprese le adozioni ad oltranza ed supporti indispensabili per lasciare tutti a casa e concedersi spazi vitali, e non ultime, bellezza e capacità intellettive ( notare la mia straordinaria obiettività) che le hanno consentito di realizzare il tutto.
Sto parlando, ormai è chiaro, di Angelina Jolie, maliarda doc. Donna fascinosa, aggressiva e con trascorsi inquietantemente dark. Eppure eppure... anche lei, per quanto maliarda e di certo disinibitamente scaltra, da quando innamorandosene (shig!) ha strappato il bel Brad ad una moglie sicuramente meno maliarda, che mi fa? Figlia che è una bellezza. E se non figlia adotta in modo compulsivo. Curioso comportamento per una maliarda di tal lignaggio. Niente più fruste e sangue ma languidi sorrisi e poppate. Destabilizzante! Ed allora, mi sono detta, vuoi vedere che maliarda o no, quando t’innamori la paura fa novanta e nell’incertezza rispolveri l’obsoleta versione dell’angelo( il nome l’aiuta anche, sgrunt!) del focolare?
Il povero Brad in effetti sembra tramortito, ma lei, non maliarda per caso, ha capito prima della suddetta moglie che “core de papà” ha sempre un suo effetto legaccio e dunque, come una donna di altri tempi, l’inchioda con ritmo serrante alle sue responsabilità, per poi lamentarsi che con tutti questi figli il sesso con lui non è più lo stesso.“ Ma dai?!?!?” che strano! Ma non demordo, la tizia è animale di razza e saprà barcamenarsi nella perfetta mescolanza di sguardi torbidi e morbide carezze. E se poi Brad scappa e allora

martedì 7 ottobre 2008

L'albero esploratore

Qualche settima fa sono andata a pranzo con una mia amica. Era da un po’ che non ci si vedeva e lei aveva molto voglia di raccontare.
Dopo brevi saluti ci siamo avviate verso il ristorante parlando dei nostri figli, abbiamo atteso che si liberasse il tavolo sorvolando le sue vacanze e ci siamo sedute parlando del suo lavoro.
Spiluccando il pane l’ascoltavo parlare, ma ad un tratto, non so perché, forse a causa del sole dietro alla sua testa o del vociare continuo che ci circondava, io mi sono distratta in un pensiero: qualora il suo fiume di parole avesse previsto un “ E tu che mi racconti?” io, di grazia, cosa gli avrei potuto narrare? Non lo sapevo, non avrei saputo da che parte cominciare e questo mi ha distratto ancor di più.
La primavera, con la sua luce mi aveva spinto a sperare in qualche strana magia, il passaggio dei mesi caldi mi aveva invece quasi tramortito ogni mio slancio, ma nell’affacciarmi di questo autunno freddolino, ho germogliato come una pianta tropicale fuori stagione: RIGOGLIOSA!!! è così che mi sento nello scemare dello stanco sole.
A beh! Non gridate alla mia follia, è solo che dopo tanto travagliare, voi capite? son felice….
Ma tornando al punto della possibile domanda sul tema: “riassunto delle puntate precedenti”, effettivamente mi rendevo conto che non sarebbe stato semplice spiegare. Non per sua incapacità, s’intendete, ma per il mio strano ragionare. Per l’appunto, non avevo voglia di raccontare i fatti, se pur innumerevoli degli ultimi mesi: lavoro nuovo, colleghi nuovi, vacanze estive e via così. E non ne avevo voglia perché, in realtà, non era quello ciò che d’importante credevo di aver vissuto in quei mesi. Quello che, invece avrei voluto raccontarle era che avevo compiuto un lungo viaggio in terre inesplorate del mio esistere e che strada facendo mi ero immersa in acque sconosciute e lì, in quegli abissi, avevo lasciato altre vesti logore. Non vorrei sembrarvi strana ma è che ho avuto l’impressione che non fosse facile farmi capire. Anche perché da dove inizi?
“ Sai mia cara amica, un giorno mi è capitato questo, ed allora ho pensato che, e poi ho letto di e quindi la mia mente ha dedotto che, e dunque sono giunta a credere che e, e…, e…..” voi capite?
Avrebbe chiamato la neuro. Ma il discorso preso alla larga voleva portarvi a quanto segue:
Ci sono dei momenti in cui, per una successione di sinapsi che non sapresti spiegare, accade che fai un bagno e riemergi sentendoti rinata, o perlomeno assai cambiata. I pensieri si sono messi in fila ed hanno prodotto una nuova opera che, nello specifico, si potrebbe chiamare” Sveglia!” ma anche un più dolce “ Risveglio.” ed allora sei felici ma sei la sola a sapere tutto ciò, perché quel viaggio è visibile solo a te che ne hai vissuto le tappe. E quindi, nel momento in cui le persone si relazionano pensandoti ancora l’altra, ti verrebbe da guardarti dietro per capire con chi l’hanno. Ed il punto è che l’hanno con te, direbbero i toscani, ma tu non sei più esattamente quella persona poiché, per un’infinità di motivi difficili da esporre, non hai solo voltato pagina, bensì hai iniziato un altro libro e sei ormai dentro ad un’altra storia e quella passata fa parte della cultura generale, ma tu sei ormai oltre e non puoi farci nulla, è questo che ora ti appartiene. E per dirla tutta, non puoi continuare a rispondere di pensieri, opere ed omissioni dell’era glaciale perché adesso puoi e vuoi parlare solo dell’adesso e fuori è caldino, e tu pensi al “tra un po” spingendoti al domani, ma sei proprio stufa dello ieri.
Ed invece nel circondario sembrano monolitici e non possono credere che l’albero ha preso con se qualche radice, quelle indispensabili, e se ne và in giro a vedere che altro c’è.
Gli alberi non si muovono! direbbero gli increduli, ma lo dite voi, risponde l’albero mio, sapeste quante cose ho scoperto in quest’ultimo giretto. E poi ognuno faccia ciò che vuole, ma nel paese dove vivo la fantasia concede stravaganti libertà, anche agli alberi.
Lo so, siate comprensivi è un periodo che mi è presa a ragionar con la natura.

lunedì 6 ottobre 2008

Incontrando una lumaca...

Andando a prendere il solito motorino ho incontrato una lumaca. Nella solita fretta mattutina me la sono trovata davanti, che avanzava lemme lemme, e ho rischiato di schiacciarla. Al che l’ho superata e, solo in un secondo momento, ho fatto due passi indietro e mi sono fermata a salutarla. Era la prima lumaca che incontravo in quest’inizio d’autunno ed ho pensato che fosse carino scambiare con lei un veloce saluto.
Al vibrare dei miei piedi sul selciato però, la lumachina si è giustamente ritratta diffidente.
Prima la testa e poi il resto del corpo. E come dargli torto? I miei piedi nei robusti stivali dovevano aver fatto tremare tutta la sua casa. Ho cercato quindi di rassicurarla con parole dolci e con un lievi carezze ma non l’ho convinta; è rimasta al sicuro nella sua arabescata chiocciolina. A quel punto, non volendo sembrare troppo insistente, mi sono riavviata verso il cancello, ho preparato il necessario per l’immersione nel caotico traffico e solo prima d’uscire sono tornata da lei con passi più delicati. Era di nuovo a suo agio e si stava portando meticolosamente tra le foglie del terreno. Voi penserete che io non abbia molto da fare, ma non è così. Ho soltanto imparato a frenare, la dove posso e quando mi sembra il caso. E la lumaca, secondo me, aveva una sua logica nell'attraversare la mia strada. Insomma tornando a noi, lei se ne andava pian pianino verso delle grandi e basse foglie, con le sue antennine in movimento ed io, gettando l’occhio all’intorno, ho pensato subito che tra la ghiaia e sotto quei palmizi se la rischiava di grosso; lì nessuno si sarebbe accorto di lei ed io ho temuto per la sua sorte. Una mano è corsa allora verso il simpatico animaletto: portarla al sicuro era il proposito, ma un pensiero immediatamente successivo mi ha bloccato e la mano è rimasta a mezz’aria.
Dove era giusto portarla? Magari aveva fame ed era già un po’ che camminava per arrivare nel ristorante prescelto. Oppure, se ne stava tornando a casa o andava a trovare un’amica. Aveva sete, aveva caldo o semplicemente voleva fare due passi. In base a quale criterio potevo decidere e sapere io che non sono lumaca? Ed allora l’ho salutata e sono andata via, augurandogli una buona giornata. Tuttavia, una volta salita in motorino tutta la scenetta non faceva che tornarmi in mente. C’erano dei parallelismi che mi affascinavano e riguardavano gli umani, o perlomeno me stessa.
Ripensavo a come, istintivamente, ero stata spinta dai miei presupposti a decidere per la povera lumaca e mi sono interrogata sul quante volte si agisce nei confronti degli altri interpretandone desideri e volontà. In buona fede s’intende, ma quanto correttamente nei confronti dei malcapitati? Rispondiamo a schemi, a logiche che ci appartengono ma che con ogni probabilità non riguarderanno gli altri. Anche di fronte ad un possibile pericolo, io, per esempio, attivo quelle che sono le mie difese, le mie logiche, le personali necessità, ma come posso conoscere profondamente le risposte adeguate all’esigenze altrui. Lo faccio per amore? Lo faccio per un personale bisogno di tranquillità? In ogni caso è abuso in atti di vita altrui. ALLARME ROSSO! ALLARME ROSSO! mi son detta. La mania di controllo è dimensione psichica da cui cerco di fuggire: non voglio super visori nella mia vita e cerco di liberarmi dalla pericolosa inclinazione del diventarlo nell'esistenza altrui. Mollare le redini del " controllo tutto" non è stato facile, ma ora, cerco di lasciare che la vita mi conduca tenendo solo d’occhio la strada. Eppure se avessi agito d’istinto la lumaca adesso si sarebbe trovata chissà dove e questo doveva pur dirmi qualche cosa
.
Morale: la lumaca ha ri-allertato i miei sensi sul rispetto del libero arbitrio altrui, e mi ha ricordato una frase di Oscar Wilde“ A volte con le migliori intenzioni si commettono i peggiori crimini.”
Hai capito la lumaca? L’avevo detto io che aveva un suo senso salutarla…

giovedì 2 ottobre 2008

L'Italia, la cultura e Zapatero

Ho partecipato al Convegno degli Stati Generali dell’Editoria e devo dire che è stata una giornata interessante. Vi risparmio la tristezza dei nostri politici, le loro parole insulse e vuote, la mancanza totale di una, reale, politica capace d’incentivare una cultura ormai ridotta ad entità agonizzante. Ma vi racconterò di tutto il resto.
Intanto vorrei comunicare a tutti che la Spagna è il paese in cui espatriare se la cultura è elemento nutritivo della vostra vita, come il pane e la nutella per intenderci. Durante una sessione dei lavori, ha parlato, per una mezz’ora buona il Ministro della Cultura del Governo Zapatero. Standing Ovation a go go. La sala dei compassati ed incravattati invitati ( editori, giornalisti, librai, e fruitori di vario genere) si è spellata le mani e poi è uscita a comprare di corsa un biglietto aereo dell’Iberia – l’ Alitalia, non so perché, non ha lo stesso allure - destinazione: terra di Spagna, luogo in cui tutti i presenti vorrebbero vivere, per recuperare speranze ed illusioni ( In Italia potremmo riportare solo quelle, le speranze le lasceremmo lì, tanto è inutile appesantirci) e immaginare che “Cultura si può fa” ( come dice Obama ed il più nostrano Walter), basta decidere che si Vuole. Il concetto principe della linea Zapatero è, infatti, il seguente: “ La cultura non è una spesa ma è un investimento.” Per favore! ora non mettetevi a piangere perché quello che segue è un concetto ancora più emozionante e quindi, per i noi disabituati a tanta grazia, inconcepibile.
Lo slogan della manifestazione era: “ Più cultura più lettura più paese.” Il che, di suo, sarebbe già promettente, ma sentite come l’ha corretto il suddetto Ministro illuminato: “ Per me – ha detto- andrebbe cambiato in “ Più cultura più lettura più democrazia.” DEMOCRAZIA!!!! ha detto L’IDEALISTA. E a quel punto la sala ha iniziato a singhiozzare come una fosse la ola di una tempesta tropicale. E sì, perché poi ha aggiunto: “ Un paese che legge è un paese che conosce e la conoscenza porta alla democrazia.”
A questo punto sono scattati i lamenti, tipo ululati dei lupi alla luna, e lui ci guardava, a dire il vero, un po’ sorpreso ed anche, forse, interdetto. “ Noi pensiamo – ha continuato- che solo attraverso una cultura diffusa uno stato può giungere ad una vera democrazia.” Non comprendendo che le sue parole non facevano che rigirare ed infilzare sempre più il coltello nelle nostre ferite purulente.
Voi capite!!!! in Spagna lo stato vuole promuovere la cultura perché quella è la strada della conoscenza ed il sapere apre le menti e quindi eleva gli animi dalle bassezze umane e li conduce dritti dritti verso un livello sociale più alto e nobile. Il tutto senza virgole così rimanete senza fiato come è capitato a noi, disillusi presenti.
Senza fiato è così che siamo rimasti. In Spagna ci sono investimenti annui di decine di milioni di euro. Se un sindaco non provvede ad aprire nel proprio comune una biblioteca pubblica ne risponde al Ministro e quindi in pochi anni i comuni stanno provvedendo a questa democratica iniziativa. I famosi mass media, sono spinti ed incentivati dal Governo a promuovere il concetto che la lettura è indispensabile- INDISPENSABILE- e nessuno lo mette in dubbio. NESSUNO!!!! Ha detto anche questo. In conseguenza di ciò tv, giornali e qualunque altro mezzo d’informazione è tenuto e prestare i propri spazi alla diffusione di questo concetto. I presenti, è comprensibile, a codesto punto hanno iniziato ad abbracciarsi tra di loro, scambiandosi pacche consolatorie sulle spalle, alcuni, lo devo ammettere, sono arrivati anche a dei materni bacetti sulle tempie.
Credo che sia inutile aggiungere commenti. Io vi dico che sentito tutto ciò non sono stata in grado di aspettare l’intervento del nostro Ministro alla Scuola, e sono andata via. Il rischio concreto era, per la sottoscritta, un tuffo con pietra al collo nel vicino Tevere.
Il nostro povero paese che ha una popolazione ( i dati sono stati forniti durante la stessa manifestazione) per circa il 20% incapace di comprendere un concetto che vada al di là di “ Il latte è sopra il tavolo” – questo è stato l’esempio portato- è un paese che sta affogando nell’incapacità di comprendere l’articolazione di pensieri più ampi e quindi è una popolazione manovrabile alla quale, guarda un po’, si parla per slogan senza dare spiegazioni precise sul come e quando. Nel nostro paese, il concetto pressante è esattamente l’opposto di quello spagnolo: meno cultura meno conoscenza meno, meno, meno. Perché, ci fanno intendere, la cultura è uno spreco di risorse e quindi non si va ad investire in ambiti così improduttivi. Mentre, in Spagna o in Gran Bretagna ( era presente anche una rappresentante del progetto culturale inglese) questi ingenui di politicanti stranieri hanno pensato, gli ingenui, che la cultura è un investimento non solo sul futuro ma anche nel presente, poiché contribuisce a creare posti di lavoro e fatturati e quindi consumi. Ma guarda un po’ che strane idee che hanno sti stranieri.
Le conclusioni e le deduzioni mi sembrano abbastanza CLARE, direbbe il sempre suddetto Ministro. Io so soltanto che, per il breve lasso di tempo in cui lui ha diffuso la polvere magica della cultura “possibile”, ho sentito il mio cuore alzarsi verso limpidi orizzonti. Ma è stato un attimo la realtà mi aspettava nel tg della sera, nelle solite vacuità del mio “ Bel Paese”.
Ora ho scritto troppo e quindi per il resto vi rimando ad un altro post.
E pensare che oggi volevo parlarvi del mio incontro con una lumaca…