Un pò di me e la mia intervista con Maurizio Costanzo e più in giù in nuovi post

domenica 27 luglio 2008

Aria di vacanze


Cari amici,
vado in ferie dal Blog. Vacanze estive, s’intende. E l’occasione è ghiotta per tirare piccole somme.
Quando il mio amico Polle, proprio un anno fa, mi suggerì di aprire un blog io rimasi perplessa.
“Potrebbe essere utile per il tuo libro” mi disse saggiamente.
Ma scrivere abbastanza spesso e, principalmente, scrivere cose di pubblico interesse mi sembrava un’impresa fuori dalla mia portata. Tuttavia le sfide mi piacciono, ed allora, con il suo aiuto, la mia “Stanza del te” cominciò a prendere forma: scegliemmo i colori, il tipo di scritta, le foto ed infine il nome. Quasi giocando il mio scrivere aveva trovato un luogo dove le parole divenivano una voce reale che poteva richiamare la vostra attenzione.
La pubblicazione del libro, all’epoca sembrava ancora un sogno lontano che non sapevo se si sarebbe mai realizzato. Ma nel blog potevo pubblicare i miei pensieri e lasciare a voi, e non ad un editore, il giudizio finale. Così, come una debuttante emozionatissima, aprì il mio blog con questo post.


Una Tazza di tè
"Un maestro giapponese ricevette la visita di un professore universitario che era andato da lui per interrogarlo sullo Zen. Il maestro servì il tè. Colmò la tazza al suo ospite e poi continuò a versare. Il professore guardò trabboccare il tè, poi non riuscì più a concentrarsi. " E' ricolma. Non ce n'entra più!". " Come questa tazza," disse il maestro" tu sei ricolmo delle tue opinioni e congetture. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?".
Tratto da 101 storie Zen.

Giorno dopo giorno però presi coraggio e, nel susseguirsi dei post e dei vostri commenti, mi sono scoperta molto più scrittrice di quanto, in realtà, non mi ritenessi.
Oggi, questo “spazio blu”, come carinamente l’ha definito Paola dancer, è un luogo che amo moltissimo, che si espande anche oltre i confini italiani, regalandomi continue emozioni, soprattutto grazie alle vostre lusinghiere parole.
Nel frattempo, come sapete, tante altre emozioni: il libro pubblicato, le presentazioni, le recensioni e nomi importanti che non smettono di dirmi che questa è la strada giusta e devo perseguirla.
Ed è proprio per terminare il mio secondo libro che prendo un piccolo periodo di ferie dal blog.
La stesura è nella sua parte finale ed ho bisogno di tutto il mio tempo libero per poterlo concludere, come vorrei, entro l’estate.
Spero quindi che anche voi abbiate voglia di una piccola tregua durante la quale ritemprarvi e divertirvi. Ma a settembre vi aspetto tutti qui, freschi e riposati, pronti a nuove letture e nuovi commenti.
Dunque vi saluto augurando a tutti…… BUONE VACANZE!!!!

N.B. Il disegno " Chiuso per ferie" è di mio figlio e tutti diritti di pubblicazione sono riservati a mamma sua. Tra l'altro aspetta vostri commenti.

giovedì 24 luglio 2008

" Inno alla terra"

"I miei piedi affondano nella terra
come radici succhiano vita.
Terra-Dea-Madre-Donna
come lupa ululo contro il vento
per te che soffri
violentata
soffocata.
Dal tuo utero sono stata partorita
come un animale selvaggio
sento di appartenerti.
Né case, né strade asfaltate,
né luci, né agi mi possono distogliere.
Grido per te che sei mia madre
e cerco di difenderti con i miei artigli
di lupa di madre di donna
da questa lenta agonia
cui ti abbiamo condannato.
Terra Dea Madre... "
di Margherita Tranquilli

lunedì 21 luglio 2008

Dai pensieri di Virginia Woolf

Ho letto un libro molto bello “ Possiedo la mia anima” la biografia scritta da Nadia Fusini su Virginia Woolf.
E’ un libro scritto con maestria e bellissimo per l’intensità con cui Virginia Woolf si racconta ed è raccontata.
Dei molti passi che mi hanno colpito ce n’è uno però, che più di altri vorrei condividere con voi.
A parlare è una donna vissuta in un epoca diversa, cresciuta e formatasi in un contesto culturale che non sempre può essere accumunato alla nostra realtà italiana di oggi o dello steso periodo storico di Virginia. Tuttavia, la forza dei concetti espressi ha, secondo me, una declinazione che può appartenere a tutte le donne. Per questo motivo vi regalo le sue parole e quelle della sua biografa, certa che saprete apprezzarle riflettendoci su.
Non è in senso assoluto la mia storia, probabilmente neanche la vostra, ma leggete, e poi ditemi se in qualche passo non siete concordi con lei o, non sentite intime alcune sue considerazioni, alcune sue emozioni.

“Chi l’avesse letto, avrebbe capito. Le tre Ghinee era un libro pericoloso. La paura però era bilanciata dal sollievo immenso, dalla tranquillità che “ sputare il rospo”- così disse- le aveva regalato. Non ci sarebbe stato bisogno di ridirlo, ma lo ripeté ancora una volta. Lei era una outsider. Non poteva che andare avanti per la sua strada; avrebbe continuato a modo suo a sperimentare con l’immaginazione. La muta dei critici, degli amici e dei nemici la seguisse pure latrando improperi: lei non si sarebbe lasciata prendere. E anche se quella stessa muta ululante non le avesse prestato attenzione, se l’avessero sbeffeggiata, non importava. Contava il fatto di aver conquistato la libertà di pensare le cose com’erano. Come erano davvero, realmente, al di là del velo dell’illusione, dell’adulazione, della menzogna.
Siamo tutti è vero, creature dell’illusine, abbiamo tutti bisogno che qualcuno si prenda cura di noi, ci dia amore, fiducia. Senza amore, senza fiducia siamo come bambini nella culla. E non c’è fine ai sotterfugi patetici dell’immaginazione umana per procurarsi l’illusione del proprio valore. Ci sono creature, però, su cui nessuno investe né soldi, né immaginazione; né i padri, né le madri, se ne curano, ed è loro la sciagura, perché così non hanno educazione, né libertà”… Sono le donne, denunciò Virginia. La quale però, ragionando come sempre sul filo di rasoio dell’ironia e del paradosso, ribaltò la condanna, e proclamò: “ E’ la loro salvezza”. Basandosi sulla propria esperienza personale, rivendicò di aver conquistato così la libertà di vedere le cose come sono. Uno dei vantaggi dell’esclusione che aveva vissuto era stato la liberazione dal bisogno del possesso, dall’obbligo dell’esercizio del potere, aveva già spiegato nella Stanza tutta per se, erano incompatibili con la libertà di vedere le cose come sono. Il potere era un’immagine, un’illusione. Il potere era il dominio dell’irrealtà.

Da Possiedo la mia anima di Nadia Fusini

mercoledì 16 luglio 2008

Vedersi a colori

Io amo i colori. Amo guardarli, amo usarli, amo indossarli. Ed indossarli, suscita spesso ,nelle altre donne, una certa curiosità che non riuscivo a comprendere.
Oggi però sono entrata in un negozio ed una signora stava provando un vestito, verde smeraldo. Le stava bene ma lei si guardava perplessa.
“ Non c’è nero?” domandava alla commessa “ è carino ma non so, non sono convinta”.
Mi diverte socializzare con le donne che acquistano vestiti. Sono sempre dubbiose, insicure, anche quando l’abito è carino e le valorizza.
Allora, per non perdere l’abitudine, mi volto, la guardo e con leggerezza ma convinta le dico: “ E’ carino e le sta bene.”
La signora alza gli occhi su di me, poi li sposta di nuovo sullo specchio, si gira un po’ di qua ed un po’ di là ed infine, con voce lievemente sconsolata, quasi fra se e se dice: “ E’ che non mi vedo, cioè, non riesco a vedermi…” e lascia la frase incompiuta.
Non torno a guardarla, volutamente continuo ad osservare i vestiti appesi lungo lo stand ma le rispondo d’istinto: “ Il punto è, se inizia a vedersi…” La commessa ride e ripete la mia frase quasi avessi pronunciato la verità del secolo. La signora in verde, al contrario, non pronuncia parola, si muove solo da una parte all’altra sbirciandosi di tanto in tanto, indecisa tra l’attrazione per un vestito indubbiamente grazioso ed un colore con cui proprio non riesce a “vedersi”. Perché il colore è per molti come un faro puntato, illumina e fa uscire dall’ombra ed io in questi termini non l'avevo mai pensato. Esco dal negozio e ci rifletto su. Una mia collega pochi giorni fa commentando per l’ennesima volta un mio abito affermava quanto segue: “ Tu indossi capi carinissimi, particolari e molto colorati. Mi piacciono, ma io non potrei indossarli.”
“ Perché?” rispondo rassegnata, conscia di dover ascoltare la solita litania sull’argomento.
“ Non so, un vestito come quello che indossi è bello ( per la precisione: banalissimo tubino di lino bianco con disegni color corallo) ma il colore attira lo sguardo e…”
“ E allora- dico un po’ infastidita- qual è il problema se qualcuno ti guarda?”
“ Non potrei, non ce la farei a…” e mima con il corpo e con l’espressione del viso un senso di disagio, di fastidio e le mani si alzano come a fermare l’invadenza di uno sguardo.
Oggi i due episodi si sono messi in fila, insieme ad altri episodi simili, ad altre frasi indagatrici sul perché del mio vestire colorato. Ed allora ho compreso,forse, una parte di verità.
Io sono alta, il mio corpo è tondeggiantemente morbido ed ho una montagna di capelli ricci. La mia presenza quindi si nota, a prescindere da ciò che indosso. Ed infatti, non uso i colori per per apparire ma perché il nero od il grigio dopo un girono mi annoiano e deprimono. Se mi vesto con uno di questi colori, il giorno dopo devo rivitalizzarmi con qualcosa di più brioso. E’ così, e non posso farci nulla. Non giro come Arlecchino ma la mattina, davanti al mio guardaroba, seguo l’umore e mi vesto.
Intorno a me, invece, una sfilza di donne abbigliate con colori smorti ed impersonali. Per rendersi invisibili o perlomeno, poco visibili. E’ questa forse, la risposta che io dovrei dare a tutte queste femmine vestite a lutto. Eppure il nero era una costrizione quand’era un obbligo ed ora, nel paradossale ribaltamento delle mode, è divenuto un “must” da mattina a sera, sempre e comunque. Strani esseri le donne. Spogliate della loro femminilità, indurite da calzoni e stivali, infagottate in abiti incolore. Tristi. Ed io, che uso vestitini e colori sembro un’egocentrica d’altri tempi solo perché seguo la moda personalizzandola. Incredibile!
Non discuto l’amore per colori poco vistosi, ci sono sfumature sobrie che avvolgono i miei sensi per la loro delicata eleganza ma, per quanto mi riguarda, ho bisogno di giorni colorati, anche su di me.
Tempo fa, una nuova collega mi disse una frase molto bella che credo, effettivamente, mi appartenga.
“ Non sono i vestiti, tu hai la testa colorata”.
E’ vero, la mia testa fluttua nei colori ed io non ho paura di essere “vista”. Ma non ho paura, perché “io” mi sono vista. E va bene così.
Di contro- mi chiedo- è questo il motivo di un vestire tanto piatto? La paura di essere viste perché siamo noi a non avere il coraggio di vedere noi stesse?

lunedì 14 luglio 2008

Consapevole magia


Ci sono momenti in cui, improvvisamente, qualcosa cambia le nostre percezioni.
Non so voi, ma io in questo sono una vera campionessa. La consapevolezza arriva senza preavviso: situazioni già vissute, persone incontrate mille volte, pensieri noti e poi, non si sa perché, qualcosa di speciale mi avvolge ed io mi illumino.
Ieri sera questo incanto si è ripetuto.
Castel Sant’Angelo, un turbinio di nuvole, il vento che soffia dispettoso ed io, con il mio libro che spero di saper onorare tanta bellezza.
Il palco è illuminato daluci colorate, un piccolo tavolo, quattro sedie, un microfono a stelo ed un leggio.

Con il mio amico Bruno abbiamo stravolto la scaletta degli interventi: sarò io a parlare per prima e poi con lui leggero un dialogo che mi riporta lontano.
Le sedie si riempiono e le persone mi guardano, attente. Aspettano.
Il microfono tra le mani e la gioia di aver accettato una sfida. Un estate fa era sogno, ora sono qui ed accanto a me due donne speciali, con le loro ali fatte di splendide parole, mi condurranno dove non avrei mai ipotizzato.
Raccontare le emozione, si era detto con il mio amico Bruno, regista di questa serata. Nulla di più naturale in una serata così.
L’emozione è nei miei occhi che guardano stupiti le persone passare, fermarsi e poi decidere di sedersi. Mi osservano, ascoltano le miei parole, sorridono alle mie battute, annuiscono partecipi al distendersi delle mie riflessioni.
Io sono tranquilla, a mio agio. Mi rendo conto che miei pensieri fluisco liberi, privi di qualunque timidezza e questo viene recepito e ciò che dico stimola interesse in persone che di me non sanno nulla. Non so spiegarmelo, ma sono pronta a vivere questa imprevedibile magia.
Non è la mia prima presentazione, tuttavia è la prima volta che mi rendo conto che sto parlando ad un pubblico di estranei e sono perfettamente in grado di farlo.
I discorsi scorrono tra i vari interlocutori, gli spettatori intervengono e si complimentano con me ed io faccio lo stesso.
Stiamo parlando della mia vita, di come ho deciso d’interpretarla e questo affascina chi mi ascolta.
Come questo sia possibile rimane un mistero, ma non lo è la consapevolezza piena che un passaggio fondamentale si è appena compiuto, dentro di me. Sono io che ho scavalcato un limite, oltrepassando un confine. Sono al di qua, sul palco e sono io a sentire la mia voce amplificata che si diffonde nell’aria. E questo solo perché ho deciso di mettermi in gioco, di spingere l’acceleratore dei miei desideri inseguendo una passione fatta di carta ed inchiostro.


A volte vivo l’illusione che il mondo stia tutto dentro la mia scrittura.
Davanti al mio foglio bianco si apre uno spazio infinito sul quale posso volare e vedere e sentire.
La mente accetta la sfida e si libera da qualunque costrizioni: nessun muro, nessun confine, tutto viene oltrepassato ed osservato dalla mia immaginazione. Mi siedo e l’universo intero si dispiega davanti agli occhi della mia mente. Posso sbirciare ovunque, esplorare ogni singola emozione in un viaggio continuo tra la mia interiorità ed il cosmo che mi avvolge. Momenti magici quelli in cui le dita scorrono veloci tracciando segni che trasformeranno l’astrazione in linguaggio. Momenti in cui provo l’inestimabile sensazione di abbracciare, con l’introspezione della scrittura, l’interezza della mia vita. Per questo amo la scrittura, per la libertà riservata che mi regala. Ogni segreto può essere rivelato senza che si sappia. Sensuale seduzione che mi spinge in ogni angolo buio della mia anima senza remore.
Gioco, sberleffo, attenzione, riflessione, capovolgimenti, fantasia, paradossi niente limiti, nessuna offesa. Le parole sanno nascondere o urlare le loro personali verità celandosi al vero interlocutore, divenendo parole di tutti.
Se qualcuno leggerà ciò che scrivo proietterà ciò che sente e lo farà suo, aggiungendo, togliendo, personificando i significati che intuisce, che vuole adatti a se, ma che in nessun modo potrà dichiarare essere veri per me. Potrebbe sembrare inganno, ma è democrazia. E’ dare ad ognuno ciò di cui ha bisogno, senza dover per forza imporre la propria verità. Si passano e ricevono emozioni in un dialogo intimo: si è in due ma si è soli. Si scrive per se e si legge per se. Il dialogo inizia nel confronto di ciò che si è provato, compiendo le due diverse azioni. Anche i tempi sono sfalsati: si scrive ora e non si sa se e quando qualcuno capiterà tra le tue righe, cosa che tra l’altro potrebbe non accadere mai. Eppure, un pensiero scritto tratterrà per sempre la spinta di un’emozione e, in qualunque momento, potrà incontrere gli occhi di qualcuno riprendendo vita, sprigionando di nuovo l’essenza che l’ha generato.
Come potrei definire tutto ciò?










giovedì 10 luglio 2008

Un nuovo appuntamento



























Cari amici,
entusiasta per il successo della presentazione del mio libro presso lo spazio Rinascita della Festa dell’Unità, rivolgo, a tutti coloro che non sono potuti intervenire, un nuovo invito.


Domenica 13 luglio ore 21.00 presso Letture d’Estate

Giardini di Castel Sant’Angelo

presentazione del libro Mio padre mi chiama Luna

scritto da me con notevole fatica e grande gioia.

Mi auguro quindi che vogliate intervenire soprattutto perché l’occasione è ghiotta. Accanto a me, infatti, due donne incredibili, capaci, ne sono certa, di condurvi con le loro parole in voli interpretativi di sicuro interesse.
Vi aspetto quindi, lungo le rive del romantico Tevere per assaporare una nuova emozione.

lunedì 7 luglio 2008

Ci sarà un uomo

Ci sarà un uomo.

Ma non pensavo a te.

Era un pensiero astratto.

E tu eri qui, vicino. Troppo vicino per pensarti.

Cosa cambia la percezione del nostro volere?

Uno sguardo forse?

Il tuo? Il mio?

Ed ora che il pensiero ha il tuo volto, cosa faccio?

La tua mano che prende la mia e senza una parola mi conduce dove voglio.

Interpretando desideri.

Ne sarai capace? Avrai il coraggio d’amarmi?

Fidarsi degli occhi, si diceva.

Ma, può bastare?

Sentire ed agire non sono la medesima cosa.

Bisogna volere appunto, ed io non so.

Una manciata di parole gettata in aria a confondere pensieri ed a terra, tra noi, solo emozione.

E torno a dirmi: “ Ci sarà un uomo.”

Il cuore ribatte pronunciando il tuo nome.

Speriamo non sbagli.

giovedì 3 luglio 2008

Annunciazione! Annuciazione!

Due nuove presentazioni del mio libro mi stanno togliendo il sonno.
Due momenti importanti per me e per la mia prima fatica letteraria.
Quindi bando alle ciance vado a declamarvi, come fossero versi poetici, e per me lo sono, gli appuntamenti estivi a cui spero voi ed i vostri amici possiate partecipare. Inoltre, l'occasione è ghiotta per conoscerci. Ma se oltre che incuriositi siete, ahimè, anche timidi o misteriosi, vi prego partecipate comunque senza farvi riconoscere.
Io, speranzosa,vi aspetterò.

Allor dunque....

Martedì 8 luglio 2008 ore 21,oo

FESTA DELL'UNITA' DI ROMA

presso lo spazio della LIBRERIA RINASCITA

presentazione del mio libro Mio padre mi chiamava Luna

interverranno Stefano Clerici, Carol Tarantelli e l'editore Fabio Croce.


Domenica 13 luglio ore 21,00

presso LETTURE D'ESTATE,

Giardini di Castel Sant'Angelo

interverranno Carol Beebe Tarantelli ed Anna Manna