Un pò di me e la mia intervista con Maurizio Costanzo e più in giù in nuovi post

martedì 30 settembre 2008

La leggerezza del saper amare da Battisti a Wilde. Perchè no?

Sarà che ho voglia di bellezza e di leggerezza e di soavità.
Sarà che lo sfasamento umorale dei miei concittadini impazza.
Sarà, mi dico, che l’amore di cui ascolto non solleva la mia anima al sublime, ma, anzi, la fa piombare come un masso in un girone dell’inferno dove le anime vagano dannate e gli montano sopra.
Sarà anche che, quando gli abiti si appesantiscono ed il cielo plumbeo pesa sulla mia testa, io ho bisogno di ritrovare il sole ed allora lo vado cercando ovunque e appena lo trovo me ne beo.
Sarà che l’ispirazione capitano ed allora perché non coglierle?
Sarà perché sono fermamente convinta che sia più semplice di quanto appaia.
Sarà che tutti parlano d’amore ma poi sembrano naufraghi spaesati.
Sarà per il tutto ed il solito niente, ma oggi vi racconto sfumature d’amore.
Non sono mie, ma mia è la voglia di riappropriarmi di questi delicati bisbigli e regalarli a voi.

Il primo bisbiglio vi sembrerà più applicabile, il suo tempo è più vicino al nostro tempo e prende spunto da una canzone che amo molto: “ Perché no” di Lucio Battisti. L’altro è datato 1890 e sarete indotti a credere che vi appartenga molto meno, ma è tratto dal “Il ritratto di Dorian Gray” e quindi, sono propensa a sperare che quando chi scrive è, il Sig. Oscar Wilde, non c’è periodo storico che vi dovrebbe trattenere dal prendere nota.
Dedicato dunque a tutti coloro che sanno ancora amare, che vogliano ancora amare, e che sperano di poter ancora amare, ma, con leggerezza. Badate bene, con leggerezza!
Perché, come dice la più adulta delle miei amiche, che è ormai non è più negli anta ma negli ottanta, “Alla fine della vita mi sono resa conto che l’unica cosa che conta è amare”.
Ed allora amiamo, senza sentirci demodé per il lato romantico che gorgoglia in noi.
Io che non me ne vergogno guardate che vi propongo? Ascostatevi alla loro delicatezza al modo in cui raccontano l'amore.
Carta e penna per favore! a parlare sono due maestri.



Colloquio tra la Duchessa Gladys e Lord Henry sull’amore ed il corteggiamento.
Lei si sta innamorando di Dorian Gray e Lord Henry, cinicamente, cerca di metterla in guardia
.

“ Stai flirtando con lui in modo veramente indegno. Fai attenzione . E’ un uomo pieno di fascino.”
“ Se non lo fosse non ci sarebbe battaglia.”
“Greci contro greci allora?”
“ Io sto dalla parte dei troiani. Fecero la guerra per una donna.”
“ E furono sconfitti.”
“ Ci sono cose peggiori che cader prigionieri.”
“Vai a briglia sciolta.”
“ E’ l’andatura che da la vita.” Fu la risposta.
“ Me lo scriverò nel diario stanotte.”
“ Che un fanciullo che si è bruciato ama il fuoco.”
“ Non mi sono neppure strinata. Le mie ali sono intatte.”
“ Le usi per tutto, tranne che per volare.”
“ Il coraggio è passato dagli uomini alle donne. Per noi è un’esperienza nuova.”
“Hai una rivale.”
“Chi?”
Egli rise.“ Lady Narborough”, sussurrò. “ Lo adora”.
“ Mi metti ansia. La seduzione dell’Antico è fatale per noi romantiche.”
“Romantiche! Se possedete tutti i metodi della scienza.”
“ Gli uomini ci hanno insegnato.”
“ Ma non vi hanno spiegato.”
“ Prova a descrivere il nostro sesso,” fu la sfida.
“ Sfingi senza segreti.”
Lo guardò sorridendo.” Quanto ci mette il Sig. Gray!” disse. “ Andiamo ad aiutarlo. Non gli ho ancora detto il colore del mio vestito.”
“ Ah! Ma sei tu che devi intonare l’abito ai suoi fiori, Gladys.”
“ Sarebbe una resa prematura.”
“ L’arte Romantica ha inizio dal suo culmine.”
“ Devo lasciare una strada aperta per la ritirata?”
“ Come fecero i Parti?”
“ Loro si salvarono nel deserto. Io non potrei farlo.”
“ Alle donne non è sempre concessa la libertà di scelta.” Rispose Lord Henry.

Voglio intonare i miei vesti ai fiori regalati da un uomo!!!!! dico io. Ridateci il tempo per l’amore!! è il mio grido di oggi. Ma poi amici mie tocca a noi sbrigliare le menti e scegliere bene l'oggetto del nostro voler amare.

domenica 28 settembre 2008

Accomodarsi



L’autunno incalza ed io sto cercando di dargli una forma comoda.
Il freddo, la pioggia e le giornate corte non solleticano la mia solarità. Io sono una donna da climi caldi e vegetazione lussureggiante. Ho bisogno dei colori e il grigiore proprio non mi si addice, ma tant’è, mi devo adattare e quindi cerco soluzioni.
Cosa può rendere quindi confortevole l’appropinquarsi del naturale letargo? Un tocco di vivacità cosmopolita, mi son detta, quella pennellata da metropoli nord europea, non so se riesco a rendere l’idea. Così è deciso: per l’inverno il mio abbigliamento rispecchierà questa voglia di atmosfere parigine, o azzardando su climi ancora più nordici, mi spingerò ad un spolverata d'aria londinese.
Ed allora mi sono organizzata: musica a tema nelle mie giornate e fantasia galoppante che mi faccia sentire dentro ad uno di quei film anni settanta nei quali le attrici si sbizzarriva conon abbigliamenti fatti da sciarponi variopinte, cappellini dalle varie fogge, calze a tema sotto ai stivali e cappottini avvitati e tutto quello che altro capiterà. Sulle minigonne manterrò un certo rigore .
Ho annunciato i miei propositi in famiglia e devo dire che ho riscontrato una certa corrispondenza: mio figlio con il mega blocco da disegno sotto il braccio mi ha guardato da sotto al suo ciuffo ormai a livelli lunghezza mento e mi ha detto: "Tanto io di tipi strani al mio liceo già ne vedo tanti…” Mentre mio marito mi ha osservato per un attimo, ma vi assicuro uno solo tra il perplesso ed il rassegnato e poi col suo consueto aplomb condito da un ironia molto british mi ha risposto: “ Dove sta la novità? Folle come al solito.” Ed io a questo punto mi sono sentita compresa ed in sintonia con loro.
Per quanto riguarda l’habitat lavorativo ho dovuto faticare un po’ di più, ma poi ho pensato che qualunque incravattato uomo mi si parerà davanti, con le solite noiose modalità del mio politico mondo, lo travestirò nella mia mente come Starsky ed Hutch o ancor meglio nei ben più affascinanti Roger Moore e Tony Curtis in “Attenti a quei due”. Mi rendo conto che dovrò impegnarmi molto ma penso di farcela. Sulle donne invece, non mi sono tanto preparata ma tanto qualche idea mi verrà.
Lo so, voi direte:“Certo che se questi so problemi…” no, effettivamente non lo sono, ma l’approccio anti depressione autunnale secondo me ha un suo perché ed ognuno, pensatela come volete, si difende come può.
Quindi vi saluto mettendo una bella musica a tema a cornice di questo post.


giovedì 25 settembre 2008

Dedicato agli uomini e all'amore

Il mio ultimo post "sull’incostanza" mi sembra vi abbia lasciati un po’ freddini, o perlomeno perplessi, e questa mi sembra una splendida notizia. Forse avete trovato cinica l’analisi che veniva proposta sulla durata dell’amore, oppure, anche se un minimo di verità balenava davanti ai vostri occhi, come ha detto l’amica Paoladancer, “Non voglio arrendermi e continuo a sperare”. La cosa mi ha fatto riflettere e ieri, parlandone con il mio amico Paolo mi sono ritrovata in una vivacissima discussione. Morale: abbiamo bisogno di credere nei sogni. E questa conclusione va a confermare la tesi del mio amico Pino, il quale da bravo psicologo esplora bisogni ed aspettative del genere umano.
Benissimo! -mi sono detta- ho centrato il tema del mio nuovo libro.
Tuttavia la mia posizione sulla realtà dell’amore resta altalenante, anche se, devo ammetterlo, la passione di Paolo sulla teoria del “ bisogna lottare per amore” mi è piaciuta e questo assegna un punto a favore di questi poveri mascoli tanto bisfrattati da noi donne pretenziose ed incontentabili.
Ed allora, per essere certa che non ci siano fraintendimenti sulla mio credere all’amore ho deciso di scrivere un nuovo post, argomento: gli uomini e la loro importanza nella mia vita. Sul mio personale riconoscimento alle donne vi rimando invece ad un vecchio post che si intitolava
La danza delle grandi madri” e cosi finisce pari e patta.

Nelle riflessioni dei giorni buoni mi dico spesso che nei miei rapporti con gli uomini sono stata, fino ad oggi, molto fortunata. Lo dico tenendo il mio cuore tra le mani e quindi con estrema sincerità.
Gli uomini mi piacciono e non solo in senso biblico. Devo a loro " il la decisivo" per tutto ciò che di “concreto” ho saputo e potuto costruire: un uomo mi ha presentato mio marito, un uomo mi ha dato le più importanti opportunità lavorative, due uomini mi hanno spronato e sostenuto nella stesura del mio libro, un uomo lo ha pubblicato, degli uomini sono amici del cuore, sempre presenti e disponibili. Inutile sottolineare il fondamentale apporto affettivo nella mia vita di un padre e di un marito, entrambi esseri meravigliosi. Che dire poi dell’amore più grande ed immenso che provo per un giovane uomo: mio figlio. Capirete bene che nel quadro complessivo che mi riguarda a loro, a tutti loro devo molta della mia felicità. Le donne sono state la guida costante, il supportato affettivo, il calore ed il conforto, la dolcezza dell’accoglienza, il sostegno complice e soprattutto la capacità ancestrale di sapermi leggere dentro. Ma gli uomini nel loro pragmatismo, sono stati determinanti. Ho riflettuto spesso su questo strano incastrarsi degli eventi, su questa netta, quanto involontaria complementarità dei due ruoli nel mio esistere. Non so spiegarmela. A volte ho quasi l’impressione che il destino abbia risposto così alla mia insanabile preponderanza verso le qualità femminili. E’ come se non smettesse di dirmi: “Però se non ci fossero stati loro….” e che devo fare, mi tocca dargli ragione. Per quanto, infatti, sappiano farmi arrabbiare con i loro incomprensibili modi d’essere, per quanto troppo spesso mi risulti impossibile giustificare alcuni loro comportamenti nei confronti del genere femminile ( ma qui mi allargo più alla specie che ai singoli e conosciuti soggetti), ho l’obbligo di dichiarare il mio riconoscimento alla loro pazienza e risolutezza. Non sprecano fiumi di parole forse, ma quando serve arrivano, agiscono e poi com’è nella loro natura atavica, ripartono.
E poi, in queste righe di verità, ho voglia di dedicargli parole d’amore ed allora….

Grazie a tutti voi che pur non essendo simili a me vi “sporgete oltre” per provare a comprendermi. A voi, che nel marasma delle vostre vite, nel non obbligo, avete speso energie ed attenzioni affinché i miei sogni divenissero realtà. A tutti voi che con il sorriso rallegrate la mia vita e con una battuta siete capaci di affrontare le fasi lunari della mia femminilità. Alla vostra schiettezza, alla vostra bambinesca giocosità, alla dolcezza di cui dovreste vergognarvi molto meno, ai vostri sguardi buoni, alle cavallerie concesse, alle ruote riparate, alle vostre parole affettuose, all’ascolto prestato, alle vostre braccia forti, all’odore della vostra pelle, ai mille baci, all’amore che mi avete donato e a quello che grazie a voi ho provato, a voi dedico tutta la metà del mio cuore. L’altra metà, sono certa che capirete, è per le “mie” donne che insieme a voi accompagnano il mio cammino.

mercoledì 24 settembre 2008

Sull'incostanza

Sono anni ormai che tra noi amiche si parla dell'incostanza di chi credevamo innamorato. E lì fiumi di parole e, ahimè, spesso di lacrime, tante lacrime che tra noi cerchiamo di asciugarci.
Intanto va detto che le donne, secondo me, in amore partono svantaggiate, rispetto agli uomini, intendo. Milleni di indottrinamento sociale esplicito o subdolo che sia, ci ha portate a credere fermamente ed ostinatamente oserei dire, al possibile " per sempre" delle favole. E se il "per sempre" diviene "fino a ieri... perchè scusa cara ma io non ti amo più e me ne vado" scatta la tragedia vera che però, badate bene, non sempre è unicamente dovuta al dolore di un amore finito, ma è anche l'espressione di una nostra incapacità: in amore, almeno in amore, non siamo disposti a cedere sull'immortalità, almeno i sentimenti vogliamo crederli eterni, quelli degli altri per lo meno. Il "per sempre" insomma è una calda e confortevole illusine che ci rassicura ma che, inevitabilmente, ci espone ad atroci sofferenze che in parte ci potremmo risparmiare. Non è tutto qui, è ovvio, c'è molto altro d'analizzare ma non è questo il post e quindi, vado avanti.
Oggi quindi, aiutata dalle parole di un grande filosofo francese - Francois de La Rochefoucauld - getterò il mio sguardo su un unico tema di cui però poco si parla, e non è un caso, ma è forse è una delle poche verità, quella inaccettabile e per questo ignorata sia da noi che non vogliamo arrenderci, sia dalla collettività che sul suo contrario ha costruito tomi e tomi di regole. Anche sul perchè nessuno ci avvisi per tempo parleremo in altra data, per ora ecco a voi il pensiero di un uomo vissuto nel 1600.

" Non pretendo di giustificare l'incostanza in generale, e meno ancora quella che deriva unicamente dalla leggerezza; ciò non di meno non è giusto imputarle tutti gli altri mutamenti dell'amore. Nell'amore, come nei frutti, c'è un primo fiore di attrattiva e di vivacità che passa insensibilmente; non è colpa di nessuno, se non del tempo. In principio il volto è amabile, i sentimenti sono comuni, si cercano dolcezze e piacere, si vuol piacere perchè si piace a noi stessi, si cerca di saper dare un valore infinito a ciò che si ama, ma in seguito non si prova più ciò che si credeva di poter provare in eterno, l'ardore si spegne, il merito della novità si cancella, la bellezza, che ha tanta parte in amore, o diminuisce o non fa più la stessa impressione; il nome di amore si conserva, ma non si ritrovano più le stesse persone, nè gli stessi sentimenti; si rispettano ancora i propri impegni per onore, per abitudine, o perchè non si è del tutto sicuri del cambiamento. Quali persone avrebbero iniziato ad amarsi, se si fossero viste subito come ci si vede con l'andar degli anni? E quali potrebbero separarsi, se si rivedessero come la prima volta?
L'orgoglio, che è quasi sempre padrone dei nostri gusti, e che non si sazia mai, sarebbe continuamente lusingato da qualche nuovo piacere; la costanza perderebbe il proprio merito, non contribuirebbe più a una così piacevole unione, i favori presenti avrebbero la stessa grazia dei primi e il ricordo non li renderebbe diversi; l'incostanza resterebbe addirittura sconosciuta, e ci si amerebbe sempre con lo stesso trasporto perchè si avrebbero sempre le stesse ragioni per amare."

Ma purtroppo, aggiungo io, così non è, e dentro di noi lo sappiamo ma la disillusione è forse ancor più dolorasa e per questo non ci arrendiamo.
A presto.

domenica 21 settembre 2008

Che donna sarà

Adoro passeggiare con mio figlio, con lui la risata è assicurata ed inoltre, lo devo ammettere, è talmente bello che provo un esagerato orgoglio di mamma a camminare al suo fianco. Lui lo sa ed ogni tanto, mentre camminiamo, abbracciandomi mi fa l’occhietto e mi dice: “ Te piace spiaggià ehhh…..!!!!” e poi se la ride di gusto ed io lo sbaciucchio e gongolo e poi rido perché è buffo e tenero e lo sono anch’io. Ma non è tutto qui, ci sono altri motivi che rendono divertente gironzolare con lui: entrare, per esempio, nel suo mondo di giovane adolescente, un mondo fatto di mille sfumature che altrimenti non coglierei. Ed allora, ce ne andiamo di qua e di là con lui che mi trascina via dai negozi femminili per spingermi nel caos totale dei suoi, dove, altre schiere di adolescenti variopinti mi spintonano e, con mio enorme orrore, si rivolgano a me chiamandomi SIGNORA!!!. Sono momenti difficili per una madre, quelli che si trascorrono in questi negozi di giovanile tendenza. Tutto, infatti, mi urla in faccia che, per quanto non smetta di raccontarmi balle, di giovanissima per quanto mi riguarda, è rimasta solo l’idea che non mollo di me. Ma io tengo botta e seguo i flussi dalle frange impossibili, grugnendo ai continui “ Scusi signora, mi dica signora” e sbirciando, un po’ qua ed un po’ la, i comportamenti e le frasi su cui poi rifletterò. Ad un certo punto però, lungo lo struscio della “sempre verde” Via del Corso, mi trascina in un negozio della Walt Disney ( che in realtà credevo per lui storia passata) alla ricerca di una penna con teschio molto trendy ( pare). Nell’attesa che passi al vaglio altri improbabili oggetti , io come al solito mi guardo in giro. Non amo questo luogo, va detto, lo trovo esageratamente consumistico, ma comprendo che per gli occhi dei bambini sia un posto da mille ed una favola e, osservando i loro volti estasiati, mi intenerisco e sorrido materna. Tuttavia sabato qualcosa di folle mi è passato davanti, esasperando il mio iniziale preconcetto: piccole bambine dai capelli biondi, vestite da bambole, con borsette e collanine che al seguito di mamme “Barbi” si aggiravano smorfiose tra gli scaffali. Le ho guardate cogliendo, volutamente, frammenti di frasi e mi sono raggelata: non capivo chi tra madri e figlie fosse più affascinata da quello shopping compulsivo. Nel frattempo, mio figlio aveva trovato la penna con il teschio e mostrandomela soddisfatto faceva dondolare davanti ai miei occhi il prezzo: 4 euro!!!! Cifra assolutamente incongrua all’ambito oggetto. Lui sprovvisto ( come al solito) dei suoi soldi chiedeva il mio supporto economico. Abbiamo iniziato a trattare. “ Se compri questa rinunci a quello “e via di seguito, su questo sfiancante insegnamento economico. Alla fine, quasi giunti davanti alla cassa, ho trovato la chiave di volta che l’ha fatto riflettere su migliori finalità di spesa e la penna, con grossa soddisfazione mia e grande senso di responsabilità sua, è tornata sullo scaffale. Ma il tour non era ancora finito, obbiettivo: negozio d’abbigliamento che, stranamente, ci trova solidali. Entriamo. Mi strattona nel piano che lo riguarda, che ormai è quello maschile, dove inizia una nuova sfibrante ricerca. Discutiamo su tutto: colori, taglie e numero dei capi indispensabili ed io, mentre finalmente cede su un cambio taglia , osservo passare una madre islamica, completamente velata di nero, carica di abitini da bimba. Improvvisamente, da dietro uno stand sbuca la presunta figlia. La bimbetta avrà una decina d’anni, porta sul capo un piccolo velo nero che le lascia scoperto il viso, ma per il resto è vestita all’occidentale. Tra le mani una scarpa blù metallico con laccetto alla bebè che mostra felice alla madre, completamente velata, accostando felice la piccola scarpa ad una gonna che pende tra gli abiti già scelti: la nuance è perfetta e lei giustamente orgogliosa dalla perfetta abbinabilità. La scena, neanche a dirlo, mi colpisce.
Guardo la bimba impegnatissima nella scelta dei suoi vestitini, attenta alle sfumature dei colori e mi chiedo quanti anni ancora abbia a disposizione per potersi sbizzarrire così, o meglio per scegliere ed indossare vestiti che chiunque potrà vedere. Forse, mi dico, la sua estrema attenzione, quasi anomala per l’età, è dovuta proprio a questa consapevolezza. Forse, è per questo che la madre gli concede quella moltitudine di colori e di oggetti. Entrambe sanno che presto la vista dell’abbigliamento, senza il pubblico vestito nero, sarà concesso unicamente agli uomini della famiglia e tra le mura di un’abitazione. Metto in fila i due episodi a cui, a distanza di pochi metri, ho assistito negli estremi del nostro vivere globale: mini lolite accompagnate da mamme Barbi e piccola donna con madre completamente velata. Sarei curiosa di conoscere i loro pensieri, quelli delle donne e soprattutto quelli delle figlie e confrontarli. Mi piacerebbe tanto capire come vedono le loro madri, così diverse ma così ugualmente costrette in un ruolo sociale che altri, per motivi diversi, hanno scelto per loro e che loro, nella diversità del contesto che le riguarda, hanno accettato. Ci sono mille domande che mi spingerebbero ad invitarle per un te, ma mio figlio arriva con la nuova felpa total black taglia L ed anche io, madre di un figlio maschio adolescente, lo guardo dubbiosa chiedendomi che penserà di me.
Lo sbaciucchio sperando nella sua amorosa clemenza.



venerdì 19 settembre 2008

Il facebook e l'amore

Come promesso, oggi torno a parlare dell’aspetto più gettonato del Facebook: la ricerca dell’amore o giù di lì.
Vi avevo anticipato che molti usano questo strumento non come un’opportunità per mantenere rapporti amichevoli con amici d’ogni dove, ma, bensì come strumento di seduzione e possibile acchiappo. D’altronde si è in rete e, o prima o poi, nella rete qualcuno ci casca. Perlomeno, questa è la speranza che muove gli animi sentimentalmente più pigri od informaticamente più fantasiosi.
Ma veniamo al dunque.
Nella minima frequentazione di queste settimane, ho esplorato un po’ in giro, profili noti e meno noti, e mi sono divertita a leggere e vedere quanto viene pubblicato quotidianamente. Ricordate? Ogni conversazione è pubblica e quindi accessibile a tutti.
Ma torniamo a noi. Una delle prime cose che ho riscontarto è stato verificare come, per un certo numero di persone, sia molto facile scrivere ciò che tutti possono leggere, piuttosto che comunicare con una persona nella riservata intimità di un dialogo privato. In poche parole: scrivere sì, parlare occhi negli occhi No. Del tipo: magari di persona quasi t’ignoro e poi sul face “fiumi di parole”. Che dire? Mi sembra chiaro che questo palesi uno dei tanti e inquietanti paradossi verso cui la società sta rischiando di schiantarsi. Rapporti metallici e virtuali, asettici e freddi in cui la distanza visiva ed emotiva è la barriera di sicurezza dietro la quale proteggersi o, suppongo, nascondersi. Apparentemente disinibiti, in verità, incapaci di darsi, ma inevitabilmente anche di essere accolti. Rapporti nei quali il calore di un corpo o l'intensità di uno sguardo restano sensazioni fantasticate, ma non vissute.
Proseguendo nella mia ricerca mi sono poi imbattuta in un’altra chicca, questa ancor meno incoraggiante.
Esistono, infatti, simpatici giullari dei giorni nostri che, approfittando del bieco anonimato della rete, si scatenano in velenosi inganni. Per i soggetti in questione, lo dico subito, provo una certa tenerezza, rimanendo invece su ben altri giudizi per quanto riguarda gli adescatori più spregevoli che tutti sappiamo nascondersi in questi luoghi virtuali. Nel caso in questione però, mi riferisco a persone adulte che si rivolgono ad altre persone adulte barando un po’… un bel po’( ma tanto in questo giochetto barano tutti).
Sottilineato ciò, torniamo ora a tutti coloro che, insoddisfatti di quel che sono s’inventano corpi, personalità, addirittura una vita, attivando una infernale messiscena che li vedrà protagonisti, a volte insieme ad altri amici, di uno scellerato inganno con tanto di possibili appuntamenti e posticcia corrispondenza privata. Il tutto secondo me per vedere, almeno nella finzione, “l’effetto che fa” essere dei bellocci desiderati. Questi “soggetti” ( bada bene l'uso della parola soggetti ha un doppio significato) li penso personalità tristi, chini sulla tastiera del loro pc a fantasticare su come potrebbe essere e non è. Consci, i poverini, della sfortuna che li ha martoriati non regalando loro quel guizzo vitale che permette ai più di vivere, bene o male, in sintonia con la propria persona. Come non provare tenerezza per loro?
Tuttavia, dietro a questa loro debolezza si nasconde anche la meschinità che n’è stretta parente.
Questi malinconici giullari ingannano prima di tutto se stessi, e poi i malcapitati di turno che sperano, insicuri anch'essi, di essere riusciti, per una grazia piovuta da chissà dove, ad acchiappare il figaccione/a di turno. Il tutto si svolge nell’equivoco più eclatante che li riguarda entrambi: nessuno ha vinto, nessuno a dimostrato a chi che sia di essere più furbo, più cinico, più smart dell’altro ma al contrario, l’ingannato e l’ingannatore sono uniti da una medesima patologia: non ritenersi degni di nota agli occhi del mondo la fuori. fuori dallo schermo intendo. E non vi fate imbrogliare dalla presunta goliardia dell’intento: anche negli scherzi bisogna avere il coraggio di esporre la propria faccia.
C’è infine la parte succulenta della faccenda: il narcisismo imperante che spinge, con una forza incontrastabile, a strane esibizioni al fine di sedurre con la propria faccia qualcuno. Quelli più sinceri penserete voi, ma attenzione anche qui c'è l'intoppo e si chiama narcisismo.
Parliamoci chiaro, il narcisismo è una modalità psichica che in alcuni momenti della nostra vita ci è indispensabile; come quando, per esempio, ci sostiene davanti alle critiche o, allorché saggiamente, prendiamo il nostro io tra le mani è decidiamo di dargli fiducia. Ma, nel caso di cui stiamo parlando si tratta d'altro. In questa pubblica esposizione noi esasperiamo la nostra immagine illudendoci di dar voce al nostro ego, il quale però è solo apparentemente forte e sicuro di se. In un primo momento, infatti, crediamo che rendendo accessibili le nostro foto o le nostre affermazioni noi lo stiamo, ci stiamo, mostrando alla collettività, mentre in realtà non facciamo altro che ritorcerci su noi stessi, nel nostro ego appunto, impedendoci così di aprirci veramente all’altro. Ed è in questo modo, nella solitudine del suo rimirarsi, che, come appunto accade a narciso, diviene via via asfittico e ahimè, muore.
E già, è forse qui che tocchiamo il vero problema del facebook: come incontrarsi veramente se quella che viene mostrata è una proiezione di noi stessi che comunica con la proiezione di qualcun altro?
Una volta lessi un concetto interessante, esposto da un bravo psicologo ( di cui non ricordo il nome) che sosteneva, più o meno, la seguente teoria: “Due persone s’incontrano e cercano di mostrarsi migliori di quel che sono. Di conseguenza, già nei primi scambi a parlarsi sono, oggettivamente, altre due persone non quelle che sembrerebbero parlarsi. Con il passare del tempo poi, la voglia di essere accettati si amplifica spingendoci ad assomigliare a quello che, immaginiamo, potrebbe piacere all’altro e dunque, anche se siamo solo all’inizio di questo possibile rapporto a parlarsi sono in verità due proiezioni mescolate tra quello che vorremo essere e quello che crediamo l’altro si auspicherebbe che fossimo. Una farsa pasticciona insomma.
All’epoca questa spiegazione mi colpì molto e credo che, nonostante non sia probabilmente una verità universale, è pur sempre una spiegazione al perché il virtuale funziona ed i rapporti personali riportati nella quotidianità molto spesso franano alle prime sbavature del vero mostrarsi, pardon, del vero “ essere”.

mercoledì 17 settembre 2008

Le formiche rivoluzionarie

Sul finire del mese d’agosto, parcheggiando il motorino in un diverso punto del mio giardino condominiale, mi sono imbattuta in una scoperta che mi ha davvero divertito.
Vicino all’interruttore del cancello, una colonna di laboriose formichine si muoveva senza sosta per l’insù e per l’ingiù. Il loro frenetico andare però mi colpì, sembrandomi diverso e questo mi fece pensare che, evidentemente, la ricerca di provviste si stesse intensificando. Stava arrivando l’autunno, era chiaro, e le formichine, nonostante il caldo ancora torrido, non si lasciavano ingannare. Alzando lo sguardo tra le piante circostanti mi resi conto, infatti, che la luce del sole pomeridiano aveva preso quel morbido color uva che sa di dolce, ma che purtroppo, preannunciava inesorabilmente il grigiore dell’inverno.
In quel primo giorno però, a causa della fretta, ebbi appena il tempo di notarle prestando attenzione solamente ai miei piedi ed alla loro vita, ma la mattina successiva ritrovandole nello stesso incessante andare decisi di seguirle per individuare il loro formicaio.
La loro casa era poco distante e anche lì, questi animaletti entravano ed uscivano dai vari buchetti con una velocità ed una serietà impressionante. “Che lavoratrici!” Pensai, ma una sorpresa mi attendeva.
Nel pomeriggio, infatti, parcheggiando di nuovo il motorino notai che le formiche non c’erano più, neanche una, neanche l’ombra. “Forse, hanno cambiato percorso” mi dissi avvicinandomi al loro formicaio, ma niente, sulla superficie terrosa, dei piccoli animaletti nessuna traccia.
Capisco che il mio interesse per tutto ciò potrà sembrarvi strano ma lasciatemi continuare e poi mi direte.
Insomma, ormai appassionata allo strano fenomeno la mattina successiva ho controllato di nuovo e oplà, le formiche erano di nuovo incolonnate e laboriose, mentre al momento del mio ritorno pomeridiano erano scomparse, un’altra volta. In breve, dopo giorni di verifica, ho scoperto che le formiche del mio giardino lavorano, almeno alla luce del sole, solo di mattina.
La cosa strana è che passeggiando che so, al Circo Massimo, ho potuto notare che invece in altri formicai si danno da fare incessantemente, senza badare al calar del sole. Quindi mi son detta, o le altre formiche durante l’estate hanno battuto la fiacca o, come spero, quelle del mio giardino si sono date un diverso ordinamento. Ed io propendo per questa ipotesi.
Ciò detto, ho dunque tratto le seguenti conclusioni: con un patto sindacale, interno alla loro organizzazione, hanno evidentemente approvato un contratto par time che gli permette,dopo l’ora di pranzo, di starsene a casa e badare ai fatti loro.
Devo anche confessare che questo le ha fatte diventare di botto miei idoli.
Loro, gli animaletti più previdenti e operosi del mondo animale, hanno compreso che, va bene le provviste, va bene farsi un mazzo così sotto al sole cocente d’agosto con briciole sproporzionate a massacrarsi la fragile schiena, va bene rischiare una pestata in ogni momento della giornata, ma poi, “ad una certa”( ora- è sottinteso -.) tutti a casa e pancia all’aria. Sì, è proprio così che voglio immaginarle.
Impariamo gente….

domenica 14 settembre 2008

Il mio Facebook

Ed ora parliamo del Facebook.
Lo so, l’argomento è ostico, ma non riesco a resistere.
Devo confessare che da alcune settimane io mi aggiro tra le pagine virtuali di questo strumento infernale. Da snob, quale a volte sono, inizialmente mi sono registrata con una certa aria di sufficienza: amici e colleghi insistevano ed io con un guizzo d’astuzia ho pensato che potesse essere un modo per rimanere agganciata ad una realtà che, tutto sommato, come pseudo scrittrice, ha per me un suo interesse.
Queste sono le giustificazioni che offro al vostro giudizio, molto più complesse e quindi troppo lunghe per un post tutte le altre.
Ciò detto, che sia un bene o no, io, per ora, faccio parte di questo moderno carrozzone. Avevo già provato il famoso messangenr, ma devo dire che il facebook è più articolato e quindi acchiappa di più.
Questo diabolico luogo è una sorta di piazza virtuale, un’agorà dei tempi nostri in cui ci si incontra, si blatera qualche cosa e soprattutto ci si mostra con il vestito migliore, quello dei giorni di festa appunto. In poche parole la via dello struscio in rete. E’ chiaro quindi che siamo in una dimensione fittizia dove nulla è ciò che sembra ma, vi garantisco, è un mondo che sarebbe sciocco ignorare se si vuol avere una reale visione di dove sta andando il nostro modo di socializzare.
Ok, ora la smetto con le giustificazioni e vado avanti.
Insomma, come vi dicevo, mi sono registrata e ho aperto un mio profilo con tanto di foto ( vera!), quella ovviamente che mi mostra come io voglio, ed ho scritto frasi che potessero superficialmente raccontarmi ed ho atteso. In poco tempo mi sono piovute addosso una serie di richieste d’amicizia ( così vengono definite) che, in gran misura, ho accettato scartando quelle che proprio non mi convincevano. Va detto che, almeno nel mio caso, coloro che mi chiedevano amicizia erano amici o amici di amici, ma, va pur detto, che in breve mi sono accorta che spesso gli amici di amici in realtà non li conosce nessuno e l’essere definiti così e dovuto solo alla generosa socievolezza di alcuni che, pur di accrescere il numero dei loro contatti ( fa molto figo averne un numero sproporzionato), accettano qualunque richiesta. Questa è stata la prima sconcertante scoperta: finte amicizie, ma proprio inedisistenti.
Con il passare dei giorni, prendendo coraggio, ho lasciato dei piccoli commenti nelle bacheche di amici e poi, sempre più sfrontata, ho detto la mia nei profili altrui, in merito a foto pubblicate o a battute che mi sembravano divertenti. Esiste, infatti, la possibilità di partecipare ad un “ botta e risposta” – è definito proprio così- che è uno spazio aperto, una piazza appunto, dove tutti possono intervenire, anche quelli che tu non conosci ( tu, perché i socievoli ecc.), alla fine un ginepraio di volti e parole, per lo più sconclusionate, ma che si sforzano di essere spiritose e possibilmente velenose. E qui ho fatto la mia seconda scoperta: esiste una cerata pressione “sociali”, notevole direi, che implica una selezione naturale: le battute devono essere fulminati e devono spargere preferibilmente o sangue o miele, nessuna mezza misura su sfumature di cordialità, pena l’essere ignorati anche dai più sfigati che, come sempre accade, si accodano ai più. Tutto questo avviene perché molte persone si conoscono e, di conseguenza, si crea tutto un gioco di rimando sui pregi o i difetti del mal capitato di turno. Esiste ovviamente anche il desiderio di essere sempre protagonista e, in ragione di ciò, alcuni offrono il fianco pur di comparire in ogni dove e comunque sia.
In questo giochetto furoreggiano, come è immaginabile, battute ed ammiccamenti di ogni tipo soprattutto a sfondo sessuale: gli uomini fanno la ruota, le donne buttano l’occhio e a loro volta cercano proseliti alla loro presunta beltà. Nulla di nuovo insomma, l’ho detto, è lo struscio della rete, si passeggia e si spera di raccogliere uno sguardo.
La cosa divertente è che le modalità, per quanto moderne, non mutano molto. Gli uomini, come accade spesso nei ritrovi sociali ( vie, piazze, scuole, bar, locali) fanno i buffoni, spalleggiandosi al fine di creare una certa confusione che richiami lo sguardo femminile.
Per le donne, invece, lo struscio in rete consiste per lo più nel mostrarsi senza troppo esporsi, concedendo solo piccole attenzioni che si manifestano con piccole frasi canzonatorie o adulatorie fino ad arrivare, per le più buone, ad un atteggiamento “finto materno” e così gli schemi sociali sono salvi e ribaditi. Poi, come sono comparse scompaiano riprendo il cammino.
Ci sono anche i “presunti intellettuali” che si ostinano ( è comunque alla fine è un altro modo di fare la ruota) a sfoggiare argomentazioni sui massimi sistemi che nessuno ascolta poiché, il vero obbiettivo di questi scambi giace e si ringalluzzisce su ben altro e lo sanno tutti, ma di questo parlerò in un altro post, perché l’argomento merita uno spazio tutto suo.
Continua.....

giovedì 11 settembre 2008

Un simpatico premio


Cari amici prima di rimandarvi al nuovo post “ Una regina” che troverete di seguito, ho il piacere di assolvere ad alcuni compiti.
Durante la pausa estiva Ebalsemin, che ringrazio e a cui a mia volta dedico questo genitle omaggio, mi ha onorato di ben due premi: uno è l’oscar esposto in bella mostra alla mia destra. L’altro invece, è quello pubblicato in questo post e mi piace molto perché parla di amicizia.
Il riconoscimento d'amicizia viene assegnato a profili e blog che si ritengono amici o perlomeno simpatici. Il suo scopo è di dimostrare a chi si dona la propria amicizia e simpatia...

REGOLAMENTO:
Al ricevimento del riconoscimento, citare il nome di chi vi ha ritenuto suo amica/o mostrando il nome del suo blog o profilo. Scegliere un minimo di 7 profili o blog che sono i tuoi amici o che ritieni siano meritevoli della tua simpatica attenzione. Mostra il loro nome e avvisali che hanno ricevuto il segno della tua"AMICIZIA".

Quindi, come suggerito, nella ristrettezza dei numeri, elenco alcuni amici blog: Clelia

Una regina

L’ho vista camminare lungo la strada; così com’è abitudine tra la sua gente.
Era una domenica battuta da un sole luminosissimo, un sole d’agosto.
La strada, che tutte e due percorrevamo nello stesso senso di marcia, era deserta.
Io in macchina e lei a piedi.
Lei, una sagoma dalla pelle nera avvolta in una stoffa gialla come l’oro avanzava dritta, precedendomi di qualche decina di metri: passi decisi ma composti, le spalle ferme, la testa alta, la parte superiore del corpo quasi immobile rispetto alla sinuosità ondeggiante degli splendidi fianchi. Nell’osservarla, mi ero convinta che il suo rigoroso portamento fosse obbligato dall’ involto pesante che, credevo d’intuire, sorreggeva sulla sua testa.
In Africa, avevo visto tante donne avanzare tra la terra rossa delle strade portando sul capo enormi fagotti in equilibrio perfetto, fiere, nonostante la difficoltà del loro cammino; la mente si sa, per comodità associa, ma a volte sbaglia.
La macchina avanza, siamo vicine e lo sguardo coglie finalmente particolari: il busto è avvolto nell’intreccio morbido di un laborioso drappeggio che si spezza inaspettatamente in un orlo rigido e netto. La gonna è una lunga fascia che costringe la libertà dei passi accentuandone la seduzione. Sul capo non un fagotto, bensì un gioco di raffinati tessuti, a formare un bizzarro copricapo. E’ un abito prezioso ed elegante e lei chissà dove si sta recando. Cerco d’immaginare una festa, una cerimonia a cui forse parteciperà catturando lo sguardo di tutti.
Ormai siamo vicine e lei si volta, improvvisamente, per attraversare la strada ed io mi fermo per lasciarla passare, per ammaliarmi, in verità, della sua bellezza.
Il suo sguardo mi perfora per la frazione di un istante e poi indifferente ritorna alla strada che attraversa sfilando con sovranità felina davanti al cofano della mia auto.
Non conta la via di periferia in cui ci troviamo, lo squallore delle abitazioni che ci circondano, la sua storia, forse triste, nel nostro paese, non conta nulla. E’ stupenda! Ed io ho come l’impressione che intorno a lei e con lei mi stia passando davanti il mistero potente ed imprendibile della sua terra.
Abbasso gli occhi sul mio abbigliamento occidentale, sorvolo l’ambiente urbano in cui mi trovo e sorrido, amaramente.

domenica 7 settembre 2008

Un caffé da M.



Ci sono case e case, ci sono caffè e caffè, ci sono amiche ed amiche.
Ci sono poi, caffè presi a casa di amici che si staglieranno con un allure particolare nella nostra memoria.
Un maremoto di emozioni, indistinte, violente, che mi permettono solo di prendere un soffio d’aria tra un’ondata e l’altra, prima di sommergermi di nuovo facendomi temere di affogare.
Stabilire quale sia stata la spinta che mi ha fatto scivolar giù dalla barca della serenità, scaraventandomi improvvisamente in mezzo ad un mare in tempesta, è difficile a dirsi; le donne sapranno capirmi e gli uomini rabbrividire se ne hanno provato gli effetti. Succede e ci si sente spaesate, incapaci di muovere anche una sola bracciata per tentare di uscire dal vortice bastardo. Non è necessario ipotizzare chissà quale insolubile tragedia, spesso ci si ritrova affrante e di tremendo non è successo proprio nulla, ma si sta male lo stesso: i pensieri si incupiscono, le lacrime scendo ed il mondo sembra avere scelto di botto di mostrarsi senza colori.
Ho imparato a nuotare da tempo, so galleggiare e darmi coraggio per resistere, tuttavia, ci sono giorni in cui l’accoglienza affettuosa di un’amica è una spiaggia assolata in cui distendermi a riprendere fiato.
In questi momenti anche l’uomo più speciale del mondo non può nulla, serve la comprensione complice di una donna, una donna che sentiamo speciale.
In questo stato d’animo ho chiamato la mia amica M.
Provo sempre un certo pudore nell’importunarla, è una donna affascinante e discreta, con una testa talmente brillante che mi sembra un delitto distrarla dai suoi mille interessi con le mie insulse baggianate, ma in questo strano giorno sento di aver bisogno di lei, dei suoi occhi, della sua capacità di guardarmi dentro e parlarmi con schiettezza.
Gli propongo di vederci e lei mi accoglie nella sua casa che sa di buono ed è intensamente bella, come lei.
Un caffè con il ghiaccio ed io inizio a parlare in ordine sparso, vergognandomi un poco della confusione emotiva in cui verso. Sto male e in questo malessere centra tutto e niente: piccole cose, grandi cose, dettagli e nodi cruciali del mio essere, dilemmi importanti ed altri inutili, insomma di tutto un po’. M. sta lì, accanto a me e mi guarda come speravo, con i suoi occhi intelligente senza interrompermi se non con brevi frasi pensate, armonizzate con scrupolo. Il sovrapporsi con un passo del mio nuovo libro è impressionante ed in fatti mi impressiona, eppure l’ho scritto molti mesi fa e in quel momento non pensavo né a me né a lei, comunque, continuo a raccontare e lei ascolta, con attenzione.
Non conosco molte persone capaci di dedicare così tanta concentrazione alle parole altrui, all’emozioni che nella confusione del sentire si provano a spiegare, ma lei ha questa sensibilità e, senza che io me ne accorga, come una gatta affettuosa si sta occupando di me, leccando il mio disagio e incoraggiando con piccole musate i movimenti della mia anima dolorante.
Due donne ed un caffè, una casa e tanto caldo ho scritto qualche cosa di assai simile, l’ho già detto, e questo inaspettato sovrapporsi tra finzione e realtà mi fa tornare in mente una frase letta tanto tempo fa tra le note di un’opera di Oscar Wilde:” L’artista inventa e la vita cerca di copiarlo …” Eppure, in genere, siamo convinti che accada il contrario e l’immagine per noi così usale sembrerebbe confermarlo, ma così non è.
Nella mia descrizione io parlo di un dialogo speciale, che si protrae nell’immedesimazione con l’altro e nella volontà pura di riuscire a comprenderlo e quindi ad aiutarlo, eludendo proiezioni e luoghi comuni. Sarà per tutto questo, per la rarità d’intenti di cui mi sono sentita oggetto che il sapore di quel caffè non smette di aromatizzarsi tra la lingua ed il mio palato. Ma, è soprattutto qualche cos'altro a trattenersi dentro di me: il gusto per la vita che lei ha saputo infondermi. Saperla gustare, questa imperscrutabile vita non è cosa di tutti, ma lei sa farlo e sa trasmettere questa meravigliosa propensione. Quanto ne sia consapevole non lo so, però, insieme al caffè, mi tornano in mente altri piccoli particolari che ora compongono un mosaico: un piatto di di rosse ciliegie, uno sguardo eccitato per la sorpresa di una scoperta, l'ironia di saper giocare con il mondo e le sue follie e, più di ogni altra cosa, il sapore pieno e giovane del suo vivere quotidiano. La mia amica ama la vita ed i suoi gesti così come le sue parole viaggiano dentro di me da quel giorno, finalmente nitide. Il ricordo di quel torrido pomeriggio di mezz’estate è un abbraccio morbido ed accogliente nel quale per alcune ore mi sono accoccolata e che continua ad infondermi calore e sagge indicazioni.
Grazie del caffè mia cara M …e hai ragione tu: un “incontro” è una fortuna.

P.S. scusatemi amici del blog, ma non potevo riaprire il mio spazio di scrittura senza riannodare le fila ripartendo da questo buonissimo
caffè
. Bentornati!