Un pò di me e la mia intervista con Maurizio Costanzo e più in giù in nuovi post

giovedì 29 maggio 2008

Caffè letterario


Ieri, insieme ai miei amici Paolo e Polle abbiamo degustato un ottimo pranzo e poi abbiamo proseguito il pomeriggio chiacchierando di scrittura. E quando sono risalita in macchina due parole sono uscite spontaneamente dalle miei labbra: caffè letterario.
Ho continuato a pensarle e mi sono addormentata evocando immagini.
Caffè letterario…caffè letterario….zzz…zzz…zzz….

L’ambiente è fumoso, il vociare incessante, piccole sale si susseguono indebolendo il freddo che scorre tra le porte che non smettono di aprirsi. Alle pareti qualche quadro e diverse pagine scritte a mano, ingiallite nonostante un vetro cerchi di proteggere il valore delle loro firme. Un grande specchio con la cornice dorata rimanda ritagli di tavolini e spicchi di luci. Un grande lampadario di Murano troneggia sopra le teste di noi scrittori e letterati che qui ci incontriamo senza dircelo.
Seduti vicini, tra bicchieri di alcol e caffè, io e Paolo parliamo di come procede la sofferta stesura dei nostri libri. La sua pigrizia non scoraggia la speranza che nutre di portare, prima o poi, a compimento la sua più importante opera ma è indispettito. Lui è un bravissimo scrittore, e lo sa, ma il suo talento ha tempi lenti ed ispirazioni incostanti.
“ Come diavolo fai?” mi dice ridendo “ ormai scrivi tutti i giorni. La scrittura ti è entrata nel sangue, ancora di più.” Ci rifletto. “ Hai ragione, la scrittura mi permette di esplorare qualunque aspetto della vita, ogni argomento, qualunque orizzonte. Volo sul mondo con la mia penna e mi sento libera. E’ una sensazione indescrivibile. Un privilegio di cui non smetto di stupirmi” “ Ti capisco, è così anche per me.”
Dallo specchio vedo entrare Polle. La sua testa di riccioli rossi, con i favoriti che scendono abbondanti sulle guance avanza cercandoci. Con un gesto mi rendo individuabile e lui mi sorride.
Salutandoci si spoglia di un cappotto ingombrante ed un po’ liso, da vero poeta romantico. Ordina un caffè per svegliarsi dai bagordi di una serata infinita, anche se, un’altra notte è già pronta ad ingoiarlo. Al suo ingresso la discussione si accende, quasi il fuoco dei suoi capelli fosse la scintilla che tutti aspettavano.
Un giovane uomo si alza per dare enfasi alle proprie parole: “Lo scrittore ha la responsabilità di scrivere il suo finale e non dovrebbe mai lasciare il lettore incerto e libero di pensarlo come i suoi desideri vorrebbero.”
Un vociare disordinato si alza tra i presenti. Gli animi si scaldano e le parole volano nell’aria. Mi guardo intorno, il piccolo ambiente pulsa pensieri, creatività, energia. Riferimenti letterari fanno eco alle più diverse convinzioni. Sentimenti contrapposti aleggiano come guadagnassero fisicità: passione, rivalità, invidie, frustrazioni, entusiasmi. Gli scrittori vivono d’emozioni e ogni loro espressione ne racconta la storia.
Gli argomenti si impennano ed inseguono. La vita, per loro, potrebbe essere racchiusa tra queste mura, nella veridicità di racconti inventati o nel coraggio di quelli vissuti e dichiarati. Ed è in questo confronto che ognuno di noi trova nutrimento. Una frase, un’idea originale sblocca ispirazioni. I scrittori hanno bisogno degli altri scrittori. Hanno bisogno di qualcuno che apra finestre e mostri nuovi paesaggi. Un sentimento non è mai solo una parola per chi dovrà descriverlo. E’ un’esplorazione profonda che espande confini. Gli scrittori potrebbero parlare per ore di concetti astratti, di trame improbabili. E gli occhi saettano e la mente corre.
Potremmo andare avanti per ore, mai paghi, sempre curiosi, capaci di dichiarazioni sempre più audaci che fanno traballare i più rigidi. Marina getta altro fuoco ed Anna ride felice per questa nuova provocazione. Mi sento colmata da tanta sostanza, dalla bellezza di tanta genialità. E la testa veleggia aspirando nuovi spunti che fermo veloce, con singole parole, su un biglietto macchiato.

Una mano accarezza il mio viso, è mattina e quello era solo un sogno. Eppure so che il mio sogno aveva in se una grande verità: gli scrittori hanno bisogno degli scrittori. Ed è solo un’epoca troppo individualista ad averci isolato. Nessun ritrovo, nessuna possibilità per i giovani scrittori d’imparare dai grandi e nessuna occasione dei grandi di potersi refrigerare nella effervescenza di menti spavalde. Soli, davanti ai nostri fogli elettronici, con un caffè di lato ed una sfida che conosce unicamente maestri o compagni di carta.

Caffè letterario....

martedì 27 maggio 2008

Improvvisamente, ho capito...

Ho capito, improvvisamente.
Una percezione secca nel dolore e limpida nella sua purezza.
La verità!
Sbagliato, dannoso, frustrante, potrei continuare all’infinito; ma non lo farò.
Finalmente ho visto e respiro.
Che bell’aria questa mattina! Guardo fuori ed il sole mi sbircia tra le nuvole.
Sì, ho capito! Dico al sole. Finalmente! Sembra rispondermi con un raggio più forte.
Un po’ lenta in effetti, ma arrivo, con i miei tempi che ritrovo pieni e colmi di tanto.
E’ il paradosso che si ripete e non può che divertirmi, ancora, nella sua verità.
Un’altra?
Bhè non posso farci niente. Gli umani sono fatti così. Trita anime a volte.
Vogliono ferire e guariscono.
Che desolazione quando se n’avvedono. Tutta la loro meschineria lì, ai loro piedi. Inutile.
Chi vuol sottrarre regala. Quante volte devo dirlo?
Io l’ho imparato vivendo, ma, al contrario.


domenica 25 maggio 2008

Ti aspettavo...

Ti aspettavo.
I miei sensi ti cercavano nell’aria, ogni giorno. Giorno dopo giorno.
Chiudevo gli occhi e ti inseguivo. Il tuo odore! Mi bastava il tuo odore.
Ma non c’eri. Un altro giorno fatto di pioggia e freddo.
Come ho potuto amare il tempo senza di te?
Ero un’altra donna, solo questo giustifica la mia pazzia.
Sono nata nell’inverno della grande alluvione a Firenze. Il grigio mi appartiene, mi dicevo.
Non era vero. Io ho la testa colorata ed ho bisogno di te.
Esplodo nel tuo profumo.
Ma sei un’amante incostante. Seduci, inebri le miei carni e poi scompari.
Eppure so amarti, sensualmente, senza ritegno, abbandonandomi completamente.
Ma tu non sai restare, non puoi restare.
Hai bisogno di altre carezze, di altre labbra. E le mie diventano tremore nell’attesa del tuo ritorno.
E tu torni, sei di nuovo qui ed io provo una follia indomabile.
Mi colmi, mi strazi, m’invadi e io ti lascio padrona. Arresa.

Le mie labbra ti sfiorano in ogni petalo, le mani rubano i tuoi fiori, gli occhi diventano ingordi.
Esplodo nel tuo profumo.
Sei mia, già dentro di me.
Bentornata estate.


giovedì 22 maggio 2008

Diciamo....che è andata bene

Diciamo …. diciamo che è andata bene. "Benissimo!" Mi lusinga qualche buon anima ed io, di mio, sono contenta.
La prova aveva una sua importanza. Intervistata sul mio libro a Radio Città Futura nel bel mezzo del pomeriggio. Difficile non essere orgogliosa ed emozionata.
L’emittente trasmette dal cuore di Roma, in un bellissimo palazzo d’epoca. Peccato che l’ascensore è rotto e le scale degli edifici storici hanno scalini che sembrano montagne ripide ed un piano – in teoria dovrei salirne tre - corrisponde a due livelli di un normale palazzo: in pratica sei piani a piedi con il cuore che batte non so più per cosa.

Arrivo come uno scalatore alla porta, arranco e sbiascico il mio nome ad una gentile segretaria che mi consiglia di riprendere fiato bevendo un bicchiere d’acqua.
L’età incombe - mi dico – anche perché dietro di me entra un giovane uomo che senza fiatone ha scalato la mia stessa vetta portando anche due caffè in microscopici bicchierini.
Va bhè! Lui ha il fisico ed almeno vent’anni meno. Dentro alla sala di registrazione sarà il cervello a dover sembrare allenato. Mi auguro che riesca, in fretta, a ritrovare ossigeno.
Nell’attesa mi fanno fare un giro dandomi il tempo di salutare chi mi ha chiamato in trasmissione.
Il cuore riprende a battere solo per l’emozione.

Alcuni minuti e si comincia.
Mi siedo, davanti a me il microfono e la cuffia. Ai miei lati i due intervistatori, computer ed oltre la vetrata i tecnici. Wow! Sono dentro un vero studio radiofonico. E sarò in DIRETTA! Non posso dire sciocchezze. Bum! Bum! Bum! Il cuore vuole parlare ed io lo rassicuro: potrai dire la tua emozionando chi ci ascolterà.
Indosso le cuffie ma il suono è alto ed ho paura di non saper modulare il giusto tono di voce. Non vorrei sbagliare volume e starnazzare come un’anatra fuori controllo. Decido di non usarle.
Finisce la musica ed i conduttori annunciano la mia partecipazione al programma. Saluto con lieve titubanza.
Introduzione e prima domanda. Rispondo. La tensione inizia a sciogliersi e loro hanno veramente letto il libro e ciò mi conforta. Le domande sono precise ed i sorrisi che mi rivolgono mi mettono a mio agio. Parlo senza difficoltà, le frasi fluiscono e riesco a rispettare i tempi.
Nessuna interruzione musicale, nessuna pubblicità. Una decina di minuti completamente dedicati a me con diffusione nazionale. Cosa potrei volere di più?
L’intervista si conclude e i due simpatici intervistatori hanno gestito benissimo il tempo a disposizione permettendomi di parlare degli aspetti fondamentali del mio libro e del mio blog.
Saluto e ringrazio riconoscente. Sorridendo prendo il cd della registrazione e mi avvio alla discesa della montagna.

Salendo mi sentivo la solita Bridget Jones scendendo inizio a sentirmi una discepola di Wirginia Woolf.
Accendo il cellulare ed una sfilza di sms allarmano il mio apparecchio. Leggo il primo: “ Brava! – dice la mia amica storica – sei riuscita a parlare per dieci minuti senza dire mai “ in qualche modo” sono orgogliosa di te!” Sembra che sia andata bene.
Peccato però, che salita in macchina ascolto il cd e mi rendo conto di aver detto almeno ottanta volte “ diciamo”. Rimetto i piedi per terra e torno Bridget… anche se, nonostante i “ diciamo” la mia voce mi sembra limpida ed i pensieri sensati. L’ultima telefonata è di una mia amica psicologa che mi conferma: “ Pensieri di senso compiuto e chiarezza d’espressione.”
Ce se po’ stà! – mi dico- Ce se po stà!




I

ATTENZIONE - Piccola ma lusinghiera comunicazione di servizio

Udite! Udite! ed è proprio il caso di dirlo.

Oggi pomeriggio, ore 17.40, in diretta su Radio Città Futura - frequenze 97, 7 - ci sarò io a presentare il mio primo Libro " Mio padre mi chiamava Luna".

Inutile dire quanto sono emozionata.

Radio Città Futura è una radio storica, importante, che trasmette in tutta Italia e che ha ospitato personaggi veramente importanti e prestigiosi.

L'onore quindi di essere stata chiama a presentare il mio libro è qualcosa che mi lusinga tantissimo.

Spero che qualcuno di voi abbia la possibilità di sintonizzarsi ed ascoltarmi per poi darmi la sua opinione.

Vi aspetto!

Ma quanto piove?

Oggi, affacciandomi alla finestra, ho notato che la vegetazione sotto le mie finestre è divenuta particolarmente rigogliosa e per associazione, mi sono tornate in mente alcune pagine di un romanzo di Virginia Woolf nel quale, la scrittrice, immagina che una pioggia ininterrotta cominci a cadere il primo giorno del XIX secolo.
La sua fantasia è dirompente ed ironica ma ne riporto soltanto pochi pasi certa che anche voi troverete strane comunanze con il nostro tempo.


" Un gran disordine pareva regnare sul clima dell'inghilterra. Piogge cadevano frequenti, ma sempre in acquazzoni incostanti, che ricominciavano non appena finiti. Il sole faceva capolino, ogni tanto, ma era avviluppato in tante nuvole, e l'aria era così satura di umidità, che i suoi raggi erano sbiaditi, ed i violaci, gli arancioni, e certi rossi smorti erano subentrati nel paesaggio, ai colori più sostenuti del XVIII secolo.....
.....All'aperto - altro effetto dell'umidità - l'edera cresceva lussureggiante. Case che finora erano state di nuda pietra apparvero soffocate sotto la verzura. Non c'era giardino, per quanto severo fosse il suo primitivo disegno, il quale non avesse il suo folto d'alberi, la sua foresta vergine in miniatura, il suo labirinto....
.....ma la trasformazione non si limitava a esteriorità. L'umidità invase gli spiriti. In uno sforzo disperato di avvolgere i loro sentimenti in un po' di tepore, gli uomini si diedero a provare un espediente dopo l'altro e fasciarono amorosamente l'amore, la nascita e la morte in un repertorio di belle frasi. Un divario si andò scavando fra i due sessi. Non si tollerò più nessuna conversazione libera. Sotterfugi e ipocrisie vennero ampiamente praticati da ambe le parti."

" da Orlando di Virginia Woolf"

martedì 20 maggio 2008

La logica della fune

Ci sono logiche.
Sei dentro ad una logica.
Fai parte di una logica.

AIUTO!!!!

Tutto questo mi fa paura. Forse mi dovrei sentire protetta, inserita, facente parte e questo dovrebbe rassicurarmi.
Ed invece no, il sentirmi parte di una logica che non è la mia mi allarma ed inquieta.
Una pedina inanimata, ecco come mi fa sentire far parte di una logica. Ma io sono una persona, ho dei bisogni, una vita, degli affetti, delle speranze. Non sono un numero senza anima. A limite sono un’anima che può fra numero.
La sensazione che la mia vita, in questi giorni, come in un continuo “slining doors” possa, secondo logiche estranee a me, scorrere su piani paralleli variando il suo corso e trascinando con se tutto quello che ne fa parte, mi agita oltre misura.
Mi immagino nella mente di queste logiche, non come una persona fatta di carne e pensieri ma come fossi la proiezione inconsistente di un fumetto che viene disegnato prima qui e poi lì, cambiando sfondi e finali, animato e poi cancellato se un’idea improvvisa sembra più funzionale di un’altra.
Nessun controllo, nessun potere, solo necessità o la follia sconsiderata di una ribellione che non potrà esistere, veramente, tra quei fogli imbrattati.

La mia anima separata, scissa, spaccata dalla percezione di vivere in mondi avulsi che non possono incontrarsi essendo l’uno antitesi dell’altro.
La libertà e la schiavitù dove possono unirsi?
Sconfinare oltre ogni confine ed accettare recinti e staccionate.
Saper volare e dichiarare di voler pascolare.
Amata e tollerata, inseguita e sfuggita, stimata e denigrata, dove si miscela tutto ciò?
Perché dovrà pur esserci un punto di congiunzione nel quale i due mari si incontrano.
Ed io so qual è. Conosco è il punto esatto in cui tutto ritrova equilibrio. Ma è un punto appunto.
Un punto che deve avanzare allineandosi un passo dopo l’altro, davanti a me ed io devo vederlo, sempre. Concentrata e ben salda sulla percezione dei mie piedi che sentono ciò che io vedo.
Un equilibrista inesperta che sta imparando a camminare su una fune, controvoglia.


domenica 18 maggio 2008

Intimi senza intimità

Chi siete amici del blog?
Piccoli nomi in piccoli riquadri, nomi fantasiosi di vite imperscrutabili.
Cosa vi ha incuriosito tra queste righe? Cosa vi ha trattenuto facendovi tornare in un mondo, il mio, che in fondo non vi appartiene?
E’ l’emozione vero? La stessa che ho provato io incontrandovi.?

Ci raccontiamo segreti, scambiamo sensazioni e parliamo di noi senza conoscerci.
Intimi senza intimità.
Di alcuni conosco il volto, l’espressione di un sorriso, di altri ignoro lineamenti e sguardi.
Di molti non immagino neanche l’esistenza. Vi scopro per caso e mi sorprendo.

Arrivano lontano le miei storie, bottiglie in mezzo al mare che qualcuno incuriosito afferra che un altro annoiato rilancia in questo irreale vuoto.

Eppure c’è molto di me in quelle bottiglie affidate all’oceano della rete, molto di più di quanto le mie intenzioni impongano.
E’ un libro aggiornato questo mio blog. Un dizionario dalle pagine spiegazzate a cui non si aggiungono parole ma singole emozioni dei miei giorni.

Un post dietro l’altro ed il volume di quest’idea cresce.
Sono le vostre parole a gonfiare la cellulosa di una carta virtuale sulla quale imprimo l’inchiostro del mio pc.
Scrivo e aspetto che navighi verso di voi, dentro di voi e poi, come un indiano seduto sulla riva, attendo che le vostre emozioni ritornino a me.

Piccoli numerini segnalano il vostro arrivo ed io curiosa mi affaccio felice alla finestra per scoprire chi ha bussato gentilmente alla porta della mia stanza del te.
Ma so che non tutti superano il pudore della scrittura e per questo restano silenziosi lettori dei miei scritti.

E’ una sensazione strana questo blog. E’ coraggio che cresce, è una conoscenza senza corpo che trova punte di piedi su cui avanzare.
Non ci sono gesti, non ci sono occhi, nessuna consistenza fisica ad accompagnare i nostri dialoghi.
Paradossalmente privi di una corporalità generalmente dominante, ci cerchiamo come poeti superstiti per comunicarci l’impalpabilità di un’anima ormai derisa.

Voglia d’intimità senza essere intimi. Si può sparire e tornare, assistere senza partecipare, visibili o inesistenti, veri o mascherati, concordi o arrabbiati possiamo abbandonarci e ritrarci cliccando una piccola crocetta, spegnendo senza uccidere l’esistenza di un fantasma di cui continuiamo a non conoscere la storia.

Nessun dolore, nessun rischio, nessuna pretesa, impersonale eppure confidenziale, disponibile ma non impegnativo: abito scelto con cura, alla moda che indossiamo aborrendone l’ineleganza ma senza il quale non usciremmo mai, temendoci nudi.

giovedì 15 maggio 2008

Vedrai...

Vedrai, accadrà.
Capiterà e rimarrai sorpresa.
Succederà, e scoprirai che il sole splende perché è giorno e la luce e limpida e pulita perché per tutta la notte è caduta la pioggia e la polvere è scivolata via.
Avverrà, e ti emozionerai.
Ti guarderai intorno stupita e tentennerai.
Ma sarà tutto vero e finalmente respirerai.
Il mondo si è capovolto ed ogni cosa è tornata al suo posto.
Il giusto è giusto, il bello è bello, il buono è buono.
Tutto ha ripreso il suo ordine, la sua logica, la correttezza del suo esistere.
L’ingiusto è ingiusto, il brutto è brutto, il cattivo è cattivo.
Semplice, eppure fu chimera.

martedì 13 maggio 2008

Le strane danze dei miei pensieri

Si verificano a volte delle strane assonanze nella miei giornate. Rime imperfette appunto, ma con delle armonie improbabili che io compongo.
I miei pensieri, in questo momento, danzano ritmi diversi e mi trascinano in un ballo un po’ pazzo che non smette di sorprendermi e divertirmi. Per necessità sono vincolata ai comportamenti umani, per diletto mi rivolgo alla contemplazione della natura. Non fatevi ingannare, in realtà si tratta della stessa materia, è soltanto la modalità che cambia essendo la prima mossa prevalentemente da bisogni emotivi, e l’altra dall’ordine cosmico del quale fa parte. Per concludersi nel medesimo punto: briciole in un macro cosmo che non smettono di agitarsi per ribadire una potenza che in fondo sanno di non possedere.
Il mio lavoro mi mette continuamente di fronte a questa realtà e la contemplazione della natura mi ribadisce quanto ciò sia insulso. In questi giorni di formazione di governi, segreterie e accaparramento di poltrone io ho scelto di allontanarmi. “ Basso profilo Zen” come ormai l’ho definito. Follia forse, i telefoni sono incandescenti e le pressioni, come qualcuno mi ha confermato, sono incredibili. Ognuno cerca il proprio posto e con il capovolgimento delle coalizioni si è scatenato l’inferno. Per chi fa parte di questo mondo è lavoro e quindi sussistenza economica e quindi umana voglia di sopravvivenza ma, è la solita modalità che mi lascia sfinitamente interdetta. Le bassezze umane sono all’ordine del giorno ed è una guerra dell’uno contro tutti. Non parlo dei massimi livelli, scendo alla famosa corte dei miracoli che fluttua in questa mareggiata in ordine sparso. Ho visto e sentito di tutto ma quello che non smette di stupirmi è che prevale ancora una volta un fare distruttivo. Si formano gruppetti, si creano alleanze e principalmente si denigra l’altro per valorizzare se stessi. Non ci si propone per propri meriti ma generalmente sminuendo quelli del vicino.

Ed è a questo punto che, tra i tanti, scelgo di leggere un libro su Rousseau del quale, fin qui, avevo letto ben poco. Sentite che cosa scrive il filosofo nel 1743 quando inizia a frequentare il salotto di M.me Dupin, uno dei più brillanti di Parigi che, infatti, gli permetterà di essere nominato come segretario dell’ambasciatore di Francia a Venezia: “ A Parigi non si ottiene niente se non grazie alle donne. Salotti raffinati, luoghi d’incontro, d’alta cultura e di basso pettegolezzo, dove dame savantes ricevono scienziati e poeti, avventurieri e libertins, dissertando garbatamente, tramando sottili intrighi, creando glorie e distruggendo reputazioni fra un tazza di cioccolata ed una sonata di clavicembalo”.

Cosa è cambiato ad ora? Ben poco, niente clavicembalo ma stessi intrighi e costruzioni di glorie posticce. Solo ed esclusivamente affermazione di potere e prestigio. Nulla più. E le donne, ahimè, continuano a cadere nello stesso ripetitivo tranello. In questi momenti cruciali, alcuni tipo di donna rimangono vittime di una retrocessione all’età infantile che le induce a formare strane coalizioni di psicologico supporto, le quali, si sgretoleranno alla prima occasione ma che, nel breve periodo, sembrano indispensabili. Allora parlottolano sottovoce in ristretti clan, sbirciano qua e là cadendo in silenzi improvvisi, si presumono dive del momento con il potere d’incidere sulla fortuna di qualcuno ma che difficilmente approderanno come aspirerebbero ai veri posti di potere, i quali, peccato per loro, si decideranno su ben altre logiche di genere maschili. Ma tant’è, tutti presenti, tutti schierati. Hai visto mai che capita l’incontro fortunato? “Nessun si muova” sembra la parola taciuta ma percepita e le file sono serrate.

Ed io che faccio? Vado in campagna. Non per senso di superiorità, badate bene, ma per semplice necessità familiare. E dove capito? “In un posto dimenticato dagli uomini” come mi viene descritto dalla proprietaria del luogo stesso. Ed ha ragione sembra un acquarello campestre, proprio uno di quei luoghi tanto amati da Rousseau ed esattamente il posto di cui ho bisogno. Tutto si allontana, sfumando dietro alle colline ed io contemplo la natura che si muove su logiche armoniche, in un equilibro per lo più perfetto. Ripenso allora ai miei simili, chiusi nell’aria rarefatta degli uffici, attaccati alle mille sigarette fumate nella rincorsa ansiosa dell’ultima notizia importante.

Il parallelo ha dell’irreale. Piccoli esseri, affannati in battaglie anomale che allontanati dal potere fornito da altri esseri umani perdono di significato e di grandezza. Io sono una di loro e non posso illudermi di essere poi così diversa ma sto leggendo un altro libro, s’intitola “ Alchimia emotiva” e mi parla degli schemi mentali a cui ognuno di noi è involontariamente assoggettato. L’autrice mi spiega che in fondo ogni nostro comportamento si rifà a quello che sono stati i nostri primi anni di vita ed è sempre lì che torniamo, anche d’adulti. E come ero io in quel tempo lontano? “ Autonoma” mi aveva soprannominato un amico di famiglia e forse aveva colto nel segno. Sono sempre stata nel mezzo. Non sopportavo le vezzosità femminili che si esprimevano in modi e giochi per me noiosi, né ero un vero maschio spinto dal bisogno incessante di misurare la propria forza. Volevo solo divertirmi ed essere libera di esplorare il mondo. Curiosa ed insofferente all’ingiustizie, non tolleravo gruppetti e modelli comportamentali. Eccola là! -mi dico- Sei fritta! Nessuna collocazione sessuale, nessuna collocazione sociale. Svelato il mistero del mio sentirmi ed essere considerata un battitore libero. O my God! Cosa ne sarà di me in questo mondo d’appartenenze? E perché mai proprio ora leggo Rousseau, Bennett-Goleman e mi ritrovo dentro ad un dipinto campestre?
Una danza pazza la mia vita che io compongo in armonie imperfette che non smettono di divertirmi e sorprendermi.

domenica 11 maggio 2008

Chissà...

Non so cosa farai, non so come la tua mente si muoverà lontano dai miei occhi.
Nessuno sguardo, nessun’altra parola tra me e la tua decisione.
Aspetto, come sempre, che la tua mossa definisca parte di me.
Un potere grande il tuo, che conosci, che eserciti, che forse non vorresti avere ma al quale, come ad una lusinga, non sai rinunciare.
Apparentemente nulla, eppure molto di più di quello che forse entrambi vorremmo, tra noi.
“Perché è così?” mi hai chiesto un giorno - casi della vita- è stata la mia risposta.
Ma sappiamo entrambi che non è mai stata la sola fatalità a guidarci. Il perché sta da un'altra parte, solo che non sapremmo disegnare le linee di questa nuvola irrequieta.
Parlavamo del tuo di potere ma c’è anche il mio ed è tutto qui, il problema. Una lotta snervante tra due teste forti, orgogliose che non sanno piegarsi.
Piccoli cedimenti e poi di nuovo le fronti si alzano e gli sguardi diventano lame, che trafiggono per difenderci.
Bambini testardi e dispettosi o adulti schierati in un confronto che non trova vincitori.
Tuttavia le ripetizione annoiano il mio animo e nuovi desideri nascono spingendomi lontano.
Menti creative le nostre, non c’è dubbio, però l’età si fa adulta e si rifiuta di concederti la disponibilità incondizionata a cui, più di ogni altra cosa, ambisci: l’adorazione alla quale sei abituato. E tu ti allarmi e poi ti inquieti e scalci, come un infante a cui è stata tolta la dolcezza di un sorriso. Ingordo e superbo mi vorresti lì, invece io, ribelle e fantasiosa, esploro preludi di altro. Le parole, ormai frammenti, sembrano spingere continuamente la barra spaziatrice, allontanando le mie domande dalle tue risposte. Eppure non mi fido di questa sensazione. Solo pochi attimi fa le mani si trovavano nel buio complice. Perché è così? lo chiedo a te, io, ora. Ed attendo la replica, poco paziente a dire il vero. E’ il tuo momento, quello decisivo forse. Ciò che farai, quanto lotterai per me, per tutto quello che sai giusto, stabilirà la mia voglia di un nuovo, complice sorriso, per te.

giovedì 8 maggio 2008

Un attimo di tregua.

Forse, per un po', sentirò il bisogno di distaccarmi da alcune dinamiche e queste parole, scritte da una donna particolare ed intensa, nella prima parte dello scorso secolo, raccontano i miei pensieri di oggi con le sue emozioni d'allora. Magia della letteratura.

" Meglio lasciare il governo e le discipline del mondo ad altri; meglio spogliarsi di ambizioni guerresche, dell'amore di potenza, e di tutte le virili ambizioni, se così si possono meglio gustare gli esaltati rapimenti che l'animo umano conosce e che si chiamano contemplazioni, solitudine, amore."

( Tratto da Orlando di Virginia Woolf)

martedì 6 maggio 2008

Riparlando della mia vanità...

Come vi avevo anticipato dopo il mio video su You Tube, e consequenziale allarme immagine, era impossibile non scrivere qualche riflessione.
Vorrei quindi aprire con voi un confronto su quanto provato e pensato.
Andiamo allora a cominciare….

Quando mi sono rivista su quel video ho percepito dentro di me due emozioni nette ed in parte contrapposte: da una parte una felicità grande ed inevitabile per aver avuto l’opportunità di parlare del mio libro in un luogo che si dirama nel mondo; dall’altra la perplessità che proprio in quella grande possibilità la mia immagine arrivasse distorta, dando a chiunque l’idea definitiva che io sia diversa da quella che in realtà sono o penso di essere.
La cosa più strana era che di ciò che avevo detto, dei contenuti insomma, non ero affatto preoccupata. Sui miei pensieri, su quanto sia capace o meno di parlare ed esprimere ciò che penso, non nutro grossi dubbi. Forse sono presuntuosa ma è così che stanno le cose. Non che pensi di essere un genio, tutt’altro, ma la mia mente e le sue funzioni mi fanno stare abbastanza tranquilla.
Dopo di ché, ovviamente, conosco i miei limiti e su quelli non smetto di lavorare.
Ben altro discorso è stato invece osservarmi, e trovarmi così diversa da quello che percepisco e credo di essere.
La cosa mi ha colpito, anche perché nelle precedenti interviste io mi sono vista io e quindi, era questa l’unica occasione in cui non mi riconoscevo. E non riconoscersi è una dimensione curiosa e nei limiti del caso destabilizzante. A poco sono servite le telefonate degli amici che piovevano a rallegrarsi con me, confermandomi che effettivamente le riprese non mi rendevano giustizia. L’allarme era ormai scattato. Non con gli amici che mi conoscono, ma con tutti coloro che in realtà non mi avevano mai vista. E così, fregandomene del consiglio di Schopenhauer che da anni mi consiglia di ignorare l’opinione altrui, ho dovuto chetare la mia lesa vanità pubblicando delle foto che, sempre secondo me, rimettessero a posto le cose.
Solo a quel punto mi sono tranquillizzata. Come quando dopo trucco, capelli a posto ed un bel vestito ti senti di nuovo tu, a posto e centrata sull’immagine che vuoi di te, che senti di te. Molto femminile ed insicura come dimensione? Forse, ma così è e non ha senso raccontare balle. La cosa però mi ha fatto riflettere. Per tutta la vita ho dato spazio ed importanza ad altre cose, alla sostanza si potrebbe dire e poi, alla prima occasione in cui l’aspetto non mi soddisfa inizio a starnazzare come un oca. Bel traguardo!!! Enorme coerenza!

Ma la verità non era solo questa. Esiste, è evidente, una dimensione più profonda su cui era il caso di tornare a ragionare.
Vedermi ha sdoppiato la percezione che ho di me, in modo forte, imprevedibile.
E’ successo ora, e non è un caso. Ora che una sfilza di sogni realizzati mi ha catapultato indietro di vent’anni, ad un’età che scaldava i bozzoli di quelle che all’epoca erano solo speranze. Ecco il punto: è come se dentro di me il nastro si fosse riavvolto ed io mi fossi ritrovata a quel lontano striscia di partenza. Realizzare i sogni mi ha consentito di riprendere quella parte di me ed ora è quella ragazza che si è scatenata nella donna che sono. Una donna adulta che parla, si muove, agisce con l’entusiasmo di una ventenne che crede che tutto è veramente possibile, oggi come allora. E’ qui lo sdoppiamento. Insomma, un conto è arrivare a certe conquiste quando si è giovanissimi, e perciò pensi, in linea con i tempi. Ben altra cosa, arrivare alla libertà che alcuni obbiettivi ti donano quando sei più grande e credi che ormai certe occasioni siano andate. Tutto acquista un’atmosfera strana. Fuori hai quarant’anni ma, dentro di te, la giovincella ha ripreso vigore ed è come se ti trovassi fuori asse.
Ieri però, dopo quasi due mesi, ho voluto riguardare l’intervista incriminata e lo sapete come è andata a finire? E’ andata a finire che più mi guardavo è più mi trovavo simpatica proprio per quella mobilità tra le due me che si miscelavano ed alternavano senza sosta. Sarà mica questa un’altra bella conquista? Accettarsi con annesse buffe contraddizioni?
Aspetto i vostri commenti e, se vorrete, le vostre esperienze.

domenica 4 maggio 2008

Quando il gioco si fa duro....

Sono sopravvissuta. Due mesi lavorativi sull’orlo della follia mi hanno prostrato i nervi ma, la filosofia non è aria fritta e la mia decisione di mantenere un basso profilo Zen si è rivelata la giusta direzione.
Dopo tanti mesi passati nel recupero dei miei ritmi, nella solitudine delle mie mattine, nella ricerca interiore dei miei scritti, catapultarmi in una situazione lavorativa così intensa e difficile è stato come accettare di provare un triplo salto mortale. Ma oplà! Ce l’ho fatta, in tutti i sensi.
Mi sento come se avessi attraversato tutti i possibili trabocchetti al cardiopalma della Casa dell’Orrore di un Luna Park. Ma la consapevolezza di aver tenuto botta mi gratifica oltre ogni logica.
Questa è stata una prova a cui, in qualche modo, il destino mi ha costretto ma alla quale ho risposto colpo su colpo, forte di una consapevolezza nuova, maturata grazie al lungo periodo che mi ha visto lontana dal mondo del lavoro.

Sette mesi e ti trasformi.
Sembrava un dispetto, quasi una disfatta ed invece ancora una volta l’impressione capovolge la sostanza.
Il potere è lontano e tu recuperi centralità.
La natura con i suoi ritmi, con i tuoi ritmi riacquista spazio dentro di te.
Quanto tempo era che non passeggiavi nel sole di un mercoledì mattina?
O cantavi nella pioggia di un venerdì affogato nel traffico solo per gli altri?
Pensavi fosse una piccolissima vacanza ed invece si trasforma in un lungo cammino in nuove parti di te.
Alzarsi la mattina e potersi domandare: “ Che cosa voglio fare oggi?” è un privilegio grande che non avevi ben valutato. E lo puoi fare, un giorno dopo l’altro, mese dopo mese. E questo inevitabilmente affina la percezione delle tue priorità, un’altra volta. Le pause, è evidente non puoi schivarle. Il destino te l’impone e devi assecondarle, sono la tua scuola e quanto impari. Ma questa volta era tempo, e solo tuo. Se ti volgi e guardi ti sembra un regalo inestimabile. Quanto te ne avevano rubato? Quanto, generosamente, ne avevi regalato? Ed è l’ennesima volta che chi voleva sottrarre ti regala e non lo sa, ma tu si e questa rimette al centro l’ago della bilancia.
Il riposo di un letargo nel caldo della tua tana ma non hai dormito, ti sei rigenerata.
Come un albero hai lasciato cadere le foglie, quelle morte, una ad una e con i rami spogli hai atteso.
Nel silenzio del tuo bosco, sotto gocce amiche hai pulito la tua anima dall’inquinamento dell’inutilità. Che meravigliosa emozione!
La corteccia era vecchia e tu l’hai staccata. Sole, vento, aria, pioggia, hai respirato, assorbito ogni elemento. Con gioia, con attenzione, forgiando corteccia nuova.
La mente ora è nuda, e libera. Fresca. Le smanie velenose le guardi sorridendo. Sei oltre e non puoi tornare indietro. Ma devi avere pazienza, la storia si sta svolgendo e tu devi stare al passo.
E’ primavera e le foglie stanno germogliando come le novità che da tanto stavi aspettando.


venerdì 2 maggio 2008

Saturnali, Seneca e la consapevolezza

Entri in una stanza e ti basta un’occhiata per capire che nell’aria circolano ormoni, troppi.
Uomini e donne e birra ed aria rarefatta, almeno per te.
La tua fantasia é scatenata e ti gioca brutti scherzi ma, dentro quella piccola stanza, il tempo indietreggia.
I secoli passano mentre gli uomini sono sempre gli stessi e tu incredula stai assistendo ad un baccanale.
Donne ed uomini, vestiti d’anni duemila eppure così simili ai romani dell’età imperiale.
Parlano e ridono e si confermano di esistere, di esserci, di essere.
L’immagine è grottesca ma il poter di questo passo indietro della storia ti ammalia. Seduti vicini, uno sopra alle gambe dell’altro, vestiti ma nudi sotto le mani che impavide e meschine vorrebbero nascondere intenzioni esplicite. Il potere è nell’aria insieme agli ormoni e non sai quale dei due eccita di più le menti.
Allontani i suoni. Vedi bocche spalancarsi in sorrisi insensati che rispondono disponibili a sguardi vogliosi.
Se fossero i loro predecessori le tuniche scenderebbero a scoprire i corpi e l’alloro crollerebbe dalle teste, mentre il sesso diverrebbe esplicito. Non ne sei sicura ma, prima di entrare in quella stanza, eri certa di non trovarti in una villa patrizia durante il festeggiamento dei Saturnali.
Tuttavia l’eccitazione della festa libera gli animi: gli schiavi si sento padroni ed il re serve il banchetto e tutti possono dire e compiacersi e festeggiare
nell’illusione breve di una notte.
Eppure non riesci a nascondere un’intima ilarità ricordando le parole di Seneca:
“Tutti quelli che la fortuna portò alla ribalta, tutti coloro che erano stati membra e parte integrante della potenza di un altro, di tutti costoro fiorì la popolarità e la casa fu gremita di gente, finché essi si mantennero saldamente sulla cresta dell’onda. Quando sparirono, il loro ricordo svanì in breve tempo. Ma il prestigio degli uomini d’ingegno cresce continuamente e non solo si tributa omaggio alla loro persona, ma si trova accoglienza anche a tutto ciò che è legato alla loro memoria.”
Forse la storia vive nel nostro dna ma non nella nostra consapevolezza.