Un pò di me e la mia intervista con Maurizio Costanzo e più in giù in nuovi post

giovedì 28 febbraio 2008

Fine settimana con sorriso.

"Babbo che ne sarà di me?"
" Intanto sei giovine. Poi farai l'emarginato ed il disoccupato.
Poi decidi o meridionale o donna."

Altan


" Si mi ricordo delle candele... mi ricordo che feci l'amore, ma chissà perchè non mi ricordo di te...A meno che tu non fossi quella sotto di me."

Woody Allen

martedì 26 febbraio 2008

Profumi

Estate del 1974. Campagna della Lucchesia.
Ho otto anni e potendo scegliere me ne andrei al mare ma non posso, e mi adeguo.
La nostra casa è in cima ad una collina, ha le finestre piccole con le persiane verdi. Sembra la casa di Biancaneve ma continuo a preferire il mare.
Per fortuna non molto distante dalla nostra abitazione ci sono i miei cugini.
Questa estate e le altre due che trascorrerò in questo luogo saranno tra le più belle della mia vita ma ancora non lo so.
Io e mio cugino siamo cresciuti insieme, lui ha i capelli color paglia io, purtroppo, due terribili ciucci. Entrambi, abbiamo ai piedi i sandali con gli occhioni e le gambe perennemente coperte di graffi e lividi. Condividiamo tutto: siamo due pesti vivacissime e insieme siamo capaci di grandi imprese: la campagna lucchese in un attimo è il nostro regno. Le macchine sono poche e noi ci muoviamo liberi con le nostre bici. Sarà anche per questo che ogni sorgere del giorno apre i nostri sorrisi verso la confabulazione di nuove avventure.
La mattina inizia spesso con una nostra visita alla casetta delle galline: loro scappano brontolando ma noi siamo incantati da quel piccolo rito: prese le uova uno dei nostri genitori ci preparerà certamente un buon zabaione.
Pieni di ulteriori energie esploriamo luoghi, inseguamo piccoli animali, inventiamo storie che ci vedono fantasiosi protagonisti. Fa caldo, ed il canto ininterrotto delle cicale e dei grilli non fa che aumentarne la percezione. Fortunatamente vicino alla sua casa scorre un piccolo torrente, è pigro ma fresco ed è lì che ci sediamo ad aspettare che, dopo tanto corre, le nostre tempie smettano di pulsare ed il sudore si assorba nelle nostre magliette. Indolenti, nell’attesa, tiriamo pietre ed osserviamo invidiosi i loro tuffi, ascoltiamo il rumore dell’acqua e speriamo che qualcuno prima o poi si decida a portarci al mare.
Poi un suono noto: è il Sig Carlo che, sobbalzando sui viottoli polverosi con il suo furgoncino del pane, si annuncia a tutta la corte. Ingolositi dal suo arrivo ritroviamo l’entusiasmo e corriamo urlando dalle nostre madri. Prendiamo le ordinazioni del giorno e, con i soldini che avanzano, ci spartiamo un ottimo pezzo di soffice pizza bianca.
Il sole scotta e ci ritiriamo a mangiarla sotto al grande sambuco del corte. L’odore della campagna è intenso: l’erba, le spighe di grano, l’odore degli animali che gironzolano tranquilli, la polvere stessa incorniceranno per sempre i miei ricordi olfattivi di quel tempo. Una grande e vecchissima fontana a leva ci permette allegri giochi d’acqua nel sospiro fiducioso di ben altri bagni. Intanto il sole comincia a ritirare i suoi raggi e noi attendiamo l’arrivo del carrettino del gelato. Il suo scampanellio, in fondo alla strada, porta subito aria di festa. Ci tratteniamo indecisi di fronte ai vari gusti e poi, dopo una difficile scelta, soddisfatti ci appartiamo a gustarne il sapore. Cala la notte e l’immenso campo di gran turco, davanti alla corte, ci regala l’ultima emozione della giornata: migliaia di lucciole danzano davanti ai nostri occhi e noi le inseguiamo per scoprirne la magia.
Il mare è sempre lì, dietro alle colline, e prima o poi qualcuno si deciderà a portarci da lui. Ma quella campagna ed i suoi profumi, sono l’immediato ricordo a cui torna la mia mente ogni qual volta la parola estate viene pronunciata.

domenica 24 febbraio 2008

Interni di un ufficio3

Nell’ultima puntata di “Interni di un ufficio” vi avevo parlato di “Amore”. Vi avevo raccontato di lei e vi avevo lasciato con un dilemma che mi solletica pensieri: chi di noi ( tra me ed Amore) ha ragione?
Ossia, per questo pazzo mondo, nel quale i parametri della sensatezza hanno preso una via solitaria, io mi chiedo se non abbia ragione lei, questa donna di età ormai matura ma di inndubbia bellezza che, in una pianificazione da grande stratega, si muove come un felino in cerca di preda, portando a casa successi e denari.
Io, invece, che sono la sua antitesi, mi rifiuto di cinguettare in giro ma, inevitabilmente, fatico il triplo e non porto a casa, con la stessa facilità, soldi e potere. Ed allora ogni tanto mi chiedo: ma questa mia ribellione ,superba, ai metodi gattoni ha un reale senso o serve soltanto a complicarmi la vita?
Non lo so, a volte ho dei dubbi e per questo motivo ogni volta che incorro in “Amore” od un suo clone io subisco una sorta di ammaliamento. Non le sopporto ma in qualche modo le invidio. Contraddittorio? Lo so, ma così è.
Io invidio questi soggetti perché per quanto impossibili sanno circuire, affascinare, sgomitare, azzannare, mantenendo nella forma il candore di rispettose bambine, ottenendo isultati impensabili.
Durante una riunione importante Amore è capace di alzarsi e prendere una sedia per l’ultimo arrivato, prodigarsi per far arrivare un bicchiere d’acqua ed infine portare i caffe a tutti i presenti, per poi sedersi composta, con lo sguardo ossequioso, dimostrando una accondiscendenza totale verso il mega capo di turno. Nella sua casa ha uno stuolo di domestici ma è proprio questo il punto che la rende vincente ed irresistibile: sembra umile e disponibile quando potrebbe non esserlo. Mentre noi, plebaglia supponente, insofferentemente sbuffiamo.
Vi assicuro, più l’osservo e più Amore diviene per me mito e faro e quando l’incontro mi viene voglia di prendere appunti.
Anche perché ,vogliamo parlare dell’effetto che ha sugli uomini? Un fenomeno! Immaginate il fascino che esercita su di me alla centesima potenza. Li stende tutti, tenendoli in pugno. Loro la usano ma lei contra cambia con affetto. Ed arriva a meta. Vuoi mettere!
Io non m’inchino ma mi ribello, do voce ai miei pensieri e vado ligia per la mia strada ed inevitabilmente mi faccio il solito ed ovvio mazzo così. Credo che non ci siamo, devo rivedere la tecnica e sto pensando di chiedere ad Amore delle ripetizioni individuali, anche a pagamento o sotto forma di favori lavorativi. E si, perché lei, al di là di ciò che sembra, non fa niente per niente. Ma inizio a credere che abbia ragione lei: il mazzo si può anche fare ma l’obiettivo deve essere di livello e soprattutto raggiunto. Amore tra qualche anno si ritirerà nel mega attico di proprietà, a godersi i privilegi per cui ha abilmente lavorato, con un sostanzioso conto in banca ed un uomo sulla settantina potente ma sessualmente inoffensivo e se la spasserà. Mentre io, se continuo così, ribelle battitore libero, mi ritroverò con ancora una ventina di anni di muto da smaltire, una pensione incerta e misera, nella mia casetta ancora vincolata dal sopracitato mutuo, con un marito ancora giovane ed arzillo che magari, stufo di me e del mutuo, scapperà con una ventenne di dubbio gusto e mio figlio, stranito per tutto ciò, che mi riterrà un fallimento. Ah, dimenticavo… anche i miei libri, senza delle pubbliche relazioni costruite con amorevole astuzia, non avranno venduto i milioni di copie sognate.
No, credo che chiederò udienza ad Amore. Altro che Seneca, qui, in questo mondo sottosopra la filosofia di vita ha ben altri maestri.


E come sempre vi ricordo che non ci sono riferimenti a persone esistenti o fatti realmente accaduti ma solo un po' di fantasia.
Alla prossima puntata
.

giovedì 21 febbraio 2008

Purificarsi

Oggi ho colto la mia prima viola.
Esile e bellissima.
Avevo bisogno di lei oggi, avevo bisogno di passeggiare nel mio bosco.
Ogni donna ha un bosco in cui tornare, dove ritirarsi quando l’umore si fa cupo.
Può essere un luogo, un angolo della mente, un momento di estraneazione.
Io sono fortunata, il mio è un bosco vero: alberi, cespugli, piante di tutti i tipi e fiori che sbocciano precoci, se sai vederli.
Avevo voglia di natura oggi. La natura sa ripulire la mia mente.
Mi lava quando un certo tipo di esseri umani si sforza d’inquinarmi con le sue melmosità.
Passeggiare tra le foglie, ascoltarne il silenzio placa la mia rabbia, il mio sentirmi dissonante nei confronti dei miei simili che non sono simili a me.
Nel mio piccolo bosco oltre che molti pennuti gironzola un re incontrastato, un piccolo cane, si chiama Fox. Qualcuno lo ha abbandonato ma in molti l’abbiamo adottato. E’ uno spirito libero ed allegro e questo mi fa sentire affine a lui. Non vuole tornare ad una vita domestica che evidentemente lo ha deluso, preferisce star lì, padrone incontrastato di quell’grande spazio, con tanti amici che lo curano ma che poi se ne vanno e non pretendono un amore incondizionato solo per un po’ di pappa in scatola.
Gli voglio bene e lui ne vuole a me, ed a mio figlio. E questo m’intenerisce.
Sente il mio arrivo, mi corre incontro, prende subito un bastoncino e mi invita a giocare.
E questo mi fa ridere, riconsegnandomi un immediato senso di leggerezza.
Oggi non c’era, ogni tanto si concede delle sortite avventurose di cui nessuno conosce la meta.
Allora ho passeggiato da sola ed ho visto le viole.
Mi sono inchinata a coglierne alcune.
In questo gesto una ritualità rigenerante. Cogliere fiori mi riporta lontano, ad affetti insostituibili, ad una innocenza spensierata a cui amo tornare. Allora credevo che tutto fosse così: incantato.
Impossibile pensarlo ancora, ma la natura con i suoi cicli, con il suo morire e rinascere rimette tutto in equilibrio, senza superbia, soltanto mostrando la sua meraviglia mi spiega qual è l’unico elemento a cui a senso inchinarsi.

martedì 19 febbraio 2008

Interni di un ufficio 2

“Amore” è un personaggio che non lavora nel mio ufficio, ci transita. Così come fanno tante altre persone; il mio ufficio è un porto di mare ed il numero delle persone con cui ci relazioniamo è veramente impressionante. “ Amore” è una delle tante ma mi affascina più di altre.
La chiamo così perché lei, non ricordando i nomi di chi incontra, per non sbagliarsi apostrofa tutti nello stesso modo: “ Amore ciao! - Amore come stai?- Amore ci vediamo presto” e così via.
Tempo fa ho partecipato ad una conferenza stampa, non per lavoro ma per vicinanaza affettiva nei confronti della persona che l’aveva indetta. Arrivo stranamente in anticipo ma soltanto perché avevano rimandato l’inizio. Approfitto per starmene un po’ al sole ed intanto osservo.
In parte le facce di sempre, in parte volti nuovi all’arrembaggio. Sbircio un po’ qua ed un po’ là. Stesse dinamiche, stesse moine, stesse frasi fatte coperte di subdola meschinità. Saluti e baci ed avanti tra la folla. Si apre un piccolo varco: è arrivata “ Amore” con amica dello stesso stampo al seguito. Sparge sorrisi e saluti neanche fosse un vip, ma lo è, in qualche modo, almeno in questo mio strano mondo lavorativo. Un conoscente mi chiama e lo raggiungo. Amore ci vede e si avvicina. “ Amore ciao, come stai?” Abbozzo un sorriso indifferente con risposta ovvia, ma lei neanche mi ascolta, ha voglia di farmi conoscere i suoi ultimi impegni, la fatica di “ livello” della sua giornata. "Deve fare questo e quello, il mega top capo mi ha detto di occuparmi di un evento importantissimo e tu non puoi capire che giornata e quelle che verranno, un inferno!” E lo dice passandosi una mano sul viso, ma sotto il suo palmo io intravedo il solito sorriso di compiaciuta soddisfazione. E’ una donna in carriera, lanciata nel bel mondo e fa di tutto perché chiunque lo sappia.
La guardo allontanarsi lanciata nell’ennesimo “Amoreee!” scuoto la testa ma è più forte di me: non posso fare a meno di studiare il fenomeno che rappresenta.
Inizia la conferenza stampa e, non volendo, lei è seduta proprio davanti a me, con la sua amica, posso osservarla senza che se ne accorga e ne approfitto.
Anche da seduta, mentre chi di dover fa il suo discorso, lei continua a guardarsi intorno, saluta, sorride, parla a distanza, in pratica non ha pace, è sempre a lavoro; pubbliche relazioni sosterebbe, se qualcuno glie lo chiedesse. Ma non è così, non può fare a meno di quel plauso indiretto ed auto riferito che le viene dall’essere sempre presente a tutto, conosciuta da tutti, sempre, come dire, sul pezzo e quindi personaggio di seconda fila ma con agganci importanti: una fatica pazzesca, eppure…
Guardo lei e la sua amica: stesso taglio di capelli, stessi sorrisi ammiccanti , stesse modalità comportamentali: due iene mielose ed artificiosamente accattivanti. Sempre perfette, con la casa giusta, il vestito giusto, il marito giusto e l’amante ancora più giusto ma misurate, mai sopra le righe, quasi normali, in realtà snobbisime. Non c’è niente da fare sono due maestre da cui, se fossi un po’ più dritta, avrei molto da imparare. Altro che quelle due becere ed ormai avvizzite iene del mio ufficio. Amore e la sua amica sono di ben altro livello nonostante l'età non più giovanissima. Immagino le conversazioni tra loro: si scambieranno confidenze, anche intime, saranno complici nelle loro storie clandestine, si spalleggeranno nell’affrontare le inevitabili beghe lavorative senza però farsi grossi scrupoli. Due vere artiste di queste assurdo mondo. Mi chiedo che di noi abbia ragione, ma la risposta a cui giungo ve la dirò nel prossimo post di “ Interni di un ufficio.”
Intanto vi chiedo: quante donne come "Amore" avete inocntrato nella vostra vita?
Parte un sondaggio.

lunedì 18 febbraio 2008

Raccontare, per non dimenticare.

Invito tutti gli amici del blog a leggere qui il post di bastian contrario " Histoire d'X: come eravamo..." Io ho parlato d'impegno generazionale, lei vi racconterà la vita che era ma che, inevitabilmente, per molte donne significa ancora dolore con cui convivere. Non sentitevi salve, a volte non è poi così difficile tornare indietro.

sabato 16 febbraio 2008

( IL)legalità degli italiani.

Vado dicendo ormai da tempo che il problema vero dell’Italia non è una classe politica inadeguata ma i suoi cittadini, che tra l’altro la votano.
Ne volete un esempio?

Io vivo in un comprensorio di palazzine antiche all’interno di un bel parco condominiale. Sono costruzioni di tre o quattro piani, con accessi esterni ad alcuni piccoli ambienti di uso comune o privato. Il contesto insomma e molto carino ed appetibile, considerando, tra l’altro, che siamo a ridosso del centro di Roma.

Sotto la mia palazzina, una cinquantina d’anni fa, un inquilino aprì abusivamente un’entrata alla sua cantina. Fece le cose per bene ma senza alcun permesso: scalette, corrimano, e portoncino di legno. Nel tempo quello che era uno scantinato divenne senza alcuna licenza una piccola falegnameria. Passarono gli anni e l’uomo morì, il figlio prese allora le redini della piccola azienda. Disgrazia volle che anche il figlio si ammalò e dopo poco tempo morì a sua volta.
Nessuno della famiglia poteva continuare l’attività e questa falegnameria abusiva venne chiusa, tornando al suo iniziale uso: cantina.

Ieri sera dei miei coinquilini mi hanno avvisato che degli affittuari di un'altra palazzina hanno provato ad entrare in quel vecchio scantinato per occuparlo. Apriti cielo, nell’indignazione generale si è preso un veloce quanto inopportuna ed arbitraria decisione: coprire con della terra l’accesso allo scantinato. Nulla di legale, anche se il fine era impedire un’ulteriore illegalità su vecchie illegalità.

Questa mattina di buon ora quindi, due uomini di mezza età si sono messi all’opera ed hanno iniziato a smantellare balaustre, corrimano e cemento in attesa che il camioncino con la terra arrivasse a colmare quel passaggio abusivo.
Ma colpo di scena: l’affittuaria dell’altra palazzina, presunta possibile nuova occupante illegale dello scantinato, avvisata da una complice che abita nella palazzina accanto alla nostra, è venuta a vedere quello che stava accadendo e, spaventata dall’inaspettato impedimento ai suoi illeciti piani, che fa: chiama i vigili urbani!!!!

I quali arrivano, con solerzia ed aria circospetta, in quel momento i due uomini si erano allontanati ed allora i vigili si guardano intorno, fanno domande a chi vedono passare, cercano di capire e poi, vedendo penzolare una prolunga dalla finestra risalgono agli autori del misfatto. Bellissimo!!! Sembrava una scena dei “ Soliti ignoti”.
La presunta occupante spia da una distanza di sicurezza lo svolgersi dei fatti, i due uomini cercano di spiegare la giusta causa per cui si stanno prodigando ed i vigili stendo un verbale, imponendo ai due di ripristinare l’entrata.

La donna si allontana soddisfatta, gli uomini si metto a lavoro ed i vigili lasciando un recapito telefonico si raccomandano di avvisarli qualora qualcuno tentasse di entrare nello scantinato.

Io ho assistito a questa sceneggiata affacciata alla finestra, come si vede fare nei film degli anni cinquanta e sessanta. Diciamo che a mia volta facevo parte del quadretto.
Un cortometraggio di neorealismo bello e buono.

Quando tutto sembra aver ritrovato una sua pacatezza mi ritiro, chiudo la finestra e penso che soltanto in Italia una persona che vuole fare un’azione illegale può chiamare i vigili urbani per impedire che qualcun altro illegalmente gli impedisca di portare a termine il suo losco piano.

E’ proprio come dice Rosy, la proprietaria del bar dove prendo il caffè, mio faro di saggezza popolare: in Italia tutti vogliono la Legge ma, nessuno a casa sua.
Per questo credo che poi nel paese in cui tutti fanno come gli pare alla fine ci stanno bene in tanti.

mercoledì 13 febbraio 2008

Amiche mie, attenzione!!!

Penso ormai da molto tempo che la mia generazione, quella dei nati negli anni sessanta, sia una generazione particolare e per alcuni versi un po’ debosciata. Non è tutta colpa nostra ovviamente.
Siamo i figli del boom, ma soprattutto siamo forse la prima generazione che si è ritrovata la “ pappa pronta”. Se torno ai miei anni scolasti non ricordo momenti di grandi battaglie. Negli anni settanta eravamo troppo piccoli e negli ottanta, quando iniziavamo a guardarci intorno eravamo in piena epoca Craxiana, opulenza, bagordi e ministri che andavano in discoteca, proprio come noi: i figli, oltre che del boon, della disco music.
Tutto questo preambolo per dire che né io né i miei coetanei abbiamo dovuto combattere per affermare un diritto. Le grosse conquiste sociali: studio, lavoro, diritto al voto, divorzio ed aborto erano già state conquistati da altri, dai nostri nonni e dai nostri genitori. Sarà per questo che siamo la generazione dei Peter Pan e delle quarantenni di plastica: non sappiamo cosa voglia dire soffrire per un diritto od una aspirazione negata. Per noi era già tutto lì, servito su un piatto d’argento e che fosse costato lacrime e sangue questo, i nostri genitori, magari ce l’hanno pure risparmiato. Così per non renderci la vita amara. E noi eccoci qui, beati fanciulli che stentano a stare dentro la vita reale e per questo la sfuggono, correndo veloci verso una realtà che non esiste ma che è APPARENTEMENTE molto poco impegnativa. Poi, che sia una vita vuota e scema che percorre distese sconfinate di malinconica ed arida solitudine è un altro discorso e l’affronterò in un altro post. Oggi voglio richiamare la vostra attenzione su un diritto importantissimo che la nostra ben amata classe dirigente, per lo più fatta di uomini, affiancata ad una rinvigorita chiesa stanno cercando in tutti i modi, anche quelli più subdoli, di minare: il diritto delle donne di usufruire della LEGGE 194.
La mia stanza del te è un luogo dove i toni sono volutamente pacati, dove, se posso, evito di far entrare la politica e le sue distorsioni, perché ho scelto di fare di questo luogo uno spazio rilassante, ma ci sono delle cose a cui non posso evitare di dare spazio.
Non posso pensare che gli uomini decidano su un problema così intimo, così femminile. Gli uomini che magari a parole difendo la vita e poi scatenano le guerre. NON LASCIAMO che gli uomini parlino, a noi che la GENERIAMO, di vita.

Il mio è un appello a tutte le donne ed a tutti gli uomini. La LEGGE 194 è stata una conquista civile che ha permesso alle donne di evitare le aberrazioni morali e fisiche degli aborti clandestini. E’ stata una conquista civile poiché ha permesso al nostro paese di gestire in modo etico un problema morale e psicologico a cui NESSUNA DONNA si accosta facilmente.
Io ho quarant’anni e non ho combattuto per questo diritto, lo hanno fatto tutte le donne più grandi di me, quelle che magari hanno sentito e vissuto sulla propria pelle cosa vuol dire abortire di nascosto e farlo tra le mani di persone incapaci e pericolose. Io oggi posso usufruire di questo diritto ma questo diritto non è acquisito per sempre e gli ultimi fatti di cronaca ce lo dimostrano.
Allora amiche mie, TENETE SEMPRE PRESENTE che le donne sono una sorta di minoranza etnica che deve SEMPRE tenere allertati i propri sensi ed essere pronta a combattere e rispondere agli attacchi che il mondo continua a sferrargli. Forse molte di noi si sentono chiamate fuori da questo problema ma NON è COSI’, ci sono le nostre figlie, le nostre nipoti che potrebbero vivere gli stessi drammi e credo che questo sia il momento di dimostrare che anche noi, donne degli anni sessanta non siamo così sceme da pensare solo a tette e rughe ma sappiamo comprendere e combattere per gli aspetti ed i diritti veramente importanti della nostra vita e delle vite future. NESSUN DIRITTO E’ MAI ACQUISITO DEFINITIVAMENTE, IN QUALUNQUE MOMENTO PUO’ ESSERE RIMESSO IN DISCUSSIONE, PROPRIO COME STA ACCADENDO IN QUESTO MOMENTO DI GRANDE CONFUSIONE. E si perché nella grande confusione si è distratti e qualcuno ruba, che sia un portafoglio od un diritto poco importa.

Confido in tutte voi.

martedì 12 febbraio 2008

Premio D eci e Lode

Premio D eci e lode

Che cos'è?


"D eci e lode" è un premio, un certificato, un attestato di stima e gradimento per ciò che il premiato propone.

Come si assegna?

Chi ne ha ricevuto uno può assegnarne quanti ne vuole, ogni volta che vuole, come simbolo di stima a chiunque apprezzi in maniera particolare, con qualsiasi motivazione (è o non è abbastanza elastico e libero?!) sempre che il destinatario, colui o colei che assegna il premio o la motivazione non denotino valori negativi come l'istigazione al razzismo, alla violenza, alla pedofilia e cosacce del genere dalle quali il "Premio D eci e lode" si dissocia e con le quali non ha e non vuole mai avere niente a che fare.

Le regole:

  1. Esporre il logo del "Premio D eci e lode", che è il premio stesso, con la motivazione per cui lo si è ricevuto. E' un riconoscimento che indica il gradimento di una persona amica, per cui è di valore (sotto c'è il pratico "copia e incolla");


  2. Linkare il blog di chi ha assegnato il premio come doveroso ringraziamento;


  3. Lasciare un link alla pagina originale;


  4. Inserire il regolamento;


  5. Premiare almeno 1 blog aggiungendo la motivazione.

Queste regole sono obbligatorie soltanto la prima volta che si riceve il premio per permettere la sua diffusione, ricevendone più di uno non è necessario ripetere le procedure ogni volta, a meno che si desideri farlo. Ci si può limitare ad accantonare i propri premi in bacheca per mostrarli e potersi vantare di quanti se ne siano conquistati.

Si ricorda che chi è stato già premiato una volta può assegnare tutti i "Premio D eci e lode" che vuole e quando vuole ( a parte il primo), anche a distanza di tempo, per sempre. Basterà dichiarare il blog a cui lo si vuole assegnare e la motivazione. Oltre che, naturalmente, mettere a disposizione il necessario link in caso che il destinatario non sia ancora stato premiato prima.

Pertanto ringrazio Polle che mi ha onorato di questo premio motivandolo così:
Nomino Maria Cristina: perché nella sua Stanza del Té mi rilasso, scopro mondi nuovi e viaggio con lei.

Adesso perciò passiamo alle mie nominations:

Polle: perchè i suoi racconti del Pirata della Camelia mi fanno sognare mari da conquistare ed uomini che nei nostri orizzonti raramente riusciamo a scorgere. Ed ora non ti montare la testa;

Marina: perchè i suoi post sono un libro aperto che ogni giorno nutre la mia voglia di sapere.

Mat: perchè scrive ciò che vive senza fingere ed in questa epoca d'immagini illusorie mi sembra un gran merito.

domenica 10 febbraio 2008

Interni di un ufficio

Come sempre premetto che: la storia non ha riferimenti a personaggi o fatti realmente accaduti ma è unicamente frutto della mia fantasia.


Mega cena di lavoro, saranno presenti personalità ed interi staff, organizza: il mio capo.
Le riunioni si accavallano con l’approssimarsi della data, vengono distribuite i compiti ed ognuno di noi avrà il suo bel da fare ed ovviamente per la cena siamo tutti a disposizione.
Le segreterie dei capi in linea di massima sono dei piccoli harem: più è potente il capo e più il suo harem sarà grande. Come accadrebbe nella vita, se la nostra società lo prevedesse. E’ così, fateci caso.
E noi siamo tantine. Le due iene ( una bionda ed una bruna, come a San Remo con l’unica eccezione data dall’età ormai matura delle due, per il resto, le due si scannerebbero vive per un attimo di ribalta in più. Nulla di nuovo insomma) e noi, le più basse in grado, in tutto quasi dieci persone più alcuni uomini che in linea di massima se ne fregano delle nostre beghe ma che io comunque non invidio. Anche per loro, in mezzo a tutte queste donne, le giornate non sono mai facili. Ma loro sono più furbi: si coalizzano e spalleggiano.
Regolatevi voi.
Insomma la cena si avvicina e le due iene iniziano ad entrare in fibrillazione. Le più giovani pungolate dalle super top e pressate dall’inesperienza sentono crescere l’ansia ed io e Vittoria, le mezze veterane, cerchiamo di tenere botta. Tutto già visto, decine di volte, non mi agito più anzi, per lo più sbadiglio. Siamo pronte a respingere gli spruzzi di veleno ed i ringhi diabolici delle due super top della segreteria.
Arriva il gran giorno, appuntamento nel mega albergo che ci ospiterà. L’abbigliamento scelto con cura, l’abito non farà il monaco ma magari riuscirà a far schiattare d’invidia una delle due iene. Vuoi mettere!? Un ghigno di rabbia varrà pure qualcosa.
Sembriamo delle body gard, tutte provviste di cellulare, piantina alla mano e continue perlustrazioni nelle sale. Neanche dovessimo scovare una bomba.
Arriva il Capo, sciamiamo come api intorno al miele: è una passerella, ognuna cerca di sembrare più efficiente di quello che è. Da San Remo mi sento proiettata a Miss Italia. Quando arriveranno gli ospiti infatti, oltre che efficienti dovremmo essere sorridenti ed affabili. Mi chiedo se, quando saranno tutti seduti, inizieranno a tirar su la paletta dandoci i voti. Ma è una mia allucinazione, la scaccio via e trotterello in qua ed in là.
Le due iene si contendono la gestione dei tavoli più importanti e sono quindi schierate come Caronte nei corridoi principali. Noi siamo relegate ai tavoli di secondo piano e le novizie a quelli vicino ai bagni. Sembra assurdo ma la gerarchia è gerarchia, anche sulla gestione dei tavoli.
Alla cosiddetta spicciolata iniziano ad arrivare gli ospiti i quali, poveracci, non conoscendo le alienazioni della nostra gerarchia e si rivolgono alla prima di noi che incontrano.
Le iene ci lanciano occhiate di fuoco, gli ospiti più importanti sono affar loro e guai a togliergli questo onore. Sarà che non me ne frega niente, sarà che sono un tipo sorridente ma uno dei vip mi punta e si dirige dritto dritto verso di me. Gli sorrido affabile, pronta ad indicargli il tavolo ed una delle due iene, ma non faccio in tempo, la iena nera super top è già alle mie spalle e, neanche fosse dotata di poteri da super eroe, allungando un braccio a dismisura l’afferra quasi strattonandolo, per sottrarlo a me.
Il vip un po’ interdetto mi guarda imbarazzato:” Mi scusi, è così carina che l’avevo scambiata per una hostess addetta alla cena.”
“ Non si preoccupi, la signora è ha sua completa disposizione.” E li guardo allontanarsi ridendo.
Lui è decisamente deluso, la iena fa il fumo dalle orecchie perché in una botta sola non è stata reputata tanto carina da sembrare un hostess ma quello il ruolo in cui da sola e nonostante l’ambizione si è auto relegata. e tanto per fare una cosa nuova mi chiedo il senso di questo sgomitare. Possibile che a cinquant’anni suonati è ancora convinta che sia un privilegio accompagnare gli ospiti ai tavoli? E’ proprio vero che la rivalità femminile non conosce confini ed è la peggiore nemica delle donne.
Contenta lei.

mercoledì 6 febbraio 2008

Parole

Ma qual è il senso di tante parole, dette così, gettate nell’aria come manciate di sale.
Forse è proprio questo: gettare sale. In un rito scaramantico che scacci la paura del silenzio, di un’assenza di rumori. Gettare parole come sale, con la speranza che le feriti si disinfettino e guariscano.
Mi muovo intorno ai miei simili ed ascolto frammenti di dialoghi.
Parole, affermazioni, incoraggiamenti, risposte, osservazioni date senza alcuna empatia emotiva. Nebulizzate da bocche incapaci di attingere alle profondità dell’anima. La propria e quella altrui.
Parole appunto, nulla di più. Ed allora perché le cerchiamo? Perché le diciamo?
Se mi estraneo ne vedo tutta l’inutilità.
La sento dentro di me, la vedo nell’espressione di chi mi è accanto.
Anche qui, nel mondo dei blog, spesso si parla, si partecipa, senza dire.
Commenti veloci, frasi ad effetto ed una voglia, quella si profonda, di non entrare veramente in nulla.
Evanescente tutto questo parlare.
E poi quando i suoni si spengono e noi siamo soli, quante di queste parole ascoltate sono rimaste dentro di noi. Quante di esse riescono a lenire un dolore, a cullare un’emozione, a spronarci in un’azione.
E soprattutto, quante di esse riemergeranno dopo avere fatto la loro strada?

lunedì 4 febbraio 2008

Inizia una nuova saga.

Gli uffici si sa, sono dei piccoli mondi. Ogni ufficio ha le sue regole, le sue usanze.
Lentamente, nel ripetersi delle giornate, nella vicinanza obbligata e spesso forzata ,si sviluppano nevrosi e frustrazioni, ma anche situazioni esileranti, e rapporti d'amicizia. Si assumono comportamenti comuni, si accettano consuetudini insensate, incomprensibili forse per altre strutture ma quasi sacre nella realtà che viviamo.
Insomma, ho pensato che potesse essere divertente raccontare delle storie, episodi che riguardano le nostre giornate in questi luoghi di passione e tortura.
Per questo ho pubblicato di nuovo uno dei miei primi post, vorrei ripartire da lì, da quel primo episodio in cui tratteggiavo dei personaggi che potrebbero aggirarsi in qualunque ufficio.
Inutile dire che, ovviamente, ogni luogo o personaggio da me descritti sono frutto unicamente della mia sfrenata fantasia e pertanto ogni riferimento a persone o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

Il primo episodio è intitolato " Donne " e lo potrete leggere di seguito a questa piccola prefazione.
Spero che l'idea vi diverta e vi faccia sorridere, in fondo ogni ufficio è paese.

Donne

Oggi convegno.
Il mio capo è impegnato in una delicatissima giornata, nella quale ha riposto le sue speranze per portare a casa un risultato importante. Noi del suo staff siamo stati precettati per assisterlo. Quando entro nell’immensa sala, vestita di tutto punto come si conviene ad un occasione di questo tipo, i miei colleghi sono già tutti schierati. I rapaci predatori di scalate carrieristiche sono tutti lì, pronti a beccare al volo qualunque occasione per mettersi in luce.
Gli uomini sembrano reggere sulle loro spalle il peso del mondo. Hanno l’aria preoccupata e spavaldamente vanitosa di chi è convinto di avere dentro la propria testa l’unica, incontrovertibile sapienza sui fatti salienti del giorno. Si muovono tra i corridoi delle poltrone con un cellulare sempre attaccato all’orecchio e parlando, non si sa bene a chi, magari alla nonna o all’amante, gesticolano per rendere evidente a tutti la loro presenza, l’importanza del proprio ruolo. Intollerabili.

Le mie colleghe, coloro che in quanto donne lavoratrici in un universo di uomini dovrebbero compattare le fila e tendere saggiamente ad un unico e comune risultato, se ne stanno lì, in attesa che qualcuno, magari lui, il grande capo le degni di un incarico che faccia schiattare d’invidia tutte le altre. E si, perché è esattamente in questo punto che noi donne ci impantaniamo: nella nostra ancestrale ed invincibile rivalità. Ci osserviamo, scrutiamo, misuriamo pensando non tanto alle nostre rispettive professionalità ma soffermandoci veramente oltre il necessario sul vestito dell’altra, sul suo aspetto più o meno piacevole, più o meno giovane. E qualora il maschietto di turno, a maggior ragione se è il nostro capo, degna qualcuna di noi di un incarico, di un’attenzione improvvisa, le altre vanno subito a ricercare in ambiti non lavorativi la fortuna di quella scelta.Nella conferma di quanto detto, facendo il mio ingresso in sala ricevo quasi all’unisono gli sguardi di tutte le donne presenti. Misurano il mio potere di seduzione, non tremano per le mie capacità lavorative.
Insostenibile.

Fortunatamente esiste anche l’amicizia e quindi Luisa e Vittoria mi salutano amabilmente. Le altre, anche quelle degli altri uffici, mi sfiorano con uno sguardo di sufficienza.
Soprassiedo. La giornata sarà di per se pesante e, non ho nessuna voglia di sprecare energie su questioni inutili.
Il capo si avvicina con le due segretarie personali al seguito. Il fatto di averle scelte oltre i cinquanta non ci privilegia di un loro comportamento saggio e materno, tutt’altro. La loro età, ed un’evidente arroganza caratteriale, le rende due iene affamate di errori altrui che usano per confermare a se stesse e soprattutto a lui, il grande capo, che la loro esperienza ed affidabilità non ha prezzo e non è contrattabile con la fresca e umile volontà di migliorarsi delle assistenti più giovani.
Passandomi accanto entrambe quasi non mi salutano.Le guardo e penso a perché sono così becere. Io non sono una carrierista sgomitante, cerco sempre di essere gentile e, poiché la mia vita è assai piena di belle cose, non ho nessuna smania di starmene come loro chiusa venti ore in ufficio. L’ho detto mille volte ed agisco di conseguenza. Non sono una di quelle che sta sempre intorno al “Boss” o dietro alla sua porta eppure, non c’è niente da fare loro, le due iene, sono sempre più acide.
A volte le osservo da lontano: sorrisi e movenze feline con quasi tutti gli uomini – tranne quelli dichiaratamente sfigati – distaccate e sibilline con la maggioranza delle donne – tranne quelle più grandi di loro e ufficialmente incapaci e brutte.

Si posizionano sotto il palco in posizione strategica, il Capo è già via perso in mezzo a mille conversazioni IMPORTANTI.
Mi guardo intorno e penso a che cosa ci sto a fare in questo posto assurdo, in mezzo a gente assurda proiettata in dimensioni che non mi appartengono. Per togliermi da questi frustranti pensieri chiedo ad una delle due iene se posso essere utile, e loro girandosi come verso un fastidioso moscerino, quasi si stupiscono che io possa aver mai pensato di essere utile a chicchessia. Poi nell’occhio di una delle due passa veloce un lampo maligno in un sorriso velenoso, mettendo fuori impercettibilmente la linguetta, mi ordina, dicasi ordina, di andare a prendere le bottigliette d’acqua per il tavolo del palco.
Felice di avermi umiliato si gira soddisfatta, certa di non rivedermi per il resto della giornata. Io mi volto mandandola in tutti i posti più brutti che mi vengono in mente e, dinoccolata sui miei tacchi troppo alti, mi avviò verso il bar interno. Penso alla cura che ho messo nel vestirmi, a quanto mi ero preparata sugli argomenti del giorno e mi dico che la prossima volta, invece di farmi precettare per fare la barista, mi do malata e me ne vado a spasso. Non meritano il mio impegno né la mia onestà lavorativa.

Arrivata davanti al bancone mi faccio consegnare una confezione di bottigliette d’acqua e mesta me ne torno in sala, più che certa che questa volta gli sguardi delle altre saranno compiaciuti. Cerco dentro di me lo sforzo di una postura orgogliosa e, passando nel corridoio centrale, mi dirigo dritta dritta verso le scalette che danno accesso al palco quando, inaspettatamente, il mio capo vedendomi incedere con passo traballante per il peso delle dodici bottigliette si stacca dal gruppetto con cui stava parlottando e, avvicinandosi, mi toglie dalle mani la confezione, chiama un maschietto con cellulare annesso e rivolgendomi un magnifico sorriso mi chiede perché mai stessi portando io quel pesante pacco.
Avrei molto da dire al riguardo ma un occasione così non va sprecata. E’ il mio momento. Lo guardo, gli sorrido volutamente affannata e girando lo sguardo verso la iena bruna gli rispondo che si, è stata lei a chiedermelo pensando di fare a lui cosa gradita.
Lui la fulmina con gli occhi e poi, forse per scusarsi della evidente cattiveria di cui sono stata oggetto, mi chiede con la massima gentilezza di cui è capace, di assistere un suo ospite per il resto della giornata.
Si volta quindi verso il gruppetto con cui l’avevo trovato a parlare, chiama uno di loro e presentandomelo gli comunica che sono una sua affidabile assistente e che per quella giornata sarò io a prendermi cura di lui.

Davanti a me un metro e ottantacinque di fascino e carineria.
Il tizio, di cui non afferro bene il nome, mi osserva e poi spalancando due magnifici occhi mi sorride dichiarandosi felice di tale privilegio. Vendetta è compiuta.
I visi delle iene sono lividi.
Lo vedi – mi dico- il vestito era quello giusto...In fondo anche io resto sempre una donna.

Trasformazione o temuto cambiamento.

C'è chi ha paura della trasformazione? Ma può avvenire qualcosa senza trasformazione?
Che v'è di più caro e più proprio alla natura dell'universo?
Tu stesso puoi fare un bagno senza che la legna si trasformi? Puoi nutrirti, senza che il cibo si trasformi? Quale altra cosa necessaria alla vita può compiersi senza trasformazione? E non ti accorgi che la tua stessa trasformazione è analoga alle altre e altrettanto necessaria alla trasformazione del tutto?

(Marco Aurelio- I ricordi)